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Autore: sxds    21/02/2014    1 recensioni
Ispirato a 'Intervista col vampiro', con delle modifiche.
Dal testo: Lo guardai: forse ero una sciocca essendo andata lì, però ne valeva la pena. Davvero.
Quando parlò, la sua voce s'incrinò curiosamente, generando in me emozioni malcelate.
“Non è vero che si è suicidato, Kate” sussurrò.
“Come? E quindi perché è morto?”
“L'ho ucciso io” ammise.
Non so perché si comportò così: si alzò e mi venne addosso, davvero. Mi alzò dalla sedia e mi abbracciò tanto forte da togliermi il respiro. All'orecchio, mi sussurrò:
“E' ora, Kate.”
Poi mi baciò a lungo, prima di uscire dalla stanza.
Non lo vidi mai più.
Ero devastata, ma almeno aveva raggiunto la sua famiglia.
ONE SHOT 4000 PAROLE.
Genere: Dark, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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INTERVISTA COL VAMPIRO.
One-shot.

 
 

 
 
Bussai due volte, incerta.
Cavolo, pensai, stringendo di più fra le mani la lettera di convocazione, questa era un’eccellente possibilità di successo!
Solo, un po’ bizzarra.
Quando una voce mi disse “Entra pure”  in modo così melodioso da parere disumano, poggiai la mano con la quale non stringevo la lettera sulla maniglia ed entrai.
Inizialmente tutto mi sembrò piuttosto buio: non vedevo a un palmo dal naso.
Tentai d’avanzare, guardando l’ombra attorno a me.
“Oh, ci si abituerà, Miss Gold.”
Non capii da dove arrivava quella voce. Ciò mi spaventò.
Ero in una stanza con un fottuto vampiro e non vedevo niente. Praticamente mi stavo assicurando la morte!
“Venga, Miss Gold, così potrò presentarmi” mi invitò il vampiro, lo stesso che mi aveva inviato la lettera. Ricordavo che avevo accettato solo perché aveva concluso l’invito con un ‘voglio togliermi la vita, ma prima farò sapere al mondo la verità’.
Come potevo lasciarmi sfuggire un’occasione così? Il Giornale sarebbe impazzito per quell’intervista extracurricolare e il capo mi avrebbe dato un’esorbitante promozione. Però dovevo uscirne viva.
Passarono i minuti senza che dicessi parola, finché mi abituai al buio quasi totale, iniziando a vedere qualcosa. Mi venne presto il mal di testa per sforzare così gli occhi, e decisi di indossare i miei occhiali nuovi, con la montatura blu della Police.
“Signor Jacobs, può dirmi dov’è?” chiesi titubante. La stanza era un minuto ufficio senza finestre né luci; mi faceva venire l’ansia e non escludevo un possibile attacco di claustrofobia.
“Sono qui, Miss Gold” mi canzonò il vampiro.
Forse pensava fossi una stupida incosciente ad essere andata lì. Beh, lo pensavo anch’io, però dopo quella nottata turbolenta  ed inquietante avrei ottenuto la mia ambita promozione. Ne valeva la pena? Certo che sì: al Giornale ‘promozione’ era sinonimo non solo di ‘soldi’, ma di ‘fama’ e ‘riconoscimento’, perché chi aveva una promozione era uno su venti – ed io volevo essere quell’uno.
Il vampiro era seduto su una delle due sedie presenti, dietro una piccola scrivania sgombra di tutto fuorché una penna ed alcuni fogli quadrettati. Quando mi avvicinai presi posto sull’altra sedia, notando che l’inchiostro della penna era blu.
Cazzo, pensai, io odiavo le penne ad inchiostro blu. Ne avevo solo nere. Io amavo il nero.
Mi guardai le mani, poi preso un enorme respiro e alzai lo sguardo verso il mio intervistato.
“Buonasera signor Jacobs.”
“Chiamami Brad. Nessuno lo fa da troppo tempo” mi invitò.
“Oh, beh… Certamente.” Non obiettai, ma ciò non voleva dire che la cosa non  mi sembrasse sospetta o quantomeno buffa.
Non potevo negare che fosse di una bellezza esorbitante, ma ogni vampiro lo era. Solo che Brad aveva un certo fascino quasi infantile.
Infantile? Avrà almeno duecento anni!
Deglutii.
Presi la penna e la rigirai un po’ fra le mani.
“E’ vero che leggete il pensiero?” buttai lì.
“Vero, sì.”
Cazzo.
“Stai tranquilla Kate – posso darti del tuo, vero?”
“Sì sì”.
“Ottimo. Dicevo, sta’ tranquilla, non entrerò nella tua mente, né ora né mai” sottolineò grave.
“Perché vuoi ucciderti dopo quest’intervista?” chiesi senza preoccuparmi di essere indelicata o ficcanaso: era un’intervista, più domande si fa meglio è, perché almeno la metà non avrà risposta.
Brad Jacobs si soffermò a guardarmi il collo, e ciò non mi sfuggì.
A disagio, sistemai meglio il collo alto del lupetto, come se questo potesse proteggermi da un vampiro famelico.
“Non ti ucciderò, Kate” mi tranquillizzò.
O ci provò, insomma, perché io me la stava facendo addosso e il buio e l’ansia non aiutavano, sicuramente.
“Ci conto” mormorai neutra. “Ma perché ha deciso di uccidersi?” incalzai.
Sul foglio scrissi 1)  Motivo del suicidio.
Brad non sembrava volermi rispondere, però quella domanda per me era una delle più importanti. Mentre rimuginava (forse pensava che avessi lasciato cadere l’argomento, ma non mi conosceva proprio) appuntai 2) i vampiri leggono il pensiero.
