Un'altra fanfic matta, scritta in coppia con Frecchan, la mia Mello, ‘sta
volta. Devo ringraziarla di tutto cuore per come si è impegnata a scrivere, a
dare le idee, e mi spiace molto che non abbia voluto pubblicarla sul suo
account, come credo che sarebbe stato giusto. Ha fatto davvero la gran parte
del lavoro, e i complimenti credo che vadano tutti a lei.
La cosa era nata da una delle tante domande strane che
ci facciamo su msn. Questa volta era “Ma come morirebbe Near?”, così abbiamo
deciso di esporre le nostre idee… Forse Halle qui è un po’ OOC, ma noi la
vedevamo in questo modo in quel momento disperato…
Speriamo nonostante tutto vivamente entrambi che
apprezziate.
Commentate numerosi!<3
X Frecchan: My dear Mello,
I love you so much!<3 I’m anything without you. By your Matt.
Last
Breath
Un
colpo di tosse, la fronte bollente che non accenna a dolere di meno.
Le
pesanti coperte bianche che mi coprono fino al collo, tentando inutilmente di
procurarmi un po’ del calore necessario per la guarigione, mentre intanto
piccole gocce trasparenti di sudore cominciano a bagnarmi il collo pallido e
teso. Il viso latteo sempre più sofferente, le labbra sottili arricciate in una
smorfia di dolore, il mio piccolo corpicino bianco scosso da violenti brividi.
Male.
Tanto, tantissimo male.
Le
tempie che pulsano, un tamburo nella testa che mi impedisce di mantenere la mia
solita lucidità di fronte ad una dolenza che non avevo mai conosciuto prima.
Tossisco
ancora, più forte, sputando l’anima in un solo secondo, sentendo il fiato
mancarmi tanto è doloroso.
Già.
Non sono mai stato abituato a soffrire.
A
dire la verità, non avevo proprio mai sofferto prima d’ora.
Come
avrei potuto?
Sempre
nel mio piccolo mondo, chiuso tra le quattro mura di un quartier generale, in
una specie di cupola di vetro. Non mi muovo mai, se non sia strettamente
necessario.
Mi
accontento di poco, mi bastano i miei giocattoli, non pretendo avere
nient’altro a farmi compagnia, nemmeno adesso...
Sento
le loro voci fuori dalla stanza. Vorrei tappare le orecchie, non ascoltare
quello che quel medico sta dicendo a Halle.
Ah
sì, povera Halle… Lei cerca di starmi vicino fino all’ultimo, per quanto le sia
possibile. Una magra consolazione per me, colui che ha smascherato Kira. Dovrei
essere riempito di onori… Eppure di onori, non ne ho mai voluti.
E’
comunque inutile che io non voglia ascoltare, tanto la verità è quella… E non
posso fare assolutamente niente per cambiare le cose.
“…Non
le nascondo che la situazione è critica… Lo sapevate già che è una persona
estremamente debole di salute… ”
Non
sento Halle rispondere. Deve essere scioccata.
Per
me lei è sempre stata come una specie madre, la madre che non ho mai avuto, e
che sinceramente non ho mai chiesto.
Nonostante
il mio aspetto esageratamente infantile, non mi è mai servita una figura
materna che mi assistesse. Dopotutto, anche quando ero alla Wammy House ero
solo, infinitamente solo.
Ma
anche se non ho mai domandato qualcuno che si prendesse cura di me, non nego
che mi sarebbe sempre piaciuto avere le attenzioni altrui, di sentirmi per una volta amato, coccolato… Come un normale bambino.
Peccato
che la mia infanzia sia finita da un pezzo, e io solo
adesso cerco di riconquistarla.
Nessuno
ha mai capito il mio modo di fare, la mia morbosa fissazione per i giocattoli e
gli svaghi puerili. La verità è solo una. La straziante, lacerante, dolorosa
solitudine che mi ha sempre circondato e isolato.
