Anime & Manga > Dragon Ball
Ricorda la storia  |      
Autore: giambo    16/02/2014    6 recensioni
Essere un eroe, un guerriero, ha il suo prezzo. Essere un eroe ti impone a compiere delle scelte, a dover rinunciare a qualcosa.
Ma soprattutto esso ti obbliga a non mentire a sé stesso.
Perché poi, quando il velo della bugia si squarcia, appari come sei veramente.
E allora, forse non sei più l'eroe che tutti credono.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku | Coppie: Chichi/Goku
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Solitude
 

Gohan era abituato a sentire i suoi genitori bisticciare ogni tanto per qualcosa. Il più delle volte essi trattavano cose futili, semplici. Sciocchezze su cui sua madre perdeva il controllo e riempiva suo padre di parolacce. Ma il più delle volte, bastava una carezza, un regalo, una giornata di mutismo al massimo, per far ritornare la quiete e la pace in casa sua.
Ma questa volta non sembrava fosse così semplice.
Seduto immobile sulla tromba delle scale, Gohan ascoltava sconvolto le voci dei suoi genitori urlarsi insulti dalla cucina. Sapeva che se lo avessero trovato sveglio a quell’ora, sua madre si sarebbe arrabbiata ancora di più, ma onestamente il bambino non riusciva a fare a meno di origliare sconvolto. Era più forte di lui, quelle voce irate lo attiravano come una calamita.
“Sei una merda!”
“Tesoro...non sai quello che dici.”
“Ah davvero? Mi fai schifo Goku! Ormai mi fa schifo tutto di te! Questa tua vita di merda, i tuoi amici di merda, te stesso! Sei una merda di uomo!”
“Ora basta Amore…”
“NON CHIAMARMI AMORE! MI FAI LETTERALMENTE SCHIFO GOKU!”
“Ma davvero?” ora anche suo padre aveva cominciato ad alzare la voce, e la cosa sorprese immensamente il piccolo saiyan, il suo papà non si era mai arrabbiato con la mamma.  “Eppure non mi pare che ti facessi così schifo quando ho salvato il palazzo a tuo padre, vero? Oppure  quando ho salvato regolarmente questo pianeta di ingrati dal pazzo di turno.  Se non fosse per me e per  i miei amici che definisci ‘merde’, ora tu saresti sotto un metro di terra!”
Uno schiaffo risuonò violento per la casa. Successivamente, Gohan percepì sua madre respirare in maniera affannosa.
“Chichi…”
Sentì sua madre uscire dalla cucina. Terrorizzato, il bambino corse a nascondersi dietro il divano, osservando suo padre inseguirla.
“Chichi…
”Lasciami stare! Non osare toccarmi!”
“Mi dispiace…dai, proviamo a discuterne in maniera civile…”
Una volta saliti sentì le loro voci più fioche, non riuscì a comprendere appieno il contenuto di quello che dicevano, ma soltanto alcuni spezzoni.
“No…ormai…deciso…non toccarmi!”
“Dai…proviamo…soluzione…fare…così…”
Ad un tratto però, Gohan sentì suo padre ruggire infuriato.
“E va bene! Vattene! Vattene! Distruggi pure questa famiglia se è questo che desideri! Ma poi non venire darmi dell'egoista a me!”
Vide sua madre scendere con una valigia piena, seguita a distanza dal padre ancora furibondo. Quando fu all’ingresso, la donna si voltò.
“Gohan per adesso rimane qui, ma se entro tre giorni non sarà sulla soglia di casa di mio padre, ti farò rimpiangere di non essere morto per mano di qualche disgustoso alieno sanguinario!”
Detto questo, la donna uscì di casa, sbattendo con violenza la porta dietro di sé.
Nella stanza venne il silenzio. Gohan osservò sconvolto suo padre sospirare pesantemente,  passandosi una mano sul volto, e incurvando le spalle. Sembrava terribilmente stanco.
“Cazzo…” lo udì borbottare mentre osservava la porta davanti a sé.
In quel momento, Gohan uscì fuori. Era confuso. Dove era andata sua madre? E perché il suo papà le aveva urlato in quel modo?
“Papà…”
Appena Goku vide suo figlio, la sua espressione mutò parzialmente. Distese i muscoli della faccia, nel tentativo, miseramente fallito, di sorridere al suo bambino.
“Ehi campione!” fece con finta voce gioviale. “Non dovresti essere a letto a quest’ora?”
“Dove è andata la mamma?”
Goku deglutì. Gli sembrava che la sua gola si fosse improvvisamente otturata. Cosa doveva fare? Mentire a suo figlio? O dirgli che, molto probabilmente, presto i suoi genitori non sarebbero più stati sposati?
“La mamma…è andata a stare dal nonno per un po’…” dichiarò con voce falsa. Appena pronunciò quelle parole, il saiyan si sentì uno schifo. Mentire a suo figlio lo rivoltava nel profondo.
Il bambino fissò il padre con sguardo perplesso, poi, lentamente, gli si avvicinò.
“Ma torna, vero?”
Goku strinse le labbra più e più volte prima di riuscire a trovare la forza per rispondergli.
“Sì, tornerà.” Gli sussurrò con voce fioca abbracciandolo. “Te lo prometto.”
Strinse forte suo figlio, mentre improvvisamente si sentì sporco dentro. Come se avesse assassinato una persona.
Cosa diavolo aveva fatto?
 

Goku chiuse la porta di casa dietro di sé, appoggiandosi ad essa con un pesante sospiro. Serrò gli occhi, mentre il silenzio che lo circondava gli dava l’idea di essere appena entrato in una tomba.
Portare Gohan dalla madre era stato più difficile del previsto, così come cercare di rassicurarlo sul fatto che presto si sarebbe risolto tutto. Non era bravo a mentire, e farlo con suo figlio gli aveva fatto venire la nausea. Sapeva che difficilmente si sarebbero risolte le cose, e che forse non sarebbero mai tornate come prima.
Non aveva visto Chichi, ma francamente era meglio così. Vederla gli avrebbe fatto solamente ritornare l’amaro in bocca. Il saiyan si sentiva uno schifo: non aveva mai risposto male a sua moglie in quasi dieci anni di matrimonio, ed ora che l’aveva fatto era solo certo di una cosa: pur di tornare indietro e rimediare al suo errore, si sarebbe fatto volentieri un altro scontro all’ultimo sangue con Freezer.
Aprì gli occhi, facendo una smorfia nel constatare la solitudine che lo circondava. Era rivoltante. Gli metteva lo stomaco sottosopra, donandogli la sensazione di essere in procinto di rigettare da un momento all’altro.
O forse erano le parole di suo figlio che gli facevano venire la nausea?
 
