Salve
popolo di EFP!
Direi
che questo progetto merita una premessa, perché si tratta
proprio di un
progetto, un lavoro (tecnicamente sono lavori in corso, eheheh!) su cui
mi sono
buttata a capofitto, nato ovviamente dall’amore per Hunger
Games! Ok, cerco di
essere breve: si tratta di una raccolta di Missing Moment per lo
più; non sarò
puntale nella pubblicazione, già ve lo dico, tengo molto
alla cura del testo e
alla precisione in ogni particolare e per questo impiego molto a
scrivere!
Il
titolo suggerisce l’idea di base della raccolta, non sto qui
a spiegarvi tutto,
ma se siete interessati sono disponibilissima a darvi i dettagli!
Ok,
apriamo con questo Missing, che partecipa a
“L’altra faccia di San Valentino”
indetto da Emily Kingston sul forum di EFP; alcune delucidazioni sul
tempo in
cui si svolgono i fatti: Catching Fire, prima dell’annuncio
della Quarter
Quell; POV Katniss (almeno per ora, vedremo cosa porterà il
futuro). Il testo
della canzone presente è legato alla trama, quindi consiglio
caldamente
l’ascolto e la lettura! Va bene la smetto, vi lascio alla
lettura!
È
la prima fic in questo fandom, abbiate pietà di me!
Ps.
Avendo letto i libri in lingua originale troverete dei termini in
inglese.
Ovviamente nessuno dei personaggi qui presenti mi appartengono, magari fossero miei!
Can Somebody Save Us?
What are the rules to this game that we play?
Are we
left here to fight on our own?
There's so many things that I wish I had known when I started to walk
on my own
Somebody said it was all just a game but I'm not having fun anymore
We're telling these lies and we laugh and we cry
Can somebody save us? Somebody
say...
Il cofanetto di velluto
verde era poco più
piccolo del palmo della sua mano, la sensazione del tessuto al tatto,
piacevole. Passò ritmicamente l’indice dalla parte
superiore al bordo del
cofanetto, dal velluto alla cerniera di metallo color oro, come se
ripetere
quel gesto potesse calmarla.
La
morbidezza del velluto e la freddezza del metallo.
Delicato
e
rigido, rigido e delicato.
La
perfetta sintesi del suo futuro: obbligata ad apparire radiante,
luminosa e
felice nell’opulenta Capitol City. Imprigionata da catene di
seta in quella
vita che non le apparteneva e che non desiderava.
Panem
oggi,
Panem domani, Panem per sempre.
Era
seduta con la schiena poggiata alla testiera del letto, le ginocchia
raccolte
al petto.
Mezzogiorno
doveva essere passato da un pezzo perché, nonostante le
pesanti tende alle
finestre, la stanza era ben illuminata: sua madre l’aveva
lasciata dormire di
nuovo fino a tardi.
Appena
si era svegliata le era caduto lo sguardo sul cofanetto posato sul
comodino
accanto al letto; normalmente cercava di non farci caso, di accantonare
il
pensiero della sola presenza di quell’oggetto. Quando era
tornata dal Tour
l’aveva poggiato lì, e lì era rimasto.
Ma quella mattina la scatolina era
davanti ai suoi occhi, e non riusciva proprio a distogliere lo sguardo.
Sollevò
la parte superiore del cofanetto rivelando un anello con un diamante
grande
quanto un chicco di caffè.
Il
suo anello di
fidanzamento.
Pensò
amaramente che con l’equivalente in denaro di quella pietra
preziosa avrebbe
potuto sfamare mezzo Giacimento senza troppi problemi.
Si
infilò l’anello all’anulare della mano
sinistra, proprio come aveva fatto Peeta
qualche settimana prima, inginocchiato ai suoi piedi mentre le donava
il suo
cuore e la sua vita.
La
concretezza dell’amore di quel ragazzo, in quella
messinscena, la straziava.
È
ingiusto.
È
incredibilmente ingiusto.
La
mano su cui faceva bella mostra l’anello cominciò
a tremare visibilmente.
