Asgärð,
Bifrost
Loki guardò
negli occhi, per l’ultima volta, colui che fino a poco tempo prima riteneva suo
padre.
Odino
non fece trasparire nessuna emozione dal suo viso regale. Era deluso dal
comportamento di Loki.
Il
giovane principe, d’altro canto, voleva esser accettato per quello che era, uno
Jötunn. Voleva dimostrare che poteva essere un valido successore al trono di Asgärð
proprio come suo fratello.
Essere
re era suo diritto di nascita ma anche Thor aveva quel diritto, quindi due re
per lo stesso trono non ci potevano essere.
Una
lacrima solcò il viso di Loki che lasciò la presa dallo scettro che lo teneva
aggrappato alla vita e a Thor.
-Loki
noooooo!- fu l’urlo del suo amato fratello, che impotente lo osservava cadere
nell’oblio.
Il dio
dal mantello verde venne risucchiato nel portale che si era aperto a causa
della rottura del ponte Bifrost.
L’ultima
cosa che Loki vide fu la disperazione negli occhi blu del dio del tuono.
Una mano
afferrò quella dell’Ingannatore, arrestando la sua caduta.
Ora il
giovane principe era prigioniero di Thanos.
Pianeta
Chitauri.
Loki aprì
gli occhi. Ridacchiò nel scoprirsi ancora vivo.
-Che hai
da ridere asgardiano?- tuonò una voce lì vicino.
Il dio si
guardò intorno e si accorse di essere seduto contro una parete rocciosa e
incatenato.
La voce
che aveva parlato, proveniva dall’oscurità.
-Dove
sono?- domandò.
-Sei
prigioniero dei Chitauri, principessa- disse la voce uscendo allo
scoperto.
Loki
sorrise malefico e ruotò la mano destra di novanta gradi.
Una
piccola luce verde illuminò il luogo angusto dove si trovavano.
Il Chitauro
sparì, dopo esser stato colpito dalla magia dell’asgardiano.
-Buon
viaggio, principessa-
Si alzò a
fatica ma non poteva muoversi per una lunga distanza poiché le catene erano
corte.
All’improvviso
nella sua mente si palesò un ricordo: Miðgarð da qualche parte possedeva un
oggetto che un tempo apparteneva ad Asgärð. Era un cubo blu, fonte
inestimabile di energia che se fosse entrato in suo possesso avrebbe aumentato
la sua magia.
Ma erano
un bel po’ di tempo che nessuno aveva notizie del cubo. Sapeva per certo che
era sulla Terra. Doveva cercarlo.
Il
Tesseract, questo il nome del cubo, doveva essere suo.
Voleva
vendicarsi di Odino e di Thor, lui meritava di essere re.
Lui,
soltanto lui!
Quel
cubotto poteva essergli d’aiuto ma doveva scappare da dove si trovava.
Ruotò
nuovamente la mano destra con l’intento di liberarsi dalle catene.
Non
accadde nulla.
Senza
perdersi d’animo ritentò una, due, tre volte.
-Dannazione!-
esclamò tirando le catene verso di sé in un impeto di frustrazione.
-Non te
ne andrai facilmente da qui, gigante di ghiaccio-
Il dio
degli inganni si irrigidì.
-Benvenuto
sul pianeta dei Chitauri-
Loki si
voltò ritrovandosi a faccia a faccia con L’Altro.
Era un
personaggio alquanto singolare. Portava una strana armatura color ghiaccio
rifinita d’oro, lo copriva fin sul naso. Un mantello nero con cappuccio lo
avvolgeva quasi completamente. Un velo grigio, incrociato, gli copriva gli
occhi.
Quell’essere
non aveva bisogno di vedere, lo faceva con la mente. Ed era molto pericoloso.
Il dio non
fece in tempo a ribattere che L’Altro lo fece cozzare di schiena contro la
parete. E quello fu soltanto l’inizio.
I giorni
passavano sotto le più atroci sofferenze.
Loki
veniva sottoposto a svariate torture col fuoco. Veniva esposto per ore al
contatto di una fiamma. Legato mani e piedi, pativa quel supplizio per molte
ore al giorno.
Per molto
tempo. Finché i giorni non divennero settimane e le settimane mesi. Fino a che
passò un anno.
I Chitauri
contavano che da Asgärð sarebbe arrivato qualcuno a reclamare il giovane
principe ma non venne mai nessuno. Non volevano ucciderlo, poteva sempre servire
loro per ottenere qualcosa in uno dei Nove Regni, un dio fa sempre comodo.
Un
giorno, arrivò la voce che qualcuno su Miðgarð avesse trovato un vecchio
oggetto asgardiano, cercato da Thanos da moltissimi anni.
