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Autore: ljghtwood    16/02/2014    2 recensioni
Solo quando era suonata una fastidiosa campana – che l’aveva distratta dalle labbra dell’insegnante – Clarissa si era resa conto di non essere più sola al banco. Vicino alla sua sedia, l’altro posto era occupato da un bambino dalla carnagione chiara e un rovo di riccioli scuri in testa, cui metà del viso era coperta da una grossa e spessa montatura da vista, quadrata e dall’aria seria. Il ragazzetto però, di serio sembrava avere solo quello: le labbra erano incurvate in un sorriso ingenuo e i capelli erano così spettinati che quasi fecero ridere Clary. «Ma tu sei arancione perché mangi le carote? Mia sorella mi ha detto che è così!»​
children!Simon&Clary.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clarissa, Jocelyn Fray, Simon Lewis
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Becoming friends.

alla mia parabatai 

sperando ti abbia davvero fatto tornare il buon'umore.








 
Nonostante avesse solo poco più di sei anni, Clary, era già considerata una ragazzina sveglia e creativa: si divertiva con i colori di sua madre, sporcando le pareti bianche del loro appartamento di Brooklyn con macchie colorate e insolite, e sapeva già contare fino a trentadue.
Per Jocelyn, rendersi conto che la sua bambina stava crescendo, era stata un trauma, capire che avrebbe dovuto iscriverla ad una scuola, prima o poi, era stato devastante. Ma il primo passo era proprio quello, per lasciarsi alle spalle il passato da cacciatrice: mescolarsi il più possibile ai mondani, e per quanto l’idea di partecipare alle riunioni genitori-insegnanti l’entusiasmasse quanto l’incontro con un vampiro affamato, era giunto il momento di provare anche quelle.
Così quel giorno aveva sostituito la tuta da pittrice con un completo elegante, aveva tolto i rimasugli di tempera arancione da sotto le unghie e si era lasciata i capelli sciolti sulle spalle. Non era mai stata abituata alla loro presenza, restò quindi qualche minuto ad osservare il riflesso di quella che le pareva un’estranea dall’altro lato dello specchio. Fuoco vivo le incorniciava il viso pallido, due grossi smeraldi verdi erano incastonati sopra le sue guance arrossate e cosparse di lentiggini. Si sentiva come una bambina troppo cresciuta, con quella spruzzata rossa che le copriva le gote: guardandosi rivedeva sua figlia, il suo bene più prezioso. Era per lei che aveva abbandonato tutto, ogni cosa, solo per proteggere quello scricciolo che, ai suoi piedi –la sua miniatura ma con due trecce color carota – stava giocando con un album da colorare, riempiendo alla perfezione gli spazi dove i pennarelli andavano impressi.
Erano stati da Magnus qualche giorno prima, per l’annuale visita che serviva per proteggerla; era troppo piccola per sapere, non voleva che la piccola Clary soffrisse per i suoi sbagli, stupidi errori di una giovinezza bruciata e traviata per l’amore di uno psicopatico senza un briciolo di umanità. Ha cambiato anche la tua bambina.
 
