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Autore: live in love    19/02/2014    1 recensioni
Seguito della storia "Ritratto di Te"
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Sono, ormai, passati vari mesi da quando Emma ha presentato la sua opera e dallo scandalo del New York Times che ha visto coinvolti la sua famiglia ed Andrew.
Una apparente tranquillità sembra pervadere ora la sua vita, divisa tra amore, lavoro e arte, ma cosa ha in serbo per lei il destino?
Nuovi problemi, situazioni diverse e impresti personaggi sono in agguato, come affronteranno Emma ed Andrew tutto ciò?
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Mia seconda storia originale.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 1


Primo giorno





I miei occhi nocciola, leggermente sgranati e stupiti, incontrano il mio riflesso nel momento stesso in cui mi posiziono davanti allo specchio, che occupa l'intera parete del negozio, con una sola e piccola falcata, i miei sandali che producono appena un lieve ticchettio sul parquet color ciliegio del pavimento.

Una leggera luce mattutina filtra, intanto, dalla vetrata che costituisce l'ingresso, posto esattamente alla mia destra e sul lato più lungo, illuminandomi con il suo soffuso chiarore, rendendo inutile l'utilizzo del costoso e raffinato lampadario in cristallo presente sul soffitto bianco.

Il sole tiepido ormai di fine Agosto, infatti, si insinua abilmente nella boutique, superando la labile costrizione delle tende color miele poste ai lati e creando così una atmosfera leggera e quasi vaporosa, resa ancora più soave e piacevole dall'arredamento color panna e dagli abiti spumeggianti dal soffice aspetto.

L'espressione esitante che distorce i miei lineamenti, appena coloriti, si accentua l'istante dopo, non appena curvo le spalle al in giù sotto il veemente impeto di un sospiro pesante, soffiando lentamente l'aria tra i denti fino a svuotare completamente i miei polmoni.

La morsa che stringe il mio stomaco, tuttavia, a dispetto delle mie speranze, rimane intatta, insistente e morbida al tempo stesso, rendendomi quasi irrequieta ed accaldata.

Un sottile senso di frenesia si mischia, difatti, all'euforia che mi scuote poderosamente, portandomi irrazionalmente a piegare il capo di lato, inclinandolo lievemente.

I capelli, cresciuti decisamente troppo in questi ultimi mesi e che mi arrivano ormai ben oltre metà schiena, ondeggiano a causa del mio minimo movimento mentre un silenzio pacato e sinuoso pervade la stanza, avvolgendomi tra le sue spire.

Le mie pupille scivolano ancora avidamente sul mio profilo, quasi come se non potessi farne a meno, un qualcosa di più forte che mi spinge a farlo, attirandomi incredibilmente.

Mi specchio allora nei miei stessi tratti, ritrovandomi a studiarli interessata e distratta al tempo stesso come se li vedessi per la prima volta, affascinata e intrigata.

Con la mente stranamente vuota e la voce acuta e petulante della commessa, proveniente da un punto indistinto alle mie spalle, mi squadro da capo a piedi, una ciocca scura che mi sfiora debolmente la guancia, macchiata da un flebile rossore che mi rende quasi imbarazzata.

Ed, in fondo, almeno un po' mi sento così, quasi fuori luogo e decisamente non proprio a mio agio. Tutt'altro.

Sospiro.

Mi sento strana, realizzo con un secondo di ritardo.

Stringo le labbra, umettandole leggermente mentre persisto nel rimanere immobile, un abito color carta da zucchero a mezze maniche che mi fascia morbidamente il corpo, accentuando impercettibilmente le mie curve e conferendomi contemporaneamente un'aria sbarazzina.

Le mie dita, intanto, continuano a rimanere contratte intorno alla crucetta in legno chiaro che sostiene un magnifico abito da sposa, perfettamente stirato.

Deglutisco, il cuore che manca letteralmente un battito mentre queste poche parole mi rimbombano goffamente in testa, trasformando il suo incedere in delle vere e proprie concitate palpitazioni.

Un abito da sposa, mi ripeto ancora, quasi lentamente come a volerne assaporare il dolce significato, non riuscendo a capacitarmene mentre, inevitabilmente, non riesco ad impedirmi di irrigidire la schiena, tendendomi in modo vagamente spasmodico.

Il respiro, di conseguenza, mi si spezza in gola, raschiandola appena mentre il mio sguardo vira abilmente ed in modo silenzioso sulla sua linea semplice e sinuosa.

È bello, realizzo.

Incredibilmente bianco, così tanto da risultare accecante e quasi candido, presenta una poco accentuata scollatura a cuore leggermente ricamata, risultando quasi casto e pudico.

Prendo un profondo e traballante respiro, gonfiando il petto, continuando ad analizzare accuratamente ogni minimo dettaglio, nulla che mi disturbi, mentre la gonna non troppo ambia e morbida copre quasi totalmente la mia figura.

Proprio come se lo stessi realmente indossando, realizzo affondando simultaneamente gli incisivi nel mio labbro inferiore, alzando leggermente la mano fino a portare il corsetto proprio all'altezza del mio seno, il tessuto lavorato che lo rende incredibilmente delicato e per nulla volgare.

Ed immaginarmi inguaiata da questo stesso abito è un millesimo di secondo, le immagini che mi invadono la mente prima ancora che io me ne accorga, facendomi sentire quasi confusa e disorientata.

Espiro mentre un sorriso sottile e allegro mi curva al in su la bocca l'istante seguente, illuminandomi precariamente lo sguardo, ora più lucido e ilare.

Lo stesso, però, che si tramuta in una smorfia stupefatta e sgomenta l'attimo dopo, non appena una voce mi richiama bruscamente alla realtà, facendomi violentemente sobbalzare ed interrompendo il mio rimuginare sconclusionato.

- Non dirmi che ti è venuta voglia di indossarne uno – afferma un timbro acuto e divertito, un sussurro quasi impalpabile che, però, frantuma in mille pezzi la quiete che ci circonda, risultando un misto di un quesito e di una curiosa domanda.

Spaurita e colta in contropiede, mi volto immediatamente in quella direzione, le palpebre sgranate mentre una violenta sorpresa mi glie, la fronte appena aggrottata che accompagna le mie pupille che, celermente, vagano intorno a me, ignorando il mobilio e focalizzandosi subito dopo su una figura minuta e snella.

I miei occhi sgranati incontrano, infatti, Sam l'attimo seguente, esattamente ad una manciata di passi di distanza dalla porta lucida e nera del camerino, dietro di se, e ad un paio di metri da me mentre la mia razionalità non coglie subito il suo commento sarcastico, facendolo passare momentaneamente in secondo piano.

Soffiando l'aria quasi pesantemente, la guardo torvamente, lanciandole una occhiataccia di sbieco e di rimprovero, facendola ridere allegramente e di gusto, mentre mi rendo conto che, persa come ero tra le mie elucubrazioni, non mi sono minimamente accorta del suo arrivo, finendo, di fatto, per spaventarmi.

Sam visibilmente stuzzicata dalla mia reazione persiste a ridacchiare indicando con un cenno il vestito da sposa che continuo a stringere ed è unicamente ora, mentre l'eco delle sue risa mi riecheggiano nelle orecchie, che comprendo realmente la sua battutina frizzante, ghiacciandomi basita sul posto.

Il mio distratto cervello, infatti, collega istantaneamente le sue parole solo con un attimo di ritardo, facendomi comprendere unicamente ora il loro reale significato.

Non dirmi che ti è venuta voglia di indossarne uno.

Scioccata e scottata, folgorata, avvampo furiosamente davanti a questa sua sfacciata allusione, arrossendo così improvvisamente ed in modo violento da percepire le guance bruciare ardentemente mentre sgrano le iridi, talmente tanto da sentirle bruciare.

Non sapendo assolutamente cosa ribattere apro e chiudo un paio di volte la bocca, risultando quasi muta come un pesce, rendendomi conto di come stia insinuando una mia voglia di sposarmi.

Boccheggio mentre rischio quasi di strozzarmi con la mia stessa saliva, quella fantasia che decisamente non esiste dentro di me, risultando inappropriata anche in un discorso scherzoso come questo.

- Cosa? No! - le chiedo con timbro stridulo, finendo quasi di fatto per balbettare davanti alla sua espressione gaia e smaliziata - Assolutamente no! - affermo nuovamente, sottolineando il concetto con fin troppa veemenza e finendo inevitabilmente per alzare il tono di una ottava, una punta di ansioso imbarazzo che la rendere quasi più acuta.

Scuoto poi vigorosamente il capo in segno di diniego, allontanando così velocemente l'abito da me, con un gesto secco e brusco, da causare un leggero spostamento d'aria, le palpitazioni che non mi danno dispettosamente tregua, persistendo a tormentarmi.

La mia amica mi guarda intanto leggermente interdetta, non capendo probabilmente questa mia replica esagerata e istintiva.

- Come ti salta in mente una cosa simile? - le dico ancora, sferzandola con una occhiatina torva quasi imbronciata, gonfiando il petto.

Lei fa semplicemente spallucce, sogghignando mentre io reprimo velocemente questo goffo pensiero, relegandolo in un angolo buio e remoto della mia testa prima ancora che possa davvero insinuarsi nei miei pensieri, allontanandolo repentinamente.

- Magari potevamo organizzare un doppio matrimonio – mi provoca ancora con una bonaria frecciatina, infierendo spietatamente e inarcando contemporaneamente un sopracciglio chiaro verso l'alto, non riuscendo a non sghignazzare.

Riferendosi limpidamente alle sue imminenti nozze, infatti, scherza nuovamente, guadagnandosi il mio sguardo inceneritore e al vetriolo.

Tuttavia, fortunatamente, la mia mente viene invasa da quei ricordi, scacciando queste perplessità.

Esattamente tre settimane fa Carter, lasciando praticamente tutti sgomenti e senza parole, le ha chiesto sorprendentemente di sposarla durante una cena romantica a lume di candela, ufficializzando il loro fidanzamento.

Inutile dire che lei non ha minimamente esitato a rispondergli di si, tutt'altro.

Un risolino dolce e di ilarità, che trattengo a fatica, mi scuote appena nel rammentare come mi avesse chiamato esaltata e in lacrime poco dopo per dirmelo, mangiandosi quasi le lettere a causa dell'euforia sconvolgente che la abitava e suscitando lo sguardo sconvolto di Andrew, sdraiato sul divano di casa mia al mio fianco mentre le immagini del film continuavano a scorrere alla tv.

Leggermente più calma e avvolta dal tepore di queste memorie, ignoro bellamente la sua battuta, dandomi un minimo contegno.

Deglutisco poi, incassando appena il capo mentre compio simultaneamente un passo in avanti, avvicinandomi a lei, ribattendo.

- Per ora preferisco decisamente accontentarmi di fare la damigella – sussurro flebilmente ed in modo sincero, non mentendole affatto e sorridendole in modo precario e quasi nervoso mentre lo strascico dell'emozioni che la sua frase ha suscitato in me si scioglie lentamente

Decisamente, infatti, quella è l'ultima cosa a cui penso al momento, non agognandola affatto.

Lei ricambia il sogghigno all'istante, non dicendo null'altro a riguardo ed intuendo probabilmente il disagio istintivo che mi suscita, preferendo lasciar perdere.

- Dobbiamo ancora trovarti un vestito adatto, comunque – mi dice subito, abbandonando il discorso di poco fa e lasciandolo praticamente cadere nel vuoto mentre si corruccia pensierosamente, piegando appena il labbro inferiore verso il basso, quasi come se questo fatto non le desse pace – Sei proprio sicura di voler scartare il rosa come colore? - insiste ancora, portandomi a sbuffare e roteare stancamente gli occhi al cielo.

- Sicurissima – bofonchio con determinazione assoluta, non desistendo minimamente.

Quasi a voler rimarcare questo concetto annuisco, rimuginando intanto sulla discussione svagata che abbiamo avuto solo qualche ora fa mentre eravamo in giro per negozi, dibattendo sul mio assoluto divieto di vestirmi con questa tonalità.

In modo perentorio e quasi dispotico l'avevo giocosamente minacciata di non presentarmi quel giorno, facendola cedere e abbandonare l'idea di un vestito da damigella sui toni del rosa confetto o, peggio, del rosa antico.

Prima ancora che io possa dire qualcosa o anche solo avvicinarmi totalmente a lei, tuttavia, Sam parla nuovamente, attirando corposamente la mia attenzione, questa volta in modo serio.

- In ogni caso, a quello penseremo dopo – afferma ancora, minimizzando mentre compie un gesto vago del braccio, come a voler quasi fisicamente scacciare questa riflessione.

Appoggiando entrambe le mani sui suoi fianchi mi guarda insistentemente con le sue iridi di un verde intenso, ora terribilmente liquido e gioioso, mentre rimane immobile, raddrizzando la schiena quasi a volersi mettere ostinatamente in mostra.

E solo con un attimo di ritardo, scrutandola con più attenzione da capo a piedi, mi rendo conto che aspetta un mio parere riguardo l'abito da sposa che sta indossando, solo l'ultimo di una lunga serie.

- Allora, come mi sta Ems? - mi incalza, infatti, con un mormorio impaziente ed eccitato - Manca ancora il velo, però – mi informa quasi a giustificarsi l'istante seguente, passando nervosamente i palmi sul tessuto, sfregandoveli appena contro mentre appare quasi angosciata, visibilmente dubbiosa ed incerta.

Rimanendo momentaneamente in silenzio, faccio scivolare attentamente le mie pupille sulla linea sinuosa del suo corpo minuto, soffermandomi su ogni singolo dettaglio ed esaminandolo accuratamente.

Fasciata da un vestito lineare e semplice, presenta una gonna non troppo vaporosa che cade dritta fino a sfiorare il parquet, slanciandola e terminando in un breve strascico, non troppo lungo e della giusta misura.

La parte superiore, invece, è costituita da uno scollo a v sottolineato da un pizzo color avorio, che poi continua, costituendo le maniche e finendo di fatto per velarle le spalle, creando un delizioso vedo e non vedo.

Un sorriso emozionato e vagamente commosso mi stende subito dopo le labbra, curvandole al in su mentre mi ritrovo a parlare quasi ancor prima di accorgermene, scoprendo i miei occhi vagamente lucidi di commozione e dolcezza.

- Sei bellissima – le dico con sincerità, ammirandola ancora mentre lei si muove agitata sul posto, notando probabilmente il mio stato emotivo precario e vacillante.

Un leggero magone, infatti, mi occlude la gola, costituito dal forte sentimento di amicizia che provo verso di lei, l'affetto che si intensifica inevitabilmente, diventando più nitido e limpido.

