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Autore: Heilig__    16/02/2014    9 recensioni
- Salve!- disse questa, alzandosi – Io sono Vera Cooper- si presentò, porgendo la mano ai due ragazzi – Voi dovete essere Bill e... Madison?- disse guardando confusa Tom.
Il viso del chitarrista s'imporporò, mentre il fratello tentava di soffocare una risata.
- No, io sono Tom- spiegò il moro.
- Oh...- disse semplicemente Vera – Lawrence deve essersi sbagliato... Non mi aveva detto che eravate... sì, insomma...-
Bill e Tom sgranarono gli occhi, inorriditi: quella ragazza stava forse pensando che loro due erano...?
- Tom è mio fratello!- si affrettò a dire Bill, cercando di risolvere qualsiasi fraintendimento– La mia ragazza, Madison, non è potuta venire, e quindi mi ha accompagnato lui.
- Sì, è come dice lui- aggiunse Tom.
Vera guardò prima Bill e poi Tom, per poi scoppiare in una risata fragorosa.
- Scusate, non volevo offendervi. È che... sembrava tutto molto equivoco!- disse, andando a sedersi dietro la scrivania – Prego sedetevi- disse, indicando ai due delle poltroncine di pelle nera.
I gemelli si sedettero, e Vera prese un taccuino su cui prendere appunti.
- Allora, Bill. Quando e dove si terrà il matrimonio?
Trailer: http://www.youtube.com/watch?v=Uny-NTReVRg&feature=youtu.be
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Twenty






- Stai scherzando-
Il sibilo che Tom aveva emesso fece indietreggiare Bill, che andò a scontrarsi con il muro.
- E' stata Madison- si difese – Giuro che io non volevo invitarla- aggiunse, cercando di essere convincente.
- Come diavolo vi è venuto in mente?- sbraitò Tom, rosso di rabbia.
David aveva lasciato loro qualche minuto di pausa prima di riprendere le registrazioni, e Bill ne aveva approfittato per dire a Tom di aver invitato Vera alla festa di sabato, pensando che il gemello avrebbe preso la cosa con calma.
Calmo, però, non era di certo l'aggettivo adatto a descrivere il chitarrista in quel momento.
- Sei un idiota, Bill- sibilò il ragazzo, avvicinandosi con fare minaccioso al fratello.
- Abbiamo pensato che ti avrebbe fatto piacere- spiegò il biondo, deglutendo, spaventato – Insomma, magari con una chiacchierata ed un paio di bicchieri di champagne dimenticherete l'accaduto- disse, con un piccolo sorriso.
Tom aggrottò la fronte, trattenendosi a stento dallo sferrare un pugno in pieno viso al gemello, e fece un lungo sospiro.
- Queste cose- disse – non si risolvono con un paio di bicchieri di champagne- sentenziò a denti stretti – Dovresti saperlo anche meglio di me-
Bill sbuffò leggermente, e roteò gli occhi, mentre Tom cercava di calmarsi: come avevano potuto Madison e suo fratello architettare un simile piano alle sue spalle?
Incrociò le braccia ed emise un ringhio arrabbiato, allontanandosi da Bill che si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo.
- Per un attimo ho temuto che potessi picchiarmi davvero- ammise.
Tom si limitò a rifilargli un'occhiataccia, sedendosi poi accanto a Georg sul divano di pelle.
- Perché non vuoi incontrarla?- chiese quest'ultimo, inarcando un sopracciglio – Insomma, le sei corso dietro fino ad adesso!- esclamò allargando le braccia.
- Innanzitutto,- disse il chitarrista – non le sono corso dietro- precisò – E poi, non vorrei ridurre la festa di Bill ad una battaglia di cibo- aggiunse, figurando se stesso e Vera mentre, coperti di torta alla panna, si ricoprivano d'insulti.
- E se invece doveste riappacificarvi?- intervenne Gustav, seduto sul divano posto di fronte a Georg e Tom.
- Esatto, Tom- fece Bill, sedendosi accanto al batterista – Magari la cosa potrebbe funzionare- sentenziò – E poi avete un sacco di cose da chiarire.
- Questo lo so, grazie- borbottò Tom.
- Vedi il lato positivo della cosa- disse Georg – Hai l'occasione di spiegarle cos'è realmente successo quel pomeriggio-
Tom fece un lieve cenno di assenso con la testa, ma sul suo viso rimase un'espressione piuttosto corrucciata: nonostante sapesse che Bill e Madison l'avevano fatto per il suo bene, qualcosa gli diceva che Vera non avrebbe perso occasione per umiliarlo. Ancora.