“Mi fido di te papà. Se dici che presto sarà tutto a posto, io ti credo.”
 
Come aveva potuto ingannare in questo modo suo figlio? Come aveva fatto a ridursi a mentire ad un bambino di neanche otto anni per il puro gusto di non avere rimorsi sulla coscienza?
Non lo sapeva. Anche perché di rimorsi ne aveva comunque una vagonata immensa sullo stomaco, pronta a fuoriuscire sotto forma di un concentrato amaro di bile.
Il moro si portò le mani alla bocca. Aria, gli mancava l’aria dentro quella casa così triste e vuota. Quel silenzio gli premeva sulle orecchie con la forza di un maglio. Barcollò per qualche passo in salotto, prima di inciampare sul tappeto dell’ingresso e cadere pesantemente a terra, da cui non si rialzò. Rimanendo sdraiato in maniera scomposta sul pavimento di una casa ormai abitata dai ricordi. I suoi.
Si sentiva le lacrime pizzicare gli occhi, ma non tentò di ricacciarle indietro. Non ne aveva la forza.
Che cosa aveva fatto?
 
“Mi dispiace Goku, ma Chichi non desidera vederti. È ancora molto arrabbiata, scusala.”
 
La voce di Giumaho gli rimbombava nella mente. Non era ancora riuscito a capire come aveva fatto a rimanere impassibile e composto davanti al padre di sua, anche se ormai per poco, moglie. Come era riuscito a rimanere educato e tranquillo davanti a quella casa, quando l’unico desiderio che aveva provato in quel momento era quello di entrarci per cercare Chichi ed urlarle in faccia il suo disprezzo ed odio per quella situazione che si era creata?
Ma forse sua moglie non aveva colpa, o se ne aveva, era solo in parte.
Strinse una mano così forte da conficcarsi le unghie nella carne dei palmi. Era stato un idiota, ecco cosa. Aveva commesso l’errore più grande della sua vita: dare per scontato che Chichi l’avrebbe sempre perdonato. Che il suo amore per lui le avrebbe fatto accettare ogni suo difetto, ogni sua oncia di egoismo, senza rendersi conto che quell’amore si era trasformato, con il passare del tempo, in rancore, per poi sconfinare nell’odio.
Sbatté il pugno sinistro sul pavimento. Una volta. Due. Più volte. Imperterrito nella sua ricerca di sfogare il proprio malumore in quell’opera distruttiva. Si fermò solamente quando ruppe l’asse di legno del pavimento, conficcandosi numerose schegge sulle nocche. Il saiyan accolse con un grugnito quella scarica di spilli affilati nella pelle. Dopo un paio di minuti arrivò alla conclusione che non era il caso di sfondare il pavimento di casa sua.
Si rialzò, andando in bagno a pulirsi la mano dalle schegge e per disinfettarla. I passi che rimbombavano nel silenzio della casa erano una stilettata al suo cuore. E l’ennesima conferma del fatto che era fottutamente solo.

 
Bulma aprì un occhio, infastidita da un rumore continuo e squillante che si dipanava in tutta la casa. La donna ci mise qualche istante a comprendere che non si trattava della sveglia, bensì di qualcos’altro. Il che era già una buona notizia: almeno non era ancora mattina.
“Che diavolo c’è adesso…”  borbottò assonnata accendendo la luce di camera sua. Se ne pentì subito: l’illuminazione artificiale ebbe l’effetto di abbagliarla, lasciandola semicieca per circa mezzo minuto. Anche se quell’incidente visivo le permise di capire finalmente cos’era quel rumore che continuava imperterrito a risuonare in tutta la Capsule Corporation: il campanello.
Masticando imprecazioni assai poco signorili, la scienziata si alzò. Attraversò la casa buia di corsa, mettendosi sopra il pigiama una maglietta raccattata da terra. Desiderosa solamente di sapere chi diavolo era che la veniva a trovare ad un’ora imprecisata della notte.
“Spero solamente che non si tratti di qualche stupida trovata di quell’idiota di Yamcha.” Pensò con ferocia. “Perché stavolta giuro che lo castro con un martello.”
“Arrivo! Maledizione, chiunque tu sia la vuoi piantare?! Ci manca solo che mi svegli i genitori, per non parlare di quello schizzato di Vegeta!”
Una volta aperta la porta, Bulma rimase ferma, immobile, con la bocca aperta a formare una circonferenza perfetta. Di tutte le persone che si aspettava di trovarsi davanti, lui era l’ultimo della lista.
Goku sorrise mestamente nell’osservare l’espressione di stupore comparsa sul volto dell’amica. Sapeva che era un orario indecente, ma onestamente lei era l’unica persona che aveva voglia di vedere in quel momento.
“Disturbo?” domandò dopo circa mezzo minuto che la donna lo fissava.
L’espressione dell’azzurra mutò, diventando più feroce.
“No, figurati! È mia abitudine aspettare l’arrivo di perfetti imbecilli ad un’ora infame della notte!” rispose con tono sarcastico.
Il sorriso triste del saiyan si fece più largo.
“Hai perfettamente ragione Bulma, però…mi piacerebbe lo stesso fare due chiacchiere con te.”
La scienziata sospirò.
“Immagino che non abbia molte alternative.” Borbottò facendosi da parte. “Entra, disgraziato!”

