Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: hikachu    23/02/2014    0 recensioni
Non c'è bene e non c'è male in questo. Dio ha semplicemente guadagnato il diritto di odiare ogni cosa. [Pre-Phantom Blood]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se vi è mai stato un tempo in cui conosceva la paura di quest'uomo, un tempo in cui desiderava esserne accettato o perlomeno una ragione che avrebbe dato un qualche significato al ronzio senza fine nelle sue orecchie e al borbottio senza fine del suo stomaco e ai capelli scomposti di sua madre, al suo viso coperto di lividi, ai suoi lamenti soffocati, deve essere passato molto in fretta e quando era ancora estremamente giovane, poiché oggi come oggi Dio non ricorda un singolo giorno, una singola ora, un singolo minuto vissuto come un cane bistrattato che cerca comunque la mano che l'ha colpito.

Forse ad un certo punto ha lasciato che l'odio divorasse i ricordi per riparare il proprio orgoglio e dare a se stesso qualcosa a cui aggrapparsi—una ferita aperta, che pizzica e punge sempre, sempre lì a ricordargli perché non dovrebbe mai abbassarsi dinnanzi a nessuno, non per sottomettersi e non per offrire una mano amica.

Forse, vi è stato un tempo in cui era debole, quando sarebbe ancora potuto crescere e diventare una persona diversa con pensieri diversi e una vita diversa da realizzare, ma quale che sia la verità, Dio non ne ha più bisogno.

Perché ha imparato a rispondere a tono e poi ad aspettare, a sopportare e a restituire il colpo al momento giusto, quando fa più male e può risucchiare via la volontà di mordere anche dal cane più ostinato.

A quelli che non può toccare – non ancora – perché le sue membra sono ancora troppo corte e non ancora abbastanza grosse, promette silenziosamente di non dimenticare mai e come potrebbe poi, con una città e un paese e un mondo intero pieni di spazzatura che aspetta soltanto di essere calpestata da lui?

L'immagine di sua madre si fa sempre più lontana dalla realtà e più vicina al sogno di giorno in giorno, e Dio vorrebbe poter tener stretto questo ricordo soltanto, conservarlo come non ha potuto conservare i suoi vestiti e quei pochi pezzi di gioielleria che aveva portato con sé quando aveva preso la dannata decisione di seguire un uomo dannato. Persino a dodici anni – dovrebbe avere all'incirca dodici anni, pensa – Dio è cosciente di non poter vivere di ricordi di brevi, dolce-amari momenti di calore, ma sua madre era, ed è, l'unica cosa bella e pura che lui abbia mai conosciuto e Dio è certo che il mondo non gli permetterà mai di conoscerne altre.

È la mano di lei, invece, che Dio ricorda vividamente; la mano di lei così com'era mentre si sforzava di sorridere al vuoto perché non riusciva più a discernere dove fosse la faccia di suo figlio. Ricorda quel pallore spettrale che si scioglieva nel leggero blu-viola sotto le unghie spezzate. Ricorda il sudore freddo che faceva scivolare i loro palmi l'uno contro l'altro e come la stretta disperata di lei attorno alle sue dita avesse cessato poco a poco di fare male e lui si era ritrovato a desiderare che non smettesse mai.

Dio ricorda di essersi chiesto, nel momento in cui lei aveva sospirato un'ultima volta, e adesso, e sebbene non se lo perdonerà mai completamente, non gli riesce nemmeno di costringersi a vergognarsene, perché lei era, ed è, l'unica cosa bella e pura che lui abbia mai conosciuto.

Dio ricorda i suoi folti capelli scuri e vorrebbe – quando la rabbia è tanto forte ed accecante che lui non può fare a meno di nutrire pensieri patetici – che anche i suoi lo fossero, perché odia quest'uomo che deve chiamare padre, odia l'idea di appartenergli in qualche modo, di condividere con lui cose che non spariranno mai. Talvolta Dio vorrebbe essere in grado di strappar via la sua stessa pelle o di vomitare tutto il sangue che li lega, e questi sono i momenti in cui esce senza alcun'altra speranza o intenzione che quella di malmenare di bambini del vicinato: creature evanescenti, leggere come piume, che non hanno nulla da offrirgli se non la soddisfazione di vedere un'altra creatura vivente soffrire; la conveniente certezza che Dio non è triste e non è debole e quale altro scopo potrebbero avere questi bambini dimenticati nelle loro brevi, miserabili vite, se lui non fosse lì a incrinarne le costole e a calpestarne le dita e se loro non avessero bisogno di preoccuparsi di provare a difendersi. Se questo non fosse il loro posto – a piangere e a dibattersi nella neve sporca, sotto la suola delle scarpe logore di Dio – vincerebbero, sarebbero in grado di trattenerlo a terra e di sferrare calci fino a che lui non tossisse sangue. Non c'è bene e non c'è male in questo. È una questione di natura e diritto di nascita.

Una campana suona da qualche parte a Londra, ricordando a Dio che è ora della medicina per suo padre.

Raccoglie la copia sbiadita del Vangelo – un relitto con pagine mancanti che sua madre aveva usato per insegnargli a leggere – dal suo grembo, e la mette via sulla superficie di legno che svolge il doppio ruolo di scrivania a tavolo per i pasti.

Fa molta attenzione a versare la giusta quantità di polvere nel bicchiere: è molto costosa, dopotutto, e, sorridendo, Dio non può fare a meno di contare i giorni fino a quando sortirà il suo effetto.

Non c'è bene e non c'è male in questo. Dio ha semplicemente guadagnato il diritto di odiare ogni cosa.
   
 
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