Quella
per la quale io non ho potuto essere un bambino qualunque, ma un emarginato
debole e indifeso, odiato da tutti.
Per
questo motivo, ho cercato troppo tardi di ricostruirmi quelli che dovrebbero
essere gli anni più belli e spensierati di una vita. Solo ora
mi accorgo quanto sia stato inutile, quanto mi abbia ancor maggiormente escluso
dal mondo.
“…Ne
è sicuro? Non c’è… Non c’è niente da fare?”
Eccola.
Una voce spaventata e insicura. Probabilmente quella che avrebbe una madre con
proprio figlio. Me l’aspettavo quell’intonazione da parte sua.
“Se
posso essere sincero, personalmente, credo che sarà già difficile che arrivi a
domani mattina, visto com’è messo. E’ una broncopolmonite. Su di lui ha avuto
effetti a dir poco devastanti. Mi era sembrato chiaro il fatto che dovesse
uscire il meno possibile, vista la sua salute cagionevole. Posso provare a
dargli qualcosa, ma non servirà a granché temo. Degli antidolorifici
sicuramente. Sono davvero desolato, signorina…”
Halle
non dice niente ora.
Dovevo
aspettarmelo, sapevo che sarebbe finita così per me. Io, con questa debolezza
fisica che mi ha sempre perseguitato… Avevo preso conto dell’eventualità di
ammalarmi andando a scovare Light Yagami… Ma non pensavo che sarebbe stato
qualcosa di così grave.
Il
mio primo errore di calcolo. Mi costa davvero caro… Mi costa la vita.
Che
cosa dannatamente ingiusta. Proprio io qui a morire in questo letto, tossendo
come un pazzo, il petto che mi pare vada in fiamme. Ho terribilmente male. Sono
come senza forze.
Dei
passi che si allontanano, altri che si avvicinano. La porta che cigola, Halle…
Avanza
con passo deciso, vari flaconi colorati dall’aria inquietante in mano fino al
mio letto, mentre la guardo con i miei occhi arrossati.
Li
lascia cadere sulle coperte, mi accarezza il capo fradicio di sudore.
Tossisco.
“Come
stai, Near? Ti fa tanto male?”
Che
voce gentile e apprensiva…
Poche
altre volte la gente ha usato questo tono nei miei riguardi. E’ triste pensare
che questa è l’ultima volta che lo udirò, quest’intonazione dolce e pacata,
intrisa di apprensione e … pietà?
In
risposta alla sua domanda lascio un lungo e agonizzante colpo di tosse, la gola
che mi brucia in modo esasperato.
La
donna abbassa lo sguardo, quasi fosse incapace di guardarmi soffrire.
La
sua mano tiepida e soffice stringe le mie dita sudate.
“Il
dottore mi ha detto di darti queste.” raccogliendo i flaconi di medicine
appoggiati al materasso. “Vedrai, ti faranno stare meglio…”.
La
osservo. La scruto. Lei, una donna così giovane e incredibilmente bella, per la
prima volta nei panni della madre. La prima, e probabilmente anche l’ultima,
conoscendola.
Ma,
soprattutto, la prima e l’ultima volta in pena per me.
“Non
le voglio.” mormoro con un sottilissimo e quasi impercettibile filo di voce,
tossendo.
Come
se quelle possano servire a qualcosa… Antidolorifici.
Per
farmi crepare senza agonizzare troppo?
“Near,
ti aiuteranno…”
“Ho
detto che non le voglio.” ripeto, portando timidamente un dito ai capelli
argentei, arricciando convulsamente un ciuffo, senza il coraggio di fissare
troppo intensamente quei suoi grandi occhi chiari, candidi, di quello strano
color zafferano. “Non serviranno a niente, e lo sai.”
Mi
guarda tristemente. Ho l’impressione che si metterà a piangere da un momento a l’altro, eppure sono certo che non lo farà.