* *



Intanto


- Sei pazza-
Vera alzò gli occhi dallo schermo del suo computer e rivolse uno sguardo interrogativo a Lawrence, che la osservava con aria esterrefatta.
- Che ho fatto?- chiese.
- Che hai fatto?- ripeté sempre più sbalordito Lawrence – Cooper, non ti sembra esagerato vendicarti in questo modo di Tom?- fece poi il biondo.
Vera assunse un'espressione pensierosa, fingendo di riflettere su ciò che l'amico le aveva detto.
- No- scandì dopo qualche istante, con un schiocco di lingua.
- Ma alla festa di suo fratello!- insistette Lawrence – Poco prima del matrimonio di Bill e Madison!
- Non vedo cosa c'entrino loro in questa faccenda- sentenziò Vera, tornando a lavorare.
- Vera,- disse Lawrence, appoggiando le mani sulla scrivania dell'amica, con fare di rimprovero – sai bene che ciò che fai non è corretto.
- Perché stai dalla parte di Tom?- sbuffò Vera – E' stato lui a... tradirmi- aggiunse poi in un sussurro, esitando sull'ultima parola.
- Non sto dalla parte di Tom- replicò l'amico – Semplicemente non vedo come tu possa fare una cosa del genere.
- Senti, Lawrence- rispose la mora con aria scocciata – Bill mi ha obbligata ad andare a quella festa, quindi credo di avere il diritto di essere accompagnata.
- E perché Phil?- chiese Lawrence, quasi esasperato, allargando le braccia – Perché non Marcy, per esempio?
Vera fece per ribattere, ma non seppe cosa dire, e decise quindi di rimanere in silenzio ed ignorare la domanda.
- Non riuscirai a farmi sentire in colpa- borbottò dopo qualche istante di silenzio.
- E cosa mi dici di Philip, allora?- la stuzzicò Lawrence – Lui ti vuole davvero bene, Vera- continuò – E sai che non ti vede solo come un'amica.
- Dove vuoi arrivare?- chiese Vera, senza alzare gli occhi dallo schermo del pc.
- Non ti sembra di usarlo in questo modo?- domandò il giovane, incrociando le braccia al petto.
Vera s'immobilizzò sul posto, pensando ai modi di fare dolci di Philip ed al suo solare sorriso, e subito sentì una fitta al cuore.
- Allora?- fece Lawrence, con un smorfia – Ora ti senti in colpa?-
Vera rimase interdetta da quell'insinuazione, più per la consapevolezza di quanta verità ci fosse dietro le parole dell'amico piuttosto che per sdegno.
- Non sto usando nessuno- si difese, lasciando però che la sua voce tradisse una lieve insicurezza.
- Se lo dici tu...- disse Lawrence, con un'alzata di spalle – Beh, sarà meglio che vada. Oggi il gran visir è di ronda- aggiunse, con una lieve smorfia di dissenso – Non vorrei che mi beccasse mentre chiacchiero con le mie dipendenti-
Gran visir era il nomignolo che tutti all'agenzia avevano dato al signor Harris, direttore generale della catena di agenzie di wedding planning della quale quella in cui Vera e Lawrence lavoravano faceva parte.
Una volta ogni mese il signor Harris – un uomo di cinquant'anni o poco più, dall'aria snob e sofisticata, alto e magro, dritto come un fusto, dai capelli neri laccati indietro e avvolto sempre da un'inconfondibile odore di colonia – passava in rassegna le sue agenzie, controllando che nulla fosse fuori posto. La pena, nel peggiore dei casi, poteva arrivare fino al licenziamento seduta stante.
- Sì, ti conviene andare- asserì Vera, rivolgendogli un piccolo sorriso.
- Pensa a ciò che ti ho detto- la intimò Lawrence, scoccandole un'occhiata quasi paterna.
Vera annuì, sorridendo una seconda volta, e Lawrence le fece un piccolo cenno con il capo, in segno di saluto, per poi dirigersi verso la porta, aprirla ed uscire, lasciando l'amica da sola.
La giovane si prese la testa tra le mani, sospirando, mentre sentiva le parole di Lawrence riecheggiare nella sua mente.
Si era davvero abbassata a tal punto da dover ingannare Phil solo per togliersi lo sfizio di vendicarsi nei confronti di Tom?
“Sono un vero mostro” si disse, sospirando pesantemente “Devo annullare tutto” afferrando il telefono sulla scrivania “Ora chiamo Phil e...”
I suoi pensieri però vennero d'un tratto offuscati dall'immagine di Tom che baciava quella ragazza.
Si morse il labbro inferiore e strinse la presa attorno alla cornetta del telefono, fino a che le sue nocche non diventarono bianche, mentre sentiva la sua rabbia farsi sempre più forte.
“No” pensò, mentre toglieva la mano dal telefono “Non perderò quest'occasione” si disse, con cocciutaggine “Preparati, Tom Kaulitz”





