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Autore: Ciara    18/02/2014    6 recensioni
« Peeta tiene molto a te! »
Sua madre le aveva preso le mani mentre cercava di incontrare nuovamente il suo sguardo.
« Lo so » disse lei. Lei lo sapeva meglio di tutti quanto Peeta tenesse a lei. Lo sapeva quando, al ritorno da Capitol dopo la fine dei Giochi, gli aveva detto che quasi tutto quello che era successo nell’arena tra loro era un farsa. Lo sapeva quando le aveva detto che avrebbe messo da parte il dolore per il suo rifiuto e avrebbe cercato di esserle amico, quando le aveva urlato contro al Distretto Undici. Soprattutto ne aveva avuto la prova più grande quando aveva accettato quel matrimonio che non aveva nulla di reale. Per Peeta, invece, era sempre stato tutto reale.
Ogni sguardo, ogni bacio.
« Vorrei solo che tu fossi felice »..
« Io sono felice, mamma » la voce le tremava ed era sull’orlo delle lacrime.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve popolo di EFP!

Direi che questo progetto merita una premessa, perché si tratta proprio di un progetto, un lavoro (tecnicamente sono lavori in corso, eheheh!) su cui mi sono buttata a capofitto, nato ovviamente dall’amore per Hunger Games! Ok, cerco di essere breve: si tratta di una raccolta di Missing Moment per lo più; non sarò puntale nella pubblicazione, già ve lo dico, tengo molto alla cura del testo e alla precisione in ogni particolare e per questo impiego molto a scrivere!

Il titolo suggerisce l’idea di base della raccolta, non sto qui a spiegarvi tutto, ma se siete interessati sono disponibilissima a darvi i dettagli!

Ok, apriamo con questo Missing, che partecipa a “L’altra faccia di San Valentino” indetto da Emily Kingston sul forum di EFP; alcune delucidazioni sul tempo in cui si svolgono i fatti: Catching Fire, prima dell’annuncio della Quarter Quell; POV Katniss (almeno per ora, vedremo cosa porterà il futuro). Il testo della canzone presente è legato alla trama, quindi consiglio caldamente l’ascolto e la lettura! Va bene la smetto, vi lascio alla lettura!

È la prima fic in questo fandom, abbiate pietà di me!

Ps. Avendo letto i libri in lingua originale troverete dei termini in inglese.

 

Ovviamente nessuno dei personaggi qui presenti mi appartengono, magari fossero miei!

 

 

Can Somebody Save Us?

 

What are the rules to this game that we play? Are we left here to fight on our own?
There's so many things that I wish I had known when I started to walk on my own
Somebody said it was all just a game but I'm not having fun anymore
We're telling these lies and we laugh and we cry
Can somebody save us?
Somebody say...

 

 Il cofanetto di velluto verde era poco più piccolo del palmo della sua mano, la sensazione del tessuto al tatto, piacevole. Passò ritmicamente l’indice dalla parte superiore al bordo del cofanetto, dal velluto alla cerniera di metallo color oro, come se ripetere quel gesto potesse calmarla.

La morbidezza del velluto e la freddezza del metallo.

Delicato e rigido, rigido e delicato.

La perfetta sintesi del suo futuro: obbligata ad apparire radiante, luminosa e felice nell’opulenta Capitol City. Imprigionata da catene di seta in quella vita che non le apparteneva e che non desiderava.

Panem oggi, Panem domani, Panem per sempre.

Era seduta con la schiena poggiata alla testiera del letto, le ginocchia raccolte al petto.

Mezzogiorno doveva essere passato da un pezzo perché, nonostante le pesanti tende alle finestre, la stanza era ben illuminata: sua madre l’aveva lasciata dormire di nuovo fino a tardi.

Appena si era svegliata le era caduto lo sguardo sul cofanetto posato sul comodino accanto al letto; normalmente cercava di non farci caso, di accantonare il pensiero della sola presenza di quell’oggetto. Quando era tornata dal Tour l’aveva poggiato lì, e lì era rimasto. Ma quella mattina la scatolina era davanti ai suoi occhi, e non riusciva proprio a distogliere lo sguardo.