 
“Dunque, fammi capire.” ricapitolò l’azzurra mentre si sedeva con un sospiro davanti al tavolo di cucina della Capsule Corporation. “Chichi si è finalmente decisa a mollarti?”
Goku si limitò ad annuire, tenendo le mani incrociate sul tavolo e il volto rivolto verso il pavimento.
La donna tambureggiò con le dita un paio di volte sulla superficie liscia davanti a sé, facendo battere le unghie laccate di rosso. Poi scosse la testa.
“Mi dispiace Goku, però devo dire che te la sei cercata.”
Il saiyan esplose in una risata amara.
“Grazie Bulma. Ora che me lo hai confermato tu, ho toccato veramente il fondo.”
“Cosa cambia chi te lo dice? È la verità!” sbuffò la scienziata mentre tirava fuori una sigaretta dal suo inseparabile pacchetto. “Ti sei comportato come peggio non potevi fare. Hai sciupato un matrimonio solo per la tua fissa di dover tirare pugni ad ogni costo.”
Il moro la guardò in cagnesco.
“Ti ricordo che, se siamo ancora vivi, è solamente per quella che tu chiami ‘fissa’.” Borbottò scorbutico. “Non mi pare che chiedere un minimo di riconoscenza per quello che ho fatto sia chiedere troppo!”
“Ok, hai salvato il mondo. E allora? Ciò non cambia che hai distrutto il tuo matrimonio.” Gli replicò imperturbabile Bulma soffiando fuori dalle narici la prima boccata di fumo. “Non puoi tenere due piedi nella stessa staffa Goku, devi scegliere. Ed è stato proprio questo tuo non scegliere che ti ha condotto in questa situazione.”
“Io non ho avuto scelta! Possibile che nessuno lo capisca?!” il guerriero si alzò di scatto, scaraventando la sedia per terra. Aveva le vene del collo gonfie dalla rabbia, e nei suoi occhi brillava una luce di selvaggia ira. Bulma non l’aveva mai visto così furioso, ma non si scompose minimamente davanti alla rabbia dell’amico.
“Goku…”
“Ogni volta che c’è stato un pazzo furioso che voleva attuare qualche folle piano è toccato a me fermarlo! Nessuno l’altro ci riusciva! Cosa avrei dovuto fare, secondo te? Andare a lavorare come voleva Chichi, mentre il folle di turno ci sterminava tutti?!”
“Non ho detto questo, idiota.” Rispose piccata la donna. “E ti sarei grata se evitassi di svegliarmi tutta la casa. Ora siediti.”
Il saiyan non si mosse.
“Siediti, oppure ti sbatto fuori a calci in culo.” Aggiunse glaciale l’azzurra. “Fai la tua scelta, Goku.”
Lentamente, e sempre rimanendo infuriato con il mondo, il moro raccolse la sedia e ci si sedette sopra pesantemente.
“Così va meglio.” Disse leggermente più rilassata Bulma. “E per tornare al discorso di prima: tutti qui ti siamo riconoscenti per quello che hai fatto. Non siamo ingrati, o ottusi, come piace pensare a te.”
Goku si limitò a grattarsi con la mano, fasciata qualche ora prima, la guancia sinistra, replicando con un grugnito alle parole dell’amica.
“Il punto è che tu tendi a ‘dimenticare’ un po’ troppo in fretta altre cose.” Continuò la scienziata, agitando la propria sigaretta e creando spirali di fumo grigiastro per tutta la stanza. “Per esempio: cosa hai fatto nei cinque anni tra la fine del Torneo Tenkaichi e la venuta di tuo fratello sulla Terra?”
Il saiyan rimase a bocca aperta davanti a quella domanda. Non si sarebbe certo aspettato che Bulma tirasse fuori quel periodo della loro vita.
“Rispondimi Goku. Ti ho fatto una domanda precisa: che cosa hai fatto, a parte battere la fiacca?”
“Io…io…” sensi di colpa cominciarono a dilaniare l’animo del guerriero. Cominciava a capire dove voleva andare a parare l’amica, e la cosa non gli piaceva affatto.
“Hai perso la lingua? Oppure la tua memoria si è scordata a tempo di record di come impiegavi le tue giornate in quegli anni?”
“Mi allenavo.” Provò a difendersi il saiyan.
“Ti allenavi? Non mi pare. In cinque anni la tua forza  era rimasta sostanzialmente la stessa.” Replicò imperturbabile la donna.
“Vuoi che risponda io?” proseguì successivamente constatando il mutismo dell’amico. “E va bene: in quegli anni non hai fatto nulla.”
Goku abbassò colpevolmente la testa.
“Non ti sei allenato, non ti sei trovato un lavoro per mantenere tua moglie e tuo figlio. Vivevi alla giornata, campando con l’eredità di Chichi ed andando a divertirti con Crilin e gli altri. Fregandotene altamente di tua moglie che passava tutto il tempo a sistemarti la casa ed a badare a tuo figlio. Un figlio, che pur volendogli bene, hai sempre abbandonato a sé stesso fin da quando aveva cinque anni.”
“Adesso basta Bulma!” tentò di difendersi il moro. “Non sono quel mostro che hai dipinto! Non hai alcun diritto di parlarmi così!”
Non voleva crederci. Non poteva crederci. Davvero era stato quell’uomo indegno che Bulma descriveva? Davvero era stato un padre scriteriato e lontano per Gohan? Disperato, il saiyan respinse con tutto il suo essere quelle accuse, quelle affermazioni che sbriciolavano davanti ai suoi occhi la sua visione del mondo e di sé stesso.
La scienziata lo fissò con fare impassibile.
“Hai il diritto di non credermi, di pensare che io sia dicendo solo una marea di stronzate, Goku.” Rispose con voce glaciale. “Sì, ne hai il diritto. Così come io avrei il diritto di sbatterti fuori da casa mia dopo quello che hai detto e fatto in questi ultimi minuti.”
Il saiyan si mosse a disagio sulla sedia.
“Mi poniti questa domanda allora: perché Chichi ti ha lasciato? Perché ti ha sommerso con questo livore ed odio? Fatti questa domanda Goku. Se non credi a me, allora credi almeno a te stesso, se sei ancora capace di essere sincero.”
“Io sono sempre sincero…” borbottò il guerriero mentre si torceva le mani in preda al nervoso.
Bulma lo osservò a lungo prima di controbattere. Al moro gli sembrava che la donna lo stesse scrutando fin nei suoi più remoti pensieri.
“Forse una volta…” disse alla fine. “Ma ora? Puoi dirmi con assoluta certezza che sei sempre stato sincero con te stesso e le persone a te care?”
Nella stanza cadde un profondo silenzio. Bulma continuava a fissare l’amico che, in preda alla vergogna ed ai sensi di colpa, teneva la testa rivolta verso il basso.
“No.” Sussurrò alla fine con voce rotta il saiyan. “Non sono più la persona di una volta.”
Davanti a quella sofferente confessione Bulma addolcì i lineamenti del proprio viso.
“Non pensare che il mondo c’è l’abbia con te, Goku.” Rispose con voce dolce. “Né che io ti sia diventata nemica. Ma devi vedere le cose da un’ottica diversa.  Chichi ha di sicuro le sue colpe se questo matrimonio è fallito, ma la maggior parte degli errori sono tuoi.”
“E adesso? Cosa mi resta? Anche se ammettessi di aver sbagliato non cambierebbe nulla. È troppo tardi per tornare indietro.” Esclamò con voce tombale il guerriero.
“Questo è vero.” Concordò l’azzurra. “Ma forse potresti prendere spunto da questa vicenda. Tu hai sempre cercato di migliorarti nella tua vita. E’ giunto il momento che tu capisca che quella lezione di vita non si applica solo ai muscoli, ma anche al proprio essere una persona ed un uomo.”
Nella stanza cadde un profondo silenzio. Bulma spense il mozzicone della propria sigaretta nel suo costoso portacenere di marmo. Successivamente, la donna si mise a fissare il muro davanti a lei con sguardo assente, mentre Goku si fissava, senza in realtà vederle, le proprie mani.
Quello che gli aveva detto Bulma l’aveva sconvolto e ferito. In tutta la sua vita era sempre stato convinto di fare la cosa migliore, non aveva mai avuto dubbi in ciò che era giusto e ciò che era sbagliato. Ma adesso non era così sicuro di poter vedere cosa lo era e cosa no. Era veramente diventato un essere egoista e meschino? Davvero era questo per la sua famiglia? Un marito fannullone ed un padre assente? Goku sapeva di aver chiesto molti sacrifici a sua moglie, così come sapeva di non averle mai dato la vita a cui suo padre l’aveva abituata. Eppure credeva che la loro fosse un’unione felice, pur con i loro alti e bassi. Ma le parole di Bulma gli avevano fatto vedere il suo matrimonio sotto una luce diversa: lo trovò un tremendo fallimento. Forse avrebbe dovuto seguire, a suo tempo, il consiglio di Yamcha e rimanere scapolo.
 