Ritira
la mano curata, sconsolata. Voleva aiutarmi… Non importa, nulla importa davvero
più.
“Te
le lascio sul comodino… Dopo magari potresti anche provare a…”
“Lo
so che sto per morire, Halle. E’ inutile che tu faccia finta di niente. Ho
ascoltato le parole del dottore… E poi me lo sento dentro.”
La
mia voce, di solito dal tono femmineo e morbido, ora è rauca, flebile,
affaticata, non sembra nemmeno mia.
“Mi
dispiace tanto, Near… Io… Io non so cosa fare…”
Si
copra la bocca. Povera sfortunata Halle. L’unica donna che a me tenga un
minimo. L’unica ad essermi vicino, vicino ad uno come
me, che non può darle niente in cambio, nemmeno l’affetto…
Mi
chiedo perché ora non sia anche lei con Jevanni chissà dove, a farsi la sua
vita tranquilla. No, lei è qui a disperarsi per me.
“Non
devi fare niente… Puoi andare… Non c’è bisogno che tu resti qui a vedermi
morire.”
“Aspetta!
Io devo… Oh Near… Devo… Devo dirti…”
La
sua mano destra serra ora la mia, la sinistra appoggiata delicatamente sulla
mia guancia bollente.
Tossisco
ancora, più forte. Che sofferenza, fa sempre più male, sono esausto…
I
suoi occhi sono intrisi di un sentimento impossibile da definire. Sento solo
che mi dispiace, mi dispiace sinceramente per lei, soprattutto perché non
saprei come ricambiare tanto incondizionato amore tutto d’un tratto. Io non ho
mai amato nessuno, quando ne ho avuto il tempo… e anche ora, che di tempo non
ne ho più, rimarrò ancora solo.
Questa
è la mia vita. In poche, semplici parole.
Cinica,
desolata e vuota. Ed essenzialmente sola.
“Near,
io… devo dirti una cosa.” sussurra febbrilmente, accarezzandomi teneramente il
viso.
“Cosa?”.
Ed ecco qui. Un nuovo motivo di infelicità. Me lo sento, altrimenti non le
sarebbe tanto difficile parlarmi.
“Non…non
ci rimarrai male, Near?”
Non
rispondo.
Che
domanda stupida. E’ ovvio che ci rimarrò male, soprattutto in un momento come
questo, segregato in questo letto, soffocato dai miei giocattoli, una condanna
di morte sulla fronte.
Mi
limito ad arricciarmi i capelli, osservandola stancamente.
“Near…Io…
sono incinta.”
L’ennesimo
colpo di tosse violento, che mi costringe questa volta a piegarmi in due.
Premurosa
come sempre, Halle scatta a rimettermi immediatamente sdraiato con la testa ben
appoggiata in mezzo ai cuscini, asciugandomi le labbra con un fazzoletto preso
dal mio comodino.
Lei,
proprio lei, Halle… Incinta. Mi ha preso totalmente alla sprovvista. L’ho mai
immaginata come una vera persona, con delle voglie, delle pulsioni sessuali,
degli istinti? No. Anche lei per me, non è mai stata altro che un giocattolo ai
miei occhi…
Ok,
devo comunque mantenere la mia solita calma. Devo essere razionale come sempre,
dirle ciò che lei vuole sentirsi dire, senza tradire la mia sorpresa. Che senso
avrebbe farla soffrire ora? Anche se è inutile dire che sono tremendamente
geloso di quella piccola vita che cresce nel suo ventre ad ogni istante…
Avrà
tanti anni davanti a sé, per prima cosa, mentre io sono finito senza mai aver
sul serio vissuto.
E
poi… Ho un sospetto terribile. Forse ho già capito… E la cosa mi fa
maledettamente male.
“E’
lui il padre…?”
“…
Si.”
