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Autore: Summer_Cocktails    22/02/2014    2 recensioni
"Il mio lavoro come giornalista di cronaca nera consiste principalmente nel far divulgare le notizie, indipendentemente dal fatto che siano belle o brutte, utili o inutili, vere o false. Sì, è da ipocrita ma i lettori ci credono e ai giornalisti sta bene, però non per me. Perché io … Beh… Perché io sono dell’idea che un buon articolo debba avere principalmente notizie belle o brutte, utili o inutili ma vere … sempre vere …"
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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                                                          Capitolo 1 - Tu-

Un giorno ti capita di guardarti allo specchio.
Vedi la tua immagine riflessa e solo in quel momento capisci che non è altro che una sagoma piatta, una maschera di cera troppo perfetta per essere vera.
Ti porti una mano a toccare il viso, le labbra, il naso, gli zigomi, alla disperata ricerca di un rimasuglio di te, di un qualcosa che sia riuscito a trarsi in salvo dall’artificiale. Ma niente, non è rimasto più niente di te fuori.
Sei cambiata; devi accettarlo e fartene una ragione.
Arrangiati, perché l’hai voluto tu.
Arrabbiati, perché l’hanno voluto gli altri.
Arrenditi, perché l’ha voluto il destino.
Poi, le tue dita scivolano sotto gli occhi, senti un leggero rigonfiamento e ti dici: “ È perché da un po’di tempo faccio fatica a prendere sonno.”
No, menti. Menti ancora. Menti avendo persino il coraggio di guardare dritto negli occhi quella donna che ti assomiglia al di là della superficie riflettente; senza esitazioni, senza il ben che minimo rimorso.
Ma in fondo non c’è da stupirsi, tu sei un’attrice , *e un’attrice non è altro che una bugiarda alla quale si chiede la massima sincerità.
La sagoma piatta ora ha le iridi blu inzuppate di lacrime, piccole gocce di cera nera che colano deformano la perfezione della maschera. Le cicatrici e gli sbagli del passato riaffiorano, come i resti scomodi di un cadavere gettato nell’acqua.

Chissà cosa avrebbe pensato la gente di te adesso, a vederti piangere come una sciocca bambinetta. E chissà come ti avrebbero giudicato, con quali parole ti avrebbero etichettato?
Povera? Disgraziata? Debole? Falsa? Ridicola? Fallita?
Qualcuno ti avrebbe mai capito? Qualcuno ti avrebbe mai difeso? Ma soprattutto, tu, avresti mai avuto il coraggio di difenderti ora?

Il tuo viso cerca riparo tra le lunghe mani. Vuoi fuggire dalla turbine di domande che avviluppano la tua mente stanca. Alzi nuovamente il capo, e subito il tuo sguardo si posa sulla vetrina del frigobar rispecchiato nello specchio, proprio dietro di te.
Sembrano quasi che ti vogliano tentare quelle maledette bottiglie, sistemate lì in bella vista, con le loro etichette accattivanti e con quel liquido che luccica e crea sfumature dentro il vetro.
Sono alla portata di tutti.
Sono alla tua portata.
 
Sei tentata, di andare davanti a quel piccolo frigorifero per nani, di aprirlo e di scolarti la prima bottiglia di whisky che trovi; ma poi ci ripensi.
Non puoi ricominciare a bere, non ora che finalmente ti sei decisa a smettere, non dopo quasi un mese di totale astinenza, e soprattutto, non ora che stai per riaverla.
Ti fa male pensare a lei, alla persona che fonda le sue radici in un groviglio sviscerato di bugie, raccontate solo per rattoppare, come si fa con i vestiti, i tuoi errori. Adesso tu vuoi essere sincera con lei, adesso la vuoi ritrovare, adesso la vuoi riavere.

Senti il tuo cuore battere all’impazzata. Goccioline di sudore impregnano la tua fronte alta. La mancanza dell’alcol inizia a farsi sentire, come anche la brama.
Non hai sete, hai solo voglia di qualcosa che ti aiuti ad affogare; di qualcosa che ti aiuti ad arrestare il respiro del dolore che ti priva del tuo

Alla fine a pervadere è il tuo egoismo. Ti alzi dalla sedia e corri veloce verso il piccolo bar. Afferri con voracità una bottiglia di scotch e un bicchiere. Versi il liquore nella coppa e per qualche minuto resti ad osservare il liquido ambrato. Non lo fai perché hai dei rimorsi, ma solo perché avevi mancanza di quello che per te era nettare.
Ti porti il bicchiere alle labbra. Primo sorso. L’alcool cola come colla calda nella gola, fino ad arrivare nelle viscere del tuo corpo. Calore si crea.
Si susseguono anche il secondo, il terzo e il quarto sorso. La coppa si svuota e si riempie. Senza sosta, senza freni.
Ci sei ricascata.

Guardi la luna sorniona sostare alta nel cielo stellato. Tutte le notti lei è lì, in quell’immenso mare cosmico e guarda, guarda con il naso rivolto verso il basso, verso la terra. Ispeziona meticolosa città per città, paese per paese, alla ricerca di una qualche mielosa e nauseante madre che da il bacio della buona notte al figlio, già stretto tra le braccia di morfeo, di un qualche uomo travagliato che vende la sua anima al diavolo per pochi spiccioli, di qualche assassino che efferato uccide senza scrupoli la sua povera vittima, e di qualche donna debole come te, che per stare in pace con se stessa deve buttar giù almeno due bicchieri di brandy.
Chissà se la luna ti ha mai visto?
Alzi il bicchiere, come per fare cenno al pianeta di formaggio di posare i grandi occhi invisibili su di te.
“Guardami! “ Le urli alterata dall’alcool “facciamo un cin-cin insieme, solo io e te.”
Bevi. Senti il whisky scivolare serpeggiante nella tua bocca. Socchiudi gli occhi.

Ancora non sai che quello sarebbe stato il tuo ultimo brindisi con lei, perché la luna oramai sta per  tramontare; e con lei anche tu.


*questa frase lo presa da una citazione del grande Vittorio Gassman, con l’unica differenza che io l’ho riportata al femminile.

Angolino pseudo-scrittrice: Ciao a tutti! Questa è la prima storia che ho il coraggio( dopo una mezza giornata passata a capire come funziona sto dannato codice Html) di pubblicare, spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto. Se avete qualcosa da dire o una critica potete sempre(ovviamente) lasciare una recensione. Al prossimo capitolo.
Summer_Cocktails
  
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