Fanfic su attori > Jamie Campbell Bower
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Autore: __Francesca    16/02/2014    4 recensioni
< E' troppo tardi, Jamie... >
< Non è mia troppo tardi. Non per quelli come noi. > disse guardandomi negli occhi < E poi, se pensassi veramente che è troppo tardi, perchè hai tatuate sul polso le nostre rondini? >
Abbassammo entrambi lo sguardo sul mio polso stretto fra le sue dita. Tre rondini nere come il carbone sembravano prendere il volo dal mio avambraccio fino al cielo delle mie dita. Erano le stesse rondini che mi aveva disegnato quel giorno nel giardino.
Con uno strattone liberai il mio braccio dalla sua presa e lo nascosi dietro la schiena.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Londra, 2000.

Camminavo lungo il marciapiede non molto affollato della via che passava accanto a casa mia, rigirandomi nelle mani un pennarello rosso, sfilando il tappo e rimettendolo al suo posto come se avessi avuto un tic nervoso.
Faceva caldo, per gli standard delle estati inglesi. Le vacanze estive erano iniziate da poco, e il vestitino celeste che indossavo al posto della solita uniforme grigia ne era la prova. Una coda alta fermava i miei ricci ramati, ma alcune ciocche mi ricadevano sul viso appiccicandosi alla mia fronte imperlata di sudore.
Raggiunto il cancelletto del vecchio giardino mi guardai intorno nervosa e, dopo essermi accertata che nessuno mi guardasse, lo aprii e mi infilai dentro.
Era un posto fantastico, con tutti i cipressi verdi scuro che creavano dei disegni di ombre sulle mie braccia pallide e sul suolo coperto di fiorellini bluastri e margheritine dall’aspetto delicato. Un sentiero di ghiaia bianca si addentrava nel giardino fino ad una fontana che un tempo doveva essere stata di marmo bianco, ma che ora era ricoperta da uno strato di muschio soffice e compatto. Non era la prima volta che andavo in quel luogo, anzi. Da quando lo avevamo scoperto per caso, era diventato il nostro “posto segreto”, anche se poi così segreto non era, visto che apparteneva alla sua vecchia casa di famiglia.
Di solito mi sarei fermata a guardare la statua della ragazza posta nella fontana, che mi comunicava un senso di malinconia che non riuscivo a spiegarmi: erano i suoi occhi che mi guardavano vitrei a farmi sentire così. Quella volta, invece, proseguii lungo il sentiero senza degnarla di uno sguardo, sempre tormentando il mio povero pennarello.

<< Sophie! Eccoti! >>

Mi voltai sorridendo in direzione della voce.

<< Sei in ritardo, Sophie. Pensavo non saresti più venuta. >>

Finalmente lo scorsi, e il mio cuore iniziò a battere furiosamente contro la mia gabbia toracica. Determinata a far finta di nulla, ribattei a tono.

<< O forse sei tu che sei in anticipo, Jamie. >>

Come pronunciai il suo nome, Jamie spuntò da dietro un albero. Già allora era bellissimo, con quei capelli biondo chiaro sparsi sugli occhi di ghiaccio e quel sorriso a cui mancava un incisivo.

<< Sul serio. Mi stavo preoccupando. >>

Un’ombra gli passò sul viso, spegnendo per un attimo il suo sorriso.

<< Idiota. Leggi troppe storie di cavalieri, Jamie. Non tutte le ragazze sono delle damigelle in pericolo. >>

Nonostante avessi dodici anni ero una vera stronza con la risposta sempre pronta. Era per questo che eravamo amici, Jamie ed io. Entrambi, ci sentivamo fuori posto nel nostro mondo.
Ci eravamo conosciuti in prima elementare, e la prima interazione era stata quando gli avevo tirato un gessetto addosso perché aveva detto che la mia testa andava a fuoco. Da allora, eravamo inseparabili. Era strano che lui fosse l’unico in grado di capirmi sul serio. Non avevo molte amiche femmine, visto che odiavo cronicamente le bambole e le principesse. Molto meglio i draghi.
Quando eravamo insieme facevamo discorsi strani per dei bambini di dieci anni, e progettavamo di viaggiare per il mondo assieme su una moto rossa. Parlavamo di film e di musica, ma soprattutto di libri. Jamie adorava leggere per me, ed era per quel motivo che ci eravamo incontrati, quel pomeriggio.

<< Sophie, ho trovato questo libro. Ti va se te lo leggo? >>
<< Come si intitola? >>
<< “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” >>
<< Sembra interessante. >>

Ci sedemmo a terra, uno accanto all’altra, con le schiene appoggiate sul tronco di un albero. Jamie si schiarì la voce ed iniziò a leggere. Era una storia molto bella e triste, e lui evocava le immagini con una tale chiarezza che avevo l’impressione di star guardando uno spettacolo teatrale. Alla fine, mi ritrovai con le lacrime agli occhi.