Lusingata lei si stringe appena tra le braccia, ghignando leggermente ed in modo soddisfatto, un velo di rossore che le colora sommessamente il volto, facendomi chiaramente intuire quanto si stia sentendo impacciata e un po' goffa.

Cosa che, probabilmente, capita a tutte le spose, mi dico silenziosamente mentre compio un altro passo in avanti, raggiungendola e fermandomi staticamente vicino a lei.

Socchiudendo le palpebre passa poi leggermente le dita sulla gonna semplice, stirando delle pieghe inesistenti mentre lancia una occhiatina sbieca allo specchio posto alla sua sinistra nel tentativo di guardarsi con più accuratezza.

Perfettamente lindo, ricopre entrambe le pareti che costituiscono il piccolo corridoio che porta ai camerini, riproducendo più volte e in angolature diverse il suo profilo.

I capelli rossi e lisci precariamente legati in uno chignon, ondeggiano appena a causa di questo movimento improvviso, lasciandole il collo scoperto.

Sorrido mentre adocchio il piccolo divanetto color blu petrolio postovi vicino, decidendo di accomodarmici l'attimo seguente, proprio quando lei parla ancora.

- Mi sta decisamente meglio dell'altro – si compiace dopo un attimo di silenzio ed in modo quasi pensieroso, come se fosse persa nel suo rimuginare mentre mi ci lascio cadere con un piccolo rimbalzo, abbandonando la cruccetta che ancora stringo con un gesto distratto al mio fianco.

Sperando ardentemente che questo sia quello giusto, per lei e, soprattutto, per la mia sanità mentale, inspiro una profonda boccata d'aria, non vedendo praticamente l'ora di uscire da Kleinfeld Bridal.

- E poi è un Vera Wang – le ricordo asciutta ed entusiasta, calcando volutamente sul nome della marca della linea di vestiti fino a conferirle una inclinazione quasi determinata ed autorevole, importante.

Appoggio in seguito il braccio sul bracciolo, lasciandomi andare contro lo schienale imbottito.

- Comunque, se vuoi il mio parere da damigella d'onore – affermo praticamente di punto in bianco, dandomi ironicamente delle arie e continuando a parlare – Questo è quello che mi piace di più – aggiungo lievemente più seria, realmente contenta di vederla così allegra ed essendo io per una volta a consigliare lei in un momento di incertezza – Dovresti prenderlo, Sam – concludo, dicendole il mio modesto e sincero parere.

Da quando la conosco, infatti, è sempre successo l'opposto, sia per questioni amorose o per altre piccole decisioni da prendere. È sempre stata lei a dispensare consigli, risultando la più decisa, non vedendo sfumature tra il bianco e il nero.

Ghigno dolcemente, stendendo maggiormente la bocca mentre lei mi riserva una occhiata carica di gratitudine, i suoi lineamenti ora non più contratti e pervasi da una sicurezza diversa e più consapevole.

Tuttavia, lei si muove subito dopo, frantumando in mille pezzi il momento.

Ignorando di fatto l'entità dei miei pensieri, difatti, compie una piccola torsione sul posto, girandosi appena nel tentativo di adocchiare la parte posteriore, una debole arricciatura posta appena sopra il sedere che lo rende vagamente più gonfio.

In ogni caso è ben altro subito dopo a stupirmi, portandomi a sgranare appena le iridi, meravigliata e basita da questa rivelazione sensuale che cozza incredibilmente con l'apparente castità del vestito.

Una profonda scollatura a v le solca, difatti, quasi interamente la schiena, partendo dalle spalle, lambendole appena, e assottigliandosi man in mano che scende fino a ricongiungersi al tessuto più o meno a metà.

- Hai ragione – conviene con me lei dopo una manciata di secondi di esitazione, sospirando quasi estasiata – E poi questa scollatura mi fa impazzire – continua deliziata, arricciando appena la punta del naso.

Prima ancora, però, che io possa intervenire lei parla ancora, soffiando in modo vispo le parole tra i denti.

- Lascerà decisamente senza fiato Carter – afferma convinta e allegra, apparendo incredibilmente stuzzicata da questa idea, una espressione maliziosa e languida che le aleggia sul viso e che mi fa scoppiare letteralmente a ridere - E farà anche prendere un colpo a mia madre – mormora ancora ironicamente mentre una risata spontanea scuote anche lei.

Riferendosi chiaramente al rapporto non proprio pacifico e un po' burrascoso che ha con la mamma si sposta un ciuffo dal volto, portandoselo distrattamente dietro l'orecchio.

Sapendo come la madre l'avrebbe probabilmente indotta ad indossare un abito che non la rispecchia, ha inoltre preferito celarle i nostri progetti per la giornata, non accennandole assolutamente al fatto che avesse iniziato la ricerca del vestito da sposa, rendendomi l'unica partecipe.

Una scintilla le attraversa intanto le iridi l'attimo seguente, mentre la mia mente continua ad accatastare riflessioni su riflessioni, facendola apparire quasi incontenibile.

– Decisamente è da comprare quindi! – decreta scherzosamente in modo veemente e frizzante, portandomi a ripuntare l'attenzione su di lei.

- Probabilmente provocherà un infarto anche al pastore Jefferson – sghignazzo, lanciandole uno sguardo eloquente mentre alludo alla sua lampante severità.

Oltre essere un uomo incredibilmente austero, infatti, non ama particolarmente i vestiti troppo succinti nelle funzioni religiose, predicando la castità e la purezza non solo a livello di anima.

Storco leggermente le labbra in una smorfia contrita nel ricordare come, durante il primo incontro a cui Sam mi aveva forzatamente trascinata solo qualche giorno fa per farle compagnia visto l'assenza di Carter, lui avesse ribadito più volte e causticamente il concetto, risultando quasi petulante.

Lei, tra l'ilare e l'indispettito, si esibisce in un piccolo sbuffo, palesando senza alcuna remora tutto il suo disappunto a riguardo mentre allarga appena le braccia.

- Vorrà dire che cambierò pastore – minimizza con una semplice alzata di spalle, non curandosene poi molto - Provo ancora l'ultimo abito e poi possiamo andare – mi dice dopo un istante di esitazione, tornando a guardarmi in faccia e cambiando leggermente il fuoco della conversazione, gli occhi che abbandonano il suo profilo riflesso nello specchio mentre io muovo su e giù il capo, acconsentendo – Dobbiamo ancora passare a ritirare le partecipazioni - mi informa pacatamente mentre gira i tacchi, voltandosi e dandomi le spalle mentre si dirige nuovamente verso i camerini.

Piegando la testa di lato la appoggio sul palmo della mano, il gomito puntellato nell'imbottitura mentre una curiosa ed interessata riflessione mi attraversa l'istante dopo la testa, spingendomi a parlare nel momento stesso in cui il ticchettio delle sue scarpe sul parquet cessa e lei chiude la piccola porta nera dietro di se con un flebile cigolio.

- Avete già scelto il tema del il matrimonio? - le chiedo infatti, aggrottando la fronte nel constatare come lei non vi abbia praticamente accennato, un leggero senso di stanchezza che mi attanaglia debolmente le membra.

Il rumore sfocato e quasi impalpabile di una cerniera che si abbassa e di strati di soffice e pregiata stoffa che frusciano anticipano di una frazione di secondo la sua affermazione.

- No – sospira quasi pesantemente, portandomi ad ipotizzare che si stia esibendo nel suo tipico broncio piccato che sfoggia ogniqualvolta qualcosa non va secondo i suoi piani – Io e Carter abbiamo idee diverse – continua corrucciata, causandomi un ghigno allieta.

Rido, giocando disattentamente con una ciocca dei miei capelli, arrotolandola intorno al mio indice per poi srotrolarla nuovamente, facendola tornare perfettamente liscia.

- Pensa che ha osato propormi gli anni settanta! - afferma ancora indignata, calcando volutamente sulla parola “osato” fino a renderla indisponente e scioccata, ricordandomi quanto poco le piaccia la moda di quel periodo – La mia idea di usare le maschere veneziane era molto più bella – continua convinta, assolutamente sicura e certa di ciò che sta dicendo, non vacillando assolutamente.

- Anche gli anni venti non sono male – le dico io, stringendomi appena tra le spalle mentre soppeso questa ipotesi, intrigante e di classe al tempo stesso.

- Non mi piace – ribatte prontamente lei, abolendo la mia idea e tagliando corto prima di chiedermi un favore – Potresti mica tirarmi su la zip, per cortesia? - mi domanda l'istante seguente, creando una forzata pausa nella nostra chiacchierata.

- Certo – acconsento all'istante, facendo leva sulle gambe e tirandomi in piedi l'istante seguente, alzandomi.

Con passi lenti e vagamente strascicati mi avvicino al camerino, che si schiude lievemente nel momento stesso in cui lo raggiungo.

La sua figura compare subito dinnanzi a me, le spalle coperte da delle maniche a tre quarti abbellite da alcune decorazioni avorio, sobrie e deliziose, che lo impreziosiscono.

Allungando le dita in avanti afferro il bordo della cerniera subito dopo, rimanendo momentaneamente chiusa in un lieve mutismo ed apprestandomi silenziosamente a tirarla su, serrandola accuratamente del tutto.

Intanto, la mia mente si perde fra i pensieri, incentrati in gran parte sull'organizzare il suo matrimonio. Solo dopo un attimo mi rendo conto che Sam non mi ha più raccontato nulla riguardo la proposta che le ha fatto Carter, lasciando la nostra discussione a metà.

È proprio questo, subito dopo, a portarmi a parlare in modo fluido e mellifluo.

- Comunque, non mi hai più raccontato nulla – le ricordo asciutta, alludendovi ed inarcando contemporaneamente un sopracciglio scuro mentre la fisso tramite lo specchio, alludendo chiaramente alle mancate chiacchiere, trovando questa situazione ideale per porvi rimedio.

Un po' a causa dei miei impegni lavorativi, infatti, e un po' a causa dei frenetici preparativi in cui mi ha coinvolta, non abbiamo avuto molto tempo per parlarne con calma e con tranquillità, finendo di fatto per spezzare inevitabilmente in più parti il discorso.

Lei comprende subito il mio riferimento, limitandosi momentaneamente ad affondare colpevolmente gli incisivi nel suo labbro inferiore, riservandomi un sorriso di scuse disarmante e dolce nel chiaro tentativo di rabbonirmi.

Non desistendo, tuttavia, persisto a fissarla saldamente adombrata, desiderosa di sapere ogni singolo particolare.

Intuendolo, lei espira debolmente, cedendo e apprestandosi a parlare nuovamente.

- Cosa vuoi sapere? - mi chiede cedevole, infatti, mentre io compio un passo indietro, lasciandola libera di sedersi sul piccolo sgabello nero ed imbottito presente all'interno dello spogliatoio per potersi infilare più agevolmente le scarpe.

Incrocio le braccia sotto al seno, la gonna del vestito che ondeggia appena intorno alle mie cosce nude a causa del piccolo movimento mentre lei agguanta un paio di decoltè di un argento spento e fievole, per nulla volgare o troppo esuberante.

- Saltiamo la parte della cena, quella la so – rido sibillina, compiendo un gesto vago con la mano mentre lei scuote ilare il capo, facendo smuovere i capelli – Voglio sapere tutto su come ti ha chiesto di sposarlo – mi impunto, soppesando distrattamente come, l'ultima volta che ne abbiamo parlato, ci fossimo fermate proprio qui.

Un'ombra di tenerezza mista ad un sentimento più forte e potente, le adombra subito dopo lo sguardo, rendendolo contemporaneamente più intenso e fragile, quasi come se stesse per soccombere sotto il peso delle emozioni mentre si perde per un attimo tra le memorie, ripensando evidentemente a quegli attimi.

Una espressione quasi beata e stralunata cala delicatamente sul suo volto mentre tra di noi scende un morbido di silenzio, una deliziosa quiete che ci avvolge tiepidamente.

E per un attimo mi ritrovo a chiedermi se anche io, quando parlo o penso ad Andrew, assumo questa smorfia, apparendo quasi imbambolata.

Il mio cuore accelera incomprensibilmente a questo dubbio, pompando più insistentemente il sangue nelle mie vene.

Sam, tuttavia, si riscuote subito dopo, schiudendo le labbra e riprendendo a parlare mentre infila il piede destro nella scarpa, interrompendo le mie soffici elucubrazioni.

- Mentre aspettavamo il dolce ha iniziato a farmi un discorso strano … era così nervoso – sorride teneramente, finendo la frase quasi tra se e se, mentre io la ascolto accuratamente, non perdendomi neanche il suo più piccolo mormorio, indietreggiando fino ad appoggiare i fianchi contro la parete specchiata – Ha cominciato a dirmi quanto io fossi importante per lui e come io l'abbia stregato fin dal primo momento nonostante io avessi puntato Andrew – ridacchia, osservandomi leggermente imbarazzata mentre io appaio tranquilla e a mio agio, per nulla toccata da questo fatto.

Simultaneamente, intanto, rammento perfettamente come, all'inizio, lei avesse preso una cotta per lui, esortandomi sfacciatamente a fare da intermediaria e ad invitarlo ad una festa organizzata praticamente di proposito.

Senza una ragione precisa mi ritrovo così a riflettere su come a volte la vita sia strana, come in alcuni casi viviamo momenti che poi si scoprono essere un inizio di un qualcosa di importante e non solo un banale e semplice giorno uguale a tutti gli altri.

Inspiro lentamente, annuendo appena mentre non dico nulla.

- E poi mi ha detto che voleva trascorrere ogni giorno con me – deglutisce a fatica, il tono che traballa pericolosamente sotto il peso di una commozione limpidamente intuibile mentre il suo sguardo diventa leggermente più lucido e liquido – E che quello doveva essere solo il primo giorno di una lunga serie – si illumina in viso, socchiudendo flebilmente le palpebre – Poi si è alzato e ha tirato fuori una piccola scatolina dalla tasca della giacca – continua con un piccolo sospiro, accorato – Puoi benissimo immaginare la mia espressione – ride, smorzando così l'atmosfera raddensata e corposa, facendomi sghignazzare leggermente mentre mi lancia uno sguardo di sottecchi, alludendo all'esuberanza che la coglie in queste situazioni.

Muovo su e giù il capo, potendo benissimo intuire lo sconcerto e lo stupore del momento, così forte da stordire.

- Carter, poi, si è inginocchiato vicino alla mia sedia – sussurra con aria quasi sognante, sbattendo leggermente le ciglia – E mi ha chiesto di sposarlo – conclude infine, stringendosi appena tra le spalle, arrossendo nuovamente.

Un po' emozionata dal suo racconto mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, soffiando le parole, i miei più sinceri pensieri che si concretizzano.