Dovette chiuderla a pugno fino a conficcarsi le unghie nella carne per
fermare
il tremore, ma a quel punto ormai gli spasmi si
erano diffusi in tutto il corpo. Con
l’altra mano afferrò il cofanetto e lo
gettò contro la parete di fronte al
letto.
«
Dannazione! »
Portò
le mani tra i capelli e con lo sguardo rivolto al soffitto prese grandi
boccate
d’aria nel vano tentativo di stemperare l’angoscia
che le attanagliava il
petto. La cassa toracica si espandeva e contraeva così
velocemente che sentiva
le costole premerle contro i polmoni, come se da un momento
all’altro avessero
potuto perforarli e causarle ancora più dolore di quanto
già non provasse.
Katniss
chiuse gli occhi concentrandosi solo sul suo respiro per poterlo
regolarizzare.
Il
volto del Presidente Snow stampato a fuoco dietro le palpebre.
Desiderò
disperatamente che Peeta fosse lì con lei. Non desiderava
altro se non lui che
l’abbracciava e la tranquillizzava, che le diceva che sarebbe
andato tutto
bene.
Non
è giusto,
non è giusto, non è giusto!
Si
sentiva una persona orribile ogni volta che pensava a Peeta in quel
modo, come
a un mezzo per stare bene e non come alla persona che stava
sacrificando tutto
per un errore che aveva commesso lei.
Quando
il volto di sua madre comparve guardingo da dietro la porta socchiusa,
era
appena riuscita a tornare a respirare normalmente.
«
Ho sentito un rumore e ho pensato di venire a vedere se ti fossi fatta
male »
la donna aveva cominciato a parlare una volta resasi conto che la
figlia stava
bene. Katniss la seguì con lo sguardo mentre entrava in
camera, dirigendosi
verso la finestra, e tirava le tende. La luce entrò
prepotentemente nella
stanza evidenziando la sua espressione preoccupata.
Odiava
mostrarsi in quelle condizioni a sua madre; era abituata a comportarsi
da
adulta, ad essere il sostegno della famiglia e non riuscire a
controllare le
emozioni, non riuscire a gestire la situazione la irritava ancora di
più.
La
osservò raccogliere il cofanetto da terra e sedersi sul
letto, poco lontano da
lei.
«
Quando tuo padre mi ha chiesto di sposarlo mi ha dato un anello fatto
con due
margherite » disse la donna mentre guardava un punto
imprecisato sopra la sua
spalla.
«
Mi promise che me ne avrebbe dato uno vero ».
Sua
madre sorrise mentre portava lo sguardo nel suo. Non succedeva spesso
che
parlasse di suo padre. Era convinta che evitasse in ogni modo di
accennare a
lui per non dover parlare della sua morte, del modo in cui aveva
reagito, per
il dolere che provocava anche solo il ricordo dell’uomo che
aveva amato così
tanto. In fondo sapeva che sua madre si sentiva in colpa per tutto
quello che
era successo, ma non riusciva a perdonarla completamente. In parte
capiva cosa
sentisse la donna, ma capire e perdonare erano due cose completamente
diverse.
«
Gli ho sempre detto che non mi interessava niente di quello che
avevamo,
bastava che fossimo felici. Era nata da poco Prim, credo fosse domenica
perché
ti aveva portata nei boschi con lui, e probabilmente era anche San
Valentino;
insomma, siete tornati e tu sei entrata in casa da sola dandomi un
sacchettino
di stoffa e dicendomi di aprirlo. Dentro quel sacchetto c’era
un anello di rame
con una pietra azzurra » la voce di sua madre era diventata
poco più di un
sussurro. « Io mi ero dimenticata della promessa che mi aveva
fatto, ma lui no!
»
Se
lo ricordava anche lei quel giorno. Si ricordava che suo padre le aveva
detto
di dire a sua madre che l’avrebbe trovato fuori casa. Si
ricordava di come si
fosse emozionata sua madre nel vedere l’anello, si ricordava
che le si erano
inumiditi gli occhi, che le aveva detto di badare a sua sorella per
qualche
minuto mentre lei raggiungeva suo padre. Si ricordava anche che i suoi
genitori
erano rientrati una decina di minuti più tardi ancora
abbracciati e con quello sguardo
negli occhi.