<< E’ bellissima Jamie. >>
<< Già, è piaciuta molto anche a me. Sophie, che fai? Piangi? >>
 
Esclamò sorpreso guardandomi negli occhi. Mi passai nervosamente il dorso della mano sulle guance per asciugarle.
 
<< Non è vero. >>
<< Invece sì. Non devi piangere. Sei molto più bella quando ridi. >>
 
Disse serio. Io non risposi e appoggiai la testa sulla sua spalla. Ripresi a torturare il tappo del pennarello.
 
<< Dammi quel pennarello Sophie, mi fai venire il nervoso. >>
<< No. >>
 
Mi alzai in piedi ed iniziai a correre.
 
<< Tanto ti prendo! >>
 
Lo sentii ridere, ma non me ne curai. Continuai a correre fino a quando non sentii la sua mano chiudersi sul mio polso.
 
<< Presa! Ora dammelo. >>
 
Senza attendere una mia risposta me lo strappò dalle mani e mi trascinò a sedere con lui.
 
<< Dammi il braccio. >>
<< Perché? >>
<< Quante domande fai Sophie. Voglio disegnarci sopra. >>
 
Gli tesi il braccio e lo fissai mentre lui, concentrato, muoveva la mano rapida sulla mia pelle, tracciando dei disegni bellissimi; sul dorso della mia mano disegnò un fiorellino, sul polso delle rondini in volo.
Quando ripresi il pennarello iniziai a scrivere sulla sua gamba un pezzo della nostra canzone preferita. Finì che entrambi ci ritrovammo coperti di scritte e disegni, perfino sul viso.
Dopo che ebbe finito di disegnarmi una nuvola sulla fronte, ci sedemmo uno di fronte all’altra in silenzio. Jamie raccolse uno di quei bei fiorellini blu e si sporse verso di me per infilarmelo fra i capelli.
 
<< Sei bellissima Sophie. >>
 
Sussurrò guardandomi negli occhi. Iniziò a farsi più vicino, sempre di più, fino a che le sue labbra non si posarono sulle mie.
 
Non avevo mai ricevuto un bacio prima d’allora, e non sapevo bene cosa fare. Cosi posai le mani sulle sue guance, senza separare le nostre labbra. Lo sentii infilare le dita fra i miei ricci, e schiusi leggermente le labbra. Il suo respiro fresco mi solleticava la pelle mentre lui spostava la sua bocca verso il mio orecchio.
 
<< Ti voglio bene Sophie. >>
<< Ti voglio bene anche io, Jamie. >>
<< Ma io non ti voglio bene come si vogliono bene i grandi. Io ti voglio bene sul serio. E mi sembrava giusto che tu lo sapessi. >>
<< Lo so. >>
<< Non ti lascerò mai. Sai anche questo? >>
<< So anche questo. >>
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Los Angeles, 2010.
 
Come tutte le sante mattine, ero in ritardo. Uscii come una furia dal bagno del mio appartamentino quasi al confine del territorio del college, e mi buttai sul letto della mia coinquilina.
 
<< Ann! Ann! Ann alzati! Dobbiamo essere al Palace fra un’ora! >>
<< Uhm? >>
<< Ann, il Palace! Il signin con Stephen King! >>
<< Ah. Dobbiamo proprio andarci? >>
<< Sì, me lo hai promesso dopo che io ho accettato di accompagnarti al concerto dei Green Day, cosa che ho fatto dopo che il tuo ragazzo ti ha dato buca. Ora muoviti! >>
 
Sbuffando, la mia coinquilina scese dal letto ed entrò in bagno. Io, alla velocità della luce, infilai un vestitino a fiorellini e i miei DocMartens neri. Legai i capelli in uno chignon disordinato e infilai un giacchino corto dei jeans senza maniche.
 
<< Ann!!! A che punto sei? >>
<< Ho fatto, santo cielo! Un giorno o l’altro ti verrà un aneurisma Sophie. >>
<< In tal caso mi curerai tu, dottoressa Spencer. >>
 
Scoppiò a ridere mentre si infilava gli occhiali da sole.
 
<< Io vado a prendere la macchina, tu recupera la colazione. >>
 
Le dissi uscendo dall’appartamento.
 
 
***
 
<< Mi spieghi per bene in cosa consiste un signin? Ancora non l’ho capito per bene. >>
 
Chiese Ann mentre parcheggiava la sua Camaro sotto una palma per cercare un po’ d’ombra.
 
<< Un signin è un incontro che gli scrittori fanno per promuovere il loro nuovo libro. In genere leggono alcuni brani e poi firmano le copie dei presenti. >>
 
Risposi tirando fuori dalla borsa la mia copia di “Joyland” e stringendola al petto.
 