Il primo giorno di scuola, Clary, aveva protestato. Non le andava di dover lasciare Jocelyn, ne di dover passare la giornata seduta su una sedia seguendo, impassibile, gli ordini di una maestra. Già a quell’età era esuberante, più di quanto possa esserlo una normale bambinetta di pochi anni e tante energie da sprecare.
La madre aveva cercato di farla ragionare, dicendole che avrebbe conosciuto tanto suoi coetanei, avrebbero giocato e si sarebbe fatta nuovi, i primi, veri amici. Nemmeno questo era servito, la bambina aveva sbuffato, capricciosa, e aveva contratto il viso fino a sfigurarlo in una brutta smorfia che era durata per i venti minuti successivi. Ma Jocelyn, senza demordere, l’aveva trascinata fino all’istituto del loro quartiere, dove l’aveva iscritta qualche settimana prima, e prima di lasciarla alle cure della maestra le aveva fatto un bel discorsetto, sia come incoraggiamento che come rimprovero. Non poteva averla sempre vinta: aveva sorvolato i muri bianchi di casa ormai diventati di tutti i colori, i vestiti sempre pieni di tempera o terra, ma i capricci perché non voleva crescere quelli non li poteva sopportare. Nonostante i Fairchild fossero una famiglia mite erano pur sempre degli Shadowhunters e la donna era cresciuta in una scuola di regole ferree e disciplina - dura lex, sed lex – e nonostante non volesse che la figlia entrasse in contatto con quei mostri non voleva nemmeno che crescesse maleducata e irresponsabile, tanto meno viziata e piagnucolona. Quando la madre aveva lasciato la stanza, salutando la maestra con cortesia, Clary aveva preso il suo zainetto e si era avviata verso uno dei tavoli completamente liberi, si era seduta e aveva cominciato a pasticciare con un pastello colorato che si trovava li vicino, il primo foglio di un quaderno dai quadretti grandi che sua madre aveva messo – con cura e pulito – nel suo zainetto quella mattina.
Non le andava di dover stare in quel posto; sentiva già le gambe irrequiete e vogliose di sgranchirsi in una corsa disperata tra i divani del salotto o su e giù per le scale che conducevano dal pianterreno all’appartamento dei Fray.
Le trecce che sua mamma le aveva fatto quella mattina erano talmente strette che le tiravano la pelle della cute e soprattutto con quel vestitino da ragazzina di campagna si sentiva scomoda e a disagio, ridicola. Le mancava solo un fiocchetto in testa e poi avrebbero potuto scambiarla per un pacchetto regalo, tanto era agghindata a festa, senza nemmeno una macchia di pittura sulle mani o sul viso paffuto e tondo.
Il Fato aveva però deciso che la piccola fosse d’animo curioso e che, quando aveva sentito la donna sconosciuta cominciare a parlare, aveva alzato piano lo sguardo, cercando di non farsi vedere interessata, ed aveva ascoltato ammaliata ognuna delle sillabe che avevano lasciato le labbra della maestra per le ore successive.
Solo quando era suonata una fastidiosa campana – che l’aveva distratta dalle labbra dell’insegnante – Clarissa si era resa conto di non essere più sola al banco. Vicino alla sua sedia, l’altro posto era occupato da un bambino dalla carnagione chiara e un rovo di riccioli scuri in testa, cui metà del viso era coperta da una grossa e spessa montatura da vista, quadrata e dall’aria seria. Il ragazzetto però, di serio sembrava avere solo quello: le labbra erano incurvate in un sorriso ingenuo e i capelli erano così spettinati che quasi fecero ridere Clary.
«Ma tu sei arancione perché mangi le carote? Mia sorella mi ha detto che è così!»
Clary lo guardò indignata, per quanto possa risultarlo una bambina di sei anni alta un metro e poco più. «Dovresti guardare i tuoi, di capelli.» borbottò in risposta, non trovando nulla di meglio per controbattere. La sua attenzione era stata catturata da un volumetto rettangolare e colorato con il bambino occhialuto aveva poggiato all’estremità del suo banco.
«Questo è un fumetto – continuò lui in tono saputo – mia sorella me l’ha regalato ieri. Dice che devo stare qui per capire cosa dicono i disegni, io qui ci sono, ma l’ho sfogliato e cosa ci sta scritto non lo capisco comunque.» poi aveva scosso le spalle, come se non fosse colpa sua, ed aveva sorriso. Era bastato quel minimo gesto d’affetto per sentire Clarissa un po’ meglio; nonostante non volesse dargliela vinta per aver preso in giro la sua testa rossa era arrivata alla conclusione che il ragazzetto non era affatto male, anzi, era buffo e divertente. Inoltre era davvero curiosa di vedere quel fumetto, così colorato e pieno di figure di ogni genere: doveva assolutamente approfittarne.
Aveva chiesto il permesso con lo sguardo e poi l’aveva afferrato piano, delicatamente, e aveva cominciato a sfogliare le pagine soffici e lisce.
«La mia mamma è molto più brava a disegnare.»
Questo era stato il verdetto della bambina, finendo di sfogliarlo sotto lo sguardo attento e scrupoloso del nuovo amico. Quest’ultimo aveva arricciato il naso, incredulo, e aveva scosso forte la testa, sostenendo che non ci credeva nemmeno un po’.
«Allora.. allora te lo mostrerò, ecco! Quando verrà la mia mamma a prendermi le dirò che devi venire da noi, così vedrai che io non le dico le bugie.»
Il bambino aveva accettato, poi aveva allungato la manina ossuta verso di lei.
«Va bene, vedremo chi ha ragione. Io sono Simon, comunque. Simon Lewis.» poi aveva sorriso, ancora, con la sua dentatura bianca a cui mancava la paletta destra.
Lei aveva stretto la mano. «Sono Clary Fray.»
Poi aveva ricominciato a pasticciare il suo foglio, mentre Simon Lewis la guardava sorridendo dal posto affianco, scherzando di tanto in tanto e invitando la nuova amica a usare i colori che sceglieva per lei.
Jocelyn era arrivata preoccupata a scuola, sentendosi in colpa per aver abbandonato la figlia in maniera così sgarbata quando quest’ultima era così piccola. Era rimasta piacevolmente sorpresa nel vederla già in compagnia di un nuovo amichetto, ancora di più quando se la vide arrivare in contro raggiante, le trecce smollate e le mani sporche di pennarello rosso – tenerle le mani pulite era davvero dura.
«Mamma, mamma! Il mio amico Simon dice che tu non sai disegnare. Deve venire da noi, devi fargli vedere!!» Clary aveva quasi urlato, indignata, guardando sempre verso l’amico come a volerlo sfidare.
«Il tuo amico Simon verrà, ma non oggi. Prima dobbiamo chiedere a sua mamma. E in più oggi ho altri piani per noi.» continuò sorridendo, mentre la figlia si allontanava sbuffando per recuperare il proprio materiale.
Sentì il cuore pieno di gioia vedendola tanto felice, finalmente con qualcuno della sua età con cui poter finalmente giocare e vivere una vita normale, mondana.
Sperò con tutta se stessa che quella fosse la nascita di una buona ed eterna amicizia, tranquilla e piena di gioia, ignara di quello che il destino aveva già scritto per loro.






 
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nulla, che dire di questa one-shot?.
l'ho scritta di getto, per la mia parabatai che è tanto triste in questi giorni ed era un po' che mi diceva che cercava una storia del genere.
spero che possa piacere a qualcuno, io sicuramente ho adorato scriverla, stranamente.. anche se è corta non saprei che altro aggiungere, credo parli da sola, no?.. 
di solito mi ritrovo sempre a fare note chilometriche ma oggi non sono proprio in vana e non so proprio che scrivere, andate poi a capire il perchè.

nulla; spero di riuscire a pubblicare presto in questa sezione. ho in cantiere una long, sono alle bozze e spero di scriverla e poterla pubblicare presto.
un bacio a tutti. x

  
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