Lo
sapevo, lo sapevo… La cosa mi distrugge, mi dilania dall’interno peggio di
questa malattia.
Una
lacerante fitta al petto.
Straziante.
Acutissima.
Agonizzante.
Eppure
non credevo che una cosa del genere potesse farmi tanto soffrire… dopotutto,
Halle ha il diritto di vivere la sua vita, esattamente come lui…
Volto
la testa dall’altra parte, per nascondere le smorfie di rammarico che
involontariamente mi segnano il viso. Non lo faccio apposta… Solo che sto tanto
male…
“Near…
Io…”
“Non
ha importanza.”
“…Mi
dispiace! E’… imperdonabile! Avrà minimo 10 anni meno di me, però… Ascolta… Lui
non mi ha nemmeno sfiorata, sono stata io che…”
“Non
c’è bisogno che ti giustifichi. Piuttosto, ne sei sicura?”
Non
dice niente. Si limita ad abbassare il capo, i lunghi capelli biondi che le
coprono il viso, mentre piccole lacrime trasparenti le solcano le guancie
pallide.
Mi
dovrebbe far pena, una vista del genere.
Lei,
la donna che mi fa da madre in una situazione del genere… Dovrei apprezzare la
sua sincerità, rattristarmi per tutto il dolore che sta passando e che le sto
facendo passare…
Eppure…non
provo pietà.
Provo
solo disprezzo.
Eppure
lo so,lei non ha alcuna colpa… ma non riesco a non
dolermene, se penso che il padre del figlio che ha in grembo è lo stesso che ho
visto per tanto, troppo tempo…
E
che vorrei vedere ancora…
“Ho
fatto il test tempo fa. Era positivo.”
La
sua mano liscia stringe ancora la mia, tentando futilmente di apportarmi una
qualche magra consolazione, accarezzandomi la pelle con il pollice.
“Avresti
potuto dirmelo prima della sera della mia morte…”
Abbassa
lo sguardo, rossa in volto, completamente a disagio. Sono cattivo, me ne rendo
pienamente conto, ma non posso, non ci riesco. Nemmeno in punto di morte riesco
a sembrare amabile.
“Mi
vergognavo tanto, ho sempre rimandato… Io sono dispiaciutissima, non immagini
neanche come io abbia sofferto per questa cosa… Non dovevo, ho commesso un
enorme errore…”
“…Perché…
Perché?”
Una
delle piccole e discrete lacrime che le bagnano il viso mi cade sul palmo della
mano, ancora cinto dalle sue dita. Ritiro il braccio, offeso, arrabbiato,
deluso.
Mi
avevano abbandonato.
Ero
solo, fino all’ultimo.
Loro,
le persone più vicine a me, si erano coalizzate, lasciandomi da parte…
Non
mi avevano detto nulla. Ero … fuori dai loro pensieri, dai loro fatti.
Ed
ora, solo ora, la notte in cui muoio, questa donna viene a parlarmene. Perché?
Per
utilizzarmi, come uno scarto adesso...
“Near…
Credimi, mi dispiace tantissimo… So che è doloroso per te, tu eri molto legato
a lui, ma … cosa devo fare?? Io… non so…”
“Di
sicuro ne avrete parlato. Fa’ come vi siete detti.” dico,
con la voce spezzata, un tono insolitamente basso e duro.
Gli
occhi gialli di Halle mi fissano impauriti e disorientati.
“Avevo
provato a parlargliene, ma lui… mi evitava, ha soltanto detto che non gli
interessava la fine del bambino, bastava che non glielo scaricassi a lui… che
aveva altro a cui pensare…”
La
donna scoppia in un pianto rotto.
Anche
adesso, nel vederla con quel suo bel viso grondante di lacrime, rosso di pianto
e il trucco colato, non riesco a provare il minimo sintomo di pietà.
“Cosa
devo fare??” domanda ancora, tentando di ricomporsi,
asciugandosi il volto.