“Quelli come noi non sono fatti per il matrimonio, amico! Fidati di me, quella splendida fanciulla ti metterà in un sacco di guai!”
 
Già…con il senno di poi bisognava dire che il suo amico l’aveva vista giusta.
Il pensiero di Yamcha gli fece venire in mente che il terrestre, pur essendo un donnaiolo di prima categoria, ormai erano anni che stava insieme stabilmente con Bulma. Eppure non gli avevano mai dato l’idea di essere veramente fatti l’uno per l’altra: Bulma era una donna bellissima, ma problematica. Mentre Yamcha era un amante della vita libera e selvaggia, un individuo che mal si adattava alla vita comoda e di città che faceva la sua compagna.
“Yamcha come sta? Sta bene?” domandò all’improvviso il saiyan rompendo il silenzio che regnava ormai da parecchi minuti nella stanza.
“Sì, sta bene.” Gli rispose la donna. Ma l’occhio allenato del moro notò che i lineamenti dell’amica si erano irrigiditi appena aveva pronunciato il nome del fidanzato.
“Tra voi due…come sta andando? Tutto bene?” aggiunse di malavoglia. Non sentiva veramente il bisogno di fare conversazione, ma gli sembrava il minimo interessarsi un po’ alla vita della scienziata dopo averla svegliata nel cuore della notte ed obbligata ad ascoltare i suoi problemi matrimoniali.
Un sorriso triste e stanco curvò le labbra carnose dell’azzurra.
“Va come deve andare.” Rispose. “Ci facciamo trasportare dalla corrente della vita.”
“In che senso?” domandò perplesso l’amico.
“Nel senso che tra di noi ormai non ci sono che tizzoni ardenti.” Rispose la donna accendendosi una seconda sigaretta. “Il fuoco del piacere che c’era si è spento molto tempo fa.”
“Se è come dici, perché state ancora insieme?”
Un sopracciglio alzato in segno di scetticismo fu, all’inizio, l’unica risposta che ottenne.
“Da quando in qua ti interessano i miei problemi di cuore? Mi sembrava che fossi tu quello incasinato con tali questioni.”
“Era tanto per sapere.” Si difese Goku. “Mi sento un po’ in colpa per averti svegliato nel cuore della notte.”
“E per farti perdonare mi fai un interrogatorio sulla mia vita privata? Commovente.”
“Oh, insomma!” sbottò alla fine il saiyan. “Sei insopportabile quando fai così!”
L’espressione della donna fu deformata da un ghigno. Con tutta calma, essa si prese una nuova boccata di fumo e la rilasciò con un movimento sensuale delle labbra. Solo allora si decise a parlare.
“Diciamo che se sto ancora con Yamcha…ho le mie buone ragioni.”
“E quali sarebbero?”
L’azzurra fece un gesto sbrigativo con la mano, quasi volesse liquidare in fretta la questione.
“Tanti motivi: comodità, niente rogne di fine fidanzamento, nessun fastidiosissimo corteggiamento da parte di qualche imbecille, nessun problema di spiegazioni e mille altre cose di questo genere. Ora come ora, la mia vita non ha bisogno di uomini. Quindi tanto vale rimanere con Yamcha ed uscire con lui ogni tanto per farlo felice.”
“Detta così suona crudele e meschino nei suoi confronti.” Osservò pensieroso il guerriero.
Bulma snudò i propri candidi denti nel suo sorriso più sensuale.
“L’amore è un gioco crudele. Gli uomini e le donne sognano l’amore fin da quando sono piccoli, ma alla fine tutti noi ci accorgiamo che esso non è altro che un trastullo da usare durante le nostre vite. A nessuno serve veramente l’amore per vivere. Per fare sesso basta uscire spesso, e prima o poi qualcuno con cui farlo ti capita.”
Goku rimase in silenzio, abbastanza stupito di quel lato cinico e pessimista della sua amica che mai gli era capitato di notare prima di allora. Tuttavia, il suo stupore aumentò quando lei gli prese la mano sinistra con la sua e lo fissò dritto negli occhi.
“E comunque detto da te fa abbastanza ridere, amico mio. Tu sei stato l’esempio perfetto di come l’amore non è altro che un gioco per noi essere umani. Tu hai giocato con esso, e quando ti sei stufato l’hai dimenticato. Riprendendolo in mano solo quando ti serviva che il giocattolo non si rompesse. Ma tu non sei mai stato bravo a capire dov’era il confine delle cose, Goku.”
Il saiyan ritrasse la mano, profondamente turbato dalle parole dell’amica. Poi, lentamente, si alzò, rendendosi conto di non voler più la compagnia della donna. Mentre si stava dirigendo verso l’uscita della cucina, Bulma, che non l’aveva mollato di vista un attimo, parlò di nuovo.
“So cosa ti stai domandando in questo istante, Goku. E ti posso già dire che sì, non avrei problemi io. Ma forse li avresti tu.”
Il moro si fermo, sorridendo tristemente alla sua vecchia amica. Non gli era mai parso di non conoscerla come in quell’istante.
“Non ti sfugge proprio nulla, eh?”
Un sorriso divertito comparve sul volto di lei mentre prendeva una nuova boccata di fumo.
“Diciamo che ho imparato…ad osservare il mondo che mi circonda.”
Goku scosse la testa, senza mai smettere di sorridere. Poi, senza aggiungere altro, girò le spalle a Bulma, dirigendosi verso l’uscita. Quest’ultima non lo fermò, ne sembrò delusa del fatto che lui alla fine non avesse detto quello che lei si aspettava. Forse era stato il suo cinismo a fermarlo, forse il fatto che lui amava ancora sua moglie e suo figlio. O forse perché lui era Goku, il guerriero perfetto, l’uomo che nessuno avrebbe definito egoista o meschino. Tranne lei.
Eppure non glielo chiese, né lei fece qualcosa per fermarlo.

