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Autore: Lily Liddell    23/02/2014    2 recensioni
Gli attimi prima della mietitura dei 75° Hunger Games e il viaggio verso la Capitale.
La versione non censurata del capitolo omonimo presente nella raccolta "Il Leone e La Farfalla".
[Hayffie]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sintesi: Gli attimi prima della mietitura dei 75° Hunger Games e il viaggio verso la Capitale.

A/N: Okay, questa è la versione non censurata. Come ho detto non è niente di che, però volevo comunque postare il capitolo come l’ho impostato all’inizio nella mia mente. Spero di non deludere nessuno… D:


Haymitch POV.
 
È il giorno della mietitura, devo uscire di casa entro venti minuti e ho veramente bisogno di bere. Non posso farlo, però. Non adesso, l’ho promesso a Peeta il giorno dopo l’annuncio dell’Edizione della Memoria.
Sarò sincero, gli allenamenti a cui ci ha sottoposto il ragazzo hanno dato i loro frutti, ma nell’arena non resisterei comunque. Non che debba provarci nel caso toccasse a me.
Stranamente non sono agitato, l’astinenza e il caldo mi distraggono abbastanza da poter non pensare all’imminente avvenimento che potrebbe segnare la fine della mia vita, forse la verità è che se anche finisse non me ne importerebbe più di tanto.
Sento bussare alla porta, forse è Peeta che viene a controllare come sto, quando apro mi rendo conto che non è Peeta ma Effie.
Non ha una bella cera, è impacchettata come al solito, quest’anno si è conciata come una farfalla. Veramente pittoresco.
È truccata meno rispetto agli altri anni, però, riesco quasi a vederle la faccia. Un attimo dopo capisco il motivo: è chiaro come il sole che ha passato le ultime ore a piangere, se si fosse truccata di più le si sarebbe sciolta la maschera…
Sono stupito di trovarmela di fronte, mi aspettavo di trovarla sul palco, nessuno dei due dice niente; dopo l’annunciazione dell’Edizione della Memoria mi ha chiamato ogni due giorni e ho sempre risposto per paura che se non l’avessi fatto sarebbe venuta di persona a controllare che non fossi morto. Quindi non abbiamo molto da dirci.
Mi faccio da parte per farla entrare ma lei non si muove, sto per chiederle che le prende quando sopprimendo un singhiozzo mi si lancia praticamente addosso allacciandomi le braccia al collo e dandomi un bacio.
Non ero preparato a questo e faccio un passo indietro per non rovinare a terra ma poi ricambio istintivamente il bacio, perché non vedo altre alternative.
Le nostre labbra restano incatenate più del dovuto e oltre al sapore del suo rossetto, qualcosa di fruttato che non riesco a definire, sento anche un sapore salato e mi rendo conto che ha ripreso a piangere.
Ci separiamo e cerco di trovare qualcosa da dire per farla sentire meglio perché credo di non averla mai vista in questo stato, nemmeno dopo la morte dei nostri tributi. “Addirittura le lacrime, dolcezza? Bacio veramente così male?” È la cosa migliore che mi viene in mente… un po’ me ne vergogno perché un tempo sarei riuscito a fare molto di meglio, ma in quel preciso istante troppe cose mi passano per la testa.
Lei abbozza un sorriso, visibilmente arrossita e si asciuga le lacrime con il dorso della mano. “Non posso farlo…” Dice e io scuoto la testa.
Ne avevamo già parlato un miliardo di volte, doveva farlo.
“Non puoi non farlo, Effie. L’unica cose che puoi e devi fare è sorridere, andare su quel palco, leggere il nome di Katniss, pescare il mio o quello di Peeta e fare come se niente fosse diverso dagli altri anni.”
Quelle parole spazzano via l’ombra del sorriso che si era formato sulle sue labbra e ricomincia a singhiozzare, scuotendo ripetutamente la testa. Mi trovo costretto ad abbracciarla ma non riesco a sentirmi in colpa. Non è colpa mia e non è nemmeno colpa sua.
Non abbiamo altra scelta.
Dopo un po’ Effie mi lascia andare, vado in cucina a prenderle un bicchiere d’acqua e quando torno lei si sta sistemando il trucco e la parrucca che si era spostata.