Abbasso
lo sguardo. Non posso far altro.
Non
ho il coraggio di sopportare la vista di quella faccia, di quegli occhi così
carichi di tristezza, una malinconia che non so condividere.
Mi
fa paura il mio stesso crudo cinismo, ma è così.
Tossisco,
portandomi debolmente una mano alla bocca.
“Tienilo.
Lui vorrebbe così.”
La
vedo tremare leggermente, guardandomi, avvicinando il viso al mio.
“Davvero?
Ne sei…?”
“Era
molto legato a queste cose, teneva moltissimo alla religione, non credo che
avrebbe accettato volentieri un aborto. Sono certo che vorrebbe che tu lo
tenessi.” sussurro, tossendo
nuovamente, ancora più forte, tanto da piegarmi in due sul letto.
Lei
avvicina una mano, tentando di aiutarmi.
Rimane
in silenzio, senza sapere cosa dire.
Già,
non dev’esser facile per lei.
Sapere
di essere incinta… di un uomo completamente disinteressato, già morto… Parlarne
a me, che anch’io sto per abbandonarla…
Ma
per me? A me chi ci pensa?
Chi
si preoccupa più di questo ragazzino bianco perennemente odiato da tutti?
Cosa
posso provare in questo momento io, io, che poco prima di morire devo scoprire
quanto sono stato ingannato e tenuto all’oscuro, dalle uniche persone che
credevo mi amassero?
Io,
che per scovare Kira devo pagare con la vita…
Anche
se… non sono l’unico, dopotutto.
Mi
torna in mente il suo viso, quegli occhi azzurrissimi e glaciali, i capelli
biondi che gli contornavano il volto… Accanto a lui, un ragazzo dai capelli
rossi e una sigaretta tra le labbra…
E
ancora, un uomo alto e sgraziato, con capelli neri come la pece e profonde
occhiaie…
Socchiudo
le palpebre, stancamente.
Beh,
forse è quello che mi merito, dopotutto…
Quello
che mi merito, per aver combattuto con qualcuno di più grande.
Troppo
forte per me, che anche da sconfitto è in qualche modo riuscito a battermi…
Morire in questo modo, adesso… E’ davvero Kira che mi punisce? Mi viene davvero
da pensarlo. Alla fine, per uno strano scherzo del destino è riuscito a
raggirare anche me.
La
guardo. Ha smesso di piangere, ma il suo volto è ancora segnato dalle righe di
matita nera colata. Anche il rossetto è un poco sbavato.
Sicuramente
l’ho rassicurata ora. Si terrà il bambino visto che sono stato io a dirglielo,
ne sono certo. Il figlio di… E io non potrò nemmeno vederlo.
Magari
gli assomiglierà… Avrà i capelli biondi, è sicuro. Sono curioso di sapere come
verrà fuori, ma la mia voglia non potrà mai venir saziata.
“Halle…
Puoi andare adesso.”
“Io
posso restare, non mi va che resti solo proprio in questo momento. Mi prenderò
cura di te…”
Cerca
di sorridermi, ma quella che ora viene fuori è una smorfia tirata di lato. Mi
accarezza dolcemente i capelli, come farebbe una vera madre.
“No.
Esci. E’ meglio per tutti. Ritorna domani mattina.”
Sarò
morto, domani mattina.
Lo
so, ne sono certo.
E
anche lei lo sa. Ma non avrà mai il coraggio di dirmelo.
I
suoi occhi si inumidiscono di quelle che sono probabilmente pietose lacrime nei
miei confronti, lacrime che riescono addirittura a schifarmi.
Non
voglio la pietà di nessuno, io.
Sono
vissuto solo, e morirò solo.
Poi,
in un avventato gesto di gentilezza, avvicina il volto al mio e mi lascia un
piccolo, innocente bacio sulla fronte bollente.
Già,
credo che sarebbe stato quello che avrebbe fatto una vera madre.