 
Goku fissava, senza in realtà vederla veramente, la sua immagine riflessa allo specchio davanti a lui. Fermo immobile, il guerriero accarezzava lentamente il filo lucente della lama che teneva tra le mani.
Sorrise. Forse era un po’ melodrammatico, ma era una via d’uscita. Un modo per evitare di dover affrontare quel peso, quella consapevolezza di aver sbagliato.
Ricordi di una vita felice gli attraversavano la mente mentre, a petto nudo, accoglieva la gelida aria notturna con un brivido. Le stelle non gli erano mai parse tanto remote come in quel momento dal rettangolo della finestra.
 
“Hai giocato con l’amore…ricordandoti di lui solo quando ti serviva che il giocattolo non si rompesse…ma tu non sei mai stato bravo con le misure.”
 
Goku si passò lentamente una mano sul volto. Quelle parole gli avevano scavato un solco dentro di lui difficilmente rimarginabile. Come aveva fatto a diventare così meschino? Come era riuscito a diventare come le persone che aveva sempre disprezzato?
Forse non era più così diverso da Vegeta come aveva sempre sostenuto, forse l’unica differenza ormai che intercorreva tra loro due era che il principe dei saiyan ammetteva di essere un essere imperfetto, mentre lui no.
Cosa poteva fare? Era solo, dannazione! Solo! Dove avrebbe trovato la forza di andare avanti?
Non lo sapeva.
Osservò meglio la lama che teneva in mano. Era un’arma pregevole:  una lama curva, a modello di ala di drago, da cui sporgeva numerosi denti affilati dall’altra parte del taglio. Il tutto completato da una ruvida impugnatura di legno chiaro. Era stato facile rubarla al suo amico Yamcha, forse non se ne sarebbe mai accorto se lui si fosse affrettato a rimetterla al suo posto.
La sollevò, osservando i riflessi delle stelle infrangersi su di essa. Pensò a quanto sarebbe stato facile lasciar muovere il proprio braccio, permettere a quello splendido pugnale di prendersi la sua vita, bersi il suo sangue, squarciargli la carotide con la facilità con cui si taglia del burro. Vedere riflesso su quell’acciaio crudele i propri occhi spegnersi velocemente.
Si fece schifo. Una grande furia prese possesso di lui. Con un ringhio, si passò con rapidità la lama sul palmo sinistro, affondando il metallo nella carne ed assaporando con un ghigno doloroso la sensazione di bruciore lancinante che gli arrivava dal proprio arto. Successivamente, il saiyan scagliò l’arma lontano da sé, disgustato dai pensieri che l’avevano invaso prima.
Si guardò il palmo insanguinato della mano, osservando il sangue colare lentamente verso il polso. Sospirò, cosa diavolo gli era passato per la testa? Non sarebbe stato così che avrebbe risolto i suoi problemi.
“Cosa mi serve cercare vie di fuga inutili?” si domandò mentre, lentamente, si fasciava per la seconda volta in poco tempo lo stesso arto.

 
Goku si rigirò tra le mani quella cassetta, osservando con occhio spento il periodo, probabilmente il più bello della sua vita, in cui era stata fatta.
Sospirò, scuotendo mestamente la testa. Sapeva che vederla gli avrebbe soltanto fatto male, ma aveva alternative?
“Non posso farne a meno.” Pensò mentre leggeva con tristezza le due parole che componevano il titolo del filmato: ‘compleanno Chichi’.
La inserì e si sedette con pesantezza sul divano, mentre lo schermo del televisore cominciava a fargli visualizzare scene del giardino di Bulma in un’assolata giornata di sole di parecchi anni prima. Goku sapeva di quale compleanno si trattava: mancava ancora un anno alla nascita di Gohan, era il suo primo anno di matrimonio e si sentiva al settimo cielo per avere la possibilità di vivere affianco a quella donna splendida.
“Ehi Crilin! Cos’è quella faccia imbarazzata? Hai forse paura che ti riprenda?”
“Vattene Yamcha. Non mi piace che mi riprendi con quest’abito addosso. Mi sento…un pinguino, ecco!”
“Eh eh, dai che sei carino! Ormai sei un vero sciupa femmine!”
“Vattene oppure te le do!”
Goku sorrise nel vedere Yamcha, che stava riprendendo ogni cosa, prendere in giro il suo vecchio amico Crilin. Lo vide salutare con un bacio Bulma, all’epoca ancora innamorata di lui, e ridere di gusto nell’intervistare un imbarazzatissimo Tenshinhan.
“Allora Ten! Qualcosa da rilasciare? Non senti anche tu voglia di matrimonio dopo questa adorabile festa in onore della  dolce Chichi?”
“Piantala buffone! Vai da un’altra parte a fare le tue idiozie!”
“Ohhhhhh! Siamo permalosetti, eh?”
Il sorriso sul volto del saiyan si allargò nel vedere i suoi amici così giovani, allegri e spensierati. Quanti anni erano passati? Nove, ma sembravano novemila da come si sentiva lui.
“Goku! Ehi Goku!”
Il moro sussultò nel vedersi inquadrare sorridente con un bicchiere di plastica in mano e le labbra sporche di sugo di qualche pietanza appena mangiata.
“Allora Goku! Oggi è il compleanno di tua moglie! Non hai niente da dire?”
“Beh…in effetti qualcosina da dire c’è l’ho.”
Il guerriero sentì una fitta al cuore quando il suo amico spostò l’obbiettivo verso sua moglie.
“Hai sentito Chichi? Tuo marito ti deve dire qualcosa!”
“Conoscendolo, vorrà dell’altro cibo!” esclamò la donna sorridendo alla telecamera. Goku si sentì mancare quando la vide sorridere. Quanto gli mancava quel sorriso! Avrebbe dato qualsiasi cosa, qualsiasi, pur di rivederla sorridere così a lui.
“Dunque, Goku! Che cosa vorresti dire a tua moglie in questo giorno?” domandò la voce fuori campo di Yamcha.
Il Goku giovane del filmato ridacchiò allegramente.
“Beh…lo sapete tutti che non sono un genio con le parole.”
“Lo sappiamo bene!” dichiarò una voce fuori campo che Goku associò a quella di Bulma.
“Quindi ho pensato di dirle quello che penso in un altro modo.” Subito dopo, Yamcha, che si capiva subito che era suo complice in tutto questo, gli passò un microfono.
“Oh no!” esclamò scuotendo la testa sul divano il saiyan. “Devo essere stato ridicolo.”
Nel frattempo, sulle dolci note di un pianoforte escluso dal campo visivo, Goku aveva iniziato, completamente stonato, a cantare.
“Quando mi perdooooo...nei tuoi occhi scuri…mi sembraaaa…di vedere dei diamantiiiii…”
“Vai così, Goku!” lo incitò Oloong da lontano. “Sei tutti noi!”
“Oh hooooo…io ti amooooo!!! Oh hoooo…io ti amooooo!!!”
Nonostante si trovasse ridicolo, e sicuramente lo avevano pensato anche i suoi amici in quel lontano giorno, Goku non riuscì a non sorridere. Commosso da quel giovane ragazzo, che cantava innamorato a sua moglie, che era stato.
“Oh hoooo…io ti amooooo!!! Oh hoooo…io ti amoooo!!!”
Il sorriso del saiyan si spense lentamente con l’andare avanti della canzone. Quel giorno se lo ricordava bene, ed era stato tra i più belli della sua vita. Se avesse potuto tornare indietro, probabilmente non avrebbe sciupato tutto quello che la vita gli aveva dato.
“Io ti amoooooooo!!!” con un ultimo, stonatissimo, ritornello la canzone terminò. Goku vide sé stesso andare dalla moglie sorridente, prenderla in braccio, e baciarla con passione davanti a tutti che applaudivano.
“Buon compleanno, Tesoro.”
E il guerriero vide sua moglie, ancora così giovane in quel filmato, sorridergli raggiante e ricambiare con passione il suo bacio. Felice di essere sposata con l’uomo della sua vita.
“Ti amo, Goku.”

