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Autore: Fannie Fiffi    22/02/2014    1 recensioni
[Sherlolly AU]
Sherlock e Molly conducono una relazione segreta da qualche tempo, ma il minore degli Holmes non sempre sa cosa sia giusto fare in determinate situazioni. Quando si ritrova a ferire Molly, capisce quanto lei sia importante e indispensabile.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mary Morstan, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Per scrivere la seguente OS mi sono ispirata a questa canzone: http://www.youtube.com/watch?v=dyYAdJGbpjA 
di cui sono presenti alcune citazioni nel testo. Ascoltatela, se vi va. Buona lettura! 





I Was Wrong
 


 
Se durante i giorni di ordinaria e tranquilla routine trovarsi al Bart’s a fare qualche esame in laboratorio era alquanto appagante e rilassante, Sherlock Holmes non poteva dire che valeva lo stesso anche quella volta.
Odiava starsene lì ad analizzare materiali di cui non gli importava assolutamente nulla e a cercare di non rivolgere la parola a Molly.
Sì, perché dalla prima volta in cui avevano avuto un vero e proprio litigio, la patologa gli aveva tassativamente imposto di non rivolgerle la parola finché non l’avrebbe deciso lei. Sherlock non avrebbe avuto alcun tipo di esitazione se si fosse trattato di qualcun altro, avrebbe semplicemente disobbedito, ma da quando la relazione fra lui e Molly aveva raggiunto risvolti totalmente inaspettati, non riusciva proprio a dirle di no. Come ogni domenica -  l’unico giorno in cui non dovevano recarsi al Bart’s - quando lei gli impediva di alzarsi dal letto alle sei del mattino e lo costringeva a rimanere a rotolarsi fra le lenzuola almeno fino al mezzodì.
Non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma Molly Hooper esercitava su di lui un potere che raramente qualcun altro aveva avuto e che allo stesso tempo lo attraeva e lo spaventava come nient’altro al mondo.
Non poteva fare a meno di lei, ma questa era un’altra cosa che non avrebbe confessato nemmeno sotto tortura, nemmeno se a seviziare il suo corpo c’avessero pensato i peggiori clan mafiosi con cui Mycroft amava tanto avere a che fare.
Ciò di cui avrebbe volentieri voluto fare a meno in quel momento, invece, era quella esasperante e sgradevole situazione. Avrebbe voluto parlarle, dirle che il rimorso per le proprie parole era qualcosa che non riusciva più a sopportare. O più semplicemente avrebbe voluto toccarla e sfiorarla nel modo che usava sempre quando non riusciva a esprimere con concetti concreti quello che gli passava per la testa. In fondo era quello il loro rapporto: le parole erano così inutili e superflue e i loro occhi erano così esperti a comunicare fra loro ché spesso si dimenticavano di articolare discorsi sensati anche per ore intere.
La sentiva muoversi alle sue spalle e girovagare fra i tavoli da lavoro in cerca di materiale, il suo passo era meccanico e freddo – evidente segno di nervosismo – ma non osava avvicinarglisi troppo mentre l’investigatore, d’altro canto, non aveva intenzione di darle la soddisfazione di vederlo alzare la testa dal microscopio, anche se entrambi sapevano che i suoi perfetti occhi non necessitavano quello strumento quasi mai.
Dopo essersi accertato che non l’avrebbe visto, le lanciò un’occhiata fugace e notò che si era seduta ed era concentrata a sfogliare un grosso tomo sulle biopsie dei tessuti possibilmente tumorali. Noioso. Che barba.
Ancora una volta tornò a concentrarsi sui vetrini che stava osservando, ma la sua mente era come attratta in maniera ineludibile verso il pensiero di quei capelli morbidi e di quegli occhi luminosi. Se solo fosse riuscito a capire come diavolo aveva fatto Molly ad occupare ogni angolo della sua mente in poco tempo, magari sarebbe riuscito ad applicarsi più attentamente all’analisi che stava conducendo.
Tutto era cambiato dal momento in cui l’aveva baciata per la prima volta e aveva capito che aveva un bisogno quasi fisico di avere anche una seconda, una terza e una quarta volta. Da allora ogni bacio era diverso dal precedente e ne scatenava sempre un successivo, perché quella bocca era piccola e sproporzionata rispetto al resto del viso, sì, ma aveva il sapore più squisito che avesse mai saggiato e non se ne sarebbe mai separato.
La reminescenza dei loro dolci incontri fu probabilmente ciò che lo spinse a voltarsi verso di lei e a tentare un approccio per fare la pace, così come diceva spesso la patologa. Quello che non si era aspettato, però, era il fatto di trovarla con la testa appoggiata sul braccio sinistro e il naso all’insù che si appoggiava delicatamente alle pagine spesse del volume.
Si era addormentata.