- Sono davvero felice per voi – le dico con un mormorio carico di amorevolezza e affetto, il cuore che pulsa leggermente più insistente nel mio petto sotto l'impeto della sincerità.

Ed è così. Sono estremamente contenta per loro.

Stendo le labbra nell'ennesimo sorriso della giornata, l'irrazionale bisogno di sentire Andrew che sorge inaspettato ed improvviso in me, portandomi quasi a fremere.

Corrugo appena la fronte, percependolo diventare quasi una necessità mentre lei mi adocchia serena e pacata, spezzando il momento intenso e il filone delle mie elucubrazioni con una battutina, riferendosi chiaramente al mio insistere per avere i particolari, scherzando e facendo tornare così una atmosfera leggera.

- Ora vuoi anche sapere come abbiamo festeggiato a casa? - ridacchia maliziosamente prendendomi bonariamente in giro, una sfumatura languida che impregna la sua voce, rendendola più affabile e melliflua mentre si riferisce chiaramente ai dettagli hot, infilandosi anche l'altra calzatura.

Avvampo leggermente, arrossendo mentre roteo gli occhi al cielo, gonfiando le guance in un sorriso un po' imbarazzato e un po' svagato, dissentendo.

- Posso immaginare – affermo risolutamente, alzando entrambe le mani quasi come per placare un suo probabile racconto.

Ed è proprio subito dopo, mentre lei scoppia a ridere di gusto e fragorosamente dinnanzi alla mia espressione, che mi rendo conto di come la sua vita stia prendendo una svolta, come stia intraprendendo una nuova strada.

Sospiro, sogghignando appena, mentre la guardo di sottecchi, considerando come non abbia assolutamente alcun timore di percorrerla.

Semplicemente, è pronta per il primo giorno di una nuova vita.



*****


- Bianco o rosso? -

Incuriosita e attirata da questo basso e indeciso mormorio mi volto subito alla mia destra, compiendo una piccola torsione sul posto, abbandonando le riflessioni incoerenti che affollano la mia mente, relegandole in un angolo remoto.

Scivolano semplicemente via, svanendo, mentre i miei capelli sciolti ondeggiano lievemente sulla mia schiena semi nuda, coperta velatamente ed in modo parziale dal semplice vestito smanicato lilla che indosso.

Al contrario della casta scollatura che presenta sulla parte anteriore, infatti, quella posteriore è costituita da uno scollo rotondo che arriva ben oltre le mie scapole, lasciandolo totalmente nude.

Mentre la mia pelle si vela leggermente di brividi a causa dell'aria condizionata, accapponandosi dolcemente, mi guardo brevemente intorno.

Le pareti di un rosa confetto, che non suscitano assolutamente il mio piacere, si scontrano all'istante con il mio sguardo attento e vagamente confuso, i numerosi scaffali neri e lucidi, pullulanti di articoli per capelli e bracciali, che lo adornano e che cozzano violentemente contro l'intonaco, creando uno strano mix di colori.

I faretti posti sul soffitto infondono intanto un intenso chiarore che li fa quasi risplendere, il soffuso chiacchiericcio delle altre persone che popolano il negozio che fa da sfondo al mio disorientato rimuginare mentre la gonna del mio abito sfiora debolmente le mie cosce nude, smuovendosi a causa del leggero movimento che ho compiuto.

Stringendo ancora tra le dita una fascetta per capelli di un blu sgargiante, decorato con delle sottili linee azzurre, mi ritrovo in seguito a fissare una minuta figura posta a qualche passo di distanza da me, i suoi grandi occhi nocciola che mi fissano insistentemente e leggermente dal basso a causa della differenza di altezza che ci divide.

Lizzie, infatti, aspetta pazientemente una mia risposta, rimanendo totalmente immobile e ammutolita mentre, dietro di lei, passa improvvisamente la commessa, intenta a servire frettolosamente altri clienti, appena entrati, la musica ritmata che vibra nell'aria e rende più frizzante l'ambiente.

Con i capelli scuri legati in due piccole trecce e fasciata unicamente da un paio di pantaloncini in jeans e una maglietta blu con dei disegni verdi astratti, mi mostra due cerchietti di diverso colore, facendoli sventolare lievemente dinnanzi a me nel tentativo precario di attirare la mia attenzione.

Sorridendole appena mi ci focalizzo, squadrandoli attentamente.

Quello bianco sfiora quasi una tonalità particolare di avorio, risultando incredibilmente semplice e lineare, per nulla lavorato e decorato mentre l'altro, al contrario, appare più allegro e sgargiante, impreziosito da alcuni brillantini che lo rendono più vivace e chic.

Cercando di rispondere esaustivamente al suo quesito esito momentaneamente, mordicchiandomi flebilmente il labbro inferiore mentre non ribatto nulla, facendomi pensierosa.

Arricciando interdetta il piccolo naso, lei mi richiama l'attimo dopo, insistendo impaziente e alzando appena il mento, fissandomi senza capire il motivo del mio silenzio mentre compie un passo in avanti, avvicinandosi a me.

- Emma? - mi pungola ancora debolmente, il tono che si incrina appena sotto il peso di una tenera eccitazione, apparendo quasi fremente.

Sospirando, mi decido, ribattendo prontamente l'attimo dopo.

- Rosso – decreto convinta, indicando il cerchietto con un gesto vago e distratto della mano, trovandolo più adatto per la sua età.

Sottolineando la mia frase, annuisco poi convinta subito, muovendo su e giù il capo e risultando di fatto decisa e determinata nella mia scelta.

Cosa che, invece, non sembra essere la bambina dal momento che si corruccia appena, aggrottando le sopracciglia e allontanando le iridi da me per puntarle nuovamente su di essi, adocchiandoli indecisa.

Con una impalpabile espressione dubbiosa a incrinarle i lineamenti, infatti, incassa appena la testa, lanciando una occhiatina un po' contrariata ad entrambi.

Il timore di averle consigliato l'opzione sbagliata o quantomeno quella meno desiderata mi attanaglia così all'istante, provocandomi una strana sensazione, un misto di agitazione e ansia, che mi colpisce come un pugno allo stomaco.

Deglutisco, cercando di riuscire a decifrare la sua reazione nel momento stesso in cui mi muovo, annullando i pochi centimetri che ci dividono mentre parlo ancora, muovendo lievemente le labbra.

- O, se no, potresti prenderli entrambi – le consiglio fermandomi vicino a lei e, di fatto, al fianco di uno dei tanti scaffali del Bijou, uno dei negozi preferiti dalle teenager di New York.

Lo stesso in cui mi ha praticamente trascinato non appena abbiamo messo piede nel centro commerciale, prendo un piccolo respiro.

Cedendo alle pressanti richieste, infatti, di Adam e Lizzie, affinchè li accompagnassi a comprare l'occorrente per il primo giorno di scuola, sono uscita con loro ed Andrew per fare shopping, approfittandone per prendere una pausa dai preparativi del matrimonio di Sam e, soprattutto, dal mio lavoro.

Ultimamente sempre più stressante, realizzo mentre una leggera smorfia campeggia sul mio viso, oscurandolo leggermente.

Inizialmente era stato un po' strano uscire con loro, un misto di disagio e benessere che si era insinuato languidamente dentro di me, stringendomi in una stretta sottile e stringente che mi aveva tormentato per una manciata di minuti, nonostante questa non sia decisamente la prima volta.

Nel corso di questi mesi, difatti, è capitato più volte di fare qualche uscita tutti insieme, per andare allo zoo o anche solo per fare un giro al parco la domenica pomeriggio.

Forse è il fatto di andare a fare la spesa con loro, mi dico dopo un attimo di riflessione, rendendomi conto che questa semplice azione quotidiana rende il tutto ancora più famigliare e intimo, quasi come se fossimo davvero una famiglia tradizionale a tutti gli effetti.

Fortunatamente, tuttavia, le mie elucubrazioni vengono frantumate l'attimo seguente proprio da Lizzie, che mi richiama inevitabilmente alla realtà, le mie iridi che tornano a focalizzarsi su di lei, diventando meno vacue e assenti.

Piegando appena il viso nel tentativo di guardarla più agevolmente in faccia, noto unicamente ora l'ampio e smagliante sorriso in cui si sta esibendo, facendomi di conseguenza tirare un flebile sospiro di sollievo.

- Staranno benissimo con la divisa – afferma gaia l'attimo dopo, visibilmente entusiasta della mia idea di comprare entrambi i cerchietti.

Alzando il mento quel tanto che basta per specchiarsi nei miei occhi, si stringe contenta poi tra le braccia, illuminandosi in volto ed apparendo incredibilmente allegra e vispa.

Ed io non posso che esserne felice, considero silenziosamente, limitandomi momentaneamente a ridacchiare appena.

- E quale metterai il primo giorno di scuola? - le chiedo realmente interessata, curiosa di saperlo mentre alludo all'imminente inizio della scuola, che avverrà esattamente la prossima settimana.

Non riuscendo a trattenermi e a reprimere il moto di amorevolezza e tenerezza che intanto si sta agitando dentro di me allungo poi le dita nella sua direzione, vezzeggiandola con una fugace carezza sul capo, leggera e dolce.

- Mmm credo quello rosso – mi dice dopo un attimo di esitazione, soppesando probabilmente entrambe le possibilità.

Ghignando al suo indirizzo muovo ancora il capo, acconsentendo.

Tuttavia, prima ancora che io possa dire qualcosa in risposta o anche solo pensare di farlo, veniamo bruscamente interrotte.

Una voce acuta e più alta del normale di una ottava, infatti, mi richiama veementemente, sovrastando con facilità il brusio di sottofondo e risultando quasi impaziente, come se non riuscisse praticamente a trattenersi.

- Emma! -

Incuriosita e sentendomi all'improvviso chiamata in causa, mi volto all'istante con una piccola torsione sul posto, indirizzando, simultaneamente, lo sguardo scuro e confuso verso l'entrata del negozio, le sopracciglia appena aggrottate che lo accompagnano placidamente facendomi apparire quasi disorientata.

La maschera di confusione e stordimento che mi aleggia in faccia, si frantuma, però, l'attimo seguente, non appena le mie pupille disattente incontrano due figure che conoscono fin troppo bene, i loro profili che appaiono incredibilmente famigliari e noti.

Ed il mio cuore perde irrazionalmente un battito, pompando più insistentemente il sangue nelle vene.

Mi ritrovo così a sorridere ampiamente quasi ancora prima di rendermene conto, illuminandomi, mentre anche Lizzie, immobile al mio fianco, si gira in quella direzione, fissando suo fratello e suo zio.

Andrew, a un paio di passi di distanza da noi, infatti, compare sulla soglia in una frazione di secondo, la schiena dritta e la postura elegante che lo rendono terribilmente affascinante, provocandomi una fitta di desiderio insopprimibile e spontanea.

Nasce quasi dal profondo, sconvolgendomi interiormente senza lasciarmi scampo.

Le sue iridi trasparenti, rese ancora più azzurre dalla polo celeste che indossa e che gli fascia perfettamente le spalle, scivolano sui miei lineamenti in una silenziosa e frettolosa carezza, trovando le mie l'istante seguente, legandosi ad esse in un gioco complice e carico di sintonia, intenso, che mi destabilizza.

Esattamente come accade puntualmente ogni volta, nonostante ormai siano passati vari mesi.

Inspiro una boccata di ossigeno, facendolo scivolare nei miei polmoni mentre gonfio il petto, nascondendo la mia smorfia quasi inebetita tra la mia chioma sciolta, riuscendola a celare unicamente parzialmente.

Delle petulanti palpitazioni intanto mi rende quasi irrequieta, un senso di sottile frenesia e farfalle nello stomaco che mi tormentano piacevolmente, arrossandomi debolmente le guance.

Sogghignando sbiecamente, un solo lato della bocca curvato al in su che lo rende incredibilmente malizioso e sbarazzino, mi fissa, persistendo nel tenere in braccio Adam, che si dimena leggermente.

Notandolo solo con un attimo di ritardo ed esitazione, realizzo che è stato proprio lui a chiamarmi unicamente qualche istante fa, attirando debolmente la mia attenzione.

Cercando faticosamente di non farmi risucchiare dalle emozioni e dai consueti pensieri che mi affollano la testa ogni qualvolta lui è nei paraggi mi concentro sul bimbo, guardandolo e causando la sua espressione quasi disarmata.

- Ei – mormoro come saluto, inclinando appena il volto mentre lo adocchio amorevolmente, realmente contenta di vederli.

Adam, in tutta risposta, si esibisce in un sorrisetto più ampio, lanciandomi una occhiatina di sottecchi diretta e carica di adorazione, stringendosi tra le piccole spalle fasciate da una maglietta a mezze maniche che mette in risalto la sua carnagione chiara.

Intanto, Andrew compie una falcata in avanti, avvicinandosi a noi e portandomi a incassare il capo nel notare come non abbiano con se alcun sacchetto nonostante li avessi lasciati in un negozio per bambini, intenti a scegliere degli indumenti per Adam.

- Non avete preso nulla? - gli domando stringendomi appena tra le braccia, alludendo al giro che hanno fatto da Uniqlo, un negozio di abbigliamento per bambini.

Inarco contemporaneamente un sopracciglio mentre Andrew scuote vigorosamente il capo, soffermandosi al mio fianco con un pesante sospiro, quasi affranto.

Dissentendo, difatti, rotea simultaneamente lo sguardo al cielo, esibendosi in un piccolo sbuffo che mi strappa un debole sorriso mentre si appresta a ribattere.

- No, qualcuno doveva a tutti i costi aspettarti – bofonchia imbronciato, espirando di nuovo pesantemente mentre si riferisce chiaramente ad Adam, facendomi ridere di gusto.

Una risata corposa, infatti, mi solca in modo cristallino le labbra, portandomi a socchiudere le palpebre sotto l'impeto del divertimento.

Quasi cogliendo la battutina di suo zio, lui si indispettisce, inquietandosi con più impeto e veemenza, tentando probabilmente di rimettere i piedi per terra.

- Voglio scendere – borbotta infatti in modo autoritario, arricciando la bocca in un piccolo broncio incredibilmente tenero e carino, le sue guance rosate che si gonfiano appena mentre una ciocca di capelli biondi gli solletica velatamente la fronte, intaccandola – Ormai sono grande, zio – gli ricorda con fare cocciuto e quasi orgoglioso, alzando appena il mento per guardarlo più agevolmente in viso, rivolgendogli una occhiatina di sottecchi incalzante.

Affondando gli incisivi nel mio labbro inferiore per trattenere una violenta ondata di ilarità, li osservo fissarsi di rimando a lungo.

Mentre Lizzie continua ad scrutare elastici per capelli e cerchietti, intanto, Andrew sghignazza appena, rallegrato anche lui dal suo modo vanitoso e testardo di atteggiarsi da adulto.