<< Uhm, capito. È un bel libro? >>
<< Si, decisamente sì. Nonostante il mio preferito resti sempre “Mucchio d’ossa”, sia chiaro. >>
 
Entrando nella hall dell’hotel la prima cosa che ci saltò alla vista fu la moquette spessa dieci centimetri, color blu marino, come le tende che drappeggiavano l’ingresso ad arco della sala dove si sarebbe tenuto il signin. Presi la mano di Ann e la trascinai di peso verso le file di sedie di legno chiaro disposte ordinatamente di fronte alla poltrona riservata allo scrittore. C’era già parecchia gente, e le prime file erano tutte occupate, così ci sedemmo verso il centro della sesta fila, sul corridoio fra le sedie.
 
<< Sei mai stata ad una cosa simile prima d’ora, Sophie? >>
<< Sì, ma è stato una vita fa. >>
<< Chi era lo scrittore? >>
<< Sempre il Re. >>
 
Percepii chiaramente la nota triste nella mia voce, e chiaramente la sentii anche Ann.
 
<< C’eri andata con… >>
<< Sì, ero con lui. Te l’ho detto, una vita fa. Comunque, non ho intenzione di farmi rovinare la giornata da un pugno di brutti ricordi. >>
 
Sorrisi, e Ann iniziò a parlare della maratona di film che stava organizzando il club del cinema al college, una rassegna di Woody Allen. Mentre la ascoltavo, lasciavo vagare il mio sguardo alla ricerca di qualche ragazzo carino. Era mia abitudine, infatti, ogni qualvolta mi trovavo in una libreria e affini, di guardarmi intorno per cercare qualche bel ragazzo con cui fare conoscenza.
Dopo un po’, la mia attenzione fu totalmente catturata da un ragazzo in quarta fila. Sedeva in disparte, e sembrava essere solo. Non solo nel senso che non era venuto con qualcuno, nonostante fosse vero anche questo, visto che non parlava con nessuno dei suoi vicini. Sembrava solo dentro, come se non ci fosse nessuno per lui al mondo. La percepivo sulla pelle, la sua solitudine. La vedevo nella posa rigida delle sue spalle, nonostante fosse chinato su di un libro. Sembrava quel genere di ragazzo che potresti trovare in un caffè, con le cuffie e la tazza fumante davanti, dimenticata per seguire i suoi pensieri.
 
Portava un cappello che gli nascondeva i capelli e un paio di Ray-Ban neri. Una t-shirt bianca metteva in evidenza i muscoli della schiena, e anche lui portava ai piedi un paio di Doc Martens neri. Sembrava uscito dal mio blog di Tumblr.
 
<< Sophie? Terra chiama Sophie! Che ti prende? >>
 
La voce di Ann mi richiamò alla realtà.
 
<< Uhm? Niente, non ti preoccupare. >>
<< Chi si preoccupa? Ho solo notato che stavi letteralmente per vomitare un arcobaleno osservando il bel ragazzo la davanti. >>
 
Disse con tono malizioso. Stavo per risponderle, però in quel momento una donna piccolina con dei boccoli biondi che sembravano tracciati col compasso annunciò che stava per arrivare “Il grande Stephen King”.
Entrando lo scrittore che mi aveva cresciuta sorrise alla donna mentre si dileguava per poi salutare il pubblico presente. Non mi ero accorta di quanto si fosse riempita la sala.
 
<< Salve! Vi ringrazio tutti per aver deciso di spendere con me questa parte del vostro tempo. Prometto che non resterete delusi. E, in tal caso, siete liberi di lanciarmi le vostre sedie. >>
 
Altro sorriso. Io stavo letteralmente andando in brodo di giuggiole; se fossi stata un manga, avrei avuto gli occhi a forma di cuore.
La voce dello scrittore mi trasportò nei luoghi descritti dal suo libro, ad un punto tale che riuscivo a sentire l’odore del mare in burrasca del brano che stava leggendo. Chiusi gli occhi e mi abbandonai sulla sedia.
 
Quando smise, mi resi conto che nessuno in sala aveva emesso un fiato. Sembrava come se il silenzio si potesse toccare con le mani. Un’ assistente ci informò che per gli autografi dovevamo dividerci in due colonne ordinate, iniziando dalla prima fila di sedie e cosi via.
Mentre mi avvicinavo al banchetto dove lo scrittore stava ringraziando un ragazzino con gli occhiali in lacrime davanti a me, mi resi conto di avere la tremarella. Proprio come l’ultima volta.
 
<< Sta tranquilla Sophie. Non vorrai lasciar cadere il libro per la tremarella e fare una figuraccia davanti al tuo scrittore preferito, no? >>
<< Sei proprio incoraggiante, Jamie. >>
<< E’ per questo che sono qui. Ora muoviti, è il tuo turno. >>
<< Jamie non ce la faccio! Sono troppo agitata! Vai tu! >>
<< Neanche per sogno. Sbrigati, io sono qui dietro di te. >>
 
Scacciai il falsh-back dalla mia mente e mi feci avanti, consapevole di essere sola, stavolta.
 