Sollevò la parte superiore del cofanetto rivelando un anello con un diamante grande quanto un chicco di caffè.

Il suo anello di fidanzamento.

Pensò amaramente che con l’equivalente in denaro di quella pietra preziosa avrebbe potuto sfamare mezzo Giacimento senza troppi problemi.

Si infilò l’anello all’anulare della mano sinistra, proprio come aveva fatto Peeta qualche settimana prima, inginocchiato ai suoi piedi mentre le donava il suo cuore e la sua vita.

La concretezza dell’amore di quel ragazzo, in quella messinscena, la straziava.

È ingiusto.

È incredibilmente ingiusto.

La mano su cui faceva bella mostra l’anello cominciò a tremare visibilmente. Dovette chiuderla a pugno fino a conficcarsi le unghie nella carne per fermare il tremore, ma a quel punto ormai gli spasmi  si erano diffusi in tutto il corpo. Con l’altra mano afferrò il cofanetto e lo gettò contro la parete di fronte al letto.

« Dannazione! »

Portò le mani tra i capelli e con lo sguardo rivolto al soffitto prese grandi boccate d’aria nel vano tentativo di stemperare l’angoscia che le attanagliava il petto. La cassa toracica si espandeva e contraeva così velocemente che sentiva le costole premerle contro i polmoni, come se da un momento all’altro avessero potuto perforarli e causarle ancora più dolore di quanto già non provasse.

Katniss chiuse gli occhi concentrandosi solo sul suo respiro per poterlo regolarizzare.

Il volto del Presidente Snow stampato a fuoco dietro le palpebre.

Desiderò disperatamente che Peeta fosse lì con lei. Non desiderava altro se non lui che l’abbracciava e la tranquillizzava, che le diceva che sarebbe andato tutto bene.

Non è giusto, non è giusto, non è giusto!

Si sentiva una persona orribile ogni volta che pensava a Peeta in quel modo, come a un mezzo per stare bene e non come alla persona che stava sacrificando tutto per un errore che aveva commesso lei.

Quando il volto di sua madre comparve guardingo da dietro la porta socchiusa, era appena riuscita a tornare a respirare normalmente.

« Ho sentito un rumore e ho pensato di venire a vedere se ti fossi fatta male » la donna aveva cominciato a parlare una volta resasi conto che la figlia stava bene. Katniss la seguì con lo sguardo mentre entrava in camera, dirigendosi verso la finestra, e tirava le tende. La luce entrò prepotentemente nella stanza evidenziando la sua espressione preoccupata.

Odiava mostrarsi in quelle condizioni a sua madre; era abituata a comportarsi da adulta, ad essere il sostegno della famiglia e non riuscire a controllare le emozioni, non riuscire a gestire la situazione la irritava ancora di più.

La osservò raccogliere il cofanetto da terra e sedersi sul letto, poco lontano da lei.

« Quando tuo padre mi ha chiesto di sposarlo mi ha dato un anello fatto con due margherite » disse la donna mentre guardava un punto imprecisato sopra la sua spalla.

« Mi promise che me ne avrebbe dato uno vero ».

Sua madre sorrise mentre portava lo sguardo nel suo. Non succedeva spesso che parlasse di suo padre. Era convinta che evitasse in ogni modo di accennare a lui per non dover parlare della sua morte, del modo in cui aveva reagito, per il dolere che provocava anche solo il ricordo dell’uomo che aveva amato così tanto. In fondo sapeva che sua madre si sentiva in colpa per tutto quello che era successo, ma non riusciva a perdonarla completamente. In parte capiva cosa sentisse la donna, ma capire e perdonare erano due cose completamente diverse.