Quello
è… il primo gesto di vero affetto che ricevo in vita mia.
Alla
fine di tutto, quando ormai non ho più la possibilità di imparare a ricambiare
amore, mi accorgo che da qualcuno sono amato…
Non
è una cosa crudele?
Halle
mi abbandona, mi lascia al mio destino, allontanandosi dal letto e uscendo
lentamente da quella piccola stanzetta che puzza di malato, senza guardarmi più
in faccia.
Devo
avere un’aria così miserabile che anche il solo osservarmi deve far pena.
Mi
faccio schifo da solo, per la stupida morte che mi sono cercato, per il modo in
cui affronto la mia fine. E’ terribile, questi momenti carichi di una angoscia mai provata prima…
Questi
sono gli attimi di attesa per un condannato che deve salire al patibolo.
Ed
io aspetterò, ascoltando il fuoco scoppiettare nel caminetto acceso che
illumina flebilmente la camera, pensando al mio passato, al presente, al futuro
che mi perderò.
Sono
decisamente troppo giovane per morire. Soprattutto per una scomparsa così
stupida...
Ma
io dopotutto non ho più diritto di vivere di qualsiasi altro uomo.
Forse,
una volta in quella che chiamano ‘Pace Eterna’, sarò più felice che qui, in
questo mondo allo sfacelo, dove la vita umana ha un valore inferiore ad oggetti
e denaro.
E
poi… ora che ci penso… non sarò solo come qui.
Infilo
debolmente una mano sotto il cuscino, estraggo ciò che avevo lasciato lì a
farmi compagnia.
Due
piccoli pupazzetti di plastica, brutti al guardarli, dissimili dalla realtà,
che raffigurano un bambino con i ricci bianchi e i larghi vestiti lattei, e un
ragazzo dai dorati capelli a caschetto, e occhi di un azzurro chiarissimo.
Mello…
Anche lui, chi l’avrebbe mai pensato che avrebbe ceduto anche lui alla bellezza
di Halle? Non lo avrei mai immaginato, mai e poi mai. Non lui, non Mello. A lui
che le ragazze non erano mai interessate, proprio con Halle…
Ho
mille pensieri su di lui nella testa che mi sta scoppiando. Immagini che non
vorrei vedere, Mello e Halle, nello stesso letto, strani suoni, ansiti e
gemiti… I loro corpi sudati incollati uno contro l’altro, lei che cerca
disperatamente le sue labbra con le proprie, labbra che nella sua superiorità
netta si rifiuta di donare… Perché Mello sapeva solo prendere quello che
voleva, senza dar nulla in cambio, è sempre stato così. Lei cerca amore in quel
gesto disperato, e non si accorge… Possibile? Io lo vedo, capisco dall’impeto
che ci mette che non lo fa perché la ama! E’ pura possessione fisica, violenza…
Basta!!! E’ orribile, non voglio sentire né guardare,
non voglio pensare!
Mello…
Ho sempre desiderato che si avvicinasse a me e mi dicesse
una parola gentile, una sola! Mi sarebbe bastato un “Bravo Near.”, niente di
più! Invece, mi ha sempre e solo disprezzato e fatto tutto il male di cui era
capace, mentre io lo ammiravo come un idolo! Ci metterei la mano sul fuoco che
ha fatto apposta a non usare alcuna precauzione e metterla incinta. Tutto solo
per farla pagare a me…
Io
non credo di essermi mai meritato tutto quell’odio da parte sua, perché io…
Con
un gesto rabbioso butto la statuetta bionda nel caminetto, per scoppiare
successivamente in un altro attacco di tosse furioso.