 
Il saiyan si guardò per tutto il giorno e la notte successiva quel video. Si rivide per centinaia di volte cantare a sua moglie il suo amore per lei, e la vide centinaia di volte  baciarlo e dire che lo amava. Si sentì le lacrime agli occhi, seduto su quel divano sfatto, nel constatare come le cose erano andate. Quei due giovani, felici ed innamorati, si sarebbero allontanati. Diventando disillusi nei confronti dell’amore.
Ad un certo punto il moro premette il tasto di pausa, fissando con sguardo spento il sorriso di sua moglie. Gli piaceva pensare che fosse rivolto a lui, che lei gli volesse ancora bene, e che quello che stava vivendo fosse solamente un incubo.
Ma il giorno arrivò, e con lui la consapevolezza di star vivendo la realtà. Una triste, fottuta realtà.
Si mise le mani al volto. Non sapeva cosa fare. Senza la sua famiglia, gli pareva assurdo provare a tornare alla vita di tutti i giorni. Come avrebbe potuto dimenticare quasi dieci anni di matrimonio come se nulla fosse? Dove poteva trovare la forza per farlo?
“Forse Bulma avrebbe la forza di andare avanti.” Pensò. “Ma io no! Io…io…io…dannazione! Io amo ancora mia moglie! E non riesco a vivere senza di lei e mio figlio! Non ci riesco! Non ci riesco!” disperato, Goku appoggiò il volto alle ginocchia, lasciandosi andare al suo dolore in quella posizione fetale.

 
Si rialzò lentamente, aspirando a grandi boccate aria per i suoi polmoni compressi. Andò in bagno a sciacquarsi il volto, cercando di ritrovare un minimo di lucidità con l’acqua fredda.
Si lavò attentamente la faccia, rabbrividendo quando gocce gelide gli scesero lungo il collo. Con un sospiro, il guerriero si guardò allo specchio. Ciò che vide non gli piacque: un uomo stanco, disordinato, sconfitto e triste. Brutta copia del grande super saiyan che aveva illuminato l’universo intero con la sua luce durante lo scontro con Freezer.
Strinse i pugni, guardando la fasciatura alla mano sporca di sangue. La ferita doveva essersi riaperta, ma non gli importava in quel momento. Con lentezza si tolse le bende bagnate d’acqua e si osservò il taglio slabbrato che si era inflitto nel palmo. Constatando con sorpresa che quel taglio aveva qualcosa di terribilmente familiare.
Sangue, dolore, stanchezza, ferite.
Era questa l’essenza della sua vita. Erano state queste componenti ad animare il suo essere in tutti gli anni della sua vita.
I suoi lineamenti si irrigidirono. No, cazzo. Non si sarebbe lasciato andare. Non poteva arrendersi così. Non si era mai arreso in vita sua, non aveva mai chinato la testa davanti a nessuno. Lui non poteva lasciarsi perdere così, dannazione! Non poteva affogare nel mare del dolore senza tentare il tutto per tutto.
Deglutì. Aveva paura, una fottuta paura. Lui, che la parola paura non l’aveva mai riguardato, lui che era definito da tutti un incosciente, lui, il grande super saiyan, aveva paura.
Ma doveva provarci.
Chiuse lentamente gli occhi, cercando di rimuovere dal suo essere tutto il dolore e la disperazione che l’avevano dominato nell’ultimo periodo.
“Devo provarci.” pensò mentre i suoi lineamenti si rilassavano. “Posso farcela.”
All’improvviso aprì gli occhi, rinvigorito da un’esplosione di forza vitale derivatagli dalla sua decisione di non abbandonarsi alla disperazione.
Sapeva cosa fare.
Prese una maglietta, indossò un paio di scarpe ed uscì velocemente di casa.

 
Chichi batté il piede più volte in segno di nervosismo. Non era molto convinta di quello che stava facendo, e quella coda di gente all’apparenza interminabile che si trovava davanti a lei non le migliorava di certo l’umore.
Si sistemò meglio la borsa sulla spalla, mentre cercava per l’ennesima volta di convincersi che quello che stava facendo era la cosa giusta. Si ripeté di nuovo che lo faceva per distrarsi, che ne aveva bisogno. Che doveva conoscere nuove persone, nuovi posti. Staccare un attimo dalla sua vita di tutti i giorni per evitare i brutti ricordi.
Era stato suo padre ad insistere. Giumaho voleva che la figlia la smettesse di arrabbiarsi per ogni minima cosa. Da quando aveva chiuso con Goku, la donna era stata intollerabile ed irascibile con tutti, al punto di aver portato più volte il piccolo Gohan sull’orlo delle lacrime.
 
“Tesoro, devi distrarti per qualche giorno. Non puoi continuare ad urlare dietro a Gohan per ogni minima sciocchezza.”
“Non impicciarti, papà! So quello che faccio!”
“Non si direbbe proprio dal tuo comportamento in questi ultimi giorni! Chichi, devi mettere da parte i tuoi problemi per qualche giorno. Che ne dici di prenderti una piccola vacanza?”
“Una vacanza?! Ma sei diventato pazzo?! Con quali soldi? E chi baderà a Gohan mentre io perdo tempo a bighellonare in giro per il mondo?”
“Gohan può stare con me. Qualche giorno senza il tuo isterismo non può che fargli bene, e per i soldi…beh, non mi pare che stiamo morendo di fame. Un viaggio te lo posso regalare senza alcun problema.”
“Mi sa che sei tu che hai bisogno di un viaggio, papà! Una vacanza! Che assurdità!”
 