Quello
che aveva sua madre in quel momento.
Lo
stesso che di tanto in tanto coglieva negli occhi di Peeta.
«
Vorrei tanto che tuo padre fosse qui ».
Katniss
distolse lo sguardo da quello di sua madre e cominciò a
giocherellare con
l’anello che aveva al dito. Anche lei lo desiderava,
più spesso di quanto non
fosse disposta ad ammettere.
«
Peeta tiene molto a te! »
Sua
madre le aveva preso le mani mentre cercava di incontrare nuovamente il
suo
sguardo.
«
Lo so » disse lei. Lei lo sapeva meglio di tutti quanto Peeta
tenesse a lei. Lo
sapeva quando, al ritorno da Capitol dopo la fine dei Giochi, gli aveva
detto
che quasi tutto quello che era successo nell’arena tra loro
era un farsa. Lo
sapeva quando le aveva detto che avrebbe messo da parte il dolore per
il suo
rifiuto e avrebbe cercato di esserle amico, quando le aveva urlato
contro al
Distretto Undici. Soprattutto ne aveva avuto la prova più
grande quando aveva accettato
quel matrimonio che non aveva nulla di reale. Per Peeta, invece, era
sempre
stato tutto reale.
Ogni
sguardo,
ogni bacio.
«
Vorrei solo che tu fossi felice »..
«
Io sono felice, mamma »
la voce le
tremava ed era sull’orlo delle lacrime.
Era
disperata, ecco cos’era.
«
Oh, Katniss…» sua madre le accarezzò
una guancia e le passò le dita tra i
capelli.
«Mi
concedi un
ultimo ballo? »
Sobbalzò
visibilmente quando le sfiorò tutta la lunghezza
dell’avambraccio con le dita.
Si era trovata un angolo della sala, abbastanza lontana dallo spazio
che era
stato ricavato per la pista da ballo, da non essere vista da Effie.
Troppo
assorta a rimuginare sul filmato che aveva visto nell’ufficio
del sindaco per
rendersi conto che Peeta l’aveva raggiunta.
«
Tutto okay? »
le chiese il ragazzo.
Lei
gli rispose
con un cenno del capo e un sorriso tirato. Quello non era ne il momento
ne il
luogo adatto per parlare. Gli afferrò la mano e lo condusse
tra le coppie
danzanti in mezzo alla pista da ballo. Con la coda
dell’occhio vide Haymitch
indicarsi il polso rivolto a loro, evidentemente a minuti sarebbero
finalmente
andati via da quella festa. Finalmente avrebbe rivisto sua madre e Prim.
Peeta
le
circondò la vita con entrambe le braccia e lei
intrecciò le mani dietro il
collo del ragazzo; cominciarono a ondeggiare leggermente, spostavano
semplicemente il peso da un piede all’altro, niente a che
vedere con quello che
prevedeva l’etichetta.
«
Sei bellissima
» le disse Peeta accennando al lungo vestito argentato che
indossava. Con una
mano le scostò alcune ciocche di capelli che le ricadevano
sulla spalla
rivelando fin troppi centimetri di pelle chiara. Alcuni sguardi del
ragazzo,
proprio come quello che le stava rivolgendo il quel momento, le
bruciavano
sulla pelle come tizzoni ardenti.
«
Detto dal mio fidanzato, credo sia un po’ di parte! »
rispose lei
sarcastica cercando di alleggerire la situazione. Gestire le
manifestazioni di
affetto del ragazzo le era sempre riuscito difficile.
«
Sarebbe stato
di parte anche se non fossi stato il tuo fidanzato ».
Era
sicura di
aver assunto un’espressione sofferente nel momento stesso in
cui lui aveva
finito di parlare, appena prima che le sfiorasse uno zigomo con il
pollice e le
insinuasse le dita tra i capelli.
«
Giuro che
questo è l’ultimo prima del matrimonio »
le sussurrò prima di baciarla.
A
sua madre Peeta piaceva. Era palese: ogni volta che parlava con lui era
sinceramente contenta.
Beh,
Peeta ha la
capacità di affascinare tutti!