“Perché sono settecento anni che calco questa Terra, Kate.”
3) ha circa 700 anni.
“Si è stufato, immagino.”
“Già, ma dammi del tu per favore.”
“Okay. Ti sei stufato. Comprensibile direi. Ma non è abbastanza. Esattamente, cosa ti ha stufato? L’essere un assassino? La vita completamente notturna? A proposito: dormi in una bara?”
Nel frattempo pescai una sigaretta dalla tasca dei miei jeans skinny e l’accendino dall’altra. A Brad non avrebbe dato fastidio il fumo, tanto non gli sarebbe mai venuto un cancro.
“Ma il tuo nome non esisteva settecento anni fa…”
“Mi sono ribattezzato, per conformarmi.”
“Wow” lo scrissi al punto quattro. “Dài, è un’intervista, Brad. Rispondimi” lo esortai. Non avevo più paura, ormai i miei occhi si erano perfettamente abituati così tolsi gli occhiali. E Bra non era una compagnia spiacevole, anzi. Solo il suo silenzio metteva un po’ a disagio.
“Sì, mi ha stufato uccidere e sì, anche la vita notturna. Dormo in una bara, è indispensabile” mormorò in risposta.
Arrivai al punto sette.
Apprezzavo le risposte concise, però se non argomentava dovevo togliergli le risposte di bocca con la pinza e questa cosa mi urtava.
Pensa alla promozione, mi dissi consolandomi.
“Insomma Brad, parlami un po’. Qual era il tuo nome?”
Si massaggiò gli occhi rossi, che al buio sembravano neri: per questo non ne avevo paura. Altrimenti mi sarei messa a strillare come una gallina in gabbia con una volpe rabbiosa e affamata.
“Cosa devo dirti Kate? Sei una giornalista, fammi tu le domande.”
Mi ispirò.
“Ah, a proposito! Perché hai chiamato me?” domandai curiosa.
“Perché giornalisti più famosi ed impegnati mi avrebbero probabilmente glissato e perché non tutti accettano l’esistenza dei vampiri, ma tu sei una patita e ci credi. E sì, so della promozione.” Sorrise nell’ovvio tentavo di ammaliarmi, generando in me emozioni contrastanti: dalla venerazione all’irritazione. “Non potevi non accettare, sei la persona perfetta per questo genere di cose.”
“Cioè?”
Non spingerti troppo in là, Kate.
“Nella media, non imbottita di soldi come un cannolo siciliano e, soprattutto, influenzabile”.
A quel punto snudò le zanne scintillanti, facendomi fare uno scatto all’indietro.
“Ehi, ma che cazzo fai!?” urlai col cuore che batteva a mille.
“Ecco” esclamò. “Influenzabile ma coraggiosa. O stupida – non ho ancora deciso” ragionò fra sé, posandomi addosso quei dannatissimi occhi così chiari da sembrare bianchi. “Qual è la prossima domanda, Kate? Non hai tutta la notte” mormorò.
Verissimo. Stavo già sentendo l’avanzare del sonno.
Finii frettolosamente la cicca, imbarazzata.
Che cazzo ci facevo lì? Altro che promozione: ero una deficiente. Perché il mio istinto di sopravvivenza era così fallace?!
“Insomma Brad, dimmi un po’… Come sei diventato così?”
Si appoggiò allo schienale della sua sedia, accomodandosi semi disteso. Schiuse le labbra e si leccò i denti affilati, inchiodandomi con lo sguardo. Davvero, cercai di non rimanere affascinata come una ragazza alla prima volta, però dovete capire che ero di fronte ad un vampiro. Vampiro è sinonimo di perfezione.
“Questa è una storia lunga, Kate. Perché prima non mi fai un’altra domanda?”
La richiesta mi spiazzò un poco, ciononostante accettai.
“Okay. Dunque” rimuginai. “Bevi sangue?”
“E’ uno scherzo?” domandò irritato, alzando gli occhi di ghiaccio al cielo. “Certo che sì.”
Sfoderò le zanne, come se non fossi già abbastanza inquietata.
Distolsi lo sguardo. “E i crocifissi? Li puoi guardare?”
Si appoggiò sul tavolo, avvicinandosi a me. Poteva sentire il mio cuore impazzire di paura e attrazione? Lo sentiva?
“Ti dirò, mi piace guardarli.”
“Wow, figo.”
Annotai.
“Cosa scrivi?”
“Ciò che dici”.
“Tutto?”
“Circa. Sintetizzo” spiegai, mostrandogli il foglio scritto disordinatamente.
“E’ sbagliato” esclamò secco.
“Cosa?” Avevo fatto qualche errore? Avevo appuntato sciocchezze? Beh, doveva capirmi: ero giusto un po’ sotto pressione!
“Il mio nome” mi sfilò rapidamente la penna di mano. “Si scrive J-a-c-o-b-s. Non Jakobs. Da dove ti è venuta quella cappa, Kate?” Mi sorrise forse cercando di mettermi a mio agio (impresa impossibile).
“Oh, cavolo…”
“Non importa. Ora? Mi chiederai se mi è venuta voglia di bere il tuo sangue?” ammiccò.
Cioè, sperai che ammiccò, perché in caso contrario mi predisse una fine decisamente non benaccetta.
“No.” Dovevo essere sicura. “Ora basta seguire i tuoi comodi, Brad. Raccontami com’è successo. Nei dettagli. Chi ti ha trasformato? Come succede? È doloroso?”
Presi foglio e penna.
Determinazione: la prima dote di un buon giornalista.
“Sì, è doloroso. Come potrebbe non esserlo? Mi ha trasformato un vampiro ormai morto. Vuoi il nome?”
“Beh, se si può sapere…”
“Lestat. Il cognome è superfluo.”
“Nei dettagli, Brad” lo esortai.
Con un sospiro, riportò i ricordi a galla.
 