Tuttavia, non ribatte nulla, abbassandosi leggermente per permettergli di farlo scendere, i suoi piccoli piedi fasciati da delle bianche scarpe da ginnastica che si posano sul parquet chiaro nel momento stesso in cui Andrew si raddrizza nuovamente.

Quasi fremente, lui non esita un secondo ad avvicinarsi velocemente a me, guardandomi soddisfatto e compiaciuto dal basso, arricciando appena il piccolo naso mentre mi specchio nel suo sguardo limpido, appena ingrigito quest'oggi.

Ghignando, allungo una mano in avanti l'attimo seguente, un gesto irrazionale che non riesco a frenare, sentendo quasi la necessità di coccolarlo e toccarlo.

Un qualcosa di insolito che in questi ultimi tempi è diventata una piacevole consuetudine, considero distrattamente con un pensiero veloce, non soffermandovici più di tanto.

Gli riservo così una dolce carezza, le mie dita che si insinuano flebilmente ed in modo lento tra le ciocche del suo ciuffo, scoprendolo leggermente umido di sudore.

Probabilmente si è agitato, realizzo dopo un attimo di silenzio, ricordando come diventa esagitato e irrequieto quando è elettrizzato per qualcosa.

E, decisamente, lui adora uscire con noi, una cosa apparentemente semplice che lo stuzzica incredibilmente.

Goduto, Adam socchiude leggermente gli occhi, una smorfia appagata che distende i suoi tratti rendendolo quasi sornione.

- Sai che sono cresciuto di cinque centimetri?- mi dice, tuttavia, allegramente subito dopo, muovendosi leggermente sotto i miei vezzeggiamenti senza smettere neanche per un attimo di guardarmi incuriosito e adorante, indicandomi il numero con le dita – La commessa del negozio mi ha misurato – mi rivela in modo quasi intimo, come se questa fosse una rivelazione confidenziale, risultando convinto e quasi orgoglioso di questo fatto.

Portandomi a sorridere flebilmente annuisco, considerando come in effetti sia vero.

È cresciuto molto in questi mesi, quasi a vista d'occhio. E non solo fisicamente, mi ricorda una vocina dolce e petulante allo stesso tempo dentro di me, portandomi a considerare come anche il suo modo di porsi nei miei confronti sia mutato, diventando più aperto.

La sua adorazione verso di me, infatti, lentamente si è tramutata in un affetto più solido e quasi necessario, portandolo a cercarmi o a voler sentire la mia voce nei momenti in cui Andrew mi chiamava in loro presenza per il solo gusto di farlo.

In qualche modo, il suo atteggiamento è diventato più estroverso e sicuro, meno imbarazzo o timido. Non fa più fatica, difatti, a chiedermi le cose o ciò che vuole, risultando determinato e calmo.

Un sorrisino spontaneo mi inclina le labbra nel constatare come, in effetti, entrambi i bambini si pongano ora in modo differente dall'inizio, affettuoso e amorevole, chiedendomi spesso consiglio o ricercando semplicemente una figura di supporto.

E tutto questo non può che farmi enormemente piacere, realizzo debolmente mentre Andrew dice un qualcosa che le mie orecchie non sentono realmente, il cervello focalizzato su tutt'altro, su come anche io sia un po' cambiata nell'approcciarmi a loro.

Mi sento meno titubante e impacciata, maggiormente a mio agio in loro compagnia anche senza la confortate presenza di Andrew.

Qualche volta, infatti, in queste ultime settimane, è capitato abbastanza di frequente che io rimanessi da sola con loro, soprattutto quando lui aveva il turno di notte.

Tuttavia, il mio rimuginare, nuovamente viene interrotto una manciata di secondi dopo dal momento che il bambino si aggrappa quasi a me, strattonandomi leggermente il polso nel tentativo di richiamare la mia attenzione.

- Mi accompagni a comprare l'astuccio e i quaderni? - mi domanda infatti, aspettando pazientemente una mia risposta, apparendo eccitato.

Senza indugiare annuisco, ribattendo una manciata di secondi dopo.

- Certamente – affermo piacevolmente deliziata dal fatto che me l'abbia chiesto.

Contento della mia risposta lui fa scivolare all'istante la sua piccola mano nella mia, i nostri palmi che entrano in contatto mentre aumenta simultaneamente la presa su di me, rendendola quasi spasmodica e più forte.

Senza poi degnare praticamente la sorella o Andrew di uno sguardo compie un passo in avanti, pronto a dirigersi verso la cartoleria e trascinandomi di conseguenza verso l'uscita del negozio mentre un ampio sogghigno gli gonfia le guance, rendendolo visto e allegro.

Tuttavia, un celere pensiero mi attraversa la mente, spingendomi a voltarmi repentinamente verso la bambina, rallentando inevitabilmente la sua camminata.

Ferma ed immobile, lei mi guarda silenziosamente un po' interdetta, portandomi a dubitare sibillinamente del fatto che potrebbe rimanerci male.

Ed è proprio questo a spronarmi a parlare l'attimo dopo, rendendomi leggermente nervosa.

- Tesoro devi prendere altro? - le chiedo infatti morbidamente, premurandomi di farle un torto andando con il fratello.

Lei scuote il capo in segno di diniego, stendendo le labbra in un labile sorriso che mi rassicura, rendendomi più serena.

- Ci penso io – si intromette dolcemente Andrew, lanciando uno sguardo di sottecchi alla nipote, rabbonendomi teneramente – Paghiamo e vi raggiungiamo subito – mi dice ancora, tentando probabilmente di convincermi del tutto mentre Adam scalpita, dimenandosi al mio fianco.

- Si – soffio in risposta, guardandoli per un'ultima volta prima di voltarmi, seguendo il bimbo verso l'uscita.

Senza dire momentaneamente nulla, usciamo dal negozio l'istante seguente, l'ampio corridoio centrale del secondo piano del centro commerciale che si apre davanti a noi, una sfilza di boutique che lo costeggiano.

Al centro, invece, ad intervalli cadenzati sono presenti alcune panchine in metallo grigio, ora in gran parte occupate mentre una luce intensa proviene dal soffitto, totalmente costituito alcune vetrate che permettono di intravedere il cielo azzurro, privo di alcuna nuvola.

- E' lì la cartoleria – mi dice di punto in bianco Adam, indicandomela con l'indice, puntato in un una direzione indistinta alla nostra sinistra mentre continuiamo a camminare tranquillamente.

In pochi passi la raggiungiamo velocemente, le porte in cristallo trasparente e a scorrimento che si aprono all'istante, un ambiente vasto e squadrato che si apre immediatamente davanti a noi.

Delle pareti color carta da zucchero ci accolgono confortevoli all'istante, in parte ricoperte da alcuni alti scaffali in legno scuri ricolmi di quaderni, penne e di vari tipi di oggetti da cancelleria delle più svariate tonalità, il tipico odore della carta che mi stuzzica l'olfatto.

Esattamente sul muro più corto, parallelo all'entrata, invece, è presente un lungo e lucido bancone, la cassa nera che è circondata da vari portapenne e scatole di evidenziatori che attira irrazionalmente la mia attenzione, portandomi a fissarli.

- Salve – mormoro educatamente subito dopo, accorgendomi solo con un attimo di ritardo del commesso, intento a sistemare alcuni raccoglitori poco lontano da noi, che ci squadra in modo diffidente, facendomi quasi sentire in soggezione

Sulla cinquantina e con dei capelli brizzolati ad incorniciare un viso squadrato dai lineamenti duri, ricambia all'istante, proprio mentre Adam si protende in avanti, allentando la presa sulla mia mano fino a farla svanire del tutto, privandomene.

Si dirige, infatti, celermente verso l'angolo dedicato agli astucci, spingendomi a seguirlo con un sospiro flebilmente, non volendolo perdere di vista neanche per un mentre un dolce silenzio ci circonda placidamente.

Arricciando pensierosamente il labbro inferiore si mette quasi sulle punte dei piedi per sbirciare il secondo piano dello scaffale centrale, visibilmente più alto di lui.

A questa visione un sorriso divertito e al tempo stesso carico di tenerezza mi coglie, una morsa di bollente amorevolezza che mi stritola tra le sue spire mentre Adam appare incredibilmente delizioso.

Senza esitare mi abbasso subito dopo, piegando appena le gambe mentre allungo entrambe le mani verso di lui, appoggiandole sul suo piccolo torace, il morbido cotone della sua maglietta che mi solletica i polpastrelli.

Persistendo a non proferire parola e non lasciandogli praticamene il tempo di protestare o cogliere il mio movimento repentino, lo prendo di slancio in braccio l'istante seguente, sollevandolo con un leggero sforzo.

Istintivamente, lui passa un braccio intorno al mio collo per non perdere l'equilibrio, aggrappandosi a me e stringendomi debolmente, potendo ora adocchiare gli astucci con più semplicità.

Il suo odore mi in veste intanto in pieno, solleticandomi appena le narici, un profumo delicato e buono al tempo stesso mentre lui mi ringrazia gentilmente.

- Grazie – afferma, infatti, il tono ridotto a poco più di un mormorio, così basso da risultare impalpabile.

Tuttavia, è ben altro subito dopo ad attirare il mio interesse, delle immagini di pinguini stampati su uno sfondo rosso che mi fanno quasi scoppiare istintivamente a ridere sotto l'impeto di una ondata vigorosa di gioia e allegria, i ricordi della giornata passata con Andrew allo zoo che riemergono facilmente dalla mia memoria.

- Bello quello con i pinguini di Madagascar – gli dico subito, indicandogli l'oggetto della mia attenzione con un cenno del capo e portandolo di conseguenza a inclinare la testa in quella direzione, occupando parzialmente il mio campo visivo.

Muovendosi leggermente su di me, rischiando di farmi perdere l'equilibrio e portandomi spontaneamente a inarcare appena la schiena, lui si sistema meglio, ribattendo.

- Preferisco quello di Cars – soffia, rivolgendomi poi una leggera occhiata di scuse, quasi avesse il premuroso timore di ferirmi o offendermi – Ti piacciono i pinguini? - mi chiede subito dopo, corrucciando appena le sopracciglia mentre tenta di comprendere i miei gusti.

Cosa che provoca una istantanea stretta al mio cuore, disarmandomi totalmente, destabilizzandomi.

Non riuscendo nuovamente a frenarmi lo coccolo ancora, appoggiando le labbra sui suoi capelli per depositarvi un bacio, rispondendogli dopo qualche istante.

-Moltissimo – sorrido, non essendo praticamente in grado di non pensare a quel pomeriggio passato in sua compagnia, quando ancora le cose tra di noi non erano definite - E' molto carino anche quello di Cars, comunque – gli dico l'attimo seguente, sbirciando oltre il suo piccolo corpicino per studiarlo meglio.

Soddisfatto dalla mia affermazione, Adam sogghigna, protendendosi leggermente in avanti nel tentativo di agguantarlo con la punta delle dita.

Intuendolo, compio allora un passo avanti, rendendogli più agevole il gesto.

È, tuttavia, nel medesimo momento in cui le sue piccole dita afferrano l'astuccio blu scuro su cui sono raffigurati i personaggi principali del cartone animato che un sussurro divertito e smaliziato mi raggiunge, facendomi quasi sobbalzare.

- Non eri troppo grande ormai per essere preso in braccio? - mormora Andrew, riferendosi al nipote, stuzzicandolo giocosamente e portandomi irrazionalmente a voltarmi velocemente verso di lui mentre Adam sbarra appena le palpebre, fissandolo di sbieco.

Non riuscendo ad esimermi dal ghignare, gli lancio un'occhiataccia mentre il bambino si limita a fare spallucce, non curandosi quasi orgogliosamente del commento dello zio.

Visibilmente divertito Andrew, a pochi centimetri di distanza da me, ci raggiunge velocemente mentre con la coda dell'occhio noto Lizzie aggirarsi incuriosita tra gli scaffali.

In ogni caso, non ho praticamente il tempo di dire nulla in risposta dal momento che lui parla ancora, rivolgendosi direttamente al bimbo.

- Perchè non aiuti tua sorella a scegliere i quaderni? - gli propone, indicandola con un cenno del capo mentre Adam aggrotta appena la fronte, non troppo contento.

Tuttavia, non protesta, limitandosi ad annuire debolmente.

Senza esitare, allora, fletto appena le gambe, abbassandomi quel tanto che basta per permettergli di riappoggiare i piedi per terra, consentendogli di scendere.

Ammutolito, lui sgambetta poi lontano da noi, dirigendosi verso Lizzie.

Chiusa momentaneamente nel mio mutismo incrocio le braccia sotto il seno, prendendo un respiro profondo mentre Adrew lo segue con lo sguardo, risultando incredibilmente protettivo.

A questa considerazione una fitta di amore mi perfora in modo più tagliente e sincero, causandomi un subbuglio di emozioni ingestibili.

Tentando di governarle mi giro nuovamente verso il ripiano l'attimo dopo, cercando qualcosa di carino da poter regalare ai bambini per il loro primo giorno a scuola. Il primo in cui sarò presente anche io, sospiro.

Perplessa e un po' distratta, faccio allora scivolare le mie iridi su alcuni blocchi di fogli da disegno, ricordando quanto Lizzie ami disegnare mentre né io né lui diciamo assolutamente nulla.

Soppesando l'idea di comprarglielo mi mordo appena le labbra, confusa e dubbiosa.

Tuttavia, due braccia calde scivolano intorno alla mia vita l'attimo seguente, facendomi irrigidire irrazionalmente, una punta di paura che mi fa mancare un battito mentre sbarro le palpebre.

- Ti stai annoiando? - mi domanda subito dopo Andrew, la sua voce calda che giunge incredibilmente vicina mentre rilasso la schiena contro di lui, facendola aderire contro il suo petto tonico e muscoloso, sciogliendo la postura contratta.

Stupita da questo suo quesito senza senso aggrotto la fronte, chiedendomi simultaneamente come possa anche solo pensare una cosa simile, decisamente improbabile.

Scuoto il capo, rispondendo.

- No, per niente – affermo prontamente, scoprendo appena il collo mentre godo mutamente della sua vicinanza, sentendomi serena e bene - Anzi – aggiungo ancora.

Lui non dice null'altro, aumentando appena la morsa intorno a me mentre appoggia il mento sulla mia spalla seminuda, portandomi a deglutire a fatica.

Il desiderio mai sopito, infatti, che ho di lui, si agita più forte e intensamente dentro di me, un lieve formicolio al bassoventre che mi tormenta flebilmente.