Il
Tesseract.
Era
giunto, finalmente, il momento di sfruttare il loro prigioniero. Essendo di Asgärð
sicuramente sapeva come funzionasse il cubo e come recuperarlo. Ma non sapevano
che l’Ingannatore cercasse la stessa cosa.
Loki era
spossato sia fisicamente sia mentalmente.
Non
capiva cosa volessero da lui, forse sarebbe stato meglio se fosse morto cadendo
dal Bifrost.
Non aveva
mai pensato che essendo un Gigante di Ghiaccio avrebbe patito così tanto il
caldo. I Chitauri non erano così stupidi come pensava.
Aveva
molte scottature sul corpo, alcune vecchie e altre più fresche.
Era
stanco e la sua magia lo stava abbandonando. Gli sembrava di essere lì da
secoli, il rancore che provava aumentava di giorno in giorno. Aveva capito che
lo tenevano in vita prima per ottenere qualche sorta di scambio col suo regno
ma poi, visto che nessuno era venuto a salvarlo, le torture si interruppero da
un giorno all’altro.
Forse la
sua fine era vicina perché erano tre giorni che era stato liberato dalla
tortura giornaliera e stava meditando la fuga.
Si era
ricordato di aver visto da qualche parte il passaggio che dal mondo dei Chitauri
portava ad uno dei Nove Regni.
Assomigliava
alla postazione di controllo di Hemidall su Asgärð, solo che questa, invece di
essere dorata era nera come le tenebre.
Non
sapeva dove andare, di certo non su Asgärð, poi si ricordò del
Tesseract.
Per
alcuni giorni pensò al modo di raggiungere il portale, ma prima doveva trovare
il modo di liberarsi delle catene.
Dopo due
giorni di tentativi, riuscì finalmente a trovare l’incantesimo giusto per
liberarsi. Ci voleva ben altro per fermare il dio degli inganni.
Agì di
notte per non essere scoperto, non che facesse differenza agire di notte o di
giorno, quel pianeta era perennemente al buio. I Chitauri avevano il sonno
pesante, difficilmente si sarebbero accorti della sua fuga.
Una volta
raggiunto il portale, si ritrovò di fronte due Chitauri che, ben svegli,
facevano la guardia.
I due
alieni fecero appena in tempo a rendersi conto chi avessero davanti, che
sparirono in una nuvoletta verde.
Loki
attivò il portale, muovendo l’unica leva presente. Non funzionava esattamente
come quella del Bifrost.
Scelse
ovviamente Miðgarð. Senza sapere che la sua vita lo stava portando su un
sentiero inaspettato.
Miðgarð,
Oxford University
Erin si
era incantata a guardare le gocce di pioggia che scivolavano sul vetro delle
grandi finestre e immaginava.
Immaginava battaglie tra gli dei della mitologia norrena
contro quelli della mitologia greca.
Thor
contro Zeus. Tuono contro tuono, fulmine contro fulmine.
-...e
così Thor dopo aver ucciso Miðgarðsormr, morì dopo aver inalato il suo soffio
velenoso…- il professor Harris, intanto, portava avanti la sua lezione di mitologia
norrena.
Erin non
sapeva chi avrebbe vinto tale scontro, forse Thor o forse Zeus.
-…Bene,
ragazzi per oggi abbiamo finito. Settimana prossima analizzeremo le figure
femminili: Frigg, Sif e Sigyn-
Erin si
riconnesse con il mondo, si alzò e scese le scale stancamente. Era stata una
giornata pesante, tutto il giorno chiusa in biblioteca tra i libri di mitologia
norrena e classica.
Era una
ragazza qualunque, capelli lunghi castani e occhi blu mare, carina sì, ma nulla
di straordinario. Era all’ultimo anno del college, quel corso lei lo aveva già
frequentato ma doveva parlare con il professor Harris per il progetto finale
del suo corso di studi, il quale prevedeva un confronto tra gli dei pagani
greci e norreni.
-Oh
signorina Hall, allora come procede la sua ricerca?- le domandò il professor
Harris, non appena la vide avvicinarsi alla cattedra.
-Procede,
grazie. Le volevo chiedere alcuni titoli di opere che si sono occupate di
mitologia norrena nel Seicento-
-Certo,
al momento non mi viene in mente molto di rilevante, passi domani in ufficio e
le farò avere la lista completa-
Erin
sorrise mestamente.
“E te
pareva” pensò. “Buco nell’acqua”.
Se
l’avesse saputo prima avrebbe evitato di sorbirsi due ore di lezione.
Adorava
la mitologia norrena e il modo di spiegare di Harris, ma quel giorno era
veramente stanca, voleva solo buttarsi sul letto e dormire minimo 24 ore di
fila.