Avevo appena perduto mia figlia e Rose, mia moglie. Avevano appena tre e ventidue anni. Troppo giovani per morire sotto le pugnalate di un ubriaco. Troppo giovani per morire, e basta.
Erano passati dodici giorni. Non mi ero mosso neanche un’ora dal cimitero, passavo notte e giorno lì. Nessuno mi degnava di pietà, fuorché la mia ormai defunta madre, Carol.  Mi portava da mangiare e da vestire.
“Come ti sei ridotto, figlio mio?” mi rimproverava.
I ricordi sono freschi come fosse ieri, sai? Carol era a metà rattristata per com’ero ridotto, a metà sdegnata: si vergognava di me e per me, perché io non provavo imbarazzo nel vedere la gente additarmi come vagabondo, non aveva più importanza l’apparire.
Perché le donne che più amavo erano morte.
Così, una notte, distrutto da quel vivere da dannato, mi recai ad un locale di malaffare: donne, alcool e gioco d’azzardo.
Ero tutto meno che l’uomo saggio che ero prima.
Raggiunsi un cartomante. Gli chiesi di predirmi il futuro.
“Non riesco a vederlo, figliolo” mi diede il responso, controllando le carte scoperte e coperte, “e ciò non può che voler dire che non finirai bene.”
Non me ne importò. Dopotutto se fossi morto avrei raggiunto Rose e Dana, mia figlia. Non v’era per me miglior ambizione.
“Ora paga il conto” mi ricordò il cartomante.
Inutile dire che ero senza un soldo – ero stato licenziato dal lavoro e mia madre, per quanto fossi il suo figlio prediletto, mi aveva abbandonato.
Quando l’uomo lo scoprì si arrabbiò, mi minacciò e poi, vedendomi disinteressato, passò al concreto: sfoderò una pistola e me la puntò addosso.
Neanche allora mi importò di morire.
“No! Non farlo!”
Qualcuno – una puttana – mi abbracciò il petto mentre io mi slacciavo la leggera camicia sudicia esponendomi alla pistola dell’uomo.
“Fatelo, signore, se credete d’agire nel giusto.”
 
