~ Ermione ~
Guardasti quel cielo insanguinato
Dal nascer del tuo primo tramonto.
Ti ricordò un arcobaleno
Sfumato coi pastelli,
E pensasti che era tanto bello,
Ma che ti terrorizzava.
Non sapevi cosa fossero i pastelli,
Né cosa fosse un arcobaleno.
Rabbrividisti.
Quei colori ti avevano illuso.
Quell'arcobaleno si dissolse
Lento.
Allora tu ballavi
Per conciliare il loro sonno,
Per circoscrivere le tue paure
In una banale perdita di equilibrio.
Allora tu cantavi
Per sedurre l'aria intorno,
Per persuadere l'atmosfera
E convincere le luci diurne a fare ritorno.
La tua xenoglossia primordiale
Fu interrotta dal fruscio delle foglie.
Le belve feroci che calpestavano l'erba secca,
Il sapore silvestre dei tuoi capelli sciolti,
La pioggie aggraziate che insaporivano la terra nuda,
E che leccavano voluttuose la tua pelle nuda,
Eccitarono i tuoi organi di senso.
Ti assalirono gli spasmi,
Ti spinsero a terra,
E tu ti lasciasti cadere.
Chiudesti gli occhi.
Sospirasti, tre volte,
Con decrescente impeto.
Il fango ormai gelido iniziò a cullarti:
A te, in una certa misura, piacque.
La pioggia cessò, si aprì una breccia tra le nubi,
Che si espanse, fugandole del tutto.
I tuoi occhi si schiusero. Le tue pupille
Dilatate, rivolte verso l'infinito,
Disanimate, vennero folgorate.
Una cicatrice di luce squarciava quel cielo
Che tanto crudele era parso.
Una cicatrice di luce squarciava quel cielo,
Quel cielo destino di sogni, destino d'anime.
I suoi occhi divennero sorgente, le ciglia argini,
Gli zigomi, le narici, le guance, le labbra anse.
Pianse.
~