* *



Qualche giorno più tardi


- Madison! Vuoi uscire, per l'amor del cielo?-
Bill batté per l'ennesima volta un paio di pugni sulla porta di legno chiaro del bagno, chiusa da ormai un paio d'ore.
- Mi sto preparando!- disse una voce femminile dall'interno.
- Hai detto la stessa cose due ore fa, maledizione- sbuffò Bill, appoggiandosi sulla porta – Ora, ti dispiacerebbe uscire? Il bagno serve anche a me!- esclamò infine, pensando alla sua vescica sul punto di scoppiare.
Il ragazzo sentì Madison sbuffare a sua volta, e dopo qualche minuto la porta si aprì, rischiando di far cadere rovinosamente a terra il biondo.
- Cosa ci facevi appoggiato alla porta?- chiese Madison, in accappatoio, osservando con aria perplessa Bill intento a riacquistare l'equilibrio.
- Ti aspettavo- sbottò il cantante, per poi scansarla poco delicatamente ed entrare nel bagno, chiudendo la porta con un sonoro clack, lasciando sola Madison, che roteò gli occhi, con un piccolo sorriso sul volto, e si diresse poi verso la sua stanza.
Una volta dentro, aprì l'armadio e ne tirò fuori un vestito verde acqua che Bill le aveva regalato qualche tempo prima, buttandolo poi sul letto.
Ti tolse l'accappatoio, rimanendo in biancheria intima, per poi prendere l'abito ed indossarlo senza troppa fretta.
Fece per chiudere la zip posta dietro, quando sentì una mano prenderla per la vita ed anticiparla.
- Grazie- cinguettò, voltandosi verso Bill che stava in piedi dietro di lei. Il giovane le sorrise teneramente e le stampò un bacio sulla tempia.
- Sei pronta?- le chiese quindi, allontanandosi per poi afferrare le scarpe grigie che stavano accanto alla porta – Gli invitati arriveranno tra poco- continuò, sedendosi sul bordo del letto, per poi indossarle.
- E con loro anche Tom e Vera- sospirò Madison, con aria preoccupata.
- Perché quella faccia?- fece Bill, notando l'espressione dubbiosa ella fidanzata.
- Bill, credi che abbiamo fatto bene?- chiese Madison – Ad invitare Vera, dico.
- Vuoi scherzare?- esclamò Bill, sgranando gli occhi – Sei tu stessa a pregarmi di chiamarla!
- Sì, ma ora non mi sembra più una così buona idea- disse la giovane, mordicchiandosi il labbro inferiore – Insomma, e se dovessero finire per litigare? Non potrei mai perdonarmelo-
Bill rimase ad osservare Madison per qualche istante, per poi sospirare ed alzarsi dal letto, avvicinandosi alla giovane.
- Maddie,- le disse, prendendole il viso tra le mani – sono certo che andrà tutto bene- affermò, cercando d'infonderle sicurezza – Vedrai che alla fine Vera e Tom capiranno che sono destinati a stare insieme- concluse, abbracciandola.
- Ne sei sicuro?- fece però Madison.
- Sì,- affermò Bill – Ne sono sicuro.









* *


Nel frattempo

Vera stava mettendo il portafoglio in borsa, quando sentì il citofono suonare.
Lasciò la borsa sul tavolo della cucina ed andò a vedere chi era.
- Sì?- rispose.
- Vera, sono Phil. Sei pronta?-
Nel sentire quella voce, sul viso della giovane apparve immediatamente un gran sorriso.
- Sì, sono pronta!- trillò, quasi entusiasta – Scendo tra due minuti!-
Ripose la cornetta del citofono, tornò di corsa in cucina ed afferrò al volo la borsa, per poi uscire in tutta fretta. Si assicurò che le finestre fossero chiuse, per poi prendere le chiavi appese accanto alla porta, ed infine lasciò l'appartamento, chiudendo la porta con un colpo secco.
Percorse in tutta fretta le scale, ed una volta al piano inferiore, individuò fuori dal palazzo una macchina scura parcheggiata proprio di fronte al portone. Prese un profondo respiro, e si decise ad uscire.
In pochi istanti raggiunse l'autovettura, e aprì la portiera.
- Buonasera, Vera!- la accolse una calda voce maschile.
- Buonasera Phil- rispose la mora, sorridendogli – Come stai?- chiese poi, mentre allacciava la cintura di sicurezza.
- Non male- disse Phil, scrollando le spalle – E tu che mi dici?- domandò a sua volta, mettendo in moto l'auto, ed iniziando a fare manovra per lasciare il cortile del palazzo.
- Tutto ok- rispose la ragazza – La casa si trova a Roosevelt Street, al numero 47- comunicò poi, mentre Phil entrava in carreggiata.
Nell'abitacolo scese un silenzio imbarazzato, interrotto solo dal gracchiare dell'autoradio, il cui volume era stato abbassato fino a diventare un flebile suono quasi inudibile.
- Allora,- esordì Philip, cercando di rompere il ghiaccio – vedi ancora Tom?-
A quella domanda, Vera s'irrigidì d'un colpo, ma subito tentò di non dar a vedere la sua irritazione nel parlare del chitarrista.
- No- rispose, atona, tentando di trattenere la sfilza d'insulti che gli erano venuti in mente – Non ci vediamo da molto- disse, omettendo abilmente la visita che Tom le aveva fatto qualche giorno prima – Non ha... funzionato- spiegò.
- Mi dispiace- disse semplicemente Philip, rivolgendole una breve occhiata, per poi tornare a guardare la strada di fronte a lui.
Vera si voltò verso di lui, perplessa: era davvero dispiaciuto oppure l'aveva detto per pura e semplice educazione?
Scosse la testa, decidendo di non pensarci, e si concentrò sul comportamento da adottare quella sera: cos'avrebbe dovuto fare? Fingere che nulla fosse successo?
- A cosa pensi?- le chiese all'improvviso Phil, distogliendola dalle sue riflessioni.
- I-io?- balbettò imbarazzata Vera – A nulla- mentì – Piuttosto, come va il lavoro?
- Oh, grazie al Cielo sono in ferie ancora per qualche tempo- rispose allegro il giovane – Ne ho davvero bisogno- continuò – Viaggiare è bello, ma quando lo si fa solo per lavoro, è stancante.
- Capisco...- disse Vera – Beh, io non so cosa darei per essere al tuo posto- affermò, con aria sognante – Insomma, la stanchezza non sarebbe un problema per me. Farei di tutto pur di viaggiare e conoscere nuovi luoghi.
- Purtroppo quando sei il vicedirettore di una multinazionale, gli unici luoghi che vedi sono noiosissimi uffici. E credimi, che tu vada in Francia, in Italia o in Russia, sono tutti uguali- rise.
Vera s'imbronciò nel sentire quelle affermazioni, mentre i suoi sogni di eterna viaggiatrice venivano infranti.
- Oh, avanti, non fare quella faccia!- esclamò Phil.
Vera piegò le labbra in una smorfia, ma subito la sua bocca si aprì in un tenero sorriso, che Philip ricambiò immediatamente.
Qualche minuto dopo, i due iniziarono ad intravedere dietro le fronde degli alberi che costellavano la strada, la casa di Bill e Madison.
- Quante persone abitano in quella villa?- chiese Philip sbalordito, mentre i due giungevano di fronte all'enorme appartamento.
- Due- rise Vera – Bill e Madison.
- Stai scherzando- disse il giovane, scrutando incredulo la villa.
Vera rise ancora, pensando che aveva avuto la sua stessa reazione quando era arrivata davanti alla casa per la prima volta.
Philip parcheggiò l'auto non lontano dal cancelletto che dava sul vialetto, ed una volta spento il motore, scese dalla vettura, seguito a ruota da Vera.
Percorsero qualche metro, arrivando poi al cancello, che trovarono socchiuso.
- Credi che dovremmo entrare?- fece Phil perplesso.
- Beh, perché no?- rispose Vera, spingendo il cancelletto che emise un rumore stridente – Sento delle voci provenire da quella parte- aggiunse poi, entrando, per poi indicare una strada che portava al giardino sul retro.
- Forse dovremmo chiamare qualcuno- intervenne il ragazzo, esitante: introdursi nelle case altrui non lo metteva a suo agio.
- Non ti preoccupare- gli disse Vera, prendendolo istintivamente per mano – Andiamo.