« Gli ho sempre detto che non mi interessava niente di quello che avevamo, bastava che fossimo felici. Era nata da poco Prim, credo fosse domenica perché ti aveva portata nei boschi con lui, e probabilmente era anche San Valentino; insomma, siete tornati e tu sei entrata in casa da sola dandomi un sacchettino di stoffa e dicendomi di aprirlo. Dentro quel sacchetto c’era un anello di rame con una pietra azzurra » la voce di sua madre era diventata poco più di un sussurro. « Io mi ero dimenticata della promessa che mi aveva fatto, ma lui no! »

Se lo ricordava anche lei quel giorno. Si ricordava che suo padre le aveva detto di dire a sua madre che l’avrebbe trovato fuori casa. Si ricordava di come si fosse emozionata sua madre nel vedere l’anello, si ricordava che le si erano inumiditi gli occhi, che le aveva detto di badare a sua sorella per qualche minuto mentre lei raggiungeva suo padre. Si ricordava anche che i suoi genitori erano rientrati una decina di minuti più tardi ancora abbracciati e con quello sguardo negli occhi.

Quello che aveva sua madre in quel momento.

Lo stesso che di tanto in tanto coglieva negli occhi di Peeta.

« Vorrei tanto che tuo padre fosse qui ».

Katniss distolse lo sguardo da quello di sua madre e cominciò a giocherellare con l’anello che aveva al dito. Anche lei lo desiderava, più spesso di quanto non fosse disposta ad ammettere.

« Peeta tiene molto a te! »

Sua madre le aveva preso le mani mentre cercava di incontrare nuovamente il suo sguardo.

« Lo so » disse lei. Lei lo sapeva meglio di tutti quanto Peeta tenesse a lei. Lo sapeva quando, al ritorno da Capitol dopo la fine dei Giochi, gli aveva detto che quasi tutto quello che era successo nell’arena tra loro era un farsa. Lo sapeva quando le aveva detto che avrebbe messo da parte il dolore per il suo rifiuto e avrebbe cercato di esserle amico, quando le aveva urlato contro al Distretto Undici. Soprattutto ne aveva avuto la prova più grande quando aveva accettato quel matrimonio che non aveva nulla di reale. Per Peeta, invece, era sempre stato tutto reale.

Ogni sguardo, ogni bacio.

« Vorrei solo che tu fossi felice »..

« Io sono felice, mamma » la voce le tremava ed era sull’orlo delle lacrime.

Era disperata, ecco cos’era.

« Oh, Katniss…» sua madre le accarezzò una guancia e le passò le dita tra i capelli.

 

«Mi concedi un ultimo ballo? »

Sobbalzò visibilmente quando le sfiorò tutta la lunghezza dell’avambraccio con le dita. Si era trovata un angolo della sala, abbastanza lontana dallo spazio che era stato ricavato per la pista da ballo, da non essere vista da Effie. Troppo assorta a rimuginare sul filmato che aveva visto nell’ufficio del sindaco per rendersi conto che Peeta l’aveva raggiunta.

« Tutto okay? » le chiese il ragazzo.

Lei gli rispose con un cenno del capo e un sorriso tirato. Quello non era ne il momento ne il luogo adatto per parlare. Gli afferrò la mano e lo condusse tra le coppie danzanti in mezzo alla pista da ballo. Con la coda dell’occhio vide Haymitch indicarsi il polso rivolto a loro, evidentemente a minuti sarebbero finalmente andati via da quella festa. Finalmente avrebbe rivisto sua madre e Prim.

Peeta le circondò la vita con entrambe le braccia e lei intrecciò le mani dietro il collo del ragazzo; cominciarono a ondeggiare leggermente, spostavano semplicemente il peso da un piede all’altro, niente a che vedere con quello che prevedeva l’etichetta.

« Sei bellissima » le disse Peeta accennando al lungo vestito argentato che indossava. Con una mano le scostò alcune ciocche di capelli che le ricadevano sulla spalla rivelando fin troppi centimetri di pelle chiara. Alcuni sguardi del ragazzo, proprio come quello che le stava rivolgendo il quel momento, le bruciavano sulla pelle come tizzoni ardenti.

« Detto dal mio fidanzato, credo sia un po’ di parte! » rispose lei sarcastica cercando di alleggerire la situazione. Gestire le manifestazioni di affetto del ragazzo le era sempre riuscito difficile.

