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Autore: Light Rain    22/02/2014    2 recensioni
Eppure c’era una cosa che aveva sempre saputo, fin da quel giorno, quel giorno d’autunno in cui si erano incontrati per la prima volta.
Stiles sapeva che tra quegli alberi spogli e le foglie ingiallite la sua vita non sarebbe stata più la stessa.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Flora, so che in questo momento stai sghignazzando.
E sai cosa ti dico?
Questa la dedico a te.


Take me home
 Parte 1.


Un piccolo raggio di sole riscalda la finestra.
Stiles si rigira stanco nel letto, allunga una mano nella speranza di accarezzare un calore familiare, ma le sue dita trovano soltanto il lenzuolo freddo.
Si stropiccia gli occhi ancora stanchi nella speranza di svegliarli un po’, pigramente scivola nelle pantofole e a tastoni raggiunge il bagno, fa scorrere un po’ d’acqua nel lavandino e si sciacqua il viso rabbrividendo al contatto col liquido gelido.
Alza la testa e il suo riflesso allo specchio lo spaventa più del solito: è uno straccio, più pallido dell’ordinario, capelli aggrovigliati in una massa indistinta, occhiaie livide che circondano gli occhi.
Queste ultime settimane sono state un vero massacro per lui, ma ha finito, finalmente ha finito. Ieri ha consegnato il suo ultimo esame, e se Dio vuole riuscirà finalmete a laurearsi, tre anni in ritardo rispetto ai piani originari, ma poco importa, ha finito, e potrà finalmete tornare a casa.
Al solo pensiero un raggiante sorriso si fa largo nel suo volto, niente lo ravviva più di questo, niente lo riscalda di più della sua casa, della sua famiglia.
Si lascia sfuggire un leggero sospiro carico di trepidazione per poi tornare rapido in camera da letto. Si infila nei primi jeans scoloriti che trova e afferra con sicurezza la sua felpa rossa, schiaccia in modo impacciato gli ultimi vestiti in valigia per poi chiuderla con un ghigno trionfante, poi raduna tutti i libri della scrivania e li fa scendere con cautela uno ad uno nello zaino. Controlla con morbosa attenzione tutti i cassetti per essere sicuro di non aver dimenticato niente, fa scivolare il cellulare in tasca, la fede al dito e afferra con decisione le chiavi di quel polveroso appartamento.
No, quel posto non gli sarebbe mancato, per settimane non aveva fatto altro che aspettare questo momento.
Si mette lo zaino in spalla e trascina il trolley fuori dalla porta poi, con due mandate secche, la chiude definitivamente.
Stiles trotterella allegro fino all’appartamento del proprietario, riconsegna le chiavi e lo saluta con cortesia.
No, nemmeno lui gli sarebbe mancato, quel vecchio dal viso stanco e le orecchie troppo otturate per capire qualcosa.
Si fa due rampe di scale al meglio che può, trascinado a fatica dietro di se il pesante trolley, le sue braccia da mingherlino non aiutano molto, e prova un’enorme sollievo quando arriva finalmente in strada.
Il cellulare nella sua tasca squilla, allunga la mano e legge sorridendo il messaggio: vuole sapere quando sarebbe partito.
“Ora” risponde repentino.
Zigzaga tra le auto parcheggiate fino ad arrivare alla sua Jeep, che nonostante gli anni non lo ha ancora abbandonato, e lui non avrebbe abbandonato lei, per nessuna ragione al mondo.
Posiziona con cura nel bagagliaio la valigia e lo zaino, li sistema accanto agli scatoloni che aveva caricato la sera prima.
Il cellulare trilla nuovamente: “Ti aspettiamo”
Un altro piccolo sorriso si dipinge sul suo volto.
Prima di andarsene per sempre si sarebbe concesso un’ultima colazione al bar, cappuccino e due pomposi muffin al cioccolato.
E sì, forse quegli gli sarebbero mancati, almeno un po’.
Si intrattiene per qualche minuto con quella manciata di amici che si è fatto al college, ride scherza e si domostra, infine, anche falsamente dispiaciuto per la sua partenza, quando invece tutto quello che desidera di più è salire sulla sua Jeep e guidare per due ore filate, fino a casa.
Casa, Beacon Hills, quella cittadina che lo aveva visto muovere i suoi primi passi, che lo aveva consolato dalla perdita di sua madre, che lo aveva accompagnato passo passo con suo padre e che lo vedeva, oggi, vivere difianco alle persone che amava di più al mondo.
Sistema la scatola con il muffin restante sul sedile del passeggero, mette in moto la macchina e sistema le mani sul volante, l’occhio ricade immediatamente sull’anulare sinistro, dove un anello scintilla dorato.
Fa retromarcia ed esce dal parcheggio, pochi metri dopo dice definitivamente addio al suo college.