* *




Ormai quasi tutti gli invitati erano arrivati alla piccola festa. Il gruppo non era molto numeroso - solo una ventina di persone, o forse meno – e tutti si erano riuniti nel giardino retrostante la villa, dove era stato preparato un tavolo imbandito con aperitivi e stuzzichini, un piccolo assaggio ella cena che Madison aveva preparato quella mattina.
Tom era rimasto solo, in disparte, guardandosi attorno con fare nervoso da ormai qualche minuto, e a Bill non era sfuggito lo strano atteggiamento del fratello.
- Non è ancora arrivata- gli sussurrò all'orecchio, porgendogli un bicchiere colmo di champagne.
- Non sto aspettando nessuno- replicò gelido il chitarrista, sorseggiando il suo champagne.
- Certo, come no- lo schernì Bill, alzando gli occhi al cielo.
Fece per aggiungere qualcos'altro, quando alle spalle di Tom, dietro un piccolo gruppo d'invitati scorse una figura familiare. Subito sorrise, entusiasta, tanto che Tom lo notò e si voltò nella direzione in cui il gemello guardava.
- Oddio- sussurrò, attonito.
- Finalmente- disse invece Bill, ancora sorridente. Poco dopo però, la sua espressione allegra fu offuscata da una smorfia a metà tra la sorpresa e la perplessità: Vera teneva per mano un giovane aitante, dai capelli scuri, che il cantante non riconobbe.
Tom, invece, lo riconobbe all'istante: era Philip, il ragazzo che Vera stava abbracciando la volta in cui era andato a casa sua per regalarle il braccialetto.
Come aveva potuto Vera portarsi dietro quello?
E per quale maledettissimo motivo si tenevano per mano?
Queste e altre domande gli affollavano la mente, e il non trovare una risposta ad esse lo irritava.
O forse ti irrita vederli mano nella mano”, disse una vocina nella sua testa.
Scosse il capo, nel tentativo di scacciarla, e si voltò verso il fratello, con aria scocciata.
- Io me ne vado- annunciò, lapidario, facendo per andarsene.
- Tu non vai da nessuna parte, Tom- gli ordinò Bill, strattonandolo per un braccio.
- Oh, avanti, Bill- gli disse il chitarrista – Pensi ancora che possa riappacificarmi con lei?- esclamò, cercando di non farsi sentire da Vera e Phil, che, dopo averli individuati, si stavano avvicinando – Fammi andare via, Bill- supplicò – Te ne prego-
Bill non cedette e, anzi, strinse la prese attorno al braccio del gemello, che tentava inutilmente di districarsi. Prima che però potesse farcela, Vera e Phil giunsero, sempre mano nella mano, davanti a loro.
- Oh, Vera!- esclamò Bill, mollando all'improvviso il braccio di Tom, e costringendolo a voltarsi – Ben arrivata!-
Tom tentò di sorridere, ma anziché ottenere un'espressione cordiale, le sue labbra si piegarono in una strana smorfia.
- Ciao, Bill- salutò allegra Vera, senza calcolare minimamente Tom – Scusa se siamo entrati senza avvisare, ma il cancello era aperto e...
- Oh, non ti preoccupare- la interruppe il cantante – L'abbiamo lasciato aperto proprio per non dover andare sempre ad aprire- continuò. Il suo sguardo si posò poi sul viso di Philip, che era rimasto in silenzio fino ad ora.
Sentendosi osservato, il giovane si affrettò a presentarsi, e porse la mano al biondo.
- Io sono Philip, piacere- disse, sorridendo.
- L'ho invitato perché Lawrence non è potuto venire, e quindi... Insomma, tu hai detto potevo portare qualcuno e allora...- disse Vera.
“Ah sì? Ha detto così, eh?” pensò Tom, stringendo le labbra.
- Capisco, certo- disse invece Bill, cercando di sembrare contento – Beh, perché non ci racconti un po' di te, Philip?-
Tom scoccò un'occhiata di fuoco al fratello, che però non sembrava minimamente calcolarlo.
“Tutto questo è ridicolo” si disse il chitarrista, mentre Philip iniziava a raccontare della sua vita.
A quanto pare era il vicedirettore di una qualche azienda multinazionale.
“Bah, noioso” pensò Tom nella sua testa.
E probabilmente avrebbe espresso la sua opinione ad alta voce, se solo Bill non gli avesse assestato una gomitata nella costole – un tacito invito a non fiatare.
- Ehm, io vado a riempirmi il bicchiere- disse d'un tratto, beccandosi un'occhiataccia dal gemello.
“Mi spiace, Bill, ma io qui non ci rimango” pensò, mentre si allontanava senza nemmeno aspettare la risposta degli altri tre.
Si diresse verso l'appartamento, ed aprì la porta proprio nel momento in cui Madison ne stava uscendo, con in mano un vassoio pieno di dolci.
- Tom!- disse questa, sorpresa – Dove stai andando? La festa è di là.
- Vera- ringhiò il chitarrista, rubando un dolcetto dal vassoio.
Nel vedere la mora assumere un'espressione interrogativa, il chitarrista additò la wedding planner intenta a parlare con Bill e Phil.
- Chi è lui?- chiese Madison guardando nella direzione indicata dal moro.
- Philip- rispose Tom, sputando quasi velenosamente quel nome.
- E' un suo collega?
- No, è un suo amico- fece Tom, con amara ironia.
A quelle parole, sul viso di Madison comparve un piccolo sorriso.
- Tom, è gelosia quella che vedo nei tuoi occhi?- chiese, soffocando una risatina.
- Non sono geloso- precisò subito il chitarrista – Semplicemente trovo che portare quell'essere alla vostra festa sia stato di poco gusto.
- Sei geloso- concluse Madison, alzando gli occhi al cielo – Dove stavi andando?- chiese poi, cambiando discorso.
- A sfogarmi dentro prima che spacchi il muso a quel damerino- sbottò, per poi passarle accanto ed entrare nell'appartamento.
- Non rompere nulla!- gli gridò Madison – E per carità, stai lontano dai cristalli!-
Tom, però, si era già chiuso la porta alle spalle e si era diretto a passi veloci in cucina.
Si sedette al tavolo, e si prese la testa tra le mani, facendo dei respiri profondi, nel tentativo di calmarsi.
“Avanti, Tom. Sii uomo” si disse, cercando di relegare nella parte più remota della sua mente, quell'insistente vocina che lo invitava a tornare in giardino e riempire Phil di botte.
Quella era esattamente la reazione che Vera voleva che avesse, e lui non sarebbe caduto nel suo tranello.
La tentazione, però, era forte, e per la prima volta Tom si rese conto di quanto tenesse ad avere Vera.
Ad averla solo ed unicamente per sé, e non contendersela con qualche altro ragazzo.
Ma forse ora era troppo tardi.