« Sarebbe stato di parte anche se non fossi stato il tuo fidanzato ».

Era sicura di aver assunto un’espressione sofferente nel momento stesso in cui lui aveva finito di parlare, appena prima che le sfiorasse uno zigomo con il pollice e le insinuasse le dita tra i capelli.

« Giuro che questo è l’ultimo prima del matrimonio » le sussurrò prima di baciarla.

 

A sua madre Peeta piaceva. Era palese: ogni volta che parlava con lui era sinceramente contenta.

Beh, Peeta ha la capacità di affascinare tutti!

Le piaceva molto più di quanto non le fosse mai piaciuto Gale.

Probabilmente perché Gale aveva l’aspetto di suo padre o perché Peeta aveva il suo animo buono. Forse era per entrambe le cose.

Se solo il loro fosse stato un normale rapporto tra madre e figlia, le avrebbe parlato dei due ragazzi, le avrebbe chiesto consiglio. Ma il loro non era un normale rapporto tra madre e figlia, per quanto si sforzasse da quando era tornata dai Giochi, e non lo sarebbe mai stato.

« Bene! Volevo solo dirti che devo andare in città per delle commissioni e volevo sapere se volessi qualcosa da mangiare » le disse la donna alzandosi e lisciando con la mano pieghe invisibili sulla gonna del vestito. Anche lei aveva bisogno di ricomporsi.

« Niente, grazie! »

« Va bene! »

 

So many days that I wandered alone through the streets that I used to call home
Feeling so hurt, I'm just kicking the dirt 'till the sun dries me up like a stone
Is this what you wanted? Is this what you needed? Is this how they said it would be?
We're telling these lies and we laugh and we cry
Can somebody save us?
Somebody say…

 

 

Aveva appena sentito il portone d’ingresso chiudersi quando Peeta aprì la porta di camera sua con un piede; il ragazzo reggeva con le mani un vassoio stracolmo di cose da mangiare.

« Tua madre mi ha chiesto di portarti il pranzo! » ripose lui al suo sguardo interrogativo.

« Ah! »

Le era parso di aver detto a sua madre che non aveva fame, pensò caustica.

« La casa offre: stufato, panini al formaggio e biscotti al cioccolato! »

Sicuramente sua madre aveva mandato Peeta pensando che lui sarebbe riuscito a farla mangiare e, pensandoci bene, un po’ di fame ce l’aveva.

Il ragazzo si sedette di fronte a lei e poggiò il vassoio tra di loro. Katniss afferrò un panino al formaggio e lo addentò assaporandolo ad occhi chiusi.

Sì, adorava i panini al formaggio di Peeta.

Quando riaprì gli occhi lo vide sorridere.

« Hai già pranzato? » gli domandò la ragazza.

« No, ero solo passato per lasciare i panini e i biscotti » rispose lui.

« Beh, allora mangia con me! » lo invitò lei porgendogli un panino.

Mangiarono relativamente in silenzio, a Peeta non era sfuggito il fatto che portasse l’anello di fidanzamento, ma non aveva detto niente. Gli aveva chiesto come mai avesse portato anche i biscotti e lui le aveva spiegato che, data la sua passione per la cioccolata calda, aveva pensato che avrebbe gradito. L’aveva ringraziato e in tutta risposta lui le aveva riportato i capelli dietro un orecchio.

Si sentiva le guance in fiamme.

Non si era lavata il viso e nemmeno i denti. In effetti era ancora in pigiama, non che al ragazzo interessasse, l’aveva vista in condizioni peggiori, ma non era comunque un buon motivo per aggirarsi per casa in quel modo.

Si alzò dal letto e con non poca difficoltà raccattò i primi abiti a disposizione e si infilò in bagno dicendo a Peeta che ci avrebbe messo un attimo. Qualche minuto dopo sbucò dal bagno con lo spazzolino in bocca mentre cercava di raccogliere i capelli in una treccia con l’intenzione di fargli vedere che aveva praticamente finito e per controllare che fosse ancora lì.