 
 
I saw you feel asleep when you were reading

 
 
Solo ora che poteva finalmente osservarla senza dover cedere all’orgoglio e sostenere il suo guardo,  riconosceva i segni di una notte insonne, le occhiaie erano evidenti e marcate e i muscoli facciali leggermente contratti, seppur avesse assunto la tipica espressione rilassata del sonno.
Non aveva dormito per tutta la nottata e, pur di non lasciargli alcuna gratificazione, si era comunque presentata al lavoro. Era tipico di Molly; di lei si poteva pensare qualsiasi cosa: che fosse una stupida, una zitella, una romantica dai gusti improponibili in fatto di stile e uomini, ma nessuno poteva avere il diritto di muovere anche una piccola critica sul suo operato al lavoro. E lei si impegnava davvero perché questo non accadesse categoricamente mai, dimostrandosi così fin da subito l’unica su cui Sherlock avrebbe potuto contare.


 
 
And I saw what it was that I had done

 
 
I n quel momento aveva la possibilità di dedurla e analizzarla senza interferenze, perciò poté notare i segni del nervosismo e di un complessivo stato d’animo negativo indicati dalle sopracciglia aggrottate e dalla bocca arricciata in una facilmente deducibile espressione di concitazione. Guardandola così indifesa e corrucciata, Sherlock non poté fare a meno di impedire a una tediosa sensazione di attaccarlo con insistenza: senso di colpa.

 
 
Last night we fell apart and broke to pieces

 
 
Era avvenuto tutto la sera precedente.  Sapeva fin da subito che non avrebbe mai dovuto accettare di partecipare a una cosa tanto stupida, eppure l’aveva fatto. Per lei. E così aveva distrutto tutto. Ci era voluto un momento, una frase, un breve attimo.  Era buffo, visto sotto un certo punto di vista – il suo -, che più s’impegnasse a cercare di far funzionare le cose fra lui e Molly, più queste andassero nella direzione totalmente opposta.
« Perché dovrebbe importarmi? »
E in un attimo John e Mary, Lestrade e la signora Hudson avevano smesso di parlare. Tutti lo guardavano, lo fissavano allarmati, chiedendosi perché avrebbe dovuto reagire in quel modo. Tutti, tranne una persona. L’unica che si era immobilizzata sul posto, dandogli le spalle, e non era riuscita a voltarsi, a guardarlo negli occhi.
La serata stava andando tecnicamente bene, se si tralasciava il rigido mutismo che Sherlock aveva mantenuto imperterrito per tutta la cena, finché qualcuno – non che gli importasse chi – aveva giocosamente domandato: « Beh, Molly, è evidente che ti stai vedendo con un uomo. Dicci chi è! »
La patologa era arrossita e, cercando di fissare lo sguardo su qualsiasi cosa non fosse il consulente investigativo, aveva negato e tentato di indirizzare l’argomento della conversazione molto lontano da lei.
Eppure non c’era riuscita poi tanto bene, perché Greg aveva notato che il minore degli Holmes si era irrigidito e voltato verso la finestra, perciò aveva continuato, assolutamente inconsapevole del peso che le sue parole avrebbero avuto: « Che c’è, Sherlock, sei geloso? »
Ed eccola lì, la risposta. « Perché dovrebbe importarmi? » Erano tre semplici parole, eppure erano state in grado di distruggere tutto ciò per cui aveva lottato. Non aveva nemmeno pensato prima di pronunciarle, se le era lasciate semplicemente sfuggire via.
Si era ritrovato nel panico, lui, il grande investigatore di Londra, e aveva semplicemente permesso alla sua parte di freddo calcolatore di prendere il controllo. Era più facile che dire la verità e sicuramente era meglio che spiegare che in realtà sì, era davvero infastidito al solo pensiero di Molly tra le braccia di qualcun altro.
A quel punto, quindi, era calato un rigido e gelido silenzio, una quiete che non preludeva a niente di buono e che suggeriva che la serata si era appena conclusa.
Molly, ancora senza pronunciare nemmeno una parola e senza voltarsi nella direzione dell’unico uomo che era in grado di influenzarla così tanto, aveva preso il cappotto e aveva lasciato il 221B di Baker Street.
Sherlock non l’aveva seguita.