* *



Tom era sparito ormai da una buona ventina di minuti, e Bill iniziava a preoccuparsi. Il fatto di non aver ancora sentito alcun rumore di vetri rotti lo faceva sperare in bene, ma non era del tutto sereno: conosceva suo fratello e, nonostante molti lo descrivessero come pacato e amante della tranquillità, saperlo in preda al nervoso lo rendeva inquieto.
Madison, intanto, chiacchierava amabilmente con Vera, Phil, Georg e Gustav, i quali erano arrivati poco prima ed erano stati presentati alla wedding planner e al suo “carissimo amico”, come lei lo aveva introdotto.
Bill strattonò leggermente la sua ragazza, lanciandole uno sguardo eloquente, che Madison capì al volo: Vera e Tom dovevano parlare e chiarirsi.
- Ehm,- iniziò a dire Madison – credo che gli antipasti e lo champagne stiano iniziando a finire. Andrò a prenderli in cucina- comunicò, sperando che il suo piano andasse a buon fine.
- Vuoi una mano?- le chiese cordialmente Vera, mentre Madison esultava per la riuscita delle sue macchinazioni.
- Oh, grazie Vera, sei davvero gentile!- cinguettò – Io iniziò a prendere il vassoio degli antipasti, tu potresti andare a prendere una bottiglia di champagne dal frigo?
- Certo!- rispose Vera – Torno subito- aggiunse, allontanandosi dal gruppo, diretta alla villa.
In pochi istanti raggiunse l'appartamento, e vi entrò, dirigendosi verso la cucina.
Appena entrata, trattenne a stento un urlo.
- Cosa ci fai qui?!- chiese, immobilizzata sulla soglia.
Davanti a lei, seduto al tavolo, stava Tom, che la osservava con aria accigliata.
- In realtà dovrei farti io questa domanda- replicò il chitarrista, con strafottenza.
- Madison mi ha chiesto di prendere una bottiglia di champagne- spiegò Vera, atona, decidendosi ad entrare nella cucina.
Fece qualche passo in direzione del frigorifero, posto davanti a Tom, dietro al tavolo, ma subito si voltò.
- Vuoi piantarla di guardarmi?- sbottò, irritata.
- Cosa dovrei fare, cavarmi gli occhi?- ribatté Tom – La tua relazione con il caro Philip ti ha dato alla testa per caso?-
Vera si limitò a borbottare qualcosa d'incomprensibile, e si voltò di nuovo verso il frigorifero.
Aprì l'anta e si piegò per prendere la bottiglia di vetro, ma si girò di scatto.
- E non guardarmi il culo!- esclamò, con rabbia.
- Non è colpa mia se metti in mostra tutta la mercanzia- rispose serafico Tom – Ah, una domanda, sei per caso ingrassata?
- Fottiti, Tom Kaulitz- ribatté Vera, prendendo la bottiglia di champagne – E per tua informazione, non sono ingrassata- precisò poi, chiudendo il frigo con un colpo secco – Ci si vede- concluse, facendo poi per uscire.
Tom rimase ad osservarla, quando d'un tratto si alzò istintivamente, chiamandola a gran voce.
- Vera!- esclamò, facendola voltare.
- Cosa vuoi?- ringhiò lei, mentre lui le si avvicinava.
- Non è andata come pensi tu- disse il giovane.
La mora sospirò pesantemente, stanca di sentire quella frase.
- Tom...- iniziò a dire.
- No, Vera- la interruppe il chitarrista – Ora dovrai ascoltarmi- le intimò – Io non ho baciato quella ragazza di mia spontanea volontà. E' comparsa all'improvviso in casa mia e mi è saltata addosso, ok? Non l'ho baciata e ti giuro, Vera, se dovessi tornare indietro in tempo, sapendo ciò che sarebbe successo, non avrei mai iniziato a frequentarla. Mai- disse – E' arrivata in giardino, entrando dal retro, si è messa a dire che le mancavo, e senza nemmeno che me ne accorgessi, mi aveva già baciato- raccontò – E poi sei arrivata tu- concluse – Scusa se ti ho fatto soffrire, ma posso assicurarti che non è mai stata mia intenzione-
Vera rimase a guardarlo per qualche istante, analizzando attentamente le sue parole.
- Perché dovrei crederti?- chiese infine, con un filo di voce.
- Perché non dovresti?- replicò Tom.
La mora non seppe cosa rispondere: in effetti, il racconto di Tom, per quanto potesse sembrare inventato, sarebbe anche potuto essere veritiero.
Stava a lei decidere cosa credere e a chi dare ascolto: alla parte di lei che le intimava di rompergli la bottiglia in testa o a quella che le urlava di buttarsi tra le sue braccia?
Dal canto suo, Tom sembrava già aver preso una decisione: si stava avvicinando sempre più al viso della giovane, fino ad arrivare ad un soffio dalle sue labbra. Sul momento sembrò indeciso sul da farsi, ma pochi istanti dopo si convinse a eliminare ogni distanza tra lui e Vera, unendo le loro labbra in un bacio appassionato.
Vera percepì un brivido percorrerle la schiena e sentì il suo corpo irrigidirsi, ma infine non poté far altro che sciogliersi e lasciarsi trasportare dai movimenti di Tom, che l'aveva stretta per i fianchi, rischiando di farle cadere la bottiglia dalle mani.
Il bacio non durò moltissimo, forse pochi attimi, che però a Vera sembrarono secoli: quanto le era mancato quel contatto con Tom, quanto le erano mancate le sue mani ruvide accarezzarle la schiena.
Per un attimo l'intero mondo si era fermato, e tutto ciò che stava intorno a loro era scomparso.
Ma d'un tratto, uno schiamazzo troppo forte, la riportò alla realtà, facendola rendersi conto di ciò che stava accadendo.
Sgranò gli occhi, mentre Tom mugugnava per l'improvviso irrigidirsi della ragazza, che subito lo allontanò da sé, costringendolo ad interrompere il contatto tra le loro labbra.
- Cosa...?- balbettò il giovane.
- No, tutto questo è sbagliato- mormorò Vera, ancora incredula.
- Vera, di cosa stai parlando?- chiese Tom, aggrottando la fronte.
- Scusami- disse Vera, mettendo le mani avanti – Scusami, davvero. Io... io devo andare. Ciao- concluse, uscendo velocemente dalla cucina, e lasciando Tom a chiedersi cos'avesse fatto di sbagliato. Il ragazzo appoggiò la fronte sullo stipite della porta, sospirando: quella ragazza l'avrebbe fatto impazzire.