Certe volte si risorprende ancora meravigliato alla vista di quell’anello, anche se ormai sono passati sei anni da quando lo ha indossato la prima volta, era un giornata tiepida di primavera.
Sì, se la ricorda bene.
Stiles ride da solo in macchina pensando a quando lo aveva detto a suo padre, che si sarebbe sposato, al secondo anno di college, a soli ventuno anni.
No, non l’aveva presa per niente bene, troppo giovane e scapestrato per i suoi gusti, non ce lo vedeva affatto suo figlio impegnato in una vita coniugale.
Era scappato, suo padre, era partito con gli amici del distretto di polizia per una battuta di pesca ed era tornato, tre giorni dopo, con le idee più chiare ed un barile pieno di salmoni.
Lo aveva guardato dritto negli occhi, aveva guardato suo figlio e aveva rivisto sua moglie, e tutto l’amore che gli aveva dato, e dopo un lungo sospiro ricolmo di rassegnazione aveva annuito e Stiles gli era corso incontro e lo aveva stretto, così forte da fargli male.
E poi lo sceriffo aveva sorriso baciando la testa di suo figlio, aveva sorriso e aveva pianto, anche se questo non lo avrebbe mai ammesso con nessuno.
Stiles attende pazientemente che il semaforo diventi rosso mentre picchietta il dito sul volante, sarebbero state lunghe queste due ore, duo ore di trepidante attesa per tornare finalmete a casa.
Se trova poco traffico arriverà in tempo per pranzo, hanno già fissato che saranno da Scott per mezzogiorno.
Oh Scott, il suo mogliore amico, gli manca, erano anni che gli mancava.
Se suo padre aveva preso la cosa seriamente solo con il matrimonio, Scott si era subito reso conto che la loro non era una semplice cotta e per quanto si fosse preparato, perché sapeva che sarebbe successo, sì lo sapeva, non aveva retto il colpo.
Non che fosse dispiaciuto, affatto, ma Stiles aveva trovato qualcuno che amava più di ogni altra persona al mondo e Scott, d’altrocanto, si era sentito in dovere di fare un passo indietro, di lasciare loro i giusti spazi.
Non si erano allontanati, affatto, né avavano dato uno strappo definitivo alla loro amicizia, semplicemente avevano rallentato la loro corsa a due.
“Una naturale progressione degli eventi” piaceva chiamarla a Scott.
Ora non sono più dei liceali in cerca di marachelle, sono uomini, e in un mondo come il loro questo comporta molte cose.
A Stiles non manca la loro amicizia, quella c’è e ci sarebbe sempre stata, troppo forte per essere spezzata dal tempo, a Stiles manca la spensieratezza dei tempi andati, dove tutto era un gioco ed ogni pretesto era buono per ridere, mancano gli scherzi al Coach e le bravate di due stupidi sedicenni, mancano due bambini lontani dai problemi del mondo.
Stiles procede veloce per le strade polverose di qualche pittoresca cittadina, svicola agile e frena prontamente per far attraversare un’anziana signora sulle strisce pedonali.
Non vede l’ora di tornare a casa, a casa e basta, niente stupide cerimonie o cavolate simili, vuole solo distendersi sul divano chiudere gli occhi e respirare ogni singolo profumo che si disperde in essa: la nuova schima da barba, i pancake appena sfornati, il bucato uscito di lavatrice, i pastelli a cera, il giubbotto di pelle appena lavato, le caramelle al limone sparse per il salotto.
Sì, questo vuole Stiles.
Perché hanno impiegato tutto quello che avevano per costruire quella casa, soldi energie e tempo e, nonostante tutta la loro buona volontà, non ce l’avrebbero mai fatta senza l’aiuto delle persone a loro care, un casa non si costruisce solo con l’amore.
Hanno faticato tanto, ma ogni singolo mattone posato, ogni singola sedia scelta è un dono per loro, perché quella casa non significa solo un posto in cui stare, per loro quella casa è famiglia e Stiles sa bene quanto questo voglia dire, per lui e per la persona che ha scelto di amare, lo sa fin troppo bene.
Il suo stomaco inizia a ringhiare quando sorpassa l’ora e mezzo di viaggio, brontola e brama il muffin al cioccolato nel sedile difianco al suo, ma Stiles resiste, quel muffin sarebbe arrivato a Beacon Hills, già vedeva un piccolo sorriso dipingersi alla vista di quel dolcetto.
Per distrarsi un po’ accende la radio, una canzone suona dalla prima stazione radio che trova.
“Under pressure, that burns a bulding down.
 Slits a family in two.
 Puts people on street”
Stiles alza istintivamente il volume.
“It’s the terror of knowing
 what this world is about.
 Watching some good friends
 screaming - let me out! -
 Pray tomorrow, gets me higher”
Canta lui a squarciagola.
Under pressure, sotto pressione, lui adora questa canzone.