Le passo l’acqua e lei comincia a bere a piccoli sorsi, cercando di non riprendere a singhiozzare.
Quando finisce di bere guarda l’orologio sulla mia parete e si alza in piedi. “Devo andare o farò tardi.”
L’accompagno alla porta e prima di uscire mi sento in dovere di dirle un’ultima cosa. “Chiunque dei due pescherai, l’altro si offrirà volontario…” Non so se ho fatto bene a dirglielo, ma ormai lo avevo fatto.
Effie si allontana, io chiudo la porta e penso che se prima avevo bisogno di bere adesso ho bisogno di perdermi completamente nella bottiglia.
Cinque minuti esco anche io; Effie sembra fare del suo meglio per sembrare normale, ma non riesce molto bene nel suo intento. Forse ad un occhio estraneo può darla a bere ma Katniss e Peeta con uno sguardo si accorgono che non è la solita. Io posso solo pensare che rispetto a venti minuti fa, questo che sta facendo sul palco è un miracolo.
La cerimonia dura pochissimo.
Effie pronuncia il nome di Katniss, poi il mio e non ho nemmeno il tempo di voltarmi verso la ragazza che subito Peeta si offre volontario. Lo sapevamo tutti che sarebbe successo. Non posso farci niente e sinceramente non so nemmeno se sentirmi sollevato o meno.
I Pacificatori si portano immediatamente via i due ragazzi, separandoli da me e da Effie. Lei è visibilmente turbata, ma deve finire la cerimonia. Mentre torno a sedermi le sfioro appena il braccio in quello che spero prenda come un segno di incoraggiamento.
Non appena la cerimonia finisce, pochi minuti dopo, veniamo subito scortati nel Palazzo di Giustizia, a quanto pare le nuove procedure non permettono ai tributi di salutare. Protestare è inutile, i Pacificatori ci spronano con i loro fucili e noi non possiamo fare nient’altro che non sia filare dritti alla stazione.
Sul treno mi ritiro in camera mia, non ho voglia di sapere come stanno Katniss e Peeta, né tantomeno Effie. Non ce la farei a sopportare un’altra volta il pianto di nemmeno un’ora prima.
È ora di cena quando lei viene a chiamarmi, a tavola l’atmosfera è tremenda.
Non presto nemmeno attenzione a quello che succede accanto a me, mi limito a mangiare e a non bere, perché visto che sono di nuovo il mentore e che ho promesso a Katniss di fare del mio meglio per salvare Peeta, bere è l’ultima delle cose che mi è concesso fare.
Mi accorgo a malapena che Effie propone qualcosa a proposito di simboli, di squadra… ma non ho veramente ascoltato quello che ha detto, quindi mi limito ad acconsentire sperando di non aver firmato qualcosa di ridicolo.
Dopo un po’ mi accorgo Effie ha fatto portare via il suo vino, forse lo fa per incoraggiarmi ma la cosa non cambia il fatto che ucciderei per una bottiglia di liquore bianco.
Katniss fa un pessimo tentativo di sollevare l’atmosfera, ma l’unica cosa che voglio è essere lasciato in pace, quindi appena Effie propone di andare a vedere il riepilogo delle mietiture mi alzo e vado nello scompartimento col televisore.
Seguo le mietiture senza fare commenti, per alcuni di loro mi dispiace, altri mi sono del tutto indifferenti.
Appena finiscono mi alzo in silenzio e mi ritiro nella mia stanza, mi metto sul letto e comincio a fissare il soffitto. Dopo nemmeno cinque minuti la porta si apre ed entra Effie, non dico niente aspetto di sentire che cosa ha da dirmi.
Probabilmente commenti su come le dispiaccia che alcuni dei miei amici debbano tornare nell’arena. Per la seconda volta durante la giornata Effie mi sorprende, perché non dice niente ma si avvicina al mio letto e si stende accanto a me.
È un gesto decisamente inappropriato, come direbbe lei, ma non sembra fregarsene. Immagino che oggi sia una giornata particolare.
Sembra volersi avvicinare, io non le dico niente ma non mi sposto e lei si decide a poggiarmi la testa sulla spalla, sta facendo di tutto per non rimettersi a piangere.
Dopo un po’ comincia a parlare e la ascolto. È il discorso che mi aspettavo quando è entrata, dice che apprezza il fatto che abbia smesso di bere. Evito di dirle che è solo per questi giorni, poi probabilmente cambierà ogni cosa.