<< Salve, ragazza mia, come ti chiami? >>
<< Sophie, signor King. È un onore essere qui, per me. >>
<< Figurati. Posso confidarti un segreto? >>
 
Chiese mentre mi firmava il libro.
 
<< C-certo, signor King. >>
<< Ho visto così tanta gente, in vita mia, così tanta. Mi è umanamente impossibile ricordarmi tutti i visi che vedo. Però ogni tanto, qualcuno me ne rimane impresso. I tuoi capelli, ad esempio. Sono certo di averli già visti. >>
 
Il mio cuore perse un battito, e percepii un formicolio alle mani.
 
<< Ha ragione, avevo preso parte al signin del 24 aprile 2000, a Londra. Non ha idea di quanto mi faccia piacere sapere che le sono rimasta impressa. >>
<< Oh, tesoro. Dei capelli come i tuoi non si scordano facilmente. Ma mi ricordo di te per un altro motivo. C’era un ragazzo con te, vero? >>
<< Oh, sì… >>
<< Mi ricordo ancora lo sguardo che aveva quando ti era accanto. Era quello di un cieco che vede la luce per la prima volta. Che fine ha fatto quel ragazzo? >>
<< Se ne è andato. >>
<< Oh. Bene, cara Sophie, mi ha fatto piacere rincontrarti. Al prossimo signin! >>
 
Disse scrivendo qualcosa sotto alla dedica, ma non riuscii bene a capire cosa fosse. Mi restituì il libro e mi allontanai, mezza scioccata. Si ricordava di me. E di Jamie.
 
<< Basta. Non voglio pensarci, non ora. >>
 
Mi dissi sottovoce. Passai lo sguardo sulla folla, alla ricerca di Ann, che però sembrava essere stata inghiottita nella moquette. Però, sopra la folla vidi spuntare un cappello familiare, seguito da un collo altrettanto familiare. Raccolsi tutto il mio coraggio e mi incamminai verso il ragazzo che avevo notato prima. Mentre camminavo spedita nella sua direzione, lui si voltò verso di me. Feci in tempo a formulare << Chissà che faccia avrà. >> prima che si togliesse gli occhiali e io ne vedessi finalmente il viso.
E il mondo mi cadde addosso.
 
Credo di essermi fermata di botto e di aver lasciato cadere il libro, come se mi fossi congelata. Ebbi la stessa sensazione che si prova quando si cade da un albero di schiena e tutta l’aria contenuta nei polmoni viene sputata fuori e non ci si ricorda più come si inspira. Iniziai a vedere tutti puntini scuri nel mio campo visivo. Anche lui rimase scioccato quanto me nel riconoscermi. Lo vidi sgranare gli occhi e aprire la bocca, ma non sentii alcun suono, oltre che un fischio sordo. Individuai una sedia e mi ci accasciai sopra, evitando così di svenire sul pavimento.
 
Jamie.
Che accidenti ci faceva Jamie Campbell Bower ad una presentazione di un libro di Stephen King? Neanche gli piacevano, una volta, le storie dell’orrore.
Ma cosa ne potevo sapere io di cosa piaceva o non piaceva, ormai, a Jamie? Erano secoli che avevamo perso tutti i contatti. E non era stata neanche colpa mia: un giorno, lui se ne era semplicemente andato. Trasferito in America per seguire il suo sogno di diventare attore senza neanche preoccuparsi di informare la sua migliore amica, senza lasciare un recapito o qualcosa per contattarlo.
Mi aveva distrutta, la sua partenza. Lui era tutto ciò che la vita aveva di bello da offrirmi, allora. Era la persona più importante della mia vita. Ma evidentemente la cosa non era reciproca. A cosa gli serviva una migliore amica mediocre, quando poteva avere l’intera Hollywood ai suoi piedi? Io ero solo un peso, per lui e per la sua carriera che stava per decollare.
Cosi avevo imparato ad andare avanti. Avevo capito che per una quindicenne la vita non finiva per la perdita di un amico, così mi ero rialzata ed ero rinata. Credevo di essermi buttata tutto alle spalle, quando anche io ero approdata a Los Angeles per studiare fotografia con la mia migliore amica. Ma evidentemente mi sbagliavo.
Non avevo mai pensato di rincontrarlo, né tantomeno avevo pensato a cosa avrei fatto in tal caso. L’incontro con Jamie mi aveva presa alla sprovvista, come una raffica di vento freddo in una giornata afosa di mezza estate.
 
In qualche modo riuscii a ricordarmi come si respirava, appena un attimo prima di svenire. Recuperai il libro e cercai di allontanarmi il più in fretta possibile, ma evidentemente certe cose non cambiano nel corso degli anni.
Riconobbi immediatamente il suo tocco sul mio polso, fu come se una scarica elettrica mi percorresse fino alle punte dei miei capelli.
 