Le
piaceva molto più di quanto non le fosse mai piaciuto Gale.
Probabilmente
perché Gale aveva l’aspetto di suo padre o
perché Peeta aveva il suo animo
buono. Forse era per entrambe le cose.
Se
solo il loro fosse stato un normale rapporto tra madre e figlia, le
avrebbe
parlato dei due ragazzi, le avrebbe chiesto consiglio. Ma il loro non
era un
normale rapporto tra madre e figlia, per quanto si sforzasse da quando
era
tornata dai Giochi, e non lo sarebbe mai stato.
«
Bene! Volevo solo dirti che devo andare in città per delle
commissioni e volevo
sapere se volessi qualcosa da mangiare » le disse la donna
alzandosi e
lisciando con la mano pieghe invisibili sulla gonna del vestito. Anche
lei aveva
bisogno di ricomporsi.
«
Niente, grazie! »
«
Va bene! »
So many days that I wandered alone through the
streets
that I used to call home
Feeling so hurt, I'm just kicking the dirt 'till the sun dries me up
like a
stone
Is this what you wanted? Is this what you needed? Is this how they said
it
would be?
We're telling these lies and we laugh and we cry
Can somebody save us? Somebody
say…
Aveva
appena sentito il portone d’ingresso chiudersi quando Peeta
aprì la porta di
camera sua con un piede; il ragazzo reggeva con le mani un vassoio
stracolmo di
cose da mangiare.
«
Tua madre mi ha chiesto di portarti il pranzo! » ripose lui
al suo sguardo
interrogativo.
«
Ah! »
Le
era parso di aver detto a sua madre che non aveva fame,
pensò caustica.
«
La casa offre: stufato, panini al formaggio e biscotti al cioccolato!
»
Sicuramente
sua madre aveva mandato Peeta pensando che lui sarebbe riuscito a farla
mangiare e, pensandoci bene, un po’ di fame ce
l’aveva.
Il
ragazzo si sedette di fronte a lei e poggiò il vassoio tra
di loro. Katniss
afferrò un panino al formaggio e lo addentò
assaporandolo ad occhi chiusi.
Sì,
adorava i
panini al formaggio di Peeta.
Quando
riaprì gli occhi lo vide sorridere.
«
Hai già pranzato? » gli domandò la
ragazza.
«
No, ero solo passato per lasciare i panini e i biscotti »
rispose lui.
«
Beh, allora mangia con me! » lo invitò lei
porgendogli un panino.
Mangiarono
relativamente in silenzio, a Peeta non era sfuggito il fatto che
portasse
l’anello di fidanzamento, ma non aveva detto niente. Gli
aveva chiesto come mai
avesse portato anche i biscotti e lui le aveva spiegato che, data la
sua
passione per la cioccolata calda, aveva pensato che avrebbe gradito.
L’aveva
ringraziato e in tutta risposta lui le aveva riportato i capelli dietro
un
orecchio.
Si
sentiva le guance in fiamme.
Non
si era lavata il viso e nemmeno i denti. In effetti era ancora in
pigiama, non
che al ragazzo interessasse, l’aveva vista in condizioni
peggiori, ma non era
comunque un buon motivo per aggirarsi per casa in quel modo.
Si
alzò dal letto e con non poca difficoltà
raccattò i primi abiti a disposizione
e si infilò in bagno dicendo a Peeta che ci avrebbe messo un
attimo. Qualche
minuto dopo sbucò dal bagno con lo spazzolino in bocca
mentre cercava di
raccogliere i capelli in una treccia con l’intenzione di
fargli vedere che
aveva praticamente finito e per controllare che fosse ancora
lì.
«
Lasciali sciolti. Ti prego! »
Il
suo sguardo era così profondo da toglierle il fiato.
L’aveva
sorpresa a tal punto con quella richiesta che era rimasta sulla soglia
del
bagno a fissarlo. Annuì leggermente mentre disfaceva la
treccia e spariva
dietro la porta.