 
 
Our love was in the hall all packed in boxes
And I saw what it was that I had done to you


 
 
Con un battito di ciglia Sherlock tornò alla realtà, in quel preciso istante e in quell’esatto luogo, perché non c’era nessun altro posto in cui avrebbe voluto essere se non lì, con Molly, anche se lei non era cosciente e non poteva vedere il sincero dispiacere che si accumulava sul fondo dei suoi occhi.
Non c’erano scuse che il consulente potesse addurre per giustificare un comportamento simile, soprattutto perché le cose fra loro erano cambiate inesorabilmente. Soprattutto perché lei era la sua compagna, la donna con cui divideva i sogni e le speranze, l’unica che lo baciava con così tanto calore da farlo sentire a casa, anche se lui aveva sempre pensato di non averne mai avuta veramente una. C’era in lui una tremenda frustrazione nel constatare che nemmeno con lei riusciva ad essere umano, perché forse era vero che – come l’avevano spesso definito i giornali – lui teneva solamente al suo lavoro, e più in particolare solamente a se stesso. Ma subito si ritrovò a scartare quell’ipotesi, perché in quel momento si odiava più di quanto avesse mai creduto di essere capace e non avrebbe voluto far altro che sparire dalla vita di quella donna che gli aveva dato così tanto e che lui non era mai stato in grado di ripagare come dovuto.
In quel laboratorio, nel silenzio assoluto interrotto solo dal vociare furioso dei suoi pensieri, Sherlock aveva capito che non sarebbe mai potuto cambiare, che in lui c’era qualcosa di sbagliato che solo Molly era riuscita a vedere e comprendere, ed era per questo motivo che non poteva proprio lasciarla andare.
Un bisogno urgente si insinuò nel petto dell’unico consulente investigativo al mondo e, compiendo un passo avanti, decise di esaudirlo. Si avvicinò a Molly e la guardò ancora per un attimo; pur non volendolo, un sorriso premuroso affiorò sulle sue labbra mentre avvicinava le dita tremanti al suo viso. La sua pelle era sempre calda e morbida, un rifugio in cui Sherlock non avrebbe mai voluto smettere di ripararsi, e carezzarla era un gesto quasi istintivo che aveva fatto talmente tante volte da perdere il conto.

                                                                                                                                                        I was wrong


Dopo essere rimasto per diciassette secondi in quella posizione, il moro prese un biglietto e ci scrisse su poche parole, solamente il necessario, poi uscì dal laboratorio.



Quando Molly Hooper si ridestò dal torpore che l’aveva colta inaspettata, era sola. Una leggera confusione le intorpidiva la mente, ma in pochi attimi ricordò tutto: la sera prima, le parole di Sherlock, il momento in cui si erano rivisti quella mattina e il fatto che non si fossero rivolti la parola, ognuno troppo orgoglioso per compiere il primo passo.
Si pentì immediatamente di essersi fatta vedere così debole, perché per lei addormentarsi al lavoro era un sicuro segno di scarsa professionalità e il fatto che ci fosse stato l'investigatore ad assistere a quella dimostrazione non fece che irritarla di più, se possibile.
La patologa aveva deciso di ricacciare indietro quella sensazione di malumore e di alzarsi, quando notò un piccolo biglietto ripiegato vicino al tomo che stava leggendo. Capì immediatamente chi fosse il mittente e, dopo un attimo di esitazione, afferrò il pezzo di carta con stizza e lesse attentamente il suo contenuto.

 
– Perdonami. Sei tutto ciò che non posso permettermi di perdere. –

Ci vollero solo cinque secondi perché Molly prendesse il cappotto e si dirigesse con impazienza a Baker Street.
  
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