<< Sophie? >>
 
Il mio nome sulle sue labbra, detto con la sua voce, mi arpionò il cuore.
 
<< In persona. >>
 
Risposi cercando disperatamente di mantenere il controllo, quando era chiaro che stavo per crollare.
 
<< Non sapevo fossi a Los Angeles. >>
<< Ci sono tante cose che non sai di me da tanto tempo, Jamie. >>
 
Un’ombra gli passò sul volto, e per un attimo mi sembrò di avere davanti il bimbo di dieci anni che mi scriveva la pelle con un pennarello che mi aveva baciata.
 
<< Capisco che sei arrabbiata con me… >>
<< No. Non capisci. Non sei tu quello che è stato abbandonato senza uno straccio di spiegazioni dal suo migliore amico. >>
 
Sputai quelle parole che tenevo dento da tanto tempo e le caricai con tutta la rabbia che potevo.
 
<< Sophie… >>
<< Non dire il mio nome con quel tono di supplica. Non ne hai il diritto. >>
<< Ti prego…non fare così. >>
<< Io faccio come mi pare e piace. Quando te ne sei andato ero distrutta, ma a te non è mai importato più di tanto. Quanto costava un biglietto, prima di partire? Una chiamata? Una cazzo di cartolina? >>
 
Mi resi conto di star urlando e che mezza sala ci fissava, così uscii a passo di marcia in strada. Neanche a dirlo, Jamie mi seguì.
 
<< So di essere stato un coglione Sophie. So di averti fatto male, ma pensi che io sia stato felice di lasciarti cosi? >>
<< Non hai mai fatto niente per dimostrare il contrario. >>
<< Allora dammene l’opportunità. >>
<< Cosa intendi? >>
 
C’era qualcosa, nei suoi occhi, qualcosa che non avrei mai pensato di vedere. Sembrava veramente intenzionato a farsi perdonare.
 
<< Passa una giornata con me, e io farò in modo di farti capire che non ti ho mai dimenticata in un angolo del mio passato. Sei stata la persona più importante, per me. >>
<< E’ troppo tardi, Jamie… >>
<< Non è mai troppo tardi. Non per quelli come noi. >> disse guardandomi negli occhi << e poi, se pensassi veramente che è troppo tardi, perché hai tatuate sul polso le nostre rondini? >>
 
Abbassammo entrambi lo sguardo sul mio polso stretto fra le sue dita. Tre rondini nere come il carbone sembravano prendere il volo dal mio avambraccio fino al cielo delle mie dita. Erano le stesse rondini che mi aveva disegnato quel giorno nel giardino.
Con uno strattone liberai il mio braccio dalla sua presa e lo nascosi dietro la schiena.
 
<< Ti prego. Dammi questa possibilità. Dammi la possibilità di riavere indietro la mia migliore amica. >>
 
 
***
<< Aspetta. E tu cos’hai detto??? >>
 
Era notte fonda, ma né io né Ann avevamo la minima intenzione di addormentarci. Mi aveva trovata appoggiata accanto alla sua macchina a torcermi le mani. Una volta al campus, le avevo raccontato tutto.
 
<< Ho detto di sì. >>
 
Risposi senza guardarla in faccia. Sentii le molle del letto cigolare e poi la mia migliore amica mi piombò addosso con tutto il suo peso per stritolarmi.
 
<< HAI DETTO SI’! SI’! TI RENDI CONTO? HAI DETTO SI’!!!!! DOMANI USCIRAI CON JAMIE CAMPBELL BOWER!! AAAAGHH >>
<< Non fangirlare troppo. Era il mio migliore amico, in fondo. >>
<< Non ti fa effetto neanche un po’ sapere che uscirai con una star? Neanche un po’? >>
<< Okay, un po’ sì. Ma principalmente voglio vedere cosa pensa sia necessario per farsi perdonare. >>
<< E cos’è necessario? >>
<< Non lo so neanche io… >>
<< Okay, basta tristezze. Come siete rimasti d’accordo? >>
<< Ha detto che mi passerà a prendere domattina alle 10.30 all’ingresso del campus, e mi sequestrerà per tutta la giornata. Non so altro. >>
<< Allora muoviti. Dobbiamo scegliere i vestiti! >>
 
Mi trascinò giù dal letto e spalancò il nostro armadio. Iniziò a scartare capi uno dopo l’altro, borbottando qualcosa ad una velocità incredibile
 
<< Troppo elegante…troppo sportivo…troppo sexy…troppo me…troppo poco…ecco qua!!! >>
 
Esclamò estraendo dalla rastrelliera una canotta corta a righe blu e bianche, e una gonna a vita alta nera.
 
<< Provali, muoviti. >>
 
Mi cambiai e Ann prese a girarmi attorno con occhio critico.
 
<< Mmm…stai molto bene. Io ti consiglio di legarti i capelli, così evidenzierai la schiena. >>
<< Da quando hai una laurea segreta nel settore moda? >>
<< Da sempre. Io SONO la moda. >>
 
Scoppiai a ridere e le lanciai un cuscino, che schivò.
 