Sfrigola
lentamente… Che strano scherzo del destino. Lui ha fatto esattamente la fine di
quell’immagine plastica che lo raffigurava. Hanno ritrovato il suo cadavere
quando l’incendio in quella chiesa maledetta era stato domato. Le foto che mi mostrò Jevanni per vedere se lo riconoscessi sono tutt’ora
impresse vivamente nella mia memoria. Quel volto anche se non c’era più nemmeno
un centimetro di pelle che non fosse ricoperta di piaghe e croste nere era
ancora riconoscibile ai miei occhi. Oltretutto incastrata al collo c’era ancora
una catenina di grani che terminava con una piccola croce ossidata dalle
fiamme… Il suo rosario… Non poteva essere nessun altro.
Poco
prima anche Matt, il suo inseparabile amico era stato ucciso. Lo avevo visto
sullo schermo in diretta dal quartier generale. Anche la sua non si poteva
certo definire una bella morte…
Ridotto
ad un pezzo di carne da macello, con mille pallottole
che gli perforavano il corpo, tutto per salvare il suo prezioso Mello… Già,
l’esempio della più assoluta fedeltà fin dai tempi della Wammy House con il suo
caro amico… mai una volta che si separasse da lui… e mai una volta che il
biondo lo respingesse…
Erano
due ragazzi così diversi, eppure ero certo che non sarebbero
potuti vivere separati.
E
questo per me era… insostenibile.
Insopportabile,
che il mio unico amico mi odiasse.
Insopportabile,
che preferisse un altro a me.
Insopportabile,
che io per una volta non fossi il primo… almeno per lui.
Si,
ero sempre stato geloso di Mail Jeevas. Lo avevo sempre odiato, perché lui
aveva l’affetto della persona a cui volevo bene.
Ma
alla fine era così.
Mello
non mi voleva, preferiva il suo amato rosso, il suo fedelissimo Matt, colui che
aveva rinunciato alla vita per lui. E in effetti, aveva ragione.
E’
triste, ammettere a quale punto arriva la mia insensibilità, ma io non sarei
mai stato capace di morire per qualcuno. Nemmeno per quel mio rivale, per
Mello, per Miheal.
L’unico
per cui probabilmente provassi dell’affetto.
Anzi,
si può dire che è stato per me se è morto. Per aiutarmi nelle indagini, per
farmi continuare a vivere e battere Kira anche per lui.
Eppure…
Quando
mai sono stato veramente amato dal biondo?
Non
mi ricordo di una sola volta in cui quel ragazzo abbia, non dico ricambiato ciò
che provavo per lui, ma almeno accettato la mia presenza.
No,
io per Mello ero un oggetto, una delle tante persone che ha usato per i suoi
fini… Io gli servivo per mettersi in gioco e competere con me, non certo perché
provasse qualsiasi tipo di affetto.
E…
mi duole dirlo, mi spaventa pensarlo, ma forse io, l’unica volta che ho amato,
è stata per la persona sbagliata.
E
quella persona era lui, l’unico che probabilmente non avrebbe mai voluto
contraccambiare.
Perché
lui… mi odiava.
Ne
sono sicuro, mi odiava e mi ha sempre odiato.
Odiava
me, il mio cinismo, la mia freddezza, la mia rigidità di calcolo che mi portava
sempre a batterlo.
Detestava
il mio essere perennemente primo, la mia ottica così insensibile e razionale,
così diversa dalla sua…
Mi
viene da piangere. Sento gli occhi bruciarmi, piccole lacrime insicure
imperlarmi le iridi nere.
Ma
non piangerò. Non ho mai pianto, non vedo perché dovrei morire con meno dignità
di quella che avevo in vita.
Anche
se mi viene da pensare… Io ho avuto una vita dignitosa?
19
anni passati a cercare di assomigliare al mio idolo, una figura già morta,
uccisa dal mio stesso assassino, seppur in maniera diversa.
L.
Il grande, invincibile, meraviglioso L.
Colui
che portava la giustizia, il grande detective… già, non lo avevo nemmeno mai
visto come una persona umana, con i problemi di chiunque, con un cuore e dei
sentimenti.