La quiete, però, viene spezzata nuovamente dal suo tono l'attimo seguente

- I bambini mi hanno chiesto se lunedì li accompagni a scuola – mi sussurra di punto in bianco all'orecchio Andrew, appoggiando la mano sul mio fianco mentre rimane dietro di me, la voce così bassa da risultare quasi inudibile.

Il calore del suo tocco, intanto, mi accappona la pelle, raggiungendomi nonostante il leggero strato di stoffa del mio vestito.

Una ondata di amorevole e morbido piacere mi travolge all'istante mentre il suo respiro mi solletica, insinuandosi tra i miei capelli mentre mi sento quasi lusingata da questa proposta inaspettato, che manifesta appieno l'affetto che provano Lizzie ed Adam nei miei confronti.

Interpretando il mio momentaneo silenzio quasi come imbarazzo lui parla ancora, affrettandosi a soffiare tra i denti le parole.

- Ovviamente, solo se ti fa piacere – aggiunge dopo un attimo di esitazione, non smettendo neanche per un istante di stringermi a se.

Con le guance arrossate e bollenti inclino appena il capo, quel tanto che basta per guardarlo agevolmente in faccia senza sciogliere il goffo e inconsueto abbraccio in cui siamo stretti.

- Certo che mi fa piacere – ribatto prontamente io, gli occhi che brillano appena di emozione mentre li lego ai suoi, specchiandomici – Lo faccio molto volentieri – ammetto, dando libero sfogo a tutte le sensazioni che mi attanagliano, permettendogli di intuirle facilmente.

Contento e compiaciuto, Andrew mi sorride di rimando, guardandomi per una frazione di secondo in modo adorante e ardente prima di protendersi verso di me, appoggiando delicatamente le labbra sul mio zigomo.

Ed è proprio mentre me lo godo che mi rendo conto di come io sia sempre più parte della sua quotidianità e della sua vita e di quella dei suoi nipoti.

Il mio cuore pulsa più forte, sbattendo veementemente nella mia cassa toracica e pompando più velocemente il sangue nelle mie vene mentre le risate divertite e ilari dei bambini mi raggiungono, intramezzate dalle discussioni riguardo il loro primo giorno di scuola.

Sospiro lentamente, realizzando come, quest'anno, farò parte anche io del loro primo giorno, un istante importante che si incastra perfettamente con tutti quelli che abbiamo già condiviso.

E non potrei esserne più felice.


*****


*****






- Nei giorni importanti si vogliono vicino le persone importanti –

Andrew, con voce ferma e limpida, unicamente appena incrinata da una punta di emozione che la fa tremolare in modo così impercettibile da risultare impalpabile, mormora queste semplici parole, dando inizio al suo discorso mentre gli occhi chiari risultano appena lucidi.

E probabilmente sono anche l'unica ad accorgermene, mi dico distrattamente l'attimo seguente, rendendomi simultaneamente conto di come io, ormai, lo conosca a tal punto da saper distinguere agevolmente ogni sua più piccola sfumatura.

Le sue iridi, infatti, risultano trasparenti ed incredibilmente azzurre, illuminate da una punta di contenta soddisfazione che mi stringe il cuore, un velo di imperscrutabilità che riserva solo agli altri.

Gli rivolgo una lunga occhiata, scrutandolo attentamente mentre sospiro flebilmente, soffiando l'aria tra i denti mentre appoggio pacatamente le mani in grembo, la tovaglia candida che sfiora appena le mie gambe semi nude.

Quasi pensierosamente percepisco mia madre borbottare qualcosa alle mie spalle, seduta tra me e mio padre, mentre appoggia le dita sullo schienale della mia sedia, stringendolo appena.

Intanto, un silenzio quasi rigoroso cala velocemente nella stanza in un millesimo di secondo, le sue pareti di un delicato blu che non fanno che acutizzarlo.

Anche gli elementi dell'orchestra, posta su un piccolo palco dietro di me, sul lato più corto della stanza, hanno improvvisamente smesso di suonare al cenno di Andrew che, con il chiaro intento di tenere un discorso, si è alzato.

In piedi, infatti, davanti alla posizione di capotavola del nostro tavolo rettangolare, appare rilassato e serio al tempo stesso, le labbra strette leggermente nel tentativo di umettarsele debolmente mentre nella mano destra stringe un flute di champagne, lo stesso che è posto dinnanzi ad ogni commensale di ogni tavolo.

Inspiro lentamente, le mie pupille che scivolano sui suoi lineamenti distesi mentre un elegantissimo completo nero lo fascia alla perfezione, una cravatta dello stesso medesimo colore che stringe il colletto di una immacolata camicia bianca, rendendolo incredibilmente affascinante.

Una punta di desiderio a questo pensiero mi trafigge, portandomi a considerare come, paradossalmente, più io lo guardi e più mi senta attratta da lui, una sorta di parabola ascendente che non termina mai.

Quasi come richiamato dall'intensità dei miei pensieri, tuttavia, lui abbassa appena lo sguardo l'attimo seguente, richiamandomi di conseguenza dalla mia stasi mentre la piccola pausa che fa, che in realtà dura solo qualche secondo, dilata a dismisura la mia percezione dello scorrere del tempo, rallentandolo.

Arrossendo debolmente avvampo , un pacato rossore che mi vela le guance nel momento stesso in cui lo inclino, i capelli sciolti e perfettamente lisci che scivolano appena via dalla mia spalla, accarezzandola con un vezzeggiamento involontario.

Lui, però, riprende a parlare subito dopo, un sentimento indistinto che lo spinge a inclinare la bocca carnosa in un pallido sorriso prima ancora che le frasi vi fuoriescano.

- Ed io sono davvero felice di poter condividere questo momento con voi – soffia ancora con affabile sicurezza, indicando con un semplice gesto i numerosi tavoli rotondi che ci circondano, riempiendo quasi totalmente la camera, ampia e spaziosa, mentre il liquido ambrato nel bicchiere ondeggia appena a causa di questo movimento istintivo.

È nel momento stesso in cui inspiro una profonda boccata d'aria che lui si gira, tornando a fissare, invece, il nostro tavolo, dalla forma rettangolare e occupato interamente dalla sua famiglia, da me e dai miei genitori.

Chiedendomi come continuerà il suo discorso, incredibilmente simile ad un monologo, con la coda dell'occhio, simultaneamente, intravedo il padre di Andrew, seduto dal lato opposto al mio, fissare compiaciuto e visibilmente soddisfatto il figlio, quasi orgoglioso, cosa che mi causa una sonora e istantanea fitta di piacere.

Dopo tutti i problemi che hanno avuto e l'impegno che hanno investito per sistemare il loro rapporto, ritrovando un faticoso equilibrio, ne sono davvero felice

- E con le persone che amo – continua, il tono che si addolcisce impercettibilmente mentre mi sfiora limpidamente ed in modo invisibile, causando il mio ampio e luminoso sorriso.

Lo stesso che non sono in grado di trattenere, lasciandolo libero di esplodere, esattamente come le mie palpitazioni.

Una violenta tachicardia mi scuote, infatti, vigorosamente, portando il mio petto ad alzarsi ed abbassarsi freneticamente ed in modo aritmico, premendo il mio seno con la scollatura squadrata del tubino blu scuro ed aderente che indosso.

Deglutisco, sentendomi fremente ed agitata, mentre lievemente irrequieta mi muovo appena sulla sedia dallo schienale dalla linea moderna e curvilinea, stringendomi debolmente tra le spalle e accavallando subito dopo le gambe.

Il momento sentimentale, tuttavia, scivola via l'attimo seguente, quando Andrew torna a rivolgersi a tutti gli altri invitati, lasciando però intatto il mio sconvolgimento interiore ed emotivo.

- Oggi nasce ufficialmente l'ospedale oncologico volto a supportare i malati e le famiglie – mormora dopo un attimo di esitazione, quasi di punto in bianco, un prevedibile magone che gli stringe la gola, portandolo quasi ad attendere un istante prima di continuare a parlare mentre allude limpidamente a ciò che la sua associazione fa.

Un moto di tenera amorevolezza a questa constatazione mi travolge come un fiume in piena mentre, contemporaneamente, mi sento anche molto intenerita, ben consapevole di quanto lui ci tenga.

In questi mesi, dopo lo scandalo del New York Times e i finanziamenti fornitegli dal padre, Andrew ha lavorato sodo, seguendo assiduamente i lavori e portando avanti simultaneamente tutti i progetti destinati a raccogliere altri fondi, destinati a garantirgli una certa solidità futura.

Un fragoroso applauso, tuttavia, spezza in tronco il silenzio l'attimo dopo, frantumandolo e vibrando nell'aria, spazzando momentaneamente via ogni mia più piccola riflessione.

Senza indugiare, mi ci unisco l'attimo dopo, battendo le mani mentre Andrew, quasi imbarazzato ed intimidito, abbassa appena il capo, le dita che si stringono maggiormente intorno allo stelo del flute e che mi fanno intuire come, in questo momento, il suo stato d'animo sia contrastante.

Nonostante non possa dedurlo con certezza, infatti, sono abbastanza certa che alla contentezza gioiosa dovuta a questo importante traguardo si stia mischiando anche una punta di triste melanconia, dovuta al pensiero del fratello.

Sorprendendomi, però, lui rialza fieramente lo sguardo l'attimo seguente, proprio quando il consenso degli invitati, costituiti in gran parte da medici e politici, si esaurisce gradualmente fino a svanire del tutto, dissolvendosi come una bolla di sapone al sole.

- Quindi vi ringrazio per l'impegno dimostrato alla causa, sia economico che sotto forma di tempo – conclude infine lui, sogghignando debolmente mentre alza simultaneamente il calice a mezz'aria in un muto brindisi – Grazie davvero – conclude, ripetendo e sottolineando quasi il concetto, stringendosi appena tra le braccia.

Un altro, nuovo applauso si leva all'istante, più intenso e concitato del precedente mentre un risolino eccitato spezza quasi l'atmosfera densa creatasi, portando sia me che Andrew, irrazionalmente, a voltarci alla mia destra.

Adam, vestito di tutto punto con una piccola giacchetta nera e una camicia bianca appuntata da un piccolo farfallino colorato, ridacchia divertito ed esaltato, quasi come se il monologo di suo zio lo avesse particolarmente entusiasmato.

Un istintivo e dolce ghigno stende i miei lineamenti l'attimo seguente, i suoi grandi occhi azzurri illuminati da una scintilla di gioia e allegria che lo rendono particolarmente carino.

Io ed Andrew ci scambiamo una complice occhiata di sottecchi, sorridendo di questo suo atteggiamento esuberante, in netta contrapposizione a quello di Lizzie, compostamente seduta con la schiena diritta, l'abito color pesca che le conferisce un'aria quasi elegante.

Mi riscuoto, però, faticosamente l'attimo dopo, sporgendomi leggermente in avanti, quel tanto che basta per afferrare con la punta delle dita il bicchiere in cristallo, rispondendo al suo brindisi con un movimento uguale e speculare, le altre persone che mi imitano facendo lo stesso.

La mia occhiata sfiora in seguito quella di Andrew l'attimo seguente, proprio quando lui si siede mentre l'orchestra riprende a suonare, le note che produce che risuonano nell'ambiente.

Gli sorrido, lanciandogli una occhiatina complice e intima da sopra il bicchiere mentre le mie labbra, premute contro il cristallo del flute, si curvano al in su.

Il sentimento forte, fortissimo, che provo per lui scalpita più forte dentro di me nel medesimo istante in cui inclina appena il viso di lato, una ciocca di capelli biondi che gli sfiora la fronte mentre il mio cuore pulsa più intensamente, pompando celermente il sangue nelle vene.
Sospiro flebilmente mentre un guizzo nelle sue iridi mi provoca un brivido portandomi a stringermi debolmente tra le spalle mentre lui posa il bicchiere sul tavolo, increspando appena la tovaglia immacolata.

- Bel discorso - affermo con un dolce ghigno ad illuminarmi in faccia, non riuscendo a trattenerlo, realmente convinta delle mie parole.

Un po' orgogliosa e un po' contenta mi trattengo dal toccarlo nonostante il pressante bisogno di farlo si insinui voracemente dentro di me, non volendo assolutamente metterlo a disagio o in imbarazzo.

Dilettato dal mio goffo complimento Andrew ridacchia, socchiudendo appena le palpebra sotto l'impeto delle risa, non trattenendosi mentre ribatte maliziosamente.
- Grazie, Cornelia - soffia mellifluo, muovendo appena la bocca mentre mi punzecchia volutamente, chiamandomi sfacciatamente con il mio secondo nome.
Avvampo furiosamente, arrossendo deliziosamente mentre simultaneamente realizzo quanto lui si diverta ancora a prendermi in giro dopo questi mesi.

Con le guance leggermente gonfie a causa di un finto sbuffo offeso gli lancio una mezza occhiataccia torva che non sminuisce affatto la sua ilaritá.

Tuttavia, il momento viene interrotto bruscamente l'istante seguente, prima ancora che io possa ribattere o dire anche solo qualcosa.

Il senatore Jackson, un uomo sulla sessantina pelato e con dei folti baffi neri che gli conferiscono un'aria quasi accademica e severa, infatti, si avvicina a noi, fasciato dal suo completo grigio scuro che accentua questo suo modo di porsi, che contrasta nettamente con i suoi modi gentili e pacati.

Con un gesto semplice e celere allunga una mano, appoggiandola sulla sua spalla nel momento stesso in cui lo richiama, parlando.

- Andrew mi dispiace interrompervi, ma potresti un attimo raggiungerci al tavolo? - gli domanda mellifluo, riservandomi una breve e bonaria occhiatina di sottecchi mentre lo indica con un cenno del capo nel momento stesso in cui io lo saluto con un gesto muto della mano.

Portandolo di conseguenza ad alzare il viso nella sua direzione, lui lo fissa mentre anche io lo faccio, aggrottando leggermente la fronte nel tentativo di capire a cosa si stia riferendo.
I miei dubbi, però, si sgretolano subito dopo, non appena l'uomo si spiega più nitidamente, allontanando la mia momentanea e sibillina confusione.

-Ti vorrei presentare alcune persone - continua allusivo, difatti, sorridendo appena e riservandogli una bonaria e leggera pacca, tradendo di fatto una certa confidenza.
In questi ultimi mesi il senatore ha dimostrato particolare interesse per il progetto di Andrew, essendo uno dei primi a tendergli una mano dopo la bufera dello scandalo del New York Times che aveva inevitabilmente finito per fare terra bruciata intorno a lui, privandolo di importi contatti che aveva faticosamente stabilito.

Sospiro, considerando come il signor Jackson si sia sempre mostrato disponibile non solo a finanziarlo e a sostenerlo anche pubblicamente, ma anche a riservargli importanti consigli visto il suo passato nelle imprese edili.