<< Ora, a nanna! Domani sarà una giornata impegnativa. >>
 
Mi rinfilai il pigiama e entrai nel letto. Dopo un po’ di tempo passato in silenzio al buio, chiesi ad alta voce
 
<< Secondo te cosa ha in mente? >>
<< Non lo so. Sei tu quella che lo conosce. >>
<< Lo conoscevo, al passato. >>
<< Chi ti dice che è cambiato? >>
<< La fama cambia le persone, è inevitabile. >>
<< Magari non Jamie. Magari lui è sempre lo stesso. Cosa avrebbe organizzato, una volta? >>
<< Per farsi perdonare? Mi avrebbe portata nel giardino dei suoi nonni e mi avrebbe letto il più bel libro che aveva. E poi mi avrebbe portata a guardare le onde, se fosse stato giorno di mareggiata e fossimo stati nella mia casa al mare. Oppure avrebbe fatto in modo di portarmi al luna park, sulla ruota panoramica. Cose così. >>
<< Che carino. >>
 
Potevo sentire dal tono della sua voce che i suoi occhi erano a forma di cuoricini
 
<< Non metterti a vomitare arcobaleni però. >>
 
Ridacchiai sottovoce.
 
<< Basta. Devi dormire. Buonanotte, e ricordati la sveglia! >>
<< Sta tranquilla, notte. >>
 
Miracolosamente, presi sonno poco dopo, nonostante mi aspettassi di passare la notte in bianco a rigirarmi nel letto in preda all’ansia.
 
***
 
Ann stava aggiustando le pieghe della mia gonna davanti allo specchio interno dell’armadio, mentre io finivo di legarmi i capelli in uno chignon alto sulla testa. Sentivo lo stomaco fremermi, ed ero terrorizzata dall’idea che Jamie mi desse buca.
 
<< E se non dovesse venire? >>
 
Chiesi torcendomi le mani.
 
<< Sta tranquilla. Ti pare che non verrà? Sarebbe un idiota a perdere un’occasione del genere per recuperare il vostro rapporto. >>
<< Jamie è un idiota. >>
<< Ma un idiota nel senso buono. >>
<< Esiste una buona accezione del termine ‘idiota’? >>
<< Solo perché stai studiando anche lettere non significa che devi parlare come un’enciclopedia. >>
 
Iniziammo a ridere, proprio mentre il mio telefono squillò.
 
<< Chi è? >>
 
Chiese Ann
 
<< Credo sia Jamie >> risposi avvicinandomi al tavolo e prendendo il telefono << oppure no. Mamma. >> lessi sul display
 
<< Mamma, ciao! >>
<< Sophie! È da parecchio che non chiami. >>
<< Ho avuto un sacco da fare con lo studio ultimamente, scusami. >>
<< Sta tranquilla. Come va? >>
<< Tutto bene. Fa parecchio caldo per essere aprile >>
<< Qui a Londra invece piove sempre. Beh, almeno una di noi si sta godendo il sole. Che programmi hai per oggi? >>
<< Vado a fare un giro con un…amico per la città. >>
<< Un ragazzo? È carino? Sta al college? >>
<< Mamma! Niente terzo grado ok? È solo un uscita fra amici. >>
<< Uhm…va bene, ti lascio che le telefonate intercontinentali costano una fortuna. Ti voglio bene Sophie. >>
<< Ti voglio bene anche io, mamma. Mi mancate tanto, saluta papà. >>
<< Ci manchi anche tu tesoro. >>
 
Chiusi la chiamata e lanciai il telefono sul letto.
 
<< Perché non le hai detto che hai un appuntamento con Jamie? >>
 
Chiese Ann. Mi voltai verso di lei, ma rimasi in silenzio. All’improvviso, la vidi alzarsi e venirmi incontro. In meno di un secondo, mi ritrovai stretta fra le sue braccia.
 
<< Andrà bene, vedrai. Recupererete tutto il tempo che avete perso. >>
<< Come fai ad esserne sicura? >>
<< Me lo sento. E poi lo dice anche Stephen King. >>
 
Sgranai gli occhi
 
<< Che?? >>
<< Lo dice anche lui. Non hai letto la dedica sul tuo libro? >>
<< No. >>
<< Leggila. >>
 
Sciolsi l’abbraccio e recuperai il libro che avevo fatto autografare il giorno prima, aprendolo sul frontespizio. Appena sotto il titolo e il nome dell’autore, apparivano scritte in una bella grafia allungata le parole
<< Per la mia Sophie dai capelli color tramonto. Con affetto, Stephen King.
P.S: tutti tornano, prima o poi. E sta a te decidere se farli restare. >>
Sentii le guance alzarsi in un sorriso, e restai lì a fissare quelle parole, finché non sentii il familiare rumore di un messaggio.
 