Ad un certo punto mi accorgo che ha smesso di parlare, forse si è addormentata, poco dopo però si alza ed esce, per poi tornare qualche tempo dopo completamente struccata e con indosso una camicia da notte di un verde brillante.
Nemmeno quando dorme riesce ad essere normale.
Non protesto quando si infila sotto le mie coperte, perché quando se ne è andata mi sono ritrovato a sentire la mancanza del calore corporeo.
Nessuno dei due però riesce a dormire, ce ne stiamo in silenzio, ogni tanto lei dice qualcosa a proposito di Cecelia, io annuisco.
Dopo un po’ sono io a parlare, le racconto qualcosa su Chaff e lei a rimanere in silenzio, poi parliamo di Mags, di come non abbia alcuna speranza.
Continuiamo così per ore finché dal nulla, esattamente come questa mattina, le sue labbra trovano le mie ma stavolta non ci sono lacrime.
Il bacio cresce, diventa qualcosa di molto più grande di noi, e me ne accorgo quando è già troppo tardi. Riesco quasi a percepire la sua disperazione.
Nessuno dei due sembra sapere quello che sta succedendo, i gesti sono automatici.
Tolti i vestiti e la parrucca è incredibilmente minuta e fragile e me ne accorgo per la prima volta da quando è rientrata solo ora.
Ho quasi paura di farle male mentre inverto le posizioni e mi ritrovo sopra di lei, ma i suoi occhi mi dicono di continuare.
Mentirei se dicessi che in tutti gli anni in cui abbiamo lavorato insieme non ho mai fatto fantasie su Effie Trinket, sono un uomo e i vestiti che indossa in certe occasioni lasciano ben poco all’immaginazione.
Mai però avrei pensato che sarebbe successo sul serio, meno che mai in questo modo, in queste circostanze.
Pensavo che sarebbe stata una notte ubriaca, da parte mia e da parte sua e invece eravamo tutti e due completamente sobri e probabilmente entrambi avevamo bisogno di compagnia.
Il suo corpo è caldo e morbido sotto di me, non pensavo che la sensazione sarebbe stata così. In genere sembra così finta che qualche volta ho pensato che il suo corpo fosse fatto di plastica.
Tutti i miei sensi si sono risvegliati, è raro che stia con una donna quando non sono ubriaco e in genere la sbronza assopisce la maggior parte delle sensazioni.
Quando con delicatezza, sempre per paura di romperla – come se fosse una bambola di porcellana – la incito ad allacciare le gambe attorno alla mia vita, le poggio la testa nell’incavo del collo e un odore dolciastro proveniente dai suoi capelli mi investe. Ancora una volta non so identificare che cosa sia.
I momenti seguenti si perdono completamente in un turbinio di estasi, gemiti e carezze, di sospiri e sussurri.
No, no… decisamente di tutti gli scenari che mi si sono presentati alla mente nel corso degli anni questo è l’ultimo. Nemmeno l’ultimo, questo non si è mai presentato.
È solo quando siamo abbracciati, avvolti dalle coperte, che arrivano le lacrime; non sono le stesse lacrime di questa mattina. Non singhiozza incontrollatamente, piange in silenzio, perché ha finalmente capito che non si può scappare da quello che da lì a poche ore sarebbe successo. Almeno uno dei due fra Katniss e Peeta avrebbe perso la vita. Non c’è modo di salvarli entrambi, non dal suo punto di vista.
Quando sono sicuro che si sia addormentata chino lo sguardo su di lei e sembra più serena. L’assurdità della situazione mi arriva tutta insieme, non abbiamo pensato alle conseguenze, se ce ne saranno…
Io odio Effie Trinket.
Odio i suoi vestiti assurdi, odio le sue parrucche oscene, i suoi tacchi vertiginosi, la sua voce stridula, il suo accento ridicolo.
Mi soffermo ad osservarla meglio ed è in quel momento che la cosa mi colpisce: come è ora, spogliata di tutto, silenziosa e addormentata con la testa poggiata alla mia spalla e il mio braccio avvolto alla sua vita, nessuna delle cose che ho citato prima le appartiene.
E mi rendo conto che così non riesco ad odiarla.
   
 
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