“Perché lo provocasti?”
Brad prese un respiro (i vampiri respiravano? Gliel’avrei domandato più tardi, non ora che arrivava al clou del racconto).
“Perché volevo morire. Rose e Dana non c’erano più, Carol mi aveva disconosciuto come legittimo erede.” Mi puntò gli occhi chiarissimi e gelidi addosso: “Cos’era meglio? Sopravvivere o morire, Kate?”
Mi si seccò la gola.
“N-Non lo so. Forse …”
“Forse?”
“Forse vivere. Per quanto le cose possano andare a pezzi, tutto passerà. I buoni momenti e quelli tragici, senza differenze.”
Presi una cicca e me l’accesi. Avevo i nervi a pezzi e il fiato si stava calmando. La gola arsa bruciava e quando Brad mi guardava negli occhi questi mi lacrimavano un poco per il disagio. Non era affatto facile intervistare un vampiro.
“Tu sei una persona molto diversa da me. Mi paragonerei a Leopardi: il pessimismo è nella mia natura. I brutti momenti non passavano mai.”
“Ma perché tu non volevi abbandonarli” protestai facendo un breve tiro, mandando il fumo nei polmoni e sputandolo dalla bocca; “se passavi le giornate sulle tombe della tua famiglia era impossibile che le cose migliorassero o, quantomeno, passassero.”
“Hai ragione Kate. Ma non ero più in grado di ragionare.”
“Lo immagino…” sussurrai. “Ho perso mia madre a sei anni e mio padre a dodici. Crescere in un orfanotrofio non è affatto una bella esperienza.” Deglutii a vuoto, facendo l’ennesimo tiro. “Soprattutto se resti lì dentro fino ai diciotto.”
Il vampiro sembrò diventare più umano: nei suoi occhi lessi compassione e comprensione. Nessuno mi aveva mai consolata. Tutti dicevano che forse era destino, e che il destino non si può contrastare.
“E’ un peccato conoscerti solo oggi, Kate. Devi essere una persona eccezionale” disse per niente distaccato.
Perché vai a morire?
La domanda mi morì in gola. In una serata non gli avrei fatto cambiare l’idea presa in secoli di vita. Forse ero persino egoista.
“Grazie. Prosegui, Brad. Eri con la puttana e il tizio ti stava sparando”.
 
L’uomo mi guardò così perfido che pensai, solo per un attimo, che mi donasse la morte, ma non lo fece: si appoggiò l’arma sul petto e mormorò: “Non credo d’esser nel giusto, figlio mio.”
Poi la posò e andò a fare i tarocchi a un altro cliente, purgante denaro.
“Come vi sentite?” mi domandò la donna, una mora qualunque, così secca da fare paura e dagli occhi piccoli e neri. Mi rimasero impressi, perché li vidi morire.
“Sto bene” mi alzai barcollando. “Vieni” le ordinai.
Devi sapere Kate, che a quel tempo per le donne era un onore portarsi a letto un uomo bello, anche se non nobile né ricco. Lo facevano per il gusto di farlo, per poterlo raccontare alle colleghe quando avevano terminato. Non mi guardare così, suvvia: anche tu conoscerai almeno una sciacquetta così!
Attraversammo la piazza di fronte al locale di malaffare, senza più degnarci di parola, finché non mi guidò verso una casa abbandonata.
Non volevo entrarci, così ci fermammo all’esterno. Mi si gettò addosso e mi spinse contro il muro. Iniziò a baciarmi, poi si stufò forse perché non ricambiavo, così iniziò a dedicarsi al resto.
Ho omesso un particolare: se l’uomo al locale non accettò la mia offerta e non mi ammazzò, e neanche la puttana la prese in considerazione, l’accettò un vampiro.
Mentre lei continuava a fare ciò che voleva di me, il vampiro le si avventò addosso: la lanciò contro il muro rompendole il collo, poi si dedicò a me.
 