Peeta
aveva uno strano effetto su di lei, quando la guardava in quel modo si
sentiva
sempre combattuta: le piaceva il suo sguardo, le piacevano i suoi occhi
concentrati sulla sua figura, ma al tempo stesso non si sentiva
completamente a
proprio agio perché non era in grado di ricambiare allo
stesso modo.
«
Mi dai una mano a scendere? »
Katniss
era in cima alle scale, aveva appena alzato un braccio pronta per
circondare le
spalle di Peeta come supporto per camminare, sua madre non faceva che
ripeterle
che non doveva sforzare troppo la caviglia, ma il ragazzo la sorprese
passandole un braccio sotto le ginocchia e dietro la schiena.
«
Ehi! » Si ritrovò in braccio a lui e gli dovette
circondare il collo con le
braccia per non cadere rovinosamente a terra. « Posso
camminare sai? »
«
Lo so! » Le rispose semplicemente lui con un sorriso furbo.
«
Ci avresti messo una vita! »
Doveva
aver assunto il suo solito cipiglio visto che Peeta era scoppiato a
ridere. Si
rilassò nella sua presa e nascose il viso
nell’incavo tra il collo e la spalla
del ragazzo.
«
Smettila di ridere di me » disse contro il tessuto del
maglione.
Doveva
essere offesa.
Avrebbe
dovuto visto che lui non aveva proprio intenzione di smettere.
Decisamente!
Solo che…
Solo
che, se non fosse stato sbagliato, sarebbe
rimasta tra le braccia di Peeta per sempre.
E
ancora quella sensazione tra dolore e piacere, tra senso di colpa e
bisogno viscerale.
Passarono
gran parte del pomeriggio lavorando al libro di famiglia, lui
concentrato a
ricreare i bozzetti a cui aveva lavorato nei giorni precedenti e lei a
descrivere distrattamente le proprietà di alcune piante. A
un certo punto si
era resa conto che non aveva fatto altro che guardarlo per due ore.
Le
sue mani, le
sue labbra, le sue ciglia.
Si
era alzata stizzita e si era diretta in cucina per preparare del
tè. Ovviamente
si era appoggiata ad ogni superficie disponibile pur di raggiungere la
sua meta
senza l’aiuto del ragazzo e lui non aveva perso tempo a
prenderla in giro. Le
aveva detto che faceva più confusione lei, mentre tentava di
preparare qualcosa
di commestibile, di quanta non ne avesse fatta lui, ferito e mezzo
morto, nei
boschi dell’Arena. Le aveva strappato un risata sincera
parlando dei Giochi.
Quel
ragazzo era incredibile.
Le
aveva ricordato che lui il tè lo prendeva senza zucchero e
lei gli aveva detto
che avevano passato abbastanza tempo insieme da ricordarselo da sola. A
quel
punto aveva mascherato la sua sorpresa continuando a canzonarla non
offrendosi
di aiutarla con le tazze di tè, voleva vedere come sarebbe
tornata in salotto
zoppicando. Lei gli aveva dimostrato che, se si impegnava, riusciva ad
essere
aggraziata e gentile, e quando appoggiò il vassoio con la
teiera, le tazze e i
biscotti che erano avanzati dal pranzo disse: « Tutte quelle
ore di allenamento
con Effie per imparare a camminare sui tacchi non sono state del tutto
inutili!
»
Peeta
le sorrise e commentò: « A quanto pare, no!
»
In
quel momento Katniss si rese conto che, se proprio avesse dovuto
passere il
resto della vita con lui, non sarebbe mai stata infelice.
Accese
la televisione pronta a ricominciare a controllare tutti i canali in
cerca di
servizi riguardo il Tredici, ma al primo cambio il volto di Caesar
Flickerman
occupò prepotentemente lo schermo.
L’uomo
dai capelli blu cominciò a blaterare qualcosa riguardo
l’amore. Registrò appena
che Peeta aveva cominciato a passarle una mano tra i capelli e solo
allora si
rese conto che il presentatore degli Hunger Games stava parlando di
loro.
Dannazione,
oggi
è San Valentino!
“Chissà
cosa
staranno facendo gli Innamorati Sfortunati del Distretto Dodici! Magari
staranno pensando ai dettagli del matrimonio più atteso
dell’anno!”
