Ringrazio
anche solo chi legge.
Remake
di Non
ti prometto niente. Seguito di Lupo senza luna.
Dedicata
a Ka93.
Ringrazio Ka93 e Vale_93 che l’avevano recensita.
Questa storia non è una songfic. Ho scritto sentendo Non ti prometto niente di Eros Ramazzotti, ma non ho rispettato veramente la canzone, ho seguito l’ispirazione.
Fa parte di DBNA.
Notte di follia
Yamcha
si
portò il collo della bottiglia della birra alle labbra e
sorseggiò. Gli occhi
gli bruciavano, le occhiaie erano spesse e sentì un sapore
acido in bocca e le
narici bruciare. Mugolò socchiudendo gli occhi e si
appoggiò al tavolo di legno
del locale, la testa gli pulsava e il brusio di sottofondo gli
rimbombava nelle
orecchie. Strinse le gambe, fu colto da un capogiro e chiuse gli occhi.
L’odore
di tabacco del fumo che aleggiava nel locale
gl’impregnò i vestiti. Sgranò gli
occhi gemendo di dolore sentendo una risata del barista.
Alzò il capo e si
voltò, leccandosi le labbra e lasciò cadere per
terra la bottiglia sopra un’altra
decina. Sgranò gli occhi vedendo dei capelli azzurri,
saltò in piedi e si mise
a correre.
“La
strana
creatura bianca con degli spuntoni che ha distrutto il centro sembra
scomparso,
si pensa che Mr. Satan …”. Sentì una
voce provenire dalla radio. Evitò una
donna dai lunghi capelli neri, saltò oltre il piede di un
uomo seduto e passò
tra una serie di tavoli. Fece lo slalom tra due uomini, raggiunse la
chioma
azzurra e le afferrò la mano.
“Bulma,
sei
tu?” domandò. Marion si voltò, i lunghi
capelli azzurri le aleggiarono intorno
al viso. Socchiuse gli occhi azzurri, teneva una mano in tasca e il
seno
prosperoso s’intravedeva sotto la maglietta gialla.
“Tu
non eri
l’amico di Crilin caro? E’ da una vita che non ci
si vede” rispose Marion.
Yamcha le lasciò il braccio, sospirò e chiuse gli
occhi. Si passò la mano sul
viso, le rughe s’ispessirono e il codino gli
ondeggiò dietro il capo.
“Già
una
vita” biascicò. Marion si grattò sotto
una delle occhiaie e si tolse un
pacchetto di sigarette dalle tasche. La pelle delle mani era ricoperte
di
macchie nere e le dita le tremavano. Tolse da una tasca della maglietta
stropicciata un accendino.
“Metti
la partita”.
“Non ha senso …”. “
… Martina …”. Si sentirono delle frasi
più nitide dal
brusio di sottofondo.
“Sei
invecchiato quanto me” disse Marion. Si accese la sigarette e
se la portò alle
labbra.
“Sono
tornato nel deserto, ora che come giocatore sono finito”
rispose Yamcha con
voce rauca.
-Crilin
caro. Pensa ancora a lui anche se è sposato con una figlia
ormai grande. Mi
ricorda me, che ancora penso a Bulma anche se lei di figli grandi ne ha
due-
pensò. Avanzò, ricadde in avanti e Marion lo
abbracciò. Si passò il braccio di
Yamcha sulle spalle.
“Tesorucci,
vado un attimo di là” disse con voce rauca.
Salutò i tre uomini davanti a lei,
abbracciò il fianco dell’ex-giocatore di baseball
e lo trascinò fino al bagno
del locale. Yamcha mugolò e abbassò il capo, la
fronte divenne imperlata di
sudore. Marion lo avvicinò al lavandino, il morò
vomitò, la puzza del rigetto
era meno forte di quella di urina di gatto e di liquame. Yamcha
boccheggiò e
ansimò.
“Come
mai
sei finita qui?” domandò con voce roca, le narici
gli bruciavano.
“Ho
depredato soldi e ricchezze per lapidarli velocemente. Volevo correre,
ma la
mia macchina veloce si è rotta quando i miei seni sono
diventati cadenti e il
mio posteriore ha un filo di cellulite di troppo. Sono una serratura un
po’
troppo usata, tesorino” spiegò Marion.
Inspirò ed espirò il fumo della
sigaretta, chiudendo gli occhi.
-Anche
Bulma
fumava così. Diceva che glielo aveva insegnato sua sorella-
rifletté.
“Non
siamo
brutti, ma piacenti. Questo postaccio non ci merita”
ribatté Yamcha. Si rizzò,
le gambe gli tremavano e la testa gli doleva.
“Non
è male
parlare con te. Se avessi un posto ancora in questo cuore mi piacerebbe
tenerlo
per te. Non mi hai nemmeno ancora palpato” disse con voce
roca Marion.
“Parlando
con te mi sento quasi sveglio” rispose Yamcha. Marion
gettò il mozzicone di
sigaretta a terra e lo pestò sotto il tacco a spillo. Si
piegò e baciò la
guancia di Yamcha. Quest’ultimo osservò le labbra
piene di Marion, le afferrò
il capo e la baciò. La donna ricambiò, gli
slacciò la cintura dei pantaloni e
glieli abbassò.
Yamcha
rinfilò i pantaloni, coprendo le gambe ricoperte di
succhiotti e se li legò.
Osservò Marion rimettersi il reggiseno, si
abbassò e prese la sua maglia. La
guardò macchiata di vomito e la fece cadere dentro la
spazzatura rimanendo a
petto nudo. Marion rimise gli slip, infilò la maglietta e si
tolse i lunghi
capelli azzurri.
“Quello
che
abbiamo fatto stasera …” disse. Yamcha
dimenò la mano, il codino gli era finito
su una cicatrice sulla spalla abbronzata.
“Non
ti
prometto niente. Non mi chiedere quando tornerò”
rispose. Marion sbatté un paio
di volte le palpebre e si morse l’interno guancia.
“Almeno
dimmi il tuo numero” biascicò. Yamcha
recuperò il cellulare dal pavimento
sporco di sperma.
“Il
tuo ce l’ho.
Magari ti chiamerò” rispose. Marion
infilò i jeans e li chiuse, sospirando.
“Lo
so che
hai avuto una brutta esperienza con una storia, ma io sono cambiata e
penso
anche tu” bisbigliò.
“Ti
prego,
non insistere” ribatté Yamcha. Marion
annuì e si voltò. Yamcha infilò le
calze
e le scarpe da ginnastica.
“Alla
prossima volta, ma ricorda, non so se potrò dimenticare
Bulma” disse indurendo
il tono. Aprì la porta ed uscì dal bagno.