* *





Vera uscì quasi correndo dall'appartamento e tornò in giardino. Si guardò in giro, alla ricerca di Philip, che stava chiacchierando amichevolmente con Bill, sorseggiando un bicchiere di vino.
- Phil!- esclamò raggiungendolo.
- Oh, Vera, eccoti, finalmente- disse il ragazzo – Dove sei st...
- Tieni Bill, questo è lo champagne che Madison mi ha chiesto- lo interruppe bruscamente la giovane, dando con poca delicatezza la bottiglia al cantante – Noi dobbiamo andare. Ora.
- Cosa? E perché?- chiese stranito Phil.
- Già, perché?- intervenne Bill – Non abbiamo nemmeno cenato. Avanti, restate ancora un po'!-
Phil fece per approvare la proposta di Bill, quando incontrò lo sguardo quasi disperato di Vera: era sull'orlo delle lacrime.
- Uhm, ora che ci penso, domani devo alzarmi molto presto perché... perché devo andare a trovare mia cugina che abita a... a Denver- mentì – Scusa, ma davvero non posso trattenermi- continuò, porgendo il bicchiere vuoto a Bill, che lo osservò, interdetto.
- Denver?- ripeté, perplesso.
- Sì, esatto- disse Phil, annuendo con veemenza – Mi ha comunque fatto piacere conoscerti, Bill- aggiunse, porgendo la mano al cantante, che gliela strinse con aria piuttosto sconcertata.
- Io...- provò a dire.
- Ti chiamerò io per gli ultimi preparativi del matrimonio, Bill- intervenne Vera, prendendo Philip per un braccio, ed iniziando a trascinarlo nella sua direzione – Salutami Madison!- esclamò poi, prima di allontanarsi a passo svelto, con Phil al seguito, lasciando un Bill piuttosto confuso a domandarsi cosa stesse succedendo.
Prima che potesse dire qualsiasi cosa, però, Vera e Philip erano spariti dietro l'angolo della casa, diretti probabilmente verso l'uscita.
“Sono sicuro al 110% che Tom c'entri qualcosa”, pensò.
Scosse la testa, e fece per dirigersi verso Gustav, Georg ed Andreas – che aveva lasciato la Germania per non mancare al matrimonio del suo migliore amico – che chiacchieravano qualche metro più avanti di lui, ma all'improvviso Tom gli si parò davanti, con l'aria sconvolta.
- Hai visto Vera?- chiese, con il fiatone di chi aveva corso.
- Cosa...?
- Hai visto Vera?- ripeté il chitarrista, scandendo le parole – Bill, è una domanda semplice, per l'amor del cielo!- esclamò, prendendo il fratello per le spalle e scuotendolo.
- E' appena andata via- rispose il biondo, sempre più allibito, indicando la direzione che Vera e Philip avevano preso.
- Maledizione- borbottò a denti stretti Tom, mollando la prese sulle spalle, e lasciando cadere le braccia lungo i fianchi ed abbassando lo sguardo.
- Cos'è successo?- chiese Bill, quasi fremente.
Il fratello alzò gli occhi, e sospirò, affranto.
- L'ho baciata.



* *





- Vera, cos'è successo?-
Phil ripeté per l'ennesima volta quella domanda, ma Vera si limitò a stringersi nelle spalle e continuare a guardare fuori dal finestrino, cercando di evitare il contatto visivo con il giovane.
Si sentiva così indifesa, spogliata com'era di tutte le sue sicurezze. Quel bacio era stata l'ennesima prova che lei amava Tom, che non poteva fare a meno di lui e, che per quanto ci provasse, nessuno avrebbe potuto prendere il suo posto.
Nemmeno Philip.
La mora si voltò verso quest'ultimo, che aveva rinunciato ad avere una risposta da lei, concentrandosi sulla guida.
Ora ti senti in colpa?
Le parole di Lawrence la trafissero come un pugnale.
Si era comportata da carogna.
Aveva dato una speranza a Phil, era uscita con lui, tutto solo per dare il ben servito a Tom, finendo comunque – ed inesorabilmente, arrivati a questo punto – per baciarlo.
Provava disgusto per se stessa: avrebbe dovuto ascoltare Lawrence e lasciare perdere. Almeno avrebbe preservato un poco di dignità.
In quella situazione, invece, di dignità non le era rimasto neanche un briciolo.
- Si tratta di Tom, vero?- disse all'improvviso Philip rompendo il silenzio in cui l'auto era avvolta.
Vera fece per rispondere, ma si accorse che quel no sulla punta della sua lingua era una bugia.
“Basta mentire” pensò, sospirando, per poi annuire sommessamente, con aria triste.