La mia mente istantaneamente viene così invasa dai ricordi di quei momenti, la contezza di Andrew marchiata a fuoco dentro di me che risulta indelebile.

Il filone delle mie riflessioni, però, viene interrotto l'attimo dopo, quando lui ribatte, disponibile ed educato.

- Certamente, senatore - ribatte prontamente lui, annuendo appena e muovendo su e giù il capo mentre contemporaneamente fa leva sulle gambe, alzandosi - Scusami un attimo - afferma poi al mio indirizzo, congedandosi sensualmente sotto il mio sguardo, che non lo abbandona mai.

-Tranquillo - lo rassicuro, ghignando mentre le mie dita stirano pieghe invisibili ed inesistenti sulla gonna del mio abito, non rimanendoci per nulla male.

So, infatti, quanto tutto ciò sia importante per lui e come abbia costante bisogno di fondi e investimenti per portare avanti il suo sogno.

Inspiro un respiro profondo, gonfiando appena il petto mentre loro si allontanano, le mie pupille che rimangono ostinatamente puntate sulla sua schiena muscolosa mentre lo adocchio gesticolare appena, probabilmente sotto l'impeto di un discorso, le altre persone sedute ai tavoli che continuano a chiacchierare ignare.

Soffiando l'aria tra i denti e persistendo nell'attendere pazientemente il dolce mi volto l'attimo seguente, tornando a fissare distrattamente il tavolo.

Quasi senza accorgermene le mie pupille si posano su Adam e Lizzie seduti esattamente difronte a me.

La bambina, vagamente interessata tenta di seguire il discorso che Adam Senior, seduto al suo fianco, sta intrattenendo con la moglie, il brusio di sottofondo che non mi permette minimamente di captarne o intuirne il senso.

Con il naso appena arricciato e sporgendosi quasi in avanti per ascoltare, ogni tanto acconsente, il cerchietto bianco che spicca tra le ciocche dei suoi capelli castani, rendendola incredibilmente carina ed elegante.

Un spontaneo e irrazionale sogghigno mi coglie non appena mi rendo conto che é quello che abbiamo scelto proprio ieri, un senso di soddisfazione e allegria che mi stringe lo stomaco a questa visione.

Mi fa piacere, mi rendo conto con un istante di ritardo, assaporando il retrogusto dolce e affettuoso di questa elucubrazione.

Adam, però, dimenandosi leggermente e inquietandosi goffamente sul posto, attira la mia attenzione subito dopo, catalizzandola veementemente fin quasi ad assorbirla del tutto.
Apparendo quasi imbronciato, infatti, sporge il labbro inferiore, corrucciandosi mentre incassa il capo tra le piccole spalle, visibilmente annoiato.

Assumendo quasi la tipica espressione che ha Andrew quando non riesce a risolvere qualche problema o situazione particolarmente spinosa, fissa un punto indistinto dinanzi a se, sembrando quasi perso tra i suoi pensieri.

Sorprendendomi, tuttavia, alza gli occhi su di me l'attimo seguente, scontrandoli con i miei mentre un guizzo li attraversa all'improvviso, rendendoli più vispi e indispettiti.
- Quando arriva il dolce? - si lamenta con un piccolo sbuffo, continuando a dondolare sul posto, stringendosi desolato tra le spalle, non sapendo quasi cosa fare per distrarsi.
E non scoppiare a ridere davanti alla sua buffa smorfia é quasi una impresa impossibile.
Nel tentativo faticoso ed estremo di trattenermi affondo i denti nell'interno della mia guancia, sopprimendola mentre socchiudo le palpebre, apprestandomi a rispondere.
- Tra un pochino credo, Adam - gli dico docilmente, una palpabile punta di tenerezza che rende piú calda e morbida la mia voce.

So perfettamente quanto odi non poter far assolutamente nulla, detestando rimanere fermo per troppo tempo ed in qualche modo proprio questo dispiacere sottile e dolce mi porta a parlare ancora, trovando una piccola soluzione proprio mentre lui sospira affranto.
- Perché non vai a vedere se sono pronti?- gli domando genuinamente convinta, indicando con un cenno della testa le cucine, al di lá della porta che la divide dalla sala ristorante.
Illuminandosi in viso quasi come se gli avessi appena rivelato qualcosa di inaspettato sgrana le iridi, schiudendo la bocca e rizzando la schiena prima di aprirsi in un smagliante sorrisetto.
- Si! - non si preoccupa di non urlare troppo, alzando il tono di una ottava, rendendolo squillante ed entusiasta.

Lo guardo, realmente contenta che la mia idea gli sia piaciuta mentre lui non perde tempo, saltando giù dalla sedia con un piccolo balzo.

Sgambettando, il bambino aggira velocemente il tavolo, dirigendosi con fare sicuro verso l'uscio, allontanandosi così velocemente da farmi quasi temere che stia sconclusionatamente correndo.
Il risolino che mi scuote debolmente, vibrando dentro di me, però, viene soppresso sul nascere dal timbro sottile e sincero di mia madre l'attimo dopo, onestamente impregnato di stupore.
- La somiglianza tra Andrew e quel bambino è sconvolgente – bofonchia sgomenta e quasi meravigliata, un sussurro basito che spezza di netto la morbida quiete che è calata su di noi non appena Andrew si è alzato, interrotta unicamente dalle note del motivetto classico che l'orchestra continua a suonare placidamente, deliziandoci.

Stuzzicando la mia curiosità, il suo mormorio mi spinge così inevitabilmente a voltarmi verso di lei, seduta comodamente alla mia destra, con una piccola torsione del busto nel tentativo di comprendere appieno il significato delle sue parole, vagamente impregnate di stupore e allusione.

Le mie pupille dilatate incontrano subito l'espressione sorpresa che distorce i suoi tratti pallidamente rosati, i lucenti capelli corvini legati in un perfetto e rigoroso chignon che le conferisce un'aria quasi austera e altera, esaltando con maestria il suo profilo.

Il trucco delicato sui toni del nero e un velo di rossetto color neutro, che le colora appena le labbra, completano poi il quadro, un semplice abito scuro a mezze maniche lungo fino al ginocchio che la fascia elegantemente mentre un casto scollo rotondo, accompagnato da un filo di perle bianche, fa bella mostra di se sul suo petto. Con le sopracciglia lievemente corrucciate la fisso di sbieco, non capendo di fatto questa sua affermazione e ritrovandomi simultaneamente a chiedermi se sia un complimento il suo o un commento mascherato da tale.

Stringendo appena la bocca in una linea sottile e pensierosa, mi porto una mano al viso, allontanando una ciocca di capelli dalla mia guancia e portandomela l'istante seguente dietro l'orecchio con un movimento semplice e celere.

Calma e a proprio agio, lei mi osserva tranquillamente, le spalle erette e le palpebre appena socchiuse.

Prende poi, con tutta calma, un breve sorso di champagne mentre mi lancia una fugace occhiatina di sottecchi da sopra il bordo del bicchiere, ricambiando il mio sguardo in modo dubbioso, quasi come se non capisse le mie smorfie perplesse più che giustificate.

Nonostante, difatti, in questi mesi la sua antipatia per Andrew sia andata lentamente scemando, trasformandosi in una quasi accettabile e persistente ironia, le sue battutine non sono mai mancate, rimanendo salde nelle conversazioni che lo hanno riguardato.

Forse per il fatto di essersi assunto la colpa e per l'aver scagionato pubblicamente mio padre dopo lo scandalo del New York Times o, forse, semplicemente, per rassegnazione lo ha lentamente accolto in famiglia, tollerando sempre di più la sua presenza.

Sospiro debolmente mentre mi appresto a risponderle finalmente, a chiederle in modo diretto cosa intenda.

Lei, tuttavia, non me ne lascia praticamente il tempo dal momento che mi anticipa, cogliendomi in contropiede mentre, simultaneamente, inarca verso l'alto entrambe le sopracciglia corvine, un alone di disorientamento che le cala repentinamente addosso.

- Sei sicura, tesoro, che non sia suo figlio? - mi domanda genuinamente interdetta, arricciando la punta del naso e calcando volutamente su “suo” mentre abbassa simultaneamente la voce, flettendola in modo quasi confidenziale come se non volesse farsi sentire dagli altri invitati, un segreto quesito che non vuole condividere con nessun altro.

Con un lieve cenno del capo indica la sedia, ora desolatamente vuota, dove era seduto Adam fino a qualche secondo fa, il tovagliolo avorio dal bordo argentato con cui ha giocato accartocciato nell'angolo del tavolo.

Scioccata, capisco con un attimo di ritardo il suo limpido e lampante riferimento, pietrificandomi.

Sta insinuando che sia figlio di Andrew, boccheggio sconcertata, sentendomi quasi punta sul vivo, su un un nervo scoperto e incredibilmente sensibile.

Irrazionalmente mi irrigidisco all'istante, il mio cuore che perde un battito, iniziando subito dopo a pulsare in modo scalmanato, mentre ogni parte di me si contrae dinnanzi a questa strana accusa, inaspettata.

Un istantanea sensazione di fastidio misto a imbarazzo mi travolge l'attimo seguente, investendomi in pieno ed insinuandosi spietatamente tra le mie membra, avviluppandomi in una morsa occludente.

Nonostante io stessa, ormai molto tempo fa, abbia, infatti, dubitato di questa somiglianza ambigua e disarmante, questa sua bonaria osservazione priva di sarcasmo mi trafigge in modo tagliente, irritandomi inverosimilmente.

I ricordi di quegli attimi, quando avevo frainteso assolutamente il loro legame serrato e ciò che avevo visto in ospedale, riaffiorano facilmente dalla mia memoria, punzecchiandomi e portandomi, di conseguenza, a ribattere in modo più veemente del previsto.

-Mamma! - la rimprovero in modo quasi brusco e petulante, rimbeccandola con un sibilo frustrato mentre raddrizzo la schiena, riservandole una occhiataccia al vetriolo che spero la zittisca.

Quasi naturalmente incapace di rimanere ferma, mi muovo inquieta sul posto mentre lei non sembra essere per nulla pentita della sua frase o toccata dalla mia reazione, persistendo ad apparire quietata.

- Si che sono sicura, ho fatto un test del Dna con nomi falsi – sbuffo ironicamente asciutta e tagliente, roteando sfacciatamente lo sguardo al soffitto mentre allargo esasperata le braccia, chiedendomi contemporaneamente cosa diavolo le passi per la testa – Ma che domande fai? - la ammonisco ancora mentre un dubbio sibillino, intanto, mi attraversa il cervello, ghiacciandomi letteralmente il sangue nelle vene.

L'ansioso timore, infatti, che qualcuno ci abbia sentito mi pervade sinuosamente, innervosendomi inverosimilmente e portandomi di conseguenza a guardarmi freneticamente intorno, premurandomi che nessuno altro abbia udito questo suo quesito inopportuno e flebilmente pettegolo.

E, fortunatamente, è così.

Deglutisco tirando un vigoroso sospiro di sollievo, lievemente più rincuorata nel notare come i genitori di Andrew stiano placidamente conversando con mio padre di un argomento sconosciuto, non degnandoci di alcuna attenzione mentre Lizzie, vagamente annoiata, gioca distrattamente con i tappi verdi e blu delle bottiglie d'acqua, impilandoli in una precaria torre.

Sospiro pesantemente, sentendone l'impellente necessità, sgonfiando il petto completamente e percependo nitidamente la tensione scivolare lentamente via dalle mie membra, abbandonandomi finalmente, mentre mi ritrovo a pregare che non intrattenga mai un discussione simile con Andrew, ben consapevole di come potrebbe ferirlo o anche solo indispettirlo.

Affondo i denti nel mio labbro inferiore, sperando ardentemente che questa conversazione assurda sia terminata qui.

Mia madre, tuttavia, disattendendo le mie aspettative, continua imperterrita a parlare.

- Hanno gli stessi occhi e lo stesso modo di porsi – infierisce spietata, non lasciandomi intuire se il suo sia solo stupore o spiacevole malizia - Potrebbe benissimo esserlo – mormora ancora, facendo quasi spallucce, scrollando con noncuranza il capo e finendo, di fatto, quasi, per giustificarsi e avvalorare la sua ipotesi.

- Non lo è – taglio volutamente corto io, non desiderando assolutamente proseguire o alimentare questa conversazione decisamente priva di un senso logico o anche solo apparente.

Non aggiungendo null'altro inclino poi il viso, voltandomi dalla parte opposta alla sua mentre incrocio seccamente le braccia sotto al seno, mettendomi quasi in una posizione difensiva.

Lei, fortunatamente, non dice null'altro, chiudendosi in un breve mutismo che mi rincuora, rasserenandomi debolmente.

Espirando l'aria tra i denti mi stringo poi appena tra le spalle, imbronciando le labbra mentre mi guardo disattentamente intorno, adocchiando l'ambiente che mi circonda senza prestarvi poi molto interesse.

I lampadari in cristallo appesi al soffitto bianco lo illuminano con una luce dorata che crea una atmosfera quasi calda e delicata, rendendolo meno impostato e serioso di quanto l'evento impone.

Le mie iridi distratte si posano confusamente sui vari tavoli rotondi, passandoli in rassegna uno ad uno, mentre, improvvisamente, nasce dentro di me il desiderio bruciante di cercare Andrew, necessario e spontaneo mi dilania dolcemente.

Chissà dove è, mi domando silenziosamente, sentendo la sua mancanza mentre corrugo appena la fronte, riducendo a due fessure gli occhi nel tentativo di individuare la sua figura snella tra i profili e i visi sconosciuti degli invitati senza, tuttavia, trovarlo.

Un po' delusa, prendo, allora, un respiro profondo, consentendo all'ossigeno di scivolare facilmente nei miei polmoni e continuando intanto a guardarmi fiaccamente intorno senza troppa convinzione.

Le mie pupille, in modo del tutto irrazionale, si posano poi sulla vetrata che fiancheggia tutta la stanza, permettendo di vedere all'esterno.

Rimanendo quasi ammaliata dalla sua vista mozzafiato, lo osservo con cura, affascinata da questo panorama placido e quiete che mi assorbe momentaneamente, facendomi perdere il contatto con la realtà.

I campi da golf perfettamente curati occupano quasi interamente il mio campo visivo, il loro verde intenso ora leggermente scurito dall'oscurità della sera, che sta oramai sempre di più tingendo di blu scuro il cielo, incupendolo lievemente.

Un piccolo specchio d'acqua è presente, invece, sullo sfondo, circondato da un fitto boschetto che gli conferisce un'aria quasi surreale, facendolo apparire quasi simile a quelli narrati nelle favole mentre un piccolo ponte in legno collega due prati, attraversandolo da parte a parte.