Ed invece era là. Alla fine suo padre era riuscita ad avere la meglio, ed a convincerla che doveva partire, distrarsi per qualche giorno. Lontana da Goku e dal suo matrimonio miseramente fallito.
La mora sospirò quando ripensò a suo marito. Gli mancava. Nonostante tutti i suoi difetti, Goku era pur sempre suo marito, e sentiva i sensi di colpa ad avergli urlato quelle parole piene di veleno in faccia. Ma con un sussultò Chichi rimembrò tutte le volte che l’aveva fatta infuriare, per non parlare di come lui non aveva fatto il minimo sforzo per convincerla a restare.
“Quell’idiota ha avuto quel che si meritava!” pensò con rabbia. “Mi ha sfruttata e basta! Non ha mai tenuto veramente a me! L’unica cosa che voleva era una serva che badasse a lui. Non sia mai che il ‘signorino’ debba sporcarsi le mani e lavorare una volta nella sua vita…”
Sì, doveva decisamente prendersi una vacanza. Doveva dimenticare Goku e il suo mostruoso egoismo, lasciarlo da parte e ripartire da zero. Aveva sprecato dieci anni della sua vita con quell’uomo meschino, era giunto il momento che recuperasse il tempo perduto.
Se soltanto quella fila si fosse mossa però!

 
Goku spingeva la gente di qua e di là. Quella folla lo stava snervando oltre ogni limite. Per un attimo fu tentato di lanciare un ki-blast contro il soffitto. Almeno la gente sarebbe sparita da quel dannatissimo aeroporto.
Non era stato facile per lui rintracciare Chichi. In mezzo a miliardi di persone di potenza praticamente uguale, il suo teletrasporto si rivelava inutile. Così si era messo a correre come un pazzo verso casa di Giumaho, solo per sentirsi dire che Chichi era all’aeroporto e stava per partire per una vacanza di una ventina di giorni. Senza neanche aspettare che il vecchio Giumaho finisse la frase, Goku si era diretto alla massima velocità possibile verso il posto indicatogli da quest’ultimoi.
Aveva volato come un folle, alla massima velocità a cui riusciva a viaggiare. Tanta era stata la velocità cui aveva fatto ricorso, che una volta tornato al suolo, ci aveva messo un paio di minuti a farsi passare la nausea.
Con uno spintone, il saiyan spostò in maniera non propriamente elegante un signore al suo fianco, riuscendo a vedere dove era l’imbarco dell’aereo di Chichi. Emise un gemito quando si accorse che sarebbe partito tra meno di un’ora.
“Merda!” ringhiò mentre si dirigeva verso il luogo di imbarco, facendosi largo a fatica tra la folla. La sua frustrazione per non riuscire a muoversi come voleva era così tanta che fu tentato di trasformarsi. Forse così avrebbe avuto un po’ di spazio.
“Non partire!” pensò mentre cercava di correre il più velocemente possibile in mezzo alla calca. “Non partire Chichi! Ti scongiuro! Non salire su quello stramaledettissimo aereo!”