“Perché non scappasti, Brad?”
“Perché era la mia occasione, e lo capii.”
“Oh…” balbettai. “Ma volevi così tanto morire? Non avevi paura?”
Non pensò un attimo alla risposta, la sputò come veleno: “No.”
 
Non mi spaventò veder morire la donna, e neppure quando il vampiro mi si avventò contro.
“Brad. È così brutta la vita, per te?” mi domandò sibilando. Sibilava come una serpe, aveva gli occhi più chiari della luna e la pelle così fredda che mi scottò.
“Sì.” Gli dissi: lo vedevo un po’ come il mio angelo salvatore che veniva da me per realizzare il mio più grande desiderio.
“Ti aiuterò, allora.”
E così fece: mi inclinò il capo, potendo così mordermi meglio il collo, succhiò via da me ogni traccia d’umano sangue e mi costrinse a mordere il suo polso. Non mi fermai quando il suo, di sangue, mi invase la bocca: era amaro e sapeva di morto, puzzava oltre ogni dire. Eppure mi saziò: ne bevvi finché me ne lasciò la possibilità.
Fu tutto molto confuso, e ora non ricordo più tutto alla perfezione: sono passati tanti anni…
Morii, senza se e senza ma.
Mi rassicurò dicendomi che tutto il dolore era normale, rimase con me mentre urlavo e mi contorcevo, vomitavo sangue e altre sostanze nauseabonde; stavo così male che iniziai a strapparmi i capelli e graffiarmi le guance.
Finì velocemente: non penso durò più di un’ora. Dopo fu meraviglioso: ero un giovane vampiro che si commuoveva per la bellezza della notte.
 
Rimasi molto più che basita: il racconto di Brad, incominciato come una struggente tragedia, si era concluso con la commozione di un nuovo vampiro.
Mi parse parecchio egoistico, anche. Brad aveva portato il lutto per una settimana, per poi concedersi a una donna qualunque e farsi mutare in un non-morto.
“Hai un’espressione un po’ sconcertata, Kate” mi disse beffardo.
“Beh, sarebbe bizzarro il contrario” risposi a tono.
“Cosa ti  turba?”
“Perché ti passò così velocemente la tristezza?” domandai scettica. “Il vampiro che ti ha trasformato ti ha convinto, per caso ti ha promesso ricchezza e fama e mi hai raccontato una versione della storia che ti fa apparire più vittima di quanto non sei?”
“Muovi accuse insensate, ora.”
“Ne sei sicuro?”
Giocai con la penna, abbozzando un fiore appassito sull’angolo del bloc-notes.
“Perché io non ti credo molto, Brad.”
“Ah no?”
Schioccai la lingua.
“Perché dovrei mentirti?”
“Forse perché poi quest’articolo verrà pubblicato sul Times e non vuoi apparire come un essere solamente subdolo?” provocai.
Scoppiò in una secca risata finta.
“Ah! Sei qui anche per divertirmi, oltre pormi domande!”
Passò repentinamente dal ridere alla serietà, anzi, quasi perfidia.
“Perché dovrei cercare d’apparire migliore agli occhi di voi parassiti mortali, visto anche che quando spunterà il sole mi ammazzerò? E, mettiamo rimanessi vivo, pensi che m’importi di ciò che pensate? Come sei infantile, Kate!” Poggiò le mani sulla scrivania, alzandosi e rimanendo a un palmo dal mio viso. Abbassò volutamente il tono di voce: “Pensi che m’importi davvero di voi umani, quando per me siete solo cibo?”
Deglutii.
“Okay. Sono un’idiota. Non te ne frega un cazzo di noi. Penso che l’intervista possa finire qui e…”
“Finire? Ho vissuto secoli, e pensi di sapere ciò che ti servirà a sfondare come giornalista? Credimi,” mormorò tornando al suo posto, “conosco i redattori e, ammesso che credano alla tua storia, non la spunterai facilmente.”
“Quindi… Che vuoi raccontarmi?” chiesi. Avevo già scritto parecchie pagine ed onestamente ero già lì con Brad da troppo tempo. Volevo solo alzarmi e uscire da quella stanza così buia da soffocare.
“Vorrei parlarti di Lestat, il vampiro che mi ha trasformato.” Propose.
“Ok, parti.”
Abbozzai un sorriso tirato, poco convincente.
Lui ne fece uno sornione e parlò.
 