Il
matrimonio.
Si
era persino rifiutata di vedere i vestiti da sposa, i dettegli del
matrimonio
erano l’ultima delle sue preoccupazioni in quel momento.
Portò
la sua attenzione su Peeta certa che anche lui, come lei, si fosse
innervosito:
infatti aveva la mascella contratta per la frustrazione di tutta quella
situazione.
«
Allora, futuro maritino, come siamo messi con i preparativi del pranzo
nuziale?
» chiese lei alzando un sopracciglio. Il suo tono di voce
aveva assunto una
nota giocosa, leggera, nonostante l’argomento non fosse dei
più felici, voleva
provare a non rovinare una giornata relativamente serena.
«
Credo che se ne stia occupando il Presidente in persona, futura
mogliettina! »
Peeta
le aveva risposto con lo stesso tono allegro, ma il sorriso che gli
aleggiava
sulle labbra non raggiungeva gli occhi.
«
Già! Credo anche io » rimase in silenzio per
qualche minuto prima di continuare
« Una volta tornati da Capitol, dopo il matrimonio vorrei
facessimo la
tostatura ».
Gli
occhi del ragazzo si allargarono per lo stupore, probabilmente si
aspettava che
gli dicesse che stava scherzando, ma lei continuò a
guardarlo seria.
Non
avevano mai parlato del matrimonio, non tra di loro.
Era
necessario definire alcune cose arrivati a quel punto, pensò
la ragazza.
«
Tutto quello che vuoi, Katniss » rispose lui continuando a
passarle le dita tra
i capelli.
«
Solo tu ed io » aggiunse lei. Peeta si limitò ad
annuire. Aveva bisogno che ci
fosse qualcosa di reale in tutta quella farsa, qualcosa che
appartenesse solo a
loro.
«
E… Niente bambini ».
Peeta
annuendo fece eco alle sue parole: « Niente bambini
».
Lo
sguardo del ragazzo si era fatto improvvisamente rassegnato.
« Finirai con
l’odiarmi! »
La
ragazza si affrettò ad incontrare il suo sguardo per poterlo
rassicurare: « Non
potrei mai… Nemmeno se volessi! »
Lo
vide abbassare il volto e scuotere la testa, come se si rifiutasse di
credere a
quello che gli aveva appena detto. « Mi odierai al punto da
non riuscire più a
guardarmi in faccia. E io odierò ancora di più me
stesso perché non sono
riuscito a tirarti fuori da questa situazione ».
Quelle
parole erano aghi che si infilavano prepotentemente nel petto,
all’altezza del
cuore. Dovette chiudere gli occhi mentre passava la mano aperta sulla
parte che
doveva essere lesa.
Perché
faceva
troppo male per non essere reale.
No,
non sarebbe mai riuscita ad odiarlo.
«
Non sei tu il problema. Il problema è…»
la ragazza si guardò i palmi delle mani
aperte, quasi contenessero la causa di tutto quel malessere «
È tutto questo! »
Quando
riportò lo sguardo in quello del ragazzo riprese a parlare
con più
tranquillità: « L’unica cosa positiva in
tutto questo sei tu! »
«
Katniss…»
«
Avrei preferito morire, piuttosto che sopportare tutto questo senza di
te » lo
interruppe lei.
Peeta
portò la mano che poco prima era tra i suoi capelli a
contatto con la sua
guancia per poi cominciare a sfiorarle le labbra con il pollice.
«
Non sai quanto vorrei baciarti in questo momento ».
Inghiottì
il vuoto prima di rispondere: « Nessuno te lo impedisce
».
Peeta
chiuse gli occhi e inspirò profondamente prima di parlare:
« Non fingere!
Almeno quando siamo solo noi due, non fingere ».
E
come faceva lei a digli che quel bacio lo voleva veramente? Che
c’erano momenti
in cui si sentiva così disperatamente bisognosa di lui,
disperatamente
dipendente da lui che il confine tra il dolore e il piacere che provava
ad averlo
accanto non esisteva più, in cui si fondeva tutto e lei non
riusciva a capire
cosa provava o cosa voleva.
«
Non fingo ».