« Lasciali sciolti. Ti prego! »

Il suo sguardo era così profondo da toglierle il fiato.

L’aveva sorpresa a tal punto con quella richiesta che era rimasta sulla soglia del bagno a fissarlo. Annuì leggermente mentre disfaceva la treccia e spariva dietro la porta.

Peeta aveva uno strano effetto su di lei, quando la guardava in quel modo si sentiva sempre combattuta: le piaceva il suo sguardo, le piacevano i suoi occhi concentrati sulla sua figura, ma al tempo stesso non si sentiva completamente a proprio agio perché non era in grado di ricambiare allo stesso modo.

« Mi dai una mano a scendere? »

Katniss era in cima alle scale, aveva appena alzato un braccio pronta per circondare le spalle di Peeta come supporto per camminare, sua madre non faceva che ripeterle che non doveva sforzare troppo la caviglia, ma il ragazzo la sorprese passandole un braccio sotto le ginocchia e dietro la schiena.

« Ehi! » Si ritrovò in braccio a lui e gli dovette circondare il collo con le braccia per non cadere rovinosamente a terra. « Posso camminare sai? »

« Lo so! » Le rispose semplicemente lui con un sorriso furbo.

« Ci avresti messo una vita! »

Doveva aver assunto il suo solito cipiglio visto che Peeta era scoppiato a ridere. Si rilassò nella sua presa e nascose il viso nell’incavo tra il collo e la spalla del ragazzo.

« Smettila di ridere di me » disse contro il tessuto del maglione.

Doveva essere offesa.

Avrebbe dovuto visto che lui non aveva proprio intenzione di smettere.

Decisamente! Solo che…

Solo che, se non fosse stato sbagliato, sarebbe rimasta tra le braccia di Peeta per sempre.

E ancora quella sensazione tra dolore e piacere, tra senso di colpa e bisogno viscerale.

Passarono gran parte del pomeriggio lavorando al libro di famiglia, lui concentrato a ricreare i bozzetti a cui aveva lavorato nei giorni precedenti e lei a descrivere distrattamente le proprietà di alcune piante. A un certo punto si era resa conto che non aveva fatto altro che guardarlo per due ore.

Le sue mani, le sue labbra, le sue ciglia.

Si era alzata stizzita e si era diretta in cucina per preparare del tè. Ovviamente si era appoggiata ad ogni superficie disponibile pur di raggiungere la sua meta senza l’aiuto del ragazzo e lui non aveva perso tempo a prenderla in giro. Le aveva detto che faceva più confusione lei, mentre tentava di preparare qualcosa di commestibile, di quanta non ne avesse fatta lui, ferito e mezzo morto, nei boschi dell’Arena. Le aveva strappato un risata sincera parlando dei Giochi.

Quel ragazzo era incredibile.

Le aveva ricordato che lui il tè lo prendeva senza zucchero e lei gli aveva detto che avevano passato abbastanza tempo insieme da ricordarselo da sola. A quel punto aveva mascherato la sua sorpresa continuando a canzonarla non offrendosi di aiutarla con le tazze di tè, voleva vedere come sarebbe tornata in salotto zoppicando. Lei gli aveva dimostrato che, se si impegnava, riusciva ad essere aggraziata e gentile, e quando appoggiò il vassoio con la teiera, le tazze e i biscotti che erano avanzati dal pranzo disse: « Tutte quelle ore di allenamento con Effie per imparare a camminare sui tacchi non sono state del tutto inutili! »

Peeta le sorrise e commentò: « A quanto pare, no! »

In quel momento Katniss si rese conto che, se proprio avesse dovuto passere il resto della vita con lui, non sarebbe mai stata infelice.

Accese la televisione pronta a ricominciare a controllare tutti i canali in cerca di servizi riguardo il Tredici, ma al primo cambio il volto di Caesar Flickerman occupò prepotentemente lo schermo.

L’uomo dai capelli blu cominciò a blaterare qualcosa riguardo l’amore. Registrò appena che Peeta aveva cominciato a passarle una mano tra i capelli e solo allora si rese conto che il presentatore degli Hunger Games stava parlando di loro.