Lestat non era né magnanimo né un vampiro fedele al diavolo, era quasi umano, eccezion fatta per la sua sfrenata passione d’uccidere.
Diceva sempre che «il sangue umano è il nettare degli dèi, amico mio», sprezzando la mia abitudine di nutrirmi di animali.
Eravamo davvero diversi, io e Lestat.
Quando lui, la sera, al calar del sole, andava a caccia, prediligeva le giovani donne, per poi uccidere un fresco giovinetto confuso e infine saziarsi di un’anziana nobile adorna di gioielli, dal sangue secco e aspro.
Io bevvi sangue umano un’unica volta, quasi per inganno.
Era una giovane, preda di Lestat.
Lui l’uccise, senza il mio consenso. Poi domandò: “E’ o non è così dolce il sangue delle giovani e belle?”
Seccato, gli dissi: “Fin troppo. Perché l’hai uccisa?”
“Mio caro, Lou- Brad”
Tossii, camuffando il mio errore. Dannato il diavolo,dovevo essere più attento a ciò che dicevo!
“o l’uccidevo o la trasformavo.” Mi spiegò.
Poi si attaccò al polso della ragazza ormai morta e la privò di ogni goccia di sangue residua.
Non potevo credere di star tenendo appresso una donna morta, così mi alzai e andai a fare una passeggiata.
Ero confuso, incapace d’accettare la realtà. Tu cos’avresti fatto, Kate? Io mi abbandonai alla disperazione, permettendo ai ricordi di tornare a galla.
Non ero morto; lo ero solo a metà. I morti camminano? Io ne sono la dimostrazione ‘vivente’.
“Brad, perché lasci che il passato ti affligga?”
Lestat non mi lasciava solo neanche un attimo; era notte fonda ed eravamo allo stesso locale di malaffare dove quell’uomo mi fece i tarocchi.
“Perché sono migliori del presente.”
“Oh, andiamo! Non puoi dire così: mi offendi” protestò subdolo.
“Invece è così.”
Corsi al locale, sperando di trovare qualcuno in grado di distrarmi.
Appena entrai, notai l’uomo dei tarocchi. Girai al largo, temendo potesse riconoscermi e vedere cos’ero diventato. Vagai in pena, finché una donna mi avvicinò.
“Voi! Ditemi subito cos’è capitato a Maria!”
Non capii.
“Maria?”
“Non siate così con me! Non attacca! Dov’è Maria!?”
“Non capisco, che state…”
Mi sbatté al muro; ovviamente, perché glielo lasciai fare.
“Maria! La puttana con cui sei stato la settimana scorsa!”
Al che capii: quella che Lestat aveva ucciso prima di trasformarmi.
Mi scrollai di dosso la donna (più una ragazza, in verità) e mi mischiai alla folla Non riuscì a rintracciarmi, ma Lestat sì.
Quando mi prese sottobraccio, con quel suo fare disinteressato, te lo giuro: avrei voluto ucciderlo. A quel tempo, però, non conoscevo nulla del mondo dov’ero stato catapultato. Come uccidere un vampiro? L’unico modo è esporlo al sole.
“Brad, cosa ti turba, amico mio?”
Quello che mi infastidì fu l’appellativo: non ero suo amico. Né lo diventai mai.
Cosa mi turba, dici? Lestat, tu non avevi il diritto di farlo!”
La vita, però, non è giusta e spesso (quasi sempre) il più forte detta legge.
Lestat era così: trasformava a suo piacimento, senza chiedere il permesso.
 