Gli da carica, gli ricorda che anche quando tutto sembra perduto o inrecuperabile e la pressione è talmente tanta da distruggere ogni cosa che si ha attorno, se si ha la forza di rialzarsi c’è sempre qualcosa a cui fare appiglio.
E Stiles sa bene cosa sia la pressione, quella vera, quella che ti annienta sotto ogni punto di vista, fisico e mentale. Per molto tempo si è perso nel labirinto che è la cruda realtà, per molto tempo si è lasciato trascinare da quelle che erano le sue paure.
Perché quando vivi la vita sul filo del rasoio, o allontani tutto ciò che hai caro o ti ci aggrappi con tutta la forza che hai in corpo.
E Stiles aveva fatto tutte e due le cose, entrambi lo avevano fatto.
Erano scappati fino a che avevano potuto, rinnegando tutto e tutti, si erano rinchiusi nel loro piccolo mondo di cartapesta sperando che un giorno tutto quello che vi era di brutto magicamente sparisse. E poi, un giorno, si erano alzati, con così tanta foga da farli tremare, si erano alzati e si erano aggrappati con tutta la forza che possedevano a quello che avevano di caro al mondo, e avevano iniziato a cercare quella scintilla in più, quello spicchio di sole che erano sicuri li avrebbe tenuti al caldo per sempre.
E si erano trovati.
Sì, si erano trovati, in una piovosa giornata d’inverno, senza troppi sforzi, con naturalezza. Avevano lasciato crollare i muri e avevano fatto sfiorare quelle mani che si cercavano già da un po’, le evevano fatte incrociare e le avevano strette una nel calore dell’altra. Poi si erano guardati e avevano sorriso, consapevoli di quello che stavano iniziando e consapevoli che quelle mani, così diverse tra loro, non si sarebbero lasciate per nessuna ragione al mondo.
Sorride Stiles, crogiolato da un così dolce ricordo, sorride mentre guida verso la sua casa.
“Can’t we give ourselves one more chance?
 Why can’t we give love that one more chance?
 Why can’t we give love?”
Canta ancora Stiles, sapendo di averlo fatto, di esserci riuscito.
Di essersi dato una possibilità, di averla data ad entrambi.
“And love dares you to change
 of way of caring about ourselves.
 This is our last dance”
Questo è il nostro ultimo ballo.
Questi siamo noi.
E ora lui stava danzando, stava danzando da quasi otto anni, e non ha voglia di smettere, nessuno dei due ne ha la minima intenzione.
E canta ancora Stiles, sperando che il tempo passi più in fretta, sperando di arrivare il prima possibile a casa.
E quando legge in lontananza il cartello col nome della sua città stenta quasi a crederci. 
Ancora pochi minuti, si ripete, ancora pochi minuti.
Pensa a come sia la sua vita adesso e pensa a come se la fosse immaginata dieci anni prima, a come sia diversa e a come non possa essere migliore.
Pensa che dieci anni fa non si sarebbe mai immaginato questo, non si sarebbe mai immaginato che quegli occhi verdi così pieni di durezza e rancore, un giorno, avrebbero sorriso solo per lui, e che un giorno alla sua vista il suo cuore avrebbe tamburellato per l’emozione e non per la paura, non si sarebbe mai immaginato che quelle due vite così confuse e complicate un giorno si sarebbero incrociate fino a formarne una sola, che sarebbero cresciuti insieme, che si sarebbero amati come mai fatto prima, che avrebbe chiamato quella persona “casa”.
Eppure c’era una cosa che aveva sempre saputo, fin da quel giorno, quel giorno d’autunno in cui si erano incontrati per la prima volta.
Stiles sapeva che tra quegli alberi spogli e le foglie ingiallite la sua vita non sarebbe stata più la stessa.
Ecco a cosa pensa Stiles parcheggiando la sua Jeep nel vialetto, ecco a cosa pensa Stiles ogni giorno della sua vita, ecco a cosa pensa scendendo dalla macchina e mettendo un piede dietro l’altro, pensa a tutto ciò che erano stati e a tutto ciò che saranno.
Ecco a cosa pensa quando la porta di casa si apre quando lui è ancora in strada, quando una bambina dagli occhi verdi e due trecce castane gli corre incontro sorridendo.
Ecco a cosa pensa.
A tutto quello che hanno creato di buono insieme.
Lui e Derek.















Angolo Autrice.

Salve! Questa è la mia prima fanfiction in questo magnifico fandom, spero con tutto il cuore che vi sia piaciuta, mi farebbe molto piacere leggere un vostro parere, anche piccolo...
La canzone che canta Stiles in macchina è “Under Pressure” dei Queen.
Mi auguro di ritrovarvi per la seconda parte :)

Flora, ho perso il controllo di me stessa, ma non me ne frega assolutamente niente!

  
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