Trattenne
il fiato quando lui avvicinò il viso al suo, chiuse gli
occhi quando il suo
respiro le raggiunge la bocca. Stava fremendo per quel bacio, ma lui si
limitò
a baciarla sulla guancia sfiorandole l’angolo della bocca con
le labbra. Peeta
rimase in quella posizione per quello che le sembrò
un’eternità, poi si
allontanò dicendole: « Ti ho fatto una promessa
».
Magari
l’anno
prossimo passeremo un San Valentino diverso.
All’ora
di cena sua sorella li raggiunse in salotto e mangiò con
loro. Era contenta che
Peeta non se ne fosse andato dopo quella piccola confessione, come
invece
avrebbe sicuramente fatto Gale.
Gale.
Una
delle prime notti in cui Peeta aveva dormito con lei, dopo un incubo
particolarmente vivido, l’aveva portata nell’ultima
carrozza del treno e si
erano accoccolati su uno dei divani. Le aveva detto che a casa dormiva
con la
finestra aperta, gli sembrava di riuscire a respirare più
liberamente. Un po’
come la pittura, dormire in quel modo riusciva a tranquillizzarlo.
Lei
gli aveva detto che in un’altra vita sarebbe potuto essere
tutto diverso, che
forse tutta quell’ansia, tutto quel dolore non erano reali.
In un’altra vita
magari lei sarebbe potuta essere diversa.
Peeta
le aveva detto che non voleva fosse diversa.
Gale
invece lo desiderava con ogni fibra del suo corpo.
Ho
scelto Gale.
Erano
ormai quasi le dieci quando si rese conto che Peeta si era addormentato.
Avvicinò
una mano al volto del ragazzo per poterlo accarezzare, ma per paura di
svegliarlo la ritrasse quando ormai si trovava a pochi centimetri dalla
sua
guancia.
Non
l’aveva mai visto dormire: normalmente succedeva il
contrario. Se era abbastanza
attenta avrebbe potuto dormire accanto a Peeta per quella notte.
Si
fece portare un paio di coperte da Prim e aprì leggermente
la finestra del salotto;
adagiò una delle coperte sul ragazzo e si avvolse
nell’altra prima di sedersi
nuovamente sul divano.
Katniss
avvicinò le gambe al petto e si sfiorò le labbra
con indice e medio della mano
destra.
Ho
scelto Gale.
Quel
bacio mancato bruciava contro i polpastrelli.
Qualcuno può salvarci?
Never let me go
I'll give you more this time, just don't ever change your mind
Look the other way
there's nothing left here to see, the stranger's not you, it's me
Never let me go, Santiago Laserna
Angolo
dell’autrice!
Se
siete arrivati fin qui, non posso far altro che ringraziarvi!
L’obiettivo
del contest era descrivere l’altra faccia di San Valentino,
quella che va oltre
i fiori, gli appuntamenti perfetti, i grandi amori, insomma dovevamo
raccontare
possibili appuntamenti disastrosi, sorprese mal riuscite e
così via. Io ho
pensato che per Katniss e Peeta l’altra faccia di San
Valentino fosse il vero e
proprio San Valentino (ok, ok, lo so, sto parlando complicato). Ho
voluto
utilizzare tutti i classici cliché della
festività (l’anello di fidanzamento,
il matrimonio alle porte, il pranzo e la cena passati insieme, i
biscotti al
cioccolato, il tempo passato tra innamorati)
in un contesto che tutto sa, tranne di San Valentino, di
felicità e di amore,
tutti questi particolari, queste attenzioni non sono intenzionali da
parte dei
due. Sappiamo tutti che in quel periodo Katniss e Peeta si sono
avvicinati
molto, ma si trovano comunque in una situazione complicata e forzata;
sappiamo
anche che è questo il periodo in cui Katniss comincia a
capire di tenere a
Peeta (nella mia testa lei comincia effettivamente a innamorarsi senza
rendersene conto), anche per questo ho utilizzato questa canzone!
Non
so se sono riuscita a spiegarmi appieno, spero di sì!
Attendo
i vostri pareri.
Alla
prossima,
Ciara!