“Ma non avevi detto di essere felice della tua nuova condizione?”
“Kate, questo l’hai dedotto tu” mi rimproverò. “Io odiavo ed odio la mia condizione, come qualsiasi persona sana di mente.”
“Tranne Lestat” affermai.
“Esattamente.”
Scorsi rapidamente gli appunti. “Dicevi… Che ha…”
“Aveva” precisò.
“E’ morto?”
Annuì. “Sì, certo.”
“Non sembri dispiaciuto.”
Sorrise un po’: “Non lo sono, effettivamente.”
Che vita triste. La parola «dolore» doveva davvero essere quella più presente nella vita di Brad. Altroché che voleva morire, c’era da chiedersi come fosse sopravvissuto.
Glielo domandai, mettendo in secondo piano la curiosità su Lestat: “Cosa ti ha spinto a non mollare?”
“Amore, direi.”
“Una donna?”
“No. Una bambina. È quasi un’affermazione errata, però.”
“Una bambina!” Mi si accapponò la pelle. “E questo che significa!”
“Kate, non è come pensi tu” glissò.
“E allora com’è!”
“Cosa mi stavi chiedendo? A proposito di Lestat.”
Okay, non volevo rispondermi.
Scrissi Innamorato di una bambina à non dà altre info.
Pazzesco. Questa mi mancava, davvero!
“Insomma, dicevo…” ragionai. “Ah, sì: Lestat aveva una passione smodata nell’uccidere ed essere un vampiro – deduco – non era una maledizione per lui…” Aspettai che annuisse. “Quindi cosa vi distingueva? Tu non uccidevi persone, lui sì. E questo è di per sé pazzesco, Brad! Complimenti!” mi congratulai, suscitando in lui una risatina imbarazzata. “Perché tu sei… diverso?”
“Forse perché a me è rimasta più umanità” rispose sciolto, come se l’avesse già detto a mille altre persone. “E questo perché Lestat era un vampiro da molto più di me, perciò non sentiva nulla: dentro era vuoto, lui era solo l’ombra di se stesso… Una vita che non è vita, alla fine. perciò si è ucciso.”
“Si è ucciso?”
“Sì.”
“Quando? Sempre al sole?”
Appuntai: ˝Lestat si suicida˝, sempre più interessata.
Non c’era più traccia in me di spavento e terrore: ero quasi a mio agio, ecco.
Brad si prese il suo tempo per rispondere, ed io non lo incalzai. Probabilmente era una cosa sia privata che dolorosa.
Probabilmente Lestat era la sua famiglia, assieme a quella bambina.
Forse era sua figlia.
Pff! Che ragionamento idiota! Sua figlia era  morta, perciò Brad desiderava raggiungerla.
Lo guardai: forse ero una sciocca essendo andata lì, però ne valeva la pena. Davvero.
Quando parlò, la sua voce s'incrinò curiosamente, generando in me emozioni malcelate.
“Non è vero che si è suicidato, Kate” sussurrò.
“Come? E quindi perché è morto?”
“L'ho ucciso io” ammise.
Non so perché si comportò così: si alzò e mi venne addosso, davvero. Mi alzò dalla sedia e mi abbracciò tanto forte da togliermi il respiro. All'orecchio, mi sussurrò:
“E' ora, Kate.”
Poi mi baciò a lungo, prima di uscire dalla stanza.
Non lo vidi mai più.
Ero devastata, ma almeno aveva raggiunto la sua famiglia.
 
 
“Ehi Kate! Grande lavoro! Mi fai un autografo?”
Esibii un falso sorriso verso Mark, l'unica persona che non aveva mai creduto in me, altresì conosciuto come mio fratello.
“Ma certo M.”
Aprii il libro alla prima pagina e scrissi il mio nome a chiare lettere, aggiungendo tre X alla fine.
“Ecco a te.”
Mi fece l'occhiolino, uscendo dalla mia stanza.
“Farai un mare di soldi con questo libro, Kat. Non sapevo scrivessi così bene! E le idee da dove le hai prese? Pazzesco!”
Uscì.
Strinsi a me la copia del mio libro, 'Intervista col vampiro'. Difficile da credere: avevo scritto un libro.
Molto più che un'intervista, eh.
Una risata mi morì in gola.
Ce l'ho fatta, Brad.
 
Solo più tardi scoprii che in verità il suo nome era Louis, e la ragazza che aveva amato (la bambina) l’aveva salvata dalla morte.
Il dolore s'intensificò, in me, finché non capii che io quella notte avevo donato il mio cuore ad un vampiro stanco di vivere.
 
Ispirato a “Intervista col vampiro."

ANGOLO AUTRICE:

allora, non so da dove né perché. Io ho visto il film e boom, ecco questa one shot.
Vi è piaciuta? Fatemi sapere!

Probabilmente, se verrà apprezzata, ne farò un sequel :)
-Sxds.-
  
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