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Autore: Chocolate_15    24/02/2014    3 recensioni
- Dal capitolo 5. -
“Ma a te che te ne frega? Non mi sembra che in tutto quello che hai detto io abbia fatto qualcosa di sbagliato o, tanto meno, fatto qualcosa A TE! E poi, quello li era un semplice costume, non era striminzito!” rispose lei, girandomi verso di sé.
La guardai un istante: era davvero sexy. Con quella maglietta che lasciava intravedere il reggiseno e quei pantaloncini che lasciavano scoperte le gambe perfettamente lisce avrei anche potuto saltargli addosso.
Spostai lo sguardo sulle sue labbra carnose e invitanti, quelle labbra che avrei tanto voluto baciare ma il mio orgoglio mi fermava; sapeva perfettamente che se l’avessi baciata tutto sarebbe cambiato.
Non potevo, erano da settimane che non la calcolavo e, all'improvviso, l’avrei dovuta baciare? No, non potevo e poi, non avrei mai potuto baciare una persona che disprezzavo, anche se era tremendamente sexy.
- Dal capitolo 7. -
Mi fermai un attimo: lo sguardo rivolto verso il basso, i capelli che mi coprivano gli occhi, una lacrima sulla mia guancia e la voglia infinita di riabbracciare mia madre.
Forse, ero io che mandavo via le persone da me. E per questo, mi ritrovavo, per la millesima volta solo.
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Il mio più grande incubo? Andare a casa di persone che non conosco.
Il poco cervello che ancora rimaneva ai miei genitori aveva deciso che, per le vacanze estive, sarei stata ospite della famiglia Blackbow.

Questo quando accadrà? Proprio oggi, il 14 giugno.

 

*****

< Ricordami ancora perché siamo qui > dissi con voce annoiata.

< Tesoro, sai benissimo che io e tuo padre non ti possiamo portare con noi, dopotutto è un viaggio di lavoro > disse mia mamma, accarezzandomi la spalla.

Si, viaggio di lavoro, come no. Beh, anch’io vorrei fare un viaggio per discutere di lavoro con i colleghi quando lavoro non ne ho. Il cervello l’hanno venduto al mercato?

< Vi decidete a bussare, si o no? >

< Oh cara, si certo > disse mio padre.

DIN, DON, DIN, DON, DIN, DON.

< Bene, non c’è nessuno, me ne sto a casa da sola. Andiamo. >

Ero già pronta per andare quando una ragazzina con lunghi capelli neri e occhi castani aprii la porta. Aveva lo sguardo perso nel vuoto e la bocca aperta.

In seguito arrivò anche un ragazzo: occhi castani, capelli neri, alto, fisico perfetto e labbra invitanti.

< Scusatemi, mia sorella ha dormito poco questa notte. Voi siete? >

< Noi siamo i Black, tuo padre è in casa? >

< No, mi dispiace, ma mi aveva detto che sareste venuti. Prego, accomod- >

< Oh, no no, non possiamo, dobbiamo subito andare. Bene Isa, qui c’è il tuo bagaglio. Ci sentiamo più tardi. > questa fu l’ultima frase che si sentii perché poi nessuno parlò più.

Che carini i miei a lasciarmi con degli sconosciuti, carinissimi.

< Beh, vuoi rimanere tutto il giorno qua fuori? Vieni, entra. > disse il ragazzo sorridendo.

“Oddio….e che sorriso!” pensai.

< Posso sapere il tuo nome? > mi disse, prendendo il bagaglio e accompagnandomi al piano superiore.

< Mi chiamo Isabella > risposi io, entrando in una stanza color lilla.

La stanza era molto bella e accogliente: c’erano due letti singoli con sopra delle coperte lilla con delle stelle bianche, una scrivania bianca, una piccola tv a schermo piatto appesa sopra la scrivania e una grande finestra con le tende color lilla.

Nella parete di fronte alla finestra c’era un armadio con un’anta bianca e l’altra lilla (per cambiare)  e sopra delle fotografie di una donna giovane che teneva in braccio un bambino neonato.

< Chi è? > chiesi innocentemente.

< Questa è mia mamma, è morta quando ha dato alla luce Merope >

Bene Isa, continua così, i cavoli tuoi non te li fai mai.

< M-mi dispiace…> mi dispiace? Sul serio?

< Non preoccuparti. Comunque, io mi chiamo Nicolas, piacere di fare la tua conoscenza. Questa, come avrai intuito, è la stanza di mia sorella dove tu dormirai. >

Perché, la sua stanza non aveva 2 letti? Se non li aveva, potevo benissimo farmi piccola piccola e dormire con lui nello stesso letto. Piccola bimba innocente che sono.

< Ma…tua sorella? > chiesi. Non la vedevo da quando aveva aperto la porta.

< Sarà a leggere nel suo stanzino “segreto” >

< Ah, bene…>

< Beh, io vado. Ricorda, fai come se fossi a casa tua. > disse sorridendo, per poi lasciarmi sola.

Sono simpatici…diciamo, almeno non mi annoierò. Solo una cosa: ma dov’è il bagno?

Sbuffando uscii dalla stanza e mi ritrovai in un corridoio lungo kilometri. Diciamo che questa casa non è piccola. Aprii ogni singola porta, ritrovandomi davanti solo stanze con giocattoli, camerini, stanze con dentro solo sedie e tavoli, bici e monopattini, vestiti, scarpe, giochi da tavolo o peluche.

Arrivai alle ultime due stanze. Aprii per prima la porta a destra e mi trovai in una stanza molto piccola. Era decorata con dei strani oggetti che pendevano dal soffitto, farfalle appese ai muri e delle sedie colorate poggiate a terra. Sul muro frontale, destro e sinistro c’erano delle grandi librerie piene di libri.

Uno che attirò particolarmente la mia attenzione fu uno con la copertina nera e rossa. Mi avvicinai a lui ma poi sentii un rumore provenire da dietro una sedia.

< C-chi va la? Chi c’è? > dissi indietreggiando e prendendo un libro per proteggermi.

Sentii di nuovo quel rumore e poi…..

< BUUUUU! >

Io gridai come una matta e caddi a terra. Avevo perso 9 anni di vita, ne ero sicura.

Mi ritrovai davanti 2 ragazzine, tra cui Merope, ridermi in faccia.

Mi avevano fatto prendere un colpo, brutte mocciose!

< Dovevi vedere la tua faccia! Ahahaha > disse una ragazzina dai capelli biondi.

< Avevi ragione Mer, ci sarà da ridere con questa qui >

Bene, cominciamo proprio bene. Pft, simpatici un corno.



  
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