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Autore: Vale_DL    19/02/2014    0 recensioni
Ecco che mi ritrovo tra le Ali del destino, destino che mi appartiene, destino che ha voluto donarmi qualcosa troppo grande per me stessa.
Amore inaspettato, amore fatale, amore che era destinato ad essere tale.
Siamo come anime in cerca di qualcosa, qualcosa che non sappiamo distinguere, qualcosa che non ci appartiene, qualcosa di superiore, qualcosa che il destino ci ha voluto donare tramite l'ascesa delle sue immense ali, l'amore... e se amare significa stare tra le Ali del destino io ci sarò, sarò li per noi, sarò li per un amore che è destinato ad essere eterno, sarò Tra le Ali del destino.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Tra le Ali del Destino.
 

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Capitolo 1
Amavo la pioggia.

Oggi era una di quelle giornate, si una di quelle in cui le nuvole rendono il cielo di un colore triste, una di quelle dove si inizia con il piede sbagliato e la si finisce ancora peggio, oggi era una di quelle giornate che ti creavano una strana sensazione allo stomaco mentre una strana nostalgia si impadroniva della tua persona, inaspettatamente. Una delle giornate in cui non c'era traccia di sole, creando in te una strana sensazione sconosciuta, come se si fosse perso per sempre, come se non potesse più illuminare le giornate, semplicemente come se fosse stato rubato e nessuno si rendesse conto della gravità della sua assenza. Oggi è una di quelle giornate un po’ così, una di quelle in cui è difficile lasciar fuggire un sorriso, condizionata inconsapevolmente dalle nuvole che si estendono fin sopra le nostre teste, una di quelle giornate disastrose, che poi forse non è manco vero, talmente tristi da essere schifosamente attraenti e meravigliose, oggi è semplicemente una di quelle giornate dove il sole è stato rubato ma non ti importa più di tanto perché delle goccioline cadono leggere sulla tua pelle, dandoti sensazione di libertà, sensazione di purezza rara.

Amavo la pioggia.

Gocce. Gocce d'acqua che si staccano dalla terra madre per schiantarsi su qualcosa di imprevedibile, che poi altro non era che ogni centimetro di terra sotto di esse, gocce così limpide da rendere l'acqua cristallina di un ruscello quasi una stupida pozza di fango, gocce capaci di combattere da sole, gocce così diverse tutte fra loro da creare qualcosa di raro, magnifico, perfetto. Così è che quelle piccole cosine si staccavano da una nuvola schiantandosi quasi con foga, con desiderio, su di noi, piccole gocce capaci di lottare da sole, gocce senza paura ma con molto onore. 

Amavo la pioggia.

Amavo le giornate come queste, amavo sentirmi come quel tempo grigio e cupo, amavo sentire l'atmosfera nostalgica intorno a me facendomi sentire così pura, così pura da non avere paura del giudizio altrui, così pura a essere completamente diversa a tutti i miei coetanei, così pura quanto speciale. Amavo la pioggia perché era simbolo di ribellione, di pura inconsapevolezza, l'amavo perché era imprevedibile ed era così che io mi volevo sentire, qualcosa di così strano da essere unico, da essere unicamente perfetto.

Amavo la pioggia.

Amavo come quell'atmosfera circondasse l'ambiente in cui vivevo, come quel grigio di nuvole abbracciasse i colori bianchi e rossi dell'università, come quelle piccole gocce si sfracellavano addosso a tutti gli studenti che cercavano buffamente di proteggersi con un qualsiasi cosa gli capitasse di mano, amavo come quel venticello si schiantasse contro la mia felpa nera che non lasciava via libera, come la mia treccia castana continuasse a lottare per rimanere sulla mia spalla destra, come i miei occhi si mimetizzavano con le cortecce di alberi disposte in file ordinate per numero e, soprattutto, amavo la pioggia che si univa a ciascun elemento presente, lasciando sensazione di assoluta armonia.

Amavo la pioggia, l'amavo davvero.

"Ehi Samantha!. Sam, aspetta!"  Una voce si fece spazio poco più lontano da me, mi voltai per vedere chi era.

Non feci in tempo a focalizzare la proprietaria della voce che subito davanti a me comparve una figura piuttosto buffa, con una smorfia stampata sul viso che mi fece sorridere istantaneamente. La figura qui davanti appartiene ad Elizabeth Thompson, nonché Ely, la ragazza da un metro e sessantacinque e un sorriso, la mia migliore amica dai tempi della prima media.