- Sai, quando mi hai chiesto di venire con te alla festa di Bill e Madison, ho subito pensato che qualcosa tra voi due non stesse andando bene- ammise Philip, con un sorriso malinconico – Non riuscivo a credere che mi avessi davvero invitato ad uscire- rise poi, mentre Vera sentiva il peso delle sue colpe sopprimerla.
- Anche se può sembrare il contrario, non sono stupido, Vera.
- Non l'ho mai pensato!- si difese subito la mora, sentendosi quasi ferita.
- Ne sei sicura?- gli chiese Phil, senza lasciare che quel discorso poco allegro gli togliesse il sorriso dal volto.
Vera pensò che doveva essere pazza per continuare a desiderare Tom e non cadere tra le braccia di Philip: quel ragazzo era così dolce e comprensivo, mentre il chitarrista era solo...
La persona che ami.
- Ci siamo baciati- confessò la giovane in un soffio, e nel dire quelle parole sentì come se stesse realizzando per la prima volta l'accaduto.
- Chissà perché, qualcosa mi diceva che era successa una cosa del genere- disse Phil, svoltando poi a destra, senza mostrare il minimo fastidio a quelle parole.
- Ora sei anche un sensitivo, per caso?- chiese Vera, quasi divertita.
- Può darsi- fece il giovane, con un sospiro – Si vede che vi amate- aggiunse poi, dopo qualche istante di silenzio.
- E da cosa?- domandò Vera.
- Dal fatto che nonostante tutto, tornate a stare insieme.
- Non siamo tornati insieme- replicò la mora.
- Non ancora- la corresse Philip – E comunque, persino io, che non conosco la vostra storia, mi sono accorto di quanto siete uniti. Avresti dovuto essere al mio posto per percepire l'attrazione inconscia che c'era tra di voi quando siamo arrivati alla festa. Mai visto nulla di simile-
Vera rimase quasi a bocca aperta nel sentire quelle affermazioni: fino ad allora non aveva mai pensato a come gli altri potessero vedere il legame che univa lei e Tom.
Nell'abitacolo scese di nuovo il silenzio, accompagnato dal rumore delle ruote che sfrecciavano sull'asfalto.
Vera sentiva un groppo in gola, un nodo costituito da scuse, confessioni e ammissioni di colpe che doveva esprimere in qualche modo.
- Philip, perdonami- disse d'un tratto, a bassa voce – Perdonami, davvero- ripeté – Non avrei dovuto usarti in questo modo disonesto.
- Vera...- provò a dire il ragazzo, ma la mora lo interruppe.
- No, ascoltami- disse – Sei un ragazzo d'oro, e tutto questo è così ingiusto. Avrei dovuto semplicemente dimenticare Tom e cercare conforto in te, ma così non è stato. E ti giuro, Phil,- continuò, mentre le prime lacrime scendevano calde sul suo viso – che ho cercato di lasciar perdere, ma non ci sono riuscita. Tom ormai è parte di me, e non posso non amarlo, anche se questo mi farà soffrire- aggiunse – Ciò che ho fatto è riprovevole. Sapere di averti usato in questo modo mi fa accapponare la pelle. Scusami, Philip-
Il giovane non rispose subito, ma invece continuò a guidare nel più completo silenzio, lasciando Vera domandarsi quale sarebbe stata la sua reazione.
Dopo qualche minuto i due arrivarono a casa della ragazza, e Phil si fermò davanti al grande portone.
- Phil, io...- iniziò a dire la mora.
- Non ti devi preoccupare di nulla, Vera- le disse però il giovane – Tu sei e rimarrai sempre una ragazza splendida. Non sarà ciò che è successo a farmi cambiare idea. Piuttosto, sono io che avrei dovuto convincermi della mia prima impressione, ovvero che tu sei assolutamente ed irrimediabilmente innamorata di Tom. E io, purtroppo, non posso farci nulla- continuò, mentre Vera tratteneva a stento le lacrime – Sono certo che Tom saprà darti ciò che meriti, ovvero un futuro felice- aggiunse, per poi fare una piccola pausa.
Si voltò verso la mora e le sorrise teneramente:
- Nel frattempo, potremmo... rimanere amici?-
Vera rimase incredula a quelle parole: non solo Phil si era, per così dire, fatto da parte, accettando il suo amore per Tom, ma le stava addirittura offrendo la sua amicizia.
Quale altra persona avrebbe fatto una cosa simile?
- Phil, sei un ragazzo fantastico- disse, incapace di esprimere meglio la sua gratitudine.
Si slacciò la cintura di sicurezza e si sporse verso il giovane, abbracciandolo poi forte.
- Grazie, Phil- gli sussurrò in un orecchio – Grazie di tutto.