Dannazione, oggi è San Valentino!

“Chissà cosa staranno facendo gli Innamorati Sfortunati del Distretto Dodici! Magari staranno pensando ai dettagli del matrimonio più atteso dell’anno!”

Il matrimonio.

Si era persino rifiutata di vedere i vestiti da sposa, i dettegli del matrimonio erano l’ultima delle sue preoccupazioni in quel momento.

Portò la sua attenzione su Peeta certa che anche lui, come lei, si fosse innervosito: infatti aveva la mascella contratta per la frustrazione di tutta quella situazione.

« Allora, futuro maritino, come siamo messi con i preparativi del pranzo nuziale? » chiese lei alzando un sopracciglio. Il suo tono di voce aveva assunto una nota giocosa, leggera, nonostante l’argomento non fosse dei più felici, voleva provare a non rovinare una giornata relativamente serena.

« Credo che se ne stia occupando il Presidente in persona, futura mogliettina! »

Peeta le aveva risposto con lo stesso tono allegro, ma il sorriso che gli aleggiava sulle labbra non raggiungeva gli occhi.

« Già! Credo anche io » rimase in silenzio per qualche minuto prima di continuare « Una volta tornati da Capitol, dopo il matrimonio vorrei facessimo la tostatura ».

Gli occhi del ragazzo si allargarono per lo stupore, probabilmente si aspettava che gli dicesse che stava scherzando, ma lei continuò a guardarlo seria.

Non avevano mai parlato del matrimonio, non tra di loro.

Era necessario definire alcune cose arrivati a quel punto, pensò la ragazza.

« Tutto quello che vuoi, Katniss » rispose lui continuando a passarle le dita tra i capelli.

« Solo tu ed io » aggiunse lei. Peeta si limitò ad annuire. Aveva bisogno che ci fosse qualcosa di reale in tutta quella farsa, qualcosa che appartenesse solo a loro.

« E… Niente bambini ».

Peeta annuendo fece eco alle sue parole: « Niente bambini ».

Lo sguardo del ragazzo si era fatto improvvisamente rassegnato. « Finirai con l’odiarmi! »

La ragazza si affrettò ad incontrare il suo sguardo per poterlo rassicurare: « Non potrei mai… Nemmeno se volessi! »

Lo vide abbassare il volto e scuotere la testa, come se si rifiutasse di credere a quello che gli aveva appena detto. « Mi odierai al punto da non riuscire più a guardarmi in faccia. E io odierò ancora di più me stesso perché non sono riuscito a tirarti fuori da questa situazione ».

Quelle parole erano aghi che si infilavano prepotentemente nel petto, all’altezza del cuore. Dovette chiudere gli occhi mentre passava la mano aperta sulla parte che doveva essere lesa.

Perché faceva troppo male per non essere reale.

No, non sarebbe mai riuscita ad odiarlo.

« Non sei tu il problema. Il problema è…» la ragazza si guardò i palmi delle mani aperte, quasi contenessero la causa di tutto quel malessere « È tutto questo! »

Quando riportò lo sguardo in quello del ragazzo riprese a parlare con più tranquillità: « L’unica cosa positiva in tutto questo sei tu! »

« Katniss…»

« Avrei preferito morire, piuttosto che sopportare tutto questo senza di te » lo interruppe lei.

Peeta portò la mano che poco prima era tra i suoi capelli a contatto con la sua guancia per poi cominciare a sfiorarle le labbra con il pollice.

« Non sai quanto vorrei baciarti in questo momento ».

Inghiottì il vuoto prima di rispondere: « Nessuno te lo impedisce ».

Peeta chiuse gli occhi e inspirò profondamente prima di parlare: « Non fingere! Almeno quando siamo solo noi due, non fingere ».

E come faceva lei a digli che quel bacio lo voleva veramente? Che c’erano momenti in cui si sentiva così disperatamente bisognosa di lui, disperatamente dipendente da lui che il confine tra il dolore e il piacere che provava ad averlo accanto non esisteva più, in cui si fondeva tutto e lei non riusciva a capire cosa provava o cosa voleva.