Io ed Elizabeth ci eravamo conosciute precisamente il primo giorno di scuole medie, lei era la tipica ragazzina vivace con un profondo sentimento verso la moda, io ero semplicemente la tipica ragazzina timida destina a 3 anni di solitudine se non l'avessi conosciuta. Come al solito mi escludevo da tutto e anche quel giorno feci altrettanto, non è che non mi piacesse stare con gli altri, anzi, era semplicemente che agli altri non piaceva stare con me, così preferivo starmene da sola seduta sul banco a guardare un punto indefinito dalla finestra magari evitando le battute stupide mie compagni destinati alla sottoscritta. Quel giorno però, mentre fissavo la conformità del mio banco, mi sentii toccare una spalla e mi girai immediatamente trovandomi un sorriso perfetto accompagnato da degli occhi color azzurro cielo, mi chiese semplicemente se il posto era libero ignara che da lì sarebbe nata un'amicizia eterna. 

Da quel giorno erano passati un bel po’ di anni, ora Ely era diciannovenne e il tempo aveva giocato a suo favore. Non era più una ragazzina e il suo corpo lo faceva capire al meglio, procurandole di tanto in tanto anche qualche problema, insomma era diventata proprio una rarità del sesso femminile, con i propri pro e contro. La lunga chioma di capelli biondi le ricadeva liberamente sulla schiena, formando dei boccoli nelle punte che man mano si andavano a schiarire sempre di più facendo sembrare di aver rubato le sfumature al giallo più puro fino ad arrivare a quello più freddo, più delicato. Il corpo esile mostrava le proprie curve sistemate nel posto giusto, come a creare una sorta di percorso destinato ai peccatori lussuriosi. Le labbra era sottile, talmente tanto da sembrare alcune volte inesistenti creando, così, la voglia di cercare qualcosa di magico e perfetto con il dolce profumo di fragola. Infine, gli occhi...quelli erano rimasti sempre uguali, l'unica cosa che non era cambiata, l'unica cosa ad essere così monotona ma schifosamente perfetta, occhi color cielo che lasciavo trasparire il mondo racchiuso in essi facendoti perdere in un qualcosa di così intrigante da essere proibito...erano occhi semplici, privi di sfumature e completamente e insistentemente azzurri, semplicità che ti fotte.

Poi c'ero io, tipica ragazza timida che vive in un mondo fatto di sola musica e di romanzi, tipica studentessa universitaria, tipica ragazza invisibile. Non ero cambiata molto in questi anni e il tempo non mi aveva donato niente, semplicemente niente se non un mondo completamente diverso dove le storie d'amore erano sui libri e le consolazioni nelle canzoni, racchiudendo tutta la mia vita nei miei occhi, usati per leggere e nelle mie cuffie, usate per vivere. I lunghi capelli mossi come onde in pura marea mi ricadevano liberi sulle spalle, raccolti spesso in delle trecce o code disordinate come oggi, come sempre. I miei erano capelli che sembravano vittima di un furto, capelli privi di colore e rarità, capelli di un semplicissimo color corteccia, capelli di un normalissimo color castano. Il mio corpo esile era sempre rivestito dalle innumerevoli felpe che oramai avevano preso il ruolo di seconda pelle, e le curve non sapevo neanche se le avevo, forse colpa del mio metro e sessantacinque di pura timidezza. Le labbra abbastanza carnose definivano il mio viso, labbra che erano di un color roseo, labbra che sorridevano solamente in presenza di Ely, labbra così perfette perché mi permettevano di entrare in un nuovo mondo grazie ai miei romanzi, labbra che profumavano di fragola. Per finire gli occhi, occhi color nocciola, occhi inespressivi, occhi di colore neutro che di raro aveva ben poco, che di bello non avevano neanche la forma, che di semplice avevano tutto.

"Ely, ma che hai fatto? se fradicia" lottai con tutta me stessa per cercare di trasformare quella risata in un semplice sorriso divertito e lentamente spostai il mio ombrello per ripararla dalla pioggia

"Stai scherzando vero? Era un'ora che ti venivo dietro!" pugni stretti, smorfia in viso.

"Uhm..non me ne ero accorta, credevo che finissi più tardi il corso di letteratura, oggi." le sorrisi dolcemente

"Lasciamo perdere.." esclamò rassegnata "Piuttosto, hai programmi per oggi pomeriggio?" stessa domanda oramai rifilatami da sempre più o meno.

"No! e questo vale per entrambe le domande Ely, non uscirò con quel branco di animali che tu chiami amici!" mi voltai ed iniziai a camminare verso il nostro dormitorio.

"Ma non sai neanche se avrei chiesto quello Sam!, e poi che ti costa scusa?" mi venne dietro

"Lo so invece, dato che mi proponi quella domanda da sempre ormai!  poi mi costa eccome, non posso sprecare un pomeriggio per andare in giro con quei babbuini di prima categoria e sinceramente ho ben altro da fare!" gesticolai con la mano.