<< Sono qua, scendi. Jamie xx>>
<< Uhhhh, ha messo due baci. >>
<< Zitta Ann. Niente commenti maliziosi. >>
<< Sarà dura. Comunque ora sbrigati! Tra poco arriverà! >>
<< Okay okay. >>
 
Dissi prendendo la mia borsa  e lasciandoci scivolare dentro il cellulare. Infilai gli occhiali da sole e uscii dalla mia stanza. Attraversai il campus e arrivai all’ingresso, dove una Camaro azzurro polvere decappottabile mi stava aspettando, con Jamie Campbell Bower come gadget. Sorrise e mi fece cenno di salire in macchina. Sospirai e mi preparai psicologicamente alla giornata che mi attendeva.
 
<< Ciao. >>
<< Ciao. >>
 
Lui, che una volta non si vergognava mai, riuscivo a vedere l’imbarazzo nel modo in cui si torceva le dita.
 
<< Come stai? >>
 
Chiese mettendo in moto
 
<< Tutto bene. Tu? >>
<< Tutto bene anche io. >>
<< Dove andiamo? >>
<< Andiamo al mare, Sophie. Ti porto a vedere le onde, oggi tira vento e conosco un posto bellissimo. Ah, ho portato un po’ di cibo, una volta avevi sempre fame. >>
 
Rispose arrossendo e passandosi una mano nei capelli biondi.
Ridacchiai, e questo sciolse un po’ la tensione.
 
<< Ho tuttora sempre fame. >>
<< Molto bene. Domanda indiscreta in arrivo, da bravo vecchio amico. Sei fidanzata? >>
<< Alla faccia della domanda indiscreta Jamie! Comunque no. >>
Scoppiammo a ridere e per tutto il resto del tragitto, chiacchierammo del più e del meno, come due sconosciuti ad un appuntamento al buio, fino a che non arrivammo al mare.
Jamie parcheggiò l’auto sotto una palma e mi prese la mano per aiutarmi a scavalcare un muretto basso che separava il marciapiede dalla spiaggia. Appena fui passata, mi lasciò la mano e con un saltino atterrò vicino a me. In silenzio, si incamminò verso un mucchio di rocce chiare. S’infilò in un buco fra esse e sparì.
 
<< Sophie? Mi segui? >>
<< Arrivo, arrivo. Calmo. >>
 
Passai anche io, attenta a non impigliarmi da nessuna parte. Dietro al muro di sassi c’era un angolo di paradiso. Un fazzolettino di sabbia dorata, che terminava nell’oceano. Sulle rocce circostanti crescevano tanti piccoli fiorellini bluastri e bianchi, mentre un arbusto si protendeva a fare ombra sulla spiaggetta dalla cima della parete.
 
<< Che…che te ne pare? >>
 
Chiese nervoso.
 
<< E’…bellissimo, Jamie. Non avevo idea che a Los Angeles esistessero posti del genere. Come l’hai trovato? >>
<< Ho le mie fonti segrete. >>
 
Ridacchiai piano, mentre mi sfilavo le scarpe. Andai a bagnarmi i piedi, mentre Jamie sistemava una coperta sulla sabbia e ci disponeva le nostre provviste.
Tornai accanto a lui e mi sedetti sulla coperta.
 
<< Io…ho portato un libro, Sophie. >>
 
Gli sorrisi, felice
 
<< Che libro? >>
<< “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare”. >>
<< Te lo ricordi ancora? >>
<< Ricordo tutto quello che abbiamo passato insieme, Sophie. Lo leggo, allora? >>
<< Certo. >>
 
Mi sistemai accanto a lui, che iniziò a leggere. La sua voce era cresciuta, ovviamente, ma per un attimo, se chiudevo gli occhi, potevo credere di avere ancora dieci anni, e di non averlo mai lasciato. E, Dio, se ero felice.
Quando smise di leggere, ero appoggiata alla sua spalla, con un sorriso sulle labbra che non avevo da parecchio.
 
<< Perché sei a Los Angeles, Sophie? >>
<< Sono venuta qui con Ann per studiare, lei fa fotografia, io lettere. Ti ricordi di Ann? >>
<< Me la ricordo eccome. >>
 
Mi misi a sedere per bene, in modo tale da guardarlo negli occhi.
 
<< Perché te ne sei andato, Jamie? >>
<< Me ne sono andato perché mi avevano offerto una possibilità di carriera irripetibile…>>
<< Ma potevi dirmelo! >>
<< Volevo dirtelo Sophie! Pero mia madre mi convinse che un addio rapido e netto sarebbe stato meno doloroso. Come con le ossa, quando sono spezzate di netto si curano prima. >>
<< Tu hai paragonato i miei sentimenti a…delle ossa? >>
<< I nostri sentimenti, Sophie. I nostri. Non devi pensare neanche per un attimo che per me sia stato facile. Avrei voluto chiamarti ogni minuto, ogni giorno. Pero credevo che tu fossi andata avanti, cazzo! >>
<< Come facevo ad andare avanti, Jamie? Come potevo riuscirci senza di te? >>
 
Mi alzai di scatto e iniziai a camminare verso la fenditura nelle rocce. Lo sentii imprecare e dopo poco la sua mano si chiuse sul mio braccio, impedendomi di procedere.
 