« Non fingo ».

Trattenne il fiato quando lui avvicinò il viso al suo, chiuse gli occhi quando il suo respiro le raggiunge la bocca. Stava fremendo per quel bacio, ma lui si limitò a baciarla sulla guancia sfiorandole l’angolo della bocca con le labbra. Peeta rimase in quella posizione per quello che le sembrò un’eternità, poi si allontanò dicendole: « Ti ho fatto una promessa ».

Magari l’anno prossimo passeremo un San Valentino diverso.

All’ora di cena sua sorella li raggiunse in salotto e mangiò con loro. Era contenta che Peeta non se ne fosse andato dopo quella piccola confessione, come invece avrebbe sicuramente fatto Gale.

Gale.

Una delle prime notti in cui Peeta aveva dormito con lei, dopo un incubo particolarmente vivido, l’aveva portata nell’ultima carrozza del treno e si erano accoccolati su uno dei divani. Le aveva detto che a casa dormiva con la finestra aperta, gli sembrava di riuscire a respirare più liberamente. Un po’ come la pittura, dormire in quel modo riusciva a tranquillizzarlo.

Lei gli aveva detto che in un’altra vita sarebbe potuto essere tutto diverso, che forse tutta quell’ansia, tutto quel dolore non erano reali. In un’altra vita magari lei sarebbe potuta essere diversa.

Peeta le aveva detto che non voleva fosse diversa.

Gale invece lo desiderava con ogni fibra del suo corpo.

Ho scelto Gale.

Erano ormai quasi le dieci quando si rese conto che Peeta si era addormentato.

Avvicinò una mano al volto del ragazzo per poterlo accarezzare, ma per paura di svegliarlo la ritrasse quando ormai si trovava a pochi centimetri dalla sua guancia.

Non l’aveva mai visto dormire: normalmente succedeva il contrario. Se era abbastanza attenta avrebbe potuto dormire accanto a Peeta per quella notte.

Si fece portare un paio di coperte da Prim e aprì leggermente la finestra del salotto; adagiò una delle coperte sul ragazzo e si avvolse nell’altra prima di sedersi nuovamente sul divano.

Katniss avvicinò le gambe al petto e si sfiorò le labbra con indice e medio della mano destra.

Ho scelto Gale.

Quel bacio mancato bruciava contro i polpastrelli.

Qualcuno può salvarci?

 

Never let me go
I'll give you more this time, just don't ever change your mind
Look the other way
there's nothing left here to see, the stranger's not you, it's me

Never let me go, Santiago Laserna

 

Angolo dell’autrice!

Se siete arrivati fin qui, non posso far altro che ringraziarvi!

L’obiettivo del contest era descrivere l’altra faccia di San Valentino, quella che va oltre i fiori, gli appuntamenti perfetti, i grandi amori, insomma dovevamo raccontare possibili appuntamenti disastrosi, sorprese mal riuscite e così via. Io ho pensato che per Katniss e Peeta l’altra faccia di San Valentino fosse il vero e proprio San Valentino (ok, ok, lo so, sto parlando complicato). Ho voluto utilizzare tutti i classici cliché della festività (l’anello di fidanzamento, il matrimonio alle porte, il pranzo e la cena passati insieme, i biscotti al cioccolato, il tempo passato tra innamorati) in un contesto che tutto sa, tranne di San Valentino, di felicità e di amore, tutti questi particolari, queste attenzioni non sono intenzionali da parte dei due. Sappiamo tutti che in quel periodo Katniss e Peeta si sono avvicinati molto, ma si trovano comunque in una situazione complicata e forzata; sappiamo anche che è questo il periodo in cui Katniss comincia a capire di tenere a Peeta (nella mia testa lei comincia effettivamente a innamorarsi senza rendersene conto), anche per questo ho utilizzato questa canzone!

Non so se sono riuscita a spiegarmi appieno, spero di sì!

Attendo i vostri pareri.

Alla prossima,

Ciara!

  
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