"Tsè...sentiamo cosa dai! magari leggere uno di quei stupidi libri?" cosa aveva detto? l'avrei uccisa se non tenevo l'ombrello con una mano!

"Non sono stupidi! e poi è sempre meglio che uscire con quei trogloditi, non credi?" affermai esasperata

"Fai come vuoi Sam, io vado ciao!" mi baciò le guance e poi si dileguò tra la folla.

Rimasi ancora lì, ferma sempre nello stesso punto non capendo perché in un certo senso le sue parole mi avessero ferita, come una scheggia di vetro che ti ferisce al  primo contatto, eppure non aveva detto niente, eppure aveva detto tutto ciò che c'era da dire. Forse la mia vita era così disastrosa come Ely mi voleva far capire? cosa c'era di male nel passare il proprio tempo libero tra musica e romanzi? Niente, non trovavo risposte alle mie domande ma, in fin dei conti, non avevo bisogno di risposte perché a me piaceva così, perché per me era quello il significato di vita.
Lentamente mi accorsi che la pioggia pian piano scompariva dalla mia vista, alzai la testa per guardare il cielo e, sorprendentemente, mi ritrovai un cielo che pian piano si tingeva di azzurro, un colore così naturale, così raro, così perfetto. Fu in quel momento che realizzai che la pioggia era scomparsa nella frazione di un secondo e, dispiaciuta in parte, mi focalizzai nuovamente sullo scenario di fronte a me. Il sole era ritornato, magicamente era stato restituito al suo compagno d'eternità ma, in fondo, non se ne era mai andato, stava solamente aspettando il momento giusto per comparire in tutta la sua bellezza.                                            
Il paesaggio davanti a me si tinse di altri colori, colori più caldi, colori più vivi. I colori dell'università non furono più così freddi e cupi come lo erano precedentemente, bensì si tinsero di un bianco latte e di un rosso fuoco, gli alberi ripresero il proprio colore naturale facendo sì che le foglie ingrigite dal tempo splendessero in una grande varietà di colori e, come tocco finale, quell'erbetta che colorava i parchi di un verde freddo e bagnato si trasformassero in un verde acceso con qualche goccia cristallina, amavo tutto ciò  e l'amavo davvero. 

Pian piano decisi di avviarmi anche io, rintanarmi nel mio solito posto per leggere uno dei miei magnifici libri, incominciando la solita routine che io amavo incondizionatamente. Poco dopo arrivai lì, nel mio parco preferito, un parco piccolo ma semplicemente perfetto. Le innumerevoli panchine che erano disposte in maniera lineare erano sparse un po’ dappertutto, i numerosi alberi facevano sembrare quel territorio un vero paradiso e quelle foglie sparse in tutto il parco rendevano il posto ancora più intrigante, più magico. Decisi di andarmi a sedere nel mio solito posto la quercia centrale, antica, lesionata, guerriera, sopravvissuta. Delicatamente estrassi il libro dal mio zaino e iniziai ad entrare in un mondo che di stupido aveva fin poco, che di perfetto aveva tutto.

"La vita, ora lo capiva, somigliava ad una canzone" una voce mi distrasse dalla mia lettura, alzai lo sguardo." The Last Song, Nicholas Sparks, bel libro" sorrise.

"Come scusa? tu hai letto questo libro?" chiesi incredula, non era certo un libro per ragazzi questo.

"Questo è molti altri" rise, una risata così pura proveniva da quella figura "Sai, non credo che ci sia la distinzione tra maschile e femminile, credo invece che se un libro è magnifico lo è anche a prescindere dal lettore, no?" sorrise, grattandosi la nuca, forse aveva capito il mio stupore verso di lui. Mi limitai solamente ad annuire, lui mi sorrise e senza nemmeno farci caso scomparve tra la piccola folla.

-"Sai, non credo che ci sia la distinzione tra maschile e femminile, credo invece che se un libro è magnifico lo è anche a prescindere dal lettore, no?"- 

Frase più vera, frase più bella, frase più realistica non c'era, frase semplicemente pronunciata da una bocca estranea, una frase che fece semplicemente accelerare il mio battito cardiaco.
 
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S
alve a tutti!

Vorrei precisare che questa è la mia prima storia su efp, anche se questo canale esisteva già precedentemente.
Si avete capito bene, questo canale mi è stato donato da una mia amica che non aveva più voglia di scrivere quindi ho deciso di rinnovarlo cambiando anche il nome.

Per quanto riguarda la storia spero che vi piaccia tanto quanto piace a me, aspetto una vostra recensione <3

 
GRAZIE MILLE!


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Diritti Banner: Ringrazio profondamente "Ilac_", eccovi il suo profilo http://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=495664
  
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