No,
lui era il mio Superman… il mio perfetto modello da ammirare.
Ma
in realtà era un uomo come tutti, con pregi e difetti, che talvolta perdeva e veniva sconfitto, a dispetto di tutte le volte che lo avevo
criticato.
Eppure,
dopo aver conosciuto Yagami Light, sono certo che L non è morto perché è stato
battuto da lui, come ho sempre pensato…no.
L
è morto comunque con dignità, perché ha rinunciato volontariamente alla
vittoria, lasciando che continuassimo io e Mello il suo lavoro.
E
tutto questo perché… L amava Kira.
Amore.
Come
si può provare un sentimento del genere per il peggiore tra gli esseri umani di
questa terra? Come si riesce ad amare un assassino?
In effetti anche Miheal lo era… eppure sono certo di averlo
amato, e di amarlo tutt’ora.
Perché
oltre agli sbagli che commetteva, rimaneva comunque Mello. Il mio Mello.
Il
mio amico e nemico, avversario e complice.
A
questo punto credo che anche Kira fosse così, nonostante mi riesca difficile
pensarlo…
Ora
che noto, tutta la gente attorno a me ha dato e
ricevuto amore, almeno una volta nella vita.
Anche
L, che pensavo fosse tanto simile a me, è riuscito ad amare nonostante lo stile
di vita che faceva.
Perfino
Yagami Light c’è riuscito. Si, credo che per meritarsi l’affetto di L lo avesse
anche ricambiato.
E
Mello, Mello ha donato amore nella sua vita, anche se era preso da questo caso…
Ma
io?
Io
non sono capace di provare alcun tipo di pietà, pena, tristezza, bontà, affetto
per nessuno.
L’unico
a cui ero pronto ad offrirne era anche l’unico che non
la voleva.
La
mia è stata una vita vuota, dove al centro c’ero io e i miei problemi, io e i
miei casi, io e il mio dolore. E basta.
Sono
un egocentrico solo, detestato da tutti, circondato da persone che mi
mostravano maschere sorridenti e null’altro, perché obbligate a starmi vicino e
a rispettarmi.
Che
inutile vita.
Mai
dato affetto e mai ricevuto.
Tutto
perché ero troppo preso da affari che non mi interessavano, per soddisfare la
mia solitudine, che non ho mai visto la possibilità di condurre una vita
normale, o quasi, provando le emozioni e i sentimenti di qualsiasi comune uomo.
Perché
tutti ci sono riusciti e io no?
Perché
sono sempre stato così irrimediabilmente solo?
Ma
ormai è finita. Anche volendo, non c’è più tempo per rimediare a certi errori
che mi hanno condannato ad una vita infelice.
Avrei
solo… voluto sorridere un po’ di più.
E
non i sorrisi che facevo quando risolvevo un caso o mi veniva un idea. No.
Il
sorriso di una persona felice, quello che non è mai passato sulle mie labbra.
Ma
adesso piangersi addosso che importanza ha?
Ho
male, tanto male, troppo male. Sono senza forze. Respirare è diventato
impossibile. Non ci riesco più, solo inspirare è un’impresa titanica per il mio
piccolo e malandato corpo.
Mi
accascio in silenzio, ansimando, in mezzo al grosso cuscino.
Ogni
colpo di tosse mi raschia la gola. Ho paura di sputare i polmoni da un momento
all’altro, come se fosse possibile…
Non
ce la faccio, non ce la faccio davvero più. Non riesco a muovermi, il cervello
non vuole più saperne di formare pensieri complessi. Poche parole viaggiano
nella mia mente: fine, male, Mello, Near, inutile, morte.
Il
petto… E’ come in fiamme. Ho male, non ci arrivo, l’aria non ci vuole più
arrivare agli alveoli, io…
Sento di essere finalmente
leggero, eppure… Sono di nuovo solo.
Frecchan & Lolly