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Autore: masterteo89    20/02/2014    0 recensioni
La storia di un umano costretto suo malgrado a vivere con i lupi in un epoca in cui il dominio dei demoni era oramai al tramonto.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ayame
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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prologo
La prima sensazione che il giovane provò , affiorato da pochi istanti da un cupo abisso, fu un doloroso e lacerante dolore al capo.

Poi sopraggiunsero gli odori, insoliti e alieni : il profumo dell'aria fresca e frizzante, tipicamente montana, e un gradevole aroma di erbe officinali.

Tuttavia in bocca avvertiva un vago sapore metallico che non faceva presagire nulla di buono e se combinato al dolore al capo poteva già far affiorare diversi pensieri nella mente dell'uomo.

E ognuno di essi era peggiore del precedente. Forse era d'uopo smettere di tergiversare e aprire quelle palpebre stanche e affaticate.

Quale impresa! Il suo corpo pareva restio a eseguire anche un tale semplice compito : l'impresa richiese un inaspettato sforzo di volontà, poichè ciò che il suo fisico bramava era sprofondare ancora un pò nell'oblio profondo e senza confine.

Gli occhi impiegarono diversi istanti ad abituarsi alla luce, momenti nei quali il giovane si accorse suo malgrado che tutto il suo corpo era tanto indolenzito quanto madido di sudore. Cosa mai era capitato?

Mosse prima un braccio, per testare le sue capacità motorie, poi l'altro. Fece lo stesso con le gambe e notò con soddisfazione che le sue articolazioni rispondevano perfettamente ai suoi comandi, seppur cigolando e schioccando come arbusti secchi in balia del un vento impietoso.  

Ora finalmente riusciva a distinguere più nitidamente i colori e la nebbia che gli ottenebrava la mente pareva lo stesse abbandonando insieme al dolore al capo.

Indugiando tentò di alzarsi e contemporaneamente allungò una mano sulla fronte per appurare l'entità del danno , ma il destino aveva evidentemente un piano diverso.

Infatti una mano artigliata e raggrinzita gli afferrò saldamente il polso mentre una seconda mano calò decisa sul suo petto, spingendolo nuovamente contro quel giaciglio improvvisato.

Giaciglio che tanto al tatto quanto allo sguardo pareva essere composto da un vario numero di pelli d'animale disposte in maniera confusionaria e sbrigativa. Ma almeno con tutto quel pelo il suo "letto" era comodo e soffice, anche se forse un pò troppo caldo per i suoi gusti.

Solo ora, mentre era tenuto saldamente a terra da quella mano raggrinzita piantata sul petto, si accorse effettivamente di quanto calore sprigionava il suo corpo sotto a tutta quella pelliccia d'animale.

Desiderava ardentemente scostarsi da quella coltre, ma al momento aveva questioni più pressanti a cui dedicare la sua attenzione. Ad esempio, tentare di comprendere ciò che stava accadendo.

Davanti a sè c'era una vasta parete rocciosa, un soffitto punteggiato di stalattiti dalle forme più insolite e interessanti che parevano quasi brillare di luce propria in quella penombra.

Ma a reclamare la sua attenzione fu un viso canuto e affilato, appartenente alla creatura più insolita su cui il suo sguardo si fosse mai posato.

Era una donna : vecchia e gravata dal peso degli anni, il viso solcato da innumerevoli rughe e pallido quasi quanto i suoi capelli di un grigio spento che pareva essere stato lavato via dal tempo.

In contrasto però i suoi occhi neri e penetranti parevano scrutare l'animo del giovane con una vitalità dinamica e esplosiva, tradendo una mente tutt'altro che avvizzita e piegata dal tempo.

Ma ciò che fece trasalire il giovane fu la chiostra di zanne affilate e minacciose che faceva capolino dietro alle labbra schiuse in una smorfia severa.

-- Non ti muovere o riaprirai la ferita, infante. -- Affermò severa prima incrociare le braccia al petto, osservando il giovane quasi si aspettasse di essere disobbedita.

Aveva il modo di fare di chi pensa di rivolgersi ad un bambino particolarmente dispettoso.

-- Dove mi trovo? Che cosa è accaduto? Ma soprattutto, tu chi sei?-- Risuonò roca la voce dell'umano, seguita a breve da alcuni colpi di tosse.

La vecchia senza scomporsi gli passò una ciotola colma d'acqua e , mentre il giovane era intento a dissetarsi, rispose -- Come un cucciolo, poni molte domande. Ti trovi nella mia modesta caverna e io sono Azra, la guaritrice della tribù Yoro del Sud. --

Detto ciò osservò il giovane con la coda dell'occhio, attendendo invano una reazione del giovane.

-- Il nome non ti dice nulla? -- Il giovane rispose scuotendo il capo, sentendosi in realtà sempre più confuso. Non sapeva dove si trovava, nè cosa fosse accaduto.

-- Che strano umano.-- Sbottò confusa la vecchia -- Normalmente un umano sarebbe impallidito dal timore. --

-- Perchè dovrei? Ignoro ciò di cui stai parlando ma se vi siete presi cura di me significa che non avete cattive intenzioni nei miei confronti.-- Commentò pacato l'umano, facendo inarcare un sopracciglio alla vecchia.

-- Sei molto sicuro di te -- Sibilò minacciosa , mentre un ghigno ferino lentamente le distorceva il viso -- Tieniti stretta quella sciocca sicurezza, ti renderà più saporito quando le mie fauci caleranno su di te.--

Questa volta , con somma soddisfazione della lupa, il giovane impallidì ed ebbe l'accortezza di tacere.

Con la stessa rapidità con cui era comparso, il ghigno scomparve lasciando il posto ad un'espressione placida e bonaria. -- Ho vissuto per innumerevoli primavere e inverni, cucciolo. Ascolta le mie parole, poichè è l'esperienza a dettarle : mai giungere a conclusioni affrettate. Ti sei svegliato da poco in un luogo alieno e pensi già di poterne trarre qualche conclusione? Medita sulle mie parole e riposa, ne avrai bisogno. --

Detto ciò scrollò il capo e si allontanò, borbottando parole incomprensibili tra sè e sè.

Il giovane però non ebbe modo di riflettere sui recenti avvenimenti perchè un'improvvisa stanchezza gli avvolse le membra : si addormentò dopo pochi istanti pensando che probabilmente quella vecchia non gli aveva dato da bere solo della semplice e innocua acqua.

   
  
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