 
“Finalmente!” pensò la donna con sollievo. Ancora due persone e finalmente sarebbe stato il suo turno d’imbarcarsi per la sua personale vacanza. La donna sospirò. Quanto tempo era che non pensava un po’ a sé stessa? Troppo. Era giunto il momento di rimediare, e di lasciarsi alle spalle tutto.
Mancava una sola persona…presto sarebbe toccato a lei.
Chichi ricontrollò per sicurezza di avere ogni cosa. Sarebbe stato il colmo perdere l’aereo per una dimenticanza, quando lei si vantava da anni di avere una memoria di ferro. Memoria che non la tradì neanche stavolta dato che, come si accorse con soddisfazione, non aveva dimenticato niente.
Era pronta. E tra pochissimo sarebbe toccato a lei.
“Chichi! Chichi!”
Quest’ultima sgranò gli occhi. Quella voce…non era possibile. Si doveva essere sbagliata. Goku non poteva essere lì, lui non aveva la più pallida idea di dove fosse in questo momento lei. Ci doveva essere stato uno sbaglio. Quante persone si chiamavano Chichi al mondo? Si trattava sicuramente di una coincidenza. Era il suo stress che gli aveva fatto scambiare quella voce per quella di suo marito.
“Ho decisamente bisogno di una vacanza.” Pensò rilassandosi di nuovo. “Ormai mi immagino anche voci dove non esistono!”
“Chichi!!!”
La donna aprì la bocca dallo stupore. Questa volta non poteva sbagliarsi. Esisteva soltanto una persona al mondo che poteva avere quel timbro di voce…quel modo di pronunciare il suo nome che tanto le era piaciuto fin da quando era una bambina. Lentamente, Chichi si girò.
Goku era lì. Ma non sembrava neanche il Goku che lei conosceva. Aveva abbandonato le sue tute da combattimento arancioni, ed indossava un paio di jeans stinti con sopra un consunto giubbotto di pelle. Le scarpe che portava erano logore e sporche di fango. Ma la cosa che più sorprese la donna era il volto: suo marito sembrava fosse invecchiato di dieci anni in quei pochi giorni che non si vedevano: aveva il viso sciupato e tirato, come se non dormisse da giorni. Ma i suoi occhi erano animati da una luce febbrile che mai gli aveva visto prima d’ora.
La mora rimase basita. Non si aspettava di vedere il saiyan in quel posto, ma soprattutto non si aspettava che fosse cambiato così tanto.
“Goku! Cosa…cosa diavolo…”
“Chichi!” il guerriero fece qualche passo in avanti. Aveva la voce affannosa, e si mangiava le parole dal nervosismo. “Ti prego, non partire!”
“Io…”
“Non partire! Ti supplico!” la scongiurò Goku con voce rotta. “Prendiamoci una tazza di tè, parliamoci. Non sciupiamo tutto…per favore!”
“Goku io…” Chichi sembrava bloccata. Non aveva idea di cosa dire. Non si sarebbe mai aspettata che il saiyan venisse all’aeroporto pregandola di non partire. Ma il suo orgoglio le impedì di dire quello che già le stava per uscire dalle labbra. Dopo qualche secondo di silenzio in cui la donna si perse negli occhi del moro, parlò. Ma le sue parole ferirono mortalmente il giovane super saiyan.
“Goku…mi dispiace, ma non posso.” Disse con tono gentile. “Non puoi sperare di risolvere tutto con una corsa all’ultimo secondo in aeroporto. È molto meglio per entrambi che per qualche tempo non ci vediamo. Io sto per partire, magari quando torno accetterò volentieri il tuo invito.”
Il moro non disse nulla. Si limitò a fissarla con sguardo triste, mentre il suo volto impallidiva sempre di più ascoltando le parole della moglie.
“Chichi…”
“Ascoltami. Anch’io sono stata male per quello che è successo tra di noi…ma l’ho superato. Sono andata avanti.” Proseguì rimarcando lentamente le parole la mora. “E credo che dovresti fare lo stesso anche tu.”
In quell’istante, la donna si accorse che era arrivato il suo turno.
“Stammi bene, Goku.” Lo salutò con voce gentile prima di girarsi. Non era mai stato così difficile per lei prendere una decisione. Ma appena si girò, sentì di aver fatto la cosa giusta. Doveva andare così. Non potevano metterci soltanto una pezza alla voragine che si era creata tra di loro. O si sarebbero ritrovati nella stessa situazione nel giro di poco tempo.
Goku rimase lì, immobile, con le braccia rigide lungo i fianchi. Si sentiva distrutto. Si accorse solo in quell’istante di aver perso definitivamente sua moglie. Che ormai lei era andata avanti, e che non ci sarebbe stato più nulla da fare. Disperato, l’uomo fissò la schiena di Chichi, mentre si avvicinava al controllore per salire sul suo volo. Ancora pochi minuti e lei sarebbe sparita dalla sua vita. Per sempre.
Fu in quell’istante che accadde. In seguito, Goku non seppe mai spiegare perché agì in quel modo, né perché disse quelle parole, ma la sua disperazione era così grande che il suo amore per la moglie lo fece agire d’istinto.
“Abbiamo una casa sui monti Paoz!” urlò nel bel mezzo del corridoio.
Chichi si voltò sorpresa a guardarlo.
“Sì, abbiamo una casa! Ed un figlio! Gohan! Ha i tuoi occhi e…i tuoi capelli…ed ha solo otto anni, ma lo vedi subito che è un tipo in gamba. Non è cattivo né violento. Ed è bellissimo vederlo spalancare gli occhi ogni volta che impara una cosa nuova a scuola. E quando sorride…ogni volta che sorride ti pare di assistere ad un miracolo!”
La donna lo fissò con un’espressione di stupore, mentre il saiyan proseguiva frenetico nel suo sproloquio.
“La casa è un casino, e non è una reggia, ma è nostra! Tu l’hai progettata, ed io l’ho costruita! Mi sono rotto quattro dita e ci siamo indebitati fino al collo per farcela, ma è nostra! Io sono un po’ disordinato, ma tu riesci sempre a mettere a posto i miei errori in casa. Mi correggi, mi guidi, mi istruisci.”
Goku avanzò lentamente verso la moglie, senza smettere di parlare né di fissarla negli occhi.
“E tu…fai la casalinga. Ma non ti pesa. Non sei arrabbiata con me se non ti ho dato la vita che sognavi da giovane.”
“E siamo innamorati! Dopo dieci anni di matrimonio siamo ancora incredibilmente innamorati. Non mi permetti di toccarti, se non lo dico. Canto per te, forse non sempre e non benissimo, ma sicuramente nelle grandi occasioni.”
Ormai Goku era arrivato davanti alla moglie.
“Goku…”
“Lo so! Abbiamo avuto i nostri problemi, fatto sacrifici. Ma siamo rimasti insieme.” Proseguì lui senza darle tempo di parlare. Le successive parole colpirono profondamente la donna.
“Tu sei migliore di me, Chichi. E lo starti accanto in questi dieci anni mi ha reso un uomo migliore. Non lo so! Forse mi sono immaginato tutto. Forse tutto quello che abbiamo vissuto insieme è stato solo un sogno, un sogno da cui potrei svegliarmi da un momento all’altro. Ma credimi, ti giuro che non mi è mai parso così reale e così fragile come in questi giorni.”
Il guerriero aveva il fiatone. Aveva parlato senza mai interrompersi.
“” E se tu salirai su quell’aereo…svanirà per sempre.” Sussurrò con voce rotta il moro.
Chichi si umettò  le labbra, in preda al nervosismo e al dubbio.
“Hai ragione quando dici che possiamo andare avanti anche da soli. So che entrambi ce la caveremmo benissimo.” Insistette il saiyan. “Ma lo sai anche tu…cosa possiamo essere insieme. Quale magnifica cosa potremmo creare per entrambi.”
“Io scelgo noi...” a quel punto, a Goku mancò la voce.
Chichi sembrava immobile, incapace di dire qualcosa. Si limitava a fissare con curiosità e stupore l’uomo che aveva davanti a sé, quasi che non l’avesse mai visto in vita sua.
“Ti prego Chichi…” aggiunse con voce piena d’angoscia il guerriero. “Una tazza di tè. Puoi sempre partire, prendere quell’aereo. Solo…solo non oggi.”
L’uomo poteva vedere la terribile lotta interiore che sconvolgeva la donna. Glielo leggeva negli occhi. E cercava disperatamente, con i suoi, di farle capire che quello che gli aveva detto era la pura verità. Che si doveva fidare di lui, come aveva fatto tanti anni prima.
 E alla fine la donna cedette.
“D’accordo Goku…” disse lentamente.
E per la prima volta dopo tanto tempo, un sorriso di pura gioia tornò a spuntare sul volto del giovane guerriero, facendolo tornare quello di un tempo.

 
Se ad un viaggiatore, od un turista, gli fosse capitato di passare davanti alla vetrina del bar dell’aeroporto quella sera, avrebbe visto una giovane donna insieme ad un giovane uomo parlare con voce dolce e pacata, seduti ad un tavolino rotondo, con davanti a loro due tazze fumanti. Avrebbe visto la donna sorridere, incuriosita dall’uomo che aveva davanti a sé, mentre avrebbe visto l’uomo parlare con voce bassa, e replicare gentilmente alle affermazioni della sua compagna di tavolo. Ma, soprattutto, avrebbe visto, ad un certo punto, l’uomo unire le proprie  mani a formare due ali. Ali che avrebbero spiccato il volo verso un nuovo, felice, futuro per entrambi, oppure verso un definitivo atterraggio in direzione di nuovi lidi. Nel tentativo di superare il dolore del passato.
Una scelta, questa, che toccava solamente ai due giovani fare.

Ma questa è un’altra storia…
 
Fine
  
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: giambo