Qualche
minuto dopo, era già in auto diretta nella sua casa di campagna, un poco
isolata rispetto a Oxford. Tagliò per il piccolo bosco, come era solita fare.
All’incirca
a metà strada notò, una figura nera sul ciglio della strada.
Fermò la
macchina e scese senza ombrello per verificare cosa fosse.
Una
pioggerellina fastidiosa iniziò a inumidirgli il viso.
Avvicinandosi
notò che quelle erano due gambe, vestite di nero.
Si augurò
vivamente che, tra i cespugli, esistesse anche una parte superiore. Non voleva
fare un macabro ritrovamento di un cadavere smembrato da qualche pazzo
psicopatico.
Quando fu
vicino, vide che l’uomo non si muoveva. Sangue non ce n’era quindi spostò le
frasche e con sorpresa notò che era un giovane ragazzo, dai capelli neri
abbastanza lunghi. Il viso presentava sulla pelle candida delle ferite. Forse
dovute all’impatto con le frasche.
Era
completamente vestito di pelle nera, qualche sbuffo di verde e molto metallo
sul petto ed avambracci.
Le ricordava
qualcuno ma non sapeva chi.
Si
accovacciò accanto a lui e posò due dita sulla carotide del ragazzo per
verificare se avesse ancora battito. Per fortuna sì.
Cercò di
muoverlo ma aveva deboli reazioni.
Lo
afferrò per la mano sinistra e cercò di muoverlo, pesava troppo per lei. Così
prese anche l’altra mano e lo trascinò alla macchina.
-Madre-
mormorò il ragazzo.
La
studentessa alzò gli occhi al cielo.
-No, non
sono tua madre. Tu sicuramente hai bevuto troppo ad un party universitario,
anche se carnevale è passato da un bel po’-
Si voltò
un secondo per guardare quanto mancasse alla macchina e vide accanto alla
portiera aperta un grosso lupo nero con due occhi verdi che la osservavano. Dal
collo pendeva un ciondolo rettangolare senza alcuna incisione. Erin lo
riconobbe come Wird, ovvero la runa bianca che rappresentava l’ignoto e
il destino.
Ammesso
che fosse una runa.
Lo guardò
terrorizzata.
Che ci
faceva un lupo nei dintorni di Oxford?
L’animale
le se avvicinò, mansueto, leccò il viso al ragazzo e si strusciò sulle gambe di
una Erin paralizzata dal paura.
-Fenrir-
mormorò il ragazzo.
Guardò il
ragazzo con gli occhi sbarrati, fece mente locale tra i suoi colleghi del corso
di Harris, mai visto prima.
E poi
Fenrir era molto più grande di quel lupo.
Sicuramente
aveva bevuto ma lo caricò lo stesso in auto, a fatica, e lo portò a casa sua.
Senza
sapere che il suo destino, predetto dalle rune alla sua nascita, aveva
iniziato pericolosamente a prendere vita.
A million
miles away
Your signal in
the distance
To whom it
may concern.
I think I
lost my way,
Getting good
at starting over […]
Walk – Foo
Fighters
Spazio autrice:
Ciao
a tutti!
Questa
è la mia prima fic in questa sezione, spero che questo capitolo vi sia piaciuto
e che la storia vi intrighi ^^
Non
sarà molto lunga, almeno credo, al momento sono 16 capitoli in tutto.
La
storia di fondo è quella narrata dalla Marvel nei film e in questa what if, vi
svelo cosa c’è dietro in realtà alla “pazzia” di Loki, sempre secondo la mia
fervida immaginazione. Ci sarà anche un po’ di mitologia norrena a farci
compagnia, insieme agli Avengers ;) spero di non fare pasticci con la mitologia
ma mi sono affidata a blog specializzati. Verrà fuori una cosa carina, spero!
Erin
al momento non ha la più pallida idea di chi si stia portando in casa, la sua
vita cambierà sicuramente. Tranquilli non ci saranno smielose, anche perché
abbiamo a che fare con Loki :D
Ah
il lupo non è Fenrir, diciamo che Loki ha avuto un sorta di “segnale dal
futuro” XD però tenetevelo a mente.
Per
quanto riguarda le rune legate a Erin, lo scoprirete tra qualche capitolo (devo
mantenere la suspence!)
Ultima
cosa, spero che abbiate colto il riferimento musicale, a me piace scrivere
abbinando un capitolo a una canzone, infatti alcuni tra i titoli dei capitoli
si rifanno alla colonna sonora dei film.
Grazie di
cuore a tutti quelli che si sono fermati a leggere e che vorranno continuare a
farlo.
Un abbraccio
CrystalRose.
Ps: credo
di aggiornare una volta alla settimana ;)