Spazio dell'autrice

Salve a tutte e buon San Valentino (in ritardo), Aliens!
Come avete - o state passando, per le più ritardatarie - questa giornata, mie care?
Sono l'unica che l'ha trascorsa nella più completa indifferenza? Lol
Ok, sorvoliamo sulla mia situazione sentimentale che è meglio HAHAHAHAHA

Qualcuno oltre a me ha visto un barlume di felicità alla fine di questo capitolo?
Insomma, le cose stanno tornando al loro posto, no?
Tom ha chiarito la situazione a Vera, si sono baciati, Philip si è fatto da parte...
Ah, già, Philip.
Oh, avanti, dopo questo capitolo non potete odiarlo: è stato tanto tenero gfhj
Insomma, avrebbe potuto rivendicare il suo legame con Vera e lasciare Tom “a bocca asciutta”, ma non l'ha fatto. Lo trovo molto maturo, onestamente parlando.
Ora sta a Vera e a Tom cercare di ricostruire ciò a cui era bastato un malinteso per crollare.
Ce la faranno? Voi che dite?
E che dite in generale del capitolo? Vi è piaciuto? L'avete trovato lungo, noioso, pieno di colpi di scena...?
Ditemelo nelle vostre recensioni!


Ora, prima di salutarvi, vorrei solo avvertirvi di una piccola cosa: il prossimo capitolo, il ventunesimo sarà l'ultimo.
No, Aliens. Niente scherzi stavolta.
Questo che avete finito di leggere era il penultimo, mentre il prossimo sarà quello che chiuderà la storia definitivamente.

No, non sono molto brava nel dare le brutte (?) notizie, ma questa è la verità: dopo 20 (e con l'ultimo, 21) capitolo, la storia è giunta alla fine.
Per favore, mettete giù i forconi ewe


La prossima volta vi ringrazierò per bene per tutto il supporto che mi avete dato in questi mesi (10 e mezzo!), ma per ora credo sia giunto il momento di dirvi ciao!


Cercherò di postare il prima possibile, anche perché il 9 marzo partirò per trascorrere una settimana in Germania per uno stage, e vorrei aver concluso la fic prima della partenza.

Spero di ritrovarvi tutte per gli ultimi saluti prima che archivi questa fanfic nelle storie finite.
Un bacione a tutte,
Heilig


   
 
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