Ed è proprio questa visione, in qualche contorto modo, a porgermi su un piatto d'argento l'occasione perfetta per cambiare abilmente il fulcro del suo interesse, distogliendo mia madre dalla somiglianza tra Andrew e Adam prima che possa rifocalizzarvici e creare qualche ingombrante problema.

- Ti piace il posto? - mi affretto a chiederle celermente, mangiandomi quasi le lettere.

Sperando di suonare il più credibile possibile, le rivolgo un leggero sorriso, girandomi nuovamente verso di lei ed incontrando la sua occhiatina di sbieco.

Interdetta e senza, tuttavia, ribattere nulla per una manciata di secondi, si allunga in avanti, posando il bicchiere di cristallo ormai quasi totalmente vuoto sul tavolo.

Si appresta poi a guardarsi attorno con fare critico, squadrando ogni singolo dettaglio della stanza e giudicandolo attentamente con un sopracciglio inarcato, una vaga aria inquisitoria che la rende quasi indisponente.

- E' passabile, ho visto di meglio - decreta infine tra l'ironico e il pacato, una smorfia severa che le inclina verso l'alto le labbra, tornando a studiarmi - Andrew di certo non ha un gusto impeccabile – continua acuta e perspicace, sottolineando il suo pensiero e provocando la mia espressione contrita mentre si riferisce a lui in modi decisamente poco piacevoli.

Le lancio una mezza occhiataccia incassando il capo e incupendomi lievemente, per nulla contenta della sua battutina mentre lei continua imperterrita.

Io avrei optato per il Sebonack Golf Club – afferma vagamente vanitosa, agitando flebilmente una mano mentre gesticola, alludendo ad uno dei Golf Club più rinomati e in di tutta New York – Ma anche questo non è poi così male – conclude alla fine con un sospiro pesante ed accorato, quasi a fatica, come se ammettere la bellezza di questo posto le costasse particolare sforzo.

Un sorriso divertito quasi mi sfugge dinnanzi a questo suo modo di fare, dovendo mordermi quasi a sangue il labbro inferiore con gli incisivi per trattenerlo e non scoppiare totalmente a ridere.

Contraddicendola silenziosamente, non ribatto nulla, limitandomi a non dire niente mentre questa fitta di ilarità scaccia definitivamente il nervosismo di pochi minuti fa, facendomi tornare il buon umore.

Spostando tutti i capelli su una spalla sola, infatti, lascio cadere nel vuoto il suo amaro sussurro.

Tuttavia, il momento viene bruscamente interrotto l'attimo seguente non appena una figura minuta mi corre sconclusionatamente incontro, gli occhi azzurri dilatati e vispi resi ancora più lucenti dalla visibile contentezza che stravolge i suoi lineamenti.

Adam, infatti, non curandosi minimamente degli altri invitati, mi raggiunge velocemente, sorridendo in modo luminoso e allegro.

- Stanno arrivando i dolci, Emma! - mi dice esaltato, la voce che si alza appena di una ottava mentre mi piomba addosso, frenandosi quasi a fatica mentre il suo scalpicciare sul parquet mi rimbomba quasi nelle orecchie – Ho visto i camerieri – aggiunge ancora con un accenno di fiatone, quasi ansimando questo suo commento sussurrato in modo quasi confidenziale.

Ed io scoppio letteralmente a ridere mentre le sue piccole mani si appoggiano sulla gonna del mio abito, stringendola tra le dita e stropicciandola appena.

Fissandomi dal basso quasi stralunato, mi scruta, le spalle sottili scosse da un soffio particolarmente accorato.

Alcune ciocche di cappelli gli adombrano poi sbarazzinamente la fronte, arruffate e leggermente umide di sudore, accompagnando l'accaldato rossore sulle sue guance.

Una istintiva fitta di dolcezza mi pervade, spingendomi a protendere la mano verso di lui prima ancora che io me ne possa accorgere, la voglia di toccarlo che si fa più forte e nitida.

Una sorta di inconsueto istinto materno, stuzzicato forse dal momento o forse semplicemente inaspettato, si agita, difatti, dentro di me, pulsando più intensamente.

Dandovi semplicemente sfogo senza alcuna remora lo sfioro con una carezza appena accennata sul capo, quasi impalpabile.

- A si? - sogghigno amorevolmente al suo indirizzo mentre percepisco lo sguardo insistente di mia madre, immobile alle mie spalle, posato su di noi, inquietandomi – Allora dovresti andare a sederti al tuo posto – gli dico in modo morbido e mellifluo, scostandogli il ciuffo dal viso e portandogliele leggermente indietro, rendendolo nuovamente perfettamente elegante ed ordinato mentre lui persiste nel studiarmi, golosamente affamato.

Senza protestare minimamente lui annuisce vigorosamente, non lamentandosi e godendosi semplicemente le mie coccole.

Sfiorandogli poi la gota con le nocche lo lascio libero di muoversi subito dopo.

Quasi non facendoselo ripetere lui aggira velocemente il tavolo, andandosi a sedere pimpante e ubbidiente nuovamente al suo posto con un piccolo saltello.

Portandomi a ridacchiare appena mentre appoggia entrambi i gomiti sulla tovaglia, posando il mento sui suoi palmi, dondolando le gambe.

Tuttavia, ben altro mi distoglie subito dopo dai miei sereni pensieri, spingendomi a voltarmi repentinamente verso mia madre.

Lei, infatti, è ancora intenta a squadrarmi con decisamente fin troppa attenzione, quasi come se tentasse di decifrare qualcosa, le pupille appannate dalle considerazioni e dai dubbi che la rendono assente e attenta al tempo stesso.

Perchè mi guarda così? Mi chiedo subitaneamente, torturando con i polpastrelli il bordo del mio vestito.

Non capendo a cosa sia dovuto questo suo guardarmi e sentendomi contemporaneamente a disagio in modo spontaneo ed istintivo, mi stringo tra le braccia, spezzando il mio mutismo nei suoi confronti con un mormorio perplesso.

- Che c'è? - le chiedo genuinamente disorientata e confusa, continuando a non comprendere il suo modo criptico e imperscrutabile di porsi.

Lei, in tutta risposta, socchiude appena le palpebre, scuotendo il capo quasi nel tentativo di scacciare una mole spropositata di elucubrazioni, ribattendo prontamente alla mia domanda sconcertata mentre un sogghigno si delinea velocemente sul suo volto.

- Nulla, tesoro – mi dice morbidamente, quasi come a volermi rincuorare e tranquillizzare, lasciandomi, però, addosso quella strana percezione, un misto di ansia e dubbi – Riflettevo sul fatto che, quantomeno, avrò dei bellissimi nipotini – mi dice con semplice innocenza e tono limpido e fermo, determinato, come se fosse la cosa più normale del mondo, mentre indica con un cenno del capo Adam e Lizzie.

Ed è solo con un attimo di ritardo che capisco il suo alludere neanche troppo velatamente ai probabili nipoti che io ed Andrew potremmo darle in futuro.

Istantaneamente sbarro sbigottita e scioccata gli le palpebre mentre il cuore sbatte furiosamente nel mio petto, provocandomi un sfocato ronzio alle orecchie che mi intontisce, imbambolandomi.

Con la salivazione totalmente azzerata e una probabile espressione sconvolta la fisso per una manciata di secondi senza riuscire a dire nulla, completamente disorientata dalla sua affermazione sincera ed onesta.

Cosa? Mi pungolo boccheggiante, realizzando con esitazione l'importanza che davvero nasconde questo suo desiderio più che normale.

Ma è ben altro, l'istante seguente, a risucchiare davvero la mia razionalità, fulminandomi.

Dei figli nostri, deglutisco a fatica, il viso che brucia veementemente mentre rimango contratta e tesa, irrigidita da uno stupore positivo che mi paralizza le membra.

E lo sconcerto aumenta ancora nel constatare come questa riflessione improvvisa mi causi una ondata di piacere disarmante e insopprimibile, l'amore che provo per lui che quasi si intensifica, mischiandosi ad esso e dando vita ad un sentimento nuovo e destabilizzante.

L'immagine immediata di una bambina dagli occhi scuri e dai capelli di un castano chiarissimo, quasi tendente al biondo, mi invade subito dopo la mente, proiettandosi davanti in modo incredibilmente semplicemente.

Le palpitazioni diventano intanto sempre più sfrenate mentre i tratti di quella stessa bimba diventando sempre più definiti e reali, un misto dei miei e di quelli di Andrew, la nebbia che l'avvolge che lentamente svanisce via.

Ammutolita, apro e chiudo un paio di volte le labbra, non sapendo assolutamente cosa rispondere, sentendomi spiazzata sia dalle sue parole sia da ciò che hanno scatenato dentro di me.

- Mamma! - la rimprovero indignata e tormentata dalle elucubrazioni – Decisamente è...è ancora presto – balbetto confusamente l'attimo dopo, nascondendo la faccia tra i capelli sciolti mentre fisso un punto indistinto davanti a me, non sapendo quasi dove guardare.

A complicare le cose, tuttavia, ci pensa, subito dopo, una voce che io conosco alla perfezione, bassa e leggermente roca che mi richiama al presente.

- Eccomi – soffia, infatti, Andrew, portandomi a voltarmi di scatto verso di lui, lo sguardo lucido ed illanguidito dalla fantasia, una maschera di sorpresa e dolce sgomento che campeggia sul mio viso, rendendomi incredibilmente colpevole.

Staticamente in piedi vicino alla sua sedia, mi guarda pacatamente, passandosi una mano tra i capelli nel tentativo di ravvivarli mentre sospira, visibilmente stanco.

- Scusate, ma dovevo discutere di alcune cose con il Senatore Jackson – si scusa poi in seguito, realmente dispiaciuto, notando probabilmente solo con un attimo di ritardo la mia espressione – E' tutto ok? - mi domanda l'istante seguente, piegando appena la testa di lato nel tentativo di osservarmi meglio mentre abbassa appena il timbro, rendendolo più affabile ed intimo, una nota di preoccupazione che scurisce immediatamente le sue iridi.

Aggrotta contemporaneamente le sopracciglia chiare, non capendo probabilmente il mio stato emotivo e il mio comportamento nervoso.

Cercando di reprimere il filone delle mie riflessioni e di riscuotermi annuisco fiaccamente, muovendo su e giù la testa.

- Si, è tutto ok – aggiungo dopo un attimo, minimizzando stringendomi appena tra le braccia mentre tento di sorridergli nel modo più convincente possibile, sentendomi però davvero contenta di vederlo – Ho solo caldo – mento spudoratamente mentre il profilo di quella figlia immaginaria non smette di stuzzicarmi flebilmente.

Per nulla convinto Andrew rimane immobile, lanciando una occhiatina di sottecchi a mia madre, intuendo probabilmente di aver interrotto un discorso importante.

Senza insistere, però, lui non dice null'altro, limitandosi a sedersi e a prendere posto vicino a me.

Riservandogli una occhiata carica di tenerezza cerco di far sprofondare in un angolo buio e remoto del mio cervello ciò che ho pensato poco fa, non riuscendo a non sentirmi pervasa da una inusuale frenesia.

Lo strascico delle emozioni che mi ha scatenato, infatti, persiste nel tendermi leggermente, una agitazione sibillina che non mi abbandona mai del tutto.

Inspiro una boccata d'aria mentre Adam si gira verso suo zio, limpidamente contento di vederlo, osservandolo attentamente con una occhiata carica di gioia e illuminata da una scintilla di svagatezza.

Andrew ricambia amorevolmente ed in modo tranquillo intanto il suo sguardo con un pallido sorriso, un'aria sbarazzina e leggera che cozza contro l'eleganza dell'abito impeccabile che indossa mentre si lascia andare ora totalmente contro lo schienale della sedia.

Una fitta di amorevolezza mi attraversa a questa visione così carica di affetto e semplicità, trafiggendomi da parte a parte, il fiato che mi si spezza leggermente ed in modo incomprensibile in gola.

Tuttavia, il momento e il filone sconclusionato del mio rimuginare è interrotto l'attimo seguente da un mormorio gentile e flebile che mi porta ad inclinare irrazionalmente il viso alla mia sinistra, incontrando una figura snella e alta, con dei corti capelli nero pece, immobile al mio fianco.

- Ecco a voi – afferma, infatti, il ragazzo, poco più giovane di me mentre una espressione neutra campeggia sul suo volto dalla carnagione olivastra, i pantaloni blu scuro che richiamano il panciotto che spicca sulla camicia bianca che indossa.

Solo con un attimo di ritardo noto che sorregge con le mani alcuni piccoli piatti squadrati, dolci diversi che campeggiano sulla porcellana candida e pregiata, stuzzicando silenziosamente la mia fame.

In ogni caso, prima ancora che possa adocchiarli con accuratezza, una affermazione vispa e acuta sferza vigorosamente l'aria, spezzando di netto la morbida quiete che ci avvolge.

- I dolci! - esordisce, difatti, esaltato Adam all'istante.

Attirando corposamente il mio interesso, raddrizza poi la schiena, cercando di protendersi velocemente in avanti nel lampante tentativo di sbirciarne il contenuto, facendomi letteralmente scoppiare a ridere di gusto.

Una soffice risata, infatti, mi solca immediatamente la bocca mentre il cameriere mi serve per prima, posando il piatto davanti a me e guadagnandosi il mio debole sogghigno di ringraziamento, apprestandosi subito a fare lo stesso con Andrew e con Adam, sempre più impaziente e inquieto.

Le mie iridi si abbassano l'istante seguente, posandosi sulla fetta di cheesecake ai frutti di bosco che ho ordinato ed adocchiandola accuratamente mentre il mio appetito si acutizza, manifestandosi con una affamata morsa allo stomaco che mi tormenta sibillina.

Uno sciroppo alle more la decora abilmente, accompagnando alcuni lamponi e mirtilli che la adornano, rendendola non solo appetitosa ma anche gradevole alla vista.

Deliziata, impugno subito la forchetta, non indugiando e non vedendo l'ora di assaggiarla e di sentire, di conseguenza, il suo sapore invadermi il palato.

Non esitando ulteriormente ne prendo una piccola porzione, portandomela alla bocca con un movimento fluido, mangiandola lentamente, finendo di fatto quasi per degustarla.

Masticando con tutta calma alzo poi, intanto, le pupille mentre un delicato silenzio è calato al nostro tavolo, avvolgendoci con le sue sinuose spirali.

Ognuno, infatti, è intento a dedicarsi a ciò che ha ordinato, ponendo quindi fine alle chiacchiere e lasciando i vari discorsi sospesi a metà.

Istintivamente, però, la mia attenzione viene attirata nuovamente da Adam.