<< Perché te ne vai? >>
<< Jamie, stiamo facendo una cazzata. Che senso ha, a questo punto, riallacciare i rapporti? Siamo cresciuti divisi, non so più neanche chi sei. Sei rimasto lo stesso bambino che mi leggeva le storie e a cui ho dato il mio primo bacio, oppure la fama ti ha cambiato nel profondo? >>
<< Sophie, ti prego, non andartene. Sono sempre io. >>
<< Come faccio a saperlo? Come faccio a fidarmi di te? >>
<< Ti prego. Resta con me, e ti spiegherò tutto. >>
<< Jamie…>>
<< Sophie, io ti rivoglio nella mia vita. E non me ne frega se pensi che sia troppo tardi. Io ti rivoglio lo stesso. >>
 
Mi voltai verso di lui, con le lacrime che mi rigavano il viso.
 
<< Perché? Perché mi rivuoi? >>
<< Perché io ti amo ancora, cazzo. Ti amo, Sophie. Ti amo da quando avevamo dodici anni, e non ho mai smesso di farlo. Ho cercato pezzi di te in ogni ragazza con la quale sono stato, fino a quando non ho capito che era impossibile, perché sei unica. Sophie, tu sei la ragazza più speciale dell’universo. Nessuna, nessuna può sperare di essere come te. E non so come sia possibile che tu non sia fidanzata, che nessun altro ragazzo abbia compreso la tua unicità. Cazzo Sophie, io ti amo. Non da morire, io ti amo da vivere, perché tu sei la mia vita. E ti prego di scusarmi, se c’ho messo così tanto a realizzarlo.
Io ti amo, ma non voglio che tu ti senta in soggezione per questo. Ti capirò, se tu dovessi dirmi che non vuoi avere niente a che fare con te. Pero dovevo dirtelo, perché non riuscivo più a tenermelo dentro. >>
 
Senza dire una parola mi gettai al suo collo. Le sue braccia si chiusero immediatamente sulla mia schiena, formando una specie di gabbia protettiva intorno a me. Respirai il suo profumo come se fosse ossigeno e mi strinsi ancora di più a lui. sollevai il viso e premetti le mie labbra sulle sue, per la prima volta da 10 anni. Rispose al bacio con una dolcezza infinita, che poi diventò passione. Sollevai le gambe e le intrecciai al suo busto, così da arrivare alla sua altezza. Posai le mie mansi sulle sue guance e interruppi il bacio posando la mia fronte sulla sua.
 
<< Ti amo anche io. Scusami se c’ho messo tanto a realizzarlo. >>
 
Sorrise e mi stampò un bacio sul naso, per poi scendere imprimendo tanti piccoli baci leggeri sulla mia mascella fino ad arrivare al mio collo. Fra un bacio e l’altro, lo sentivo sospirare dei << Ti amo. >> sussurrati, come se volesse recuperare tutti quello che non mi aveva detto per anni.
 
Scivolai a terra, restando stretta a lui.
 
<< Avevi ragione. >>
<< Su cosa? >>
<< Per quelli come noi, non è mai troppo tardi. >>
 
 

“And all the roads we have to walk along are winding
And all the lights that lead us there are blinding
There are many things that I would
Like to say to you
I don't know how
 
Because maybe
You're gonna be the one who saves me ?
And after all
You're my wonderwall”

 
Allora, per iniziare volevo ringraziarmi per aver letto la mia storia. Ci ho messo parecchio impegno, e ci tenevo che qualcuno la leggesse.
Perciò, se vi è piaciuta, vi prego di lasciarmi una recensione e farmelo sapere. Vipregovipregoviprego.
Se recensite vi regalo un biscotto!!!! :3
In caso non l’aveste capito, amo Stephen King. È uno dei miei scrittori preferiti, e spero di riuscire a diventare brava almeno una briciola di quanto lo è Lui. Sarebbe un sogno che si realizza.
Ho pianto, scrivendo il pezzo della dichiarazione di Jamie. Ehi, sono una ragazza di Tumblr, ucciderei per sentirmi dire delle cose del genere da un ragazzo.
La canzone che è alla fine, e dalla quale viene il titolo, è “Wonderwall”, degli Oasis. Ascoltatela, è fantastica.
Uhm, credo di aver detto tutto, perciò mi dileguo.
Grazie mille, dolcezze!!!
Un abbraccio forte,
Fra.
 
 
PS: il gusto dei biscotti che riceverete per le recensioni è a scelta vostra, LOL.
  
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