A dispetto di quanto mi aspetto, infatti, non lo trovo intento a divorare i suoi dolci, bensì ad osservare scrupolosamente nei minimi dettagli tre piatti posti davanti a lui.

Confusa e interdetta aggrotto appena la fronte mentre Andrew non sembra quasi accorgersi di questo fatto, continuando a mangiare tranquillamente la sua fetta di torta al cioccolato con panna e fragole, rimanendo chiuso nel suo flebile mutismo.

Con una smorfia pensierosa e quasi pensosa a distendere i suoi lineamenti pallidi, difatti, il bambino, rimane immobile, le dita strette quasi spasmodicamente intorno al bordo del tavolo, finendo di fatto per arricciare inevitabilmente la tovaglia bianca.

Con delle occhiate dubbiose e piene di perplessità adocchia insistentemente i dessert, portandomi a chiedermi cosa stia facendo e cosa lo turbi a tal punto da non portarlo ad assaggiarli, soprattutto considerando quanto li ha attesi.

Intrigata, mi ritrovo così anche io a scrutarli uno ad uno, studiandoli nel tentativo di capire cosa non vada.

Il primo dolce, quello posto alla sua sinistra, consiste in una mousse al cioccolato sormontata da una spolverata di nocciole triturate, il suo colore intenso che contrasta con il candore del piatto mentre il secondo, invece, consiste, in una semplice porzione di tiramisù, il mascarpone che impregna i vari strati di savoiardi.

Il terzo, infine, è costituito da un parfait di mandorle addolcito da alcune colate di cioccolato fuso che lo rendono decisamente invogliante.

La sua espressione, però, persiste intanto a rimanere incerta e titubante, quasi come se facesse una enorme fatica a scegliere cosa mangiare.

Ed è proprio questo a spingermi a parlare subito dopo, abbandonando momentaneamente la mia ordinazione per dedicarmi totalmente a lui, le parole che fuoriescono morbide prima ancora che io me ne accorga.

- Non sai cosa scegliere? - mi rivolgo direttamente a lui, sogghignando al suo indirizzo pallidamente mentre inclino appena il capo di lato, mordendomi il labbro inferiore con gli incisivi per non ridacchiare del tutto davanti al suo modo impettito di porsi, certa che non gli farebbe assolutamente piacere.

In modo quasi drammatico, come se lo affliggesse un grande problema, lui annuisce vigorosamente, muovendo la testa su e giù mentre sospira pesantemente, curvando al in giù le spalle.

Il mio sghignazzare si amplia così maggiormente dinnanzi alla sua reazione, un sentimento caldo che mi scuote, quasi come se qualcosa si stesse letteralmente sciogliendo nel mio petto, disarmandomi.

- Sono indeciso – mi rivela innocentemente, corrucciandosi ed esibendosi in un torvo broncio che lo rende ancora più carino e delizioso mentre espone questo suo cruciale problema.

Senza, però, lasciarmi il tempo di dire nulla, parla ancora, la voce acuta e frizzante.

- Tu cosa hai ordinato? - mi domanda nuovamente, sbattendo appena le palpebre mentre allude al mio piatto, indicandolo con un breve cenno del capo.

- Una fetta di cheesecake ai frutti di bosco – gli dico con semplicità, provocando la sua espressione contrita e quasi disgustata, leggermente infastidita.

Scuotendo appena la testa e facendo ondeggiare i fini capelli biondi, arriccia la bocca in una smorfia contrariata, ribattendo repentinamente.

- Non mi piace – soffia, spingendosi leggermente in avanti e finendo di fatto per sedersi sul bordo della sedia, dondolando appena sul posto – E' il tuo dolce preferito? - mi incalza però ancora dopo un attimo di esitazione, non smettendo neanche per un istante di fissarmi attentamente, quasi non volendo privarsi del nostro contatto visivo.

Realmente rallegrata dal suo insistere con continue domande gli sorrido docilmente, apprestandomi a rispondergli in modo pacato e rilassato, un concreto benessere che mi investe in pieno facendomi sentire incredibilmente bene.

Nonostante questa buffa conversazione non sia nulla di che, io mi sento davvero a mio agio e contenta, una strana felicità che impregna tutto il mio corpo.

- Si – ammetto con un sussurro impalpabile, non mentendo assolutamente mentre con la forchetta ne prendo un altro piccolo pezzo, tornando a mangiucchiare mestamente.

Adam rimane staticamente fermo a guardarmi per una manciata di secondi prima di riabbassare le iridi chiare e confuse sui suoi tre dessert, tentando cocciutamente di decidersi.

Stupendomi, allunga poi le dita l'istante dopo, attirando a sé il tiramisù con un movimento semplice e privo di alcuno sforzo.

- E' quello il tuo preferito, invece? - gli chiedo di rimando dopo una frazione di secondo, quasi il tempo di un respiro, mentre lui agguanta la posata, troppo grossa per la sua piccola mano, pronto ad assaporarlo.

Senza guardarmi momentaneamente in faccia e persistendo nel squadrare il dessert, lui dissente fiocamente, facendo segno di no con la testa.

- No, ma la nonna mi ha detto che potevo ordinarne tre – mi spiega facendo spallucce come se non capisse quasi il senso del mio quesito, portandosi alle labbra una porzione esageratamente grossa, finendo di fatto per masticarla a fatica e creando così una piccola pausa nel discorso.

Socchiudendo le palpebre sotto l'impeto dell'ilarità che questa visione mi suscita rido sommessamente mentre lui gonfia la guancia destra prima di deglutire, rischiando quasi di strozzarsi senza, però, curarsene apparentemente.

Percependo, probabilmente, la mia insistenza del fissarlo, tuttavia, lui continua.

- Però, io inizio sempre da quello che mi piace di meno – aggiunge infatti con estrema meticolosità, risultando quasi puntiglioso nel suo essere preciso mentre appare incredibilmente uguale a suo zio nei modi di fare, lasciandomi positivamente basita – E poi mangio per ultimo il mio preferito – conclude infine, lanciandomi una adorante occhiatina mentre arriccia il naso, una punta di orgoglio che lo rende quasi compiaciuto.

Ed irrazionalmente un commento del tutto simile, pronunciato da Andrew in tutt'altro momento riaffiora agevolmente dalla mia memoria, portandomi a sbarrare appena gli occhi, inarcando entrambe le sopracciglia verso l'alto, profondamente stupita da questa loro somiglianza disorientante.

Meravigliata, continuo a studiarlo attentamente, rendendomi simultaneamente conto di come il bimbo emuli in tutto e per tutto suo zio, prendendolo come perfetto esempio a cui ispirarsi.

E questo suo tenero atteggiamento mi causa una sonora e sibillina fitta di dolcezza che fatico a reprimere, un senso di amorevolezza che mi soffoca tra le sue morbide spirali, assorbendomi totalmente senza lasciarmi assolutamente scampo.

Quasi intuendo l'entità del mio rimuginare con una sintonia sconcertate, intravedo Andrew, con la coda dell'occhio, sogghignare appena, dilettato da questo nostro scambio di battute.

Tuttavia, prima ancora che io possa dire o pensare qualcosa, il momento viene spezzato di netto da un sussurro smaliziato e sbarazzino.

È proprio Andrew, infatti, a parlare l'istante dopo, intromettendosi nella nostra goffa discussione ed inclinando simultaneamente di lato il capo.

- Emma, invece, inizia sempre da ciò che le piace di più – afferma con voce salda e morbida, scambiandosi una occhiata di intesa con il nipote, che continua voracemente a mangiare mentre lo guarda attentamente, visibilmente curioso, non volendosi forse perdere neanche una parola – E' troppo golosa per resistere – infierisce ancora, prendendomi bonariamente in giro e causando la mia espressione sarcasticamente indispettita accompagnata da una pacata occhiataccia che non sortisce l'effetto sperato.

Invece, difatti, di far scomparire il suo mezzo sorrisino, addirittura lo accentua maggiormente, una smorfia dilettata che raggiunge anche le sue iridi.

Per nulla intimorito lui parla ancora, agitando leggermente la posata a mezz'aria, mentre io mi imbroncio.

- A noi piace finire in bellezza, invece – fa in seguito l'occhiolino al nipote, calcando volutamente su “noi” fino a conferirvi una sfumatura quasi vanitosa.

Adam ride di gusto, alternando lo sguardo ripetutamente tra me ed Andrew mentre alcune tracce di mascarpone gli sporcano la bocca, rendendolo incredibilmente buffo e adorabile.

Contemporaneamente, considero, però, anche come lui abbia in un certo senso ragione visto che io non riesco praticamente a resistere davanti ad un buon dessert, risultando impaziente e ingorda quasi.

Siamo molti diversi su questo, realizzo tranquillamente, due pennellate opposte e distinte dello stesso quadro.

Tuttavia, nonostante questa seria considerazione, persisto nel fingermi offesa, non desistendo ed incassando torvamente il capo.

Quasi sul punto di scoppiare in una argentea e fragorosa risata lui si morde le labbra, riducendole ad una linea netta nel vano tentativo di trattenersi, risultando dannatamente seducente anche in una situazione simile.

Cosa che, però, non accade, portandomi a roteare le pupille al soffitto, esibendomi in un piccolo sbuffo non troppo convinto.

Riscuotendomi, tuttavia, subito dopo, decido dispettosamente di agire, un maligno pensiero fugace che mi attraversa celermente la mente e che mi pungola interiormente.

Mi protendo così celermente in avanti senza quasi dargli il tempo di captare il mio movimento, stringendo saldamente tra le dita la posata.

Abilmente, la affondo subito dopo in ciò che resta della sua fetta di dolce, prendendone una piccola porzione.

Sorridendo maliziosamente e non smettendo mai di guardarlo in facciai, quasi a volerlo sfidare, la mastico di gusto mentre lui mi osserva sbigottito, limpidamente stupito.

Compiaciuta mi godo il sapore delicato della fragola che si mischia a quello più dolce del cioccolato e della panna.

- Ed è anche ladra – inveisce scherzosamente contro di me Andrew dopo un attimo di titubanza, il tono impregnato di un tenero sarcasmo che mi porta a ridacchiare in modo quasi felino e sottile.

Rallegrato, scuote poi appena il la testa mentre, con una maschera di rilassatezza e tranquillità, si specchia nella mia occhiata, legandola alla sua in un gioco indissolubile e carico di amorevole complicità.

Ed è proprio ora, mentre il suo sguardo brilla e la risata divertita e gaia di Adam si acutizza, solleticandomi più insistentemente l'udito, che mi rendo conto di come vorrei altri momenti come questi, in cui benessere e divertimento si mischiano dando vita ad un qualcosa di unico e così famigliare, intimo.

Istanti in cui l'amore che provo per lui mi offusca quasi la razionalità, permettendo di non frenarlo e di dargli libero sfogo anche nei piccoli gesti, apparentemente innocui o banali.

Sospiro.

Una furiosa e ardente voglia, un desiderio insopprimibile e così irrazionalmente spontaneo da risultare naturale, pulsa forte ed insistentemente dentro di me, riversandosi a fiotti nelle mie vene e prendendo possesso di ogni singola cellula del mio corpo.

Abbasso leggermente il capo, arrossendo appena sotto il peso di questo filone alogico di riflessioni mentre paradossalmente questa considerazione si fa più nitida e definita, rimbombandomi nel cervello, il cuore che sbatte così forte nella mia casa toracica da procurarmi una sensazione di stordimento indefinibile che mi disarma e destabilizza maggiormente.

Inspiro una profonda e traballante boccata d'aria, permettendo così all'ossigeno di scivolare nei miei polmoni fino a riempirli totalmente, gonfiando il mio petto, mentre sento la violenta necessità di guardarlo e di avere un contatto con lui.

Boccheggio, ogni perplessità che si azzera all'improvviso mentre, di nuovo, tutto ciò che ho intorno svanisce velocemente, una sorta di buco nero che risucchia ciò che non lo riguarda.

E rimane solo lui, semplicemente ed inesorabilmente, mentre mi ritrovo ad agognare disperatamente che questo non sia altro che l'inizio di una nuova fase delle nostre vite, insieme.

Ed è proprio mentre nel medesimo secondo in cui lui aggrotta la fronte, notando probabilmente il mio stato d'animo tumultuoso e intenso, che mi accorgo inevitabilmente di una cosa, di come tutte le mie speranze, in qualche modo, si siano già avverate. Preghiere nulle e silenziose che scopro già concrete, reali.

Perchè, questo, è unicamente solo il primo giorno di una lunga serie.

Sorrido luminosamente, assaporando il significato intrinseco di questa elucubrazione, beandomene sinceramente.

Il primo giorno.



Note:


Buonasera!

Ed eccoci qui con il primo capitolo di questa nuova storia, intitolata Ritratto di Noi.

Come ho spiegato all'inizio, è il seguito di Ritratto di Te (che trovate a questo link), quindi invito i nuovi lettori a darci una occhiata per comprendere meglio gli eventi e la caratterizzazione dei personaggi.

Sono molto contenta di pubblicare, perchè in queste due settimane di “pausa” mi è mancato molto farlo e mi è mancata la storia.

Passando al capitolo, come avrete notato, è ambientato un po' di tempo dopo la fine dell'epilogo di Ritratto di Te.

Siamo ad agosto, la scuola sta per incominciare nuovamente e Sam sta per intraprendere una nuova strada, sposandosi con Carter, ed Andrew, invece, inaugura l'ospedale oncologico con una cena.

Abbiamo voluto intitolarlo “primo giorno” proprio per questo motivo e perchè, in un certo senso, per ogni personaggio vi è un nuovo inizio, un primo giorno di una nuova vita.

Ed è così anche per Emma.

In qualche modo la troviamo più calma e tranquilla di come l'abbiamo lasciata, sempre più legata ad Andrew e ai suoi nipoti.

È un aggiornamento leggero e, diciamo, anche un po' introduttivo, dai prossimi inizieremo ad entrare di più nel vivo della storia.

Vi vorrei ricordare che, esattamente come Ritratto di te, ho ideato e sto scrivendo Ritratto di noi in collaborazione con un'altra persona, quindi i meriti non sono unicamente miei.

Ci tengo, inoltre, a ringraziare davvero tutte le persone che continuano ad inserire tra le preferite ecc e leggere Ritratto di te, mi fa realmente moltissimo piacere il vostro apprezzamento. Grazie!

Direi che non c'è molto altro da dire, se non che spero che non ci siano errori e vi sia piaciuto e che vorrete farmi sapere cosa ne pensate, ci terrei davvero moltissimo.

Gli aggiornamenti avverranno sempre di mercoledì e saranno settimanali. Il prossimo capitolo sarà pubblicato mercoledì 26 Febbraio.


A presto


Live in Love



   
 
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