Questa storia è dedicata a TheDarkAngel, mia carissima amica che voleva tanto mettermi
in difficoltà con una storia romantica, ed eccola qui!
Un ringraziamento speciale
va inoltre a _Eterea_ , che come al solito ha una
pazienza infinita con i miei film mentali e le mie insicurezze!
Buona lettura!
Come sei lontana, Luna.
“Febo è bello come il sole,
forse un principe
o un re
Sveglia in me
l’amore che
in me non c’era e adesso
c’è…”
- Notre Dame de Paris -
Io
non so com’è cominciata. Davvero, non ne ho idea,
niente, vuoto totale.
Un
giorno lui era lì, e
io ero qui, e l’ho guardato e… e non lo so, è stato buffo.
L’ho
trovato buffo, perché aveva messo quella penna dietro l’orecchio e si era
scompigliato i capelli, e sembrava completamente assorto in quello che faceva.
Mi
è venuto da sorridere perché l’ho trovato divertente.
Va
bene, non è che sia proprio chiarissimo tutto quello
che ho detto, lo ammetto.
Il
fatto è che ho i pensieri confusi.
Parlano tutti ad alta voce.
“Ma
come?”
“Quando? Quando è successo?
Rispondi!”
“Ma
ne sei sicura?”
“E se è davvero quello?”
“Ma perché?”
Credo
di non sopportarmi più.
“Ma come?”
I
miei pensieri hanno un tono incuriosito.
E’
difficile da spiegare. E’ come se una sera tu alzassi gli occhi al cielo, no? E invece delle solite
nuvole ti accorgi che
è spuntata la luna, e sorridi, perché davvero non ti eri proprio accorto che
era lì.
E
allora cammini per cinque minuti con il naso all’insù e un sorriso ebete sulla
faccia, non badando alla macchina che ti sta per mettere sotto se non
all’ultimo minuto.
Ecco.
Io
ho alzato lo sguardo dal libro, quasi senza pensarci, quel giorno. Il
professore mancava e i miei compagni di classe chiacchieravano tra loro, seduti
sui banchi o in piedi, appoggiati alla porta o alla lavagna.
Il
ragazzo accanto a me ascoltava la musica, del tutto estraneo a ciò che
succedeva, e io cercavo di portarmi avanti con
filosofia, seduta composta sulla sedia.
Io
non so perché ho alzato lo sguardo. So solo che quando è successo mi sono
ritrovata davanti lui.
Seduto
scomposto, con la matita dietro l’orecchio, i capelli scompigliati – ci passava
le dita spesso, notai
dopo, forse se li spettinava di proposito -
e quell’espressione assorta.
Non
mi ero mai accorta di lui
davvero. Per questo ho sorriso.
“Quando? Quando è successo? Rispondi!”
I
miei pensieri hanno un tono urgente.
Quando
ho cominciato ad osservarlo, dici? Beh, credo da
allora. Prima quasi non me ne accorgevo, il mio sguardo vagava da solo per la
classe e incontrava lui. E allora
notavo li suoi libri disposti in modo ordinato, o il fatto che si era scordato di
abbottonarsi il cappotto, o – ancora – il modo in cui si sedeva sulla sedia, o
una qualunque altra cosa che lo riguardasse.
Mi
piaceva quello che guardavo. Mi divertivo sempre di più, sai? E’ buffo notare i
dettagli, i particolari di una persona. Alle volte stavo sulle nuvole per quel
motivo. Persino il mio vicino estraniato dal mondo spesso
mi tirava delle gomitate perché non stavo attenta alla lezione.
Ma
a me non importava. Io osservavo lui,
curiosa, interessata, divertita.
Non
gli rivolsi parola, in quel periodo.
“Ma ne sei sicura?”
I
miei pensieri hanno un tono ansioso.
Come
sarebbe a dire, ne sono sicura? No
che non ne sono sicura! E’ la situazione più scomoda del mondo, questa. Prima…
prima era buffo. Prima lo
guardavo con un sorriso appena accennato, distoglievo lo sguardo,
tranquillamente, serenamente. Mi divertivo, ero curiosa, era come… come
se non avessi mai visto una persona del genere prima d’ora. Era come se tutto
ciò che faceva fosse nuovo per me anche se, ovviamente si comportava semplicemente da
ragazzo normale.
E
adesso non è più buffo. Non è neanche tanto divertente. Se lo guardo
sento il calore sulle guance, e una sensazione strana al petto. Sento come se
avessi bisogno di sospirare, ma non mi riesce.
Passo
la metà della giornata a guardare fuori della finestra, a pensare a nulla. L’altra
metà invece la
passo costringendomi a non guardare dalla sua
parte. Assurdo.
Però…
anche se non è più buffo, insomma… quando la mia forza di volontà si arrende e lo guardo
– e
arrossisco, sì, grazie per avermelo ricordato – non è che stia proprio male,
ecco.
Forse
in fondo ne sono sicura. Ma speravo tanto di no.
“E se è davvero quello?”
I
miei pensieri hanno un tono allarmato.
Oh,
beh, andiamo, non saltiamo a conclusioni affrettate! Solo perché penso per la
maggior parte della giornata a dei pretesti per parlargli, o solo perché
arrossisco, o solo perché ho le farfalle nello stomaco e non faccio altro che
pensarci non vuol dire che si tratta di quello.
Insomma,
non può trattarsi di quello!
Non
può e basta, è fuori discussione. Mi rifiuto.
Ok,
certo, ammetto che alcune delle sensazioni che provo potrebbero vagamente
avvicinarsi ai sintomi, e allora? Per quanto mi riguarda
potrei anche aver fatto indigestione.
Oh.
Beh…
forse però è possibile.
Ecco.
Possibile. Probabile, credo.
Una
buona percentuale, forse.
Più
sì che no.
…
Quasi sicuramente.
E
va bene! E’ palese, ok?
Ma
in che razza di guaio mi sono cacciata?
“Ma perché?”
I
miei pensieri hanno un tono rassegnato.
Gran
bella domanda.
Io
non volevo! Giuro!
Non
so perché non riesco a pronunciare mezza parola se per caso mi guarda, ok?
E
già ringrazio il cielo
quelle volte che riesco a mantenere un colorito normale.
Il
bello è che nessuno sospetta nulla. Incredibile.
Io mi vedo come se mi mancasse la trombetta dello stadio e una
freccia intermittente sulla testa, e invece i giorni passano e tutti sono
ancora fermamente convinti che “Ehi,
guarda che a lei non interessa nessuno. A quella
piacciono solo i libri.”
Già.
Magari.
Ma
è normale che le persone affette da quello
si facciano tutti questi film mentali?
Insomma,
è un ragazzo! Un semplice ragazzo!
Io
so solo che prima quello non c’era, e
adesso sì, è qui, e si fa sentire.
Oh,
al diavolo!
Ragioniamo. Non c’è alcun motivo del perché io mi debba
sentire in questo modo per lui.
E’
solo… Un mio compagno di classe che siede scomposto e che quando ride gli brillano
gli occhi e abbassa la testa,
che sorride spesso e volentieri, tranne quando è assorto con la
penna dietro l’orecchio a fare quel non so cosa che lo appassiona tanto, chino
sul foglio a tracciare segni con la matita, che ha sempre l’indice sinistro e il
medio macchiati di inchiostro blu e io continuo a non capire come faccia a
sporcarsi in quel modo e ci passo il tempo a pensarci, e forse…
Forse
è davvero un ragazzo normale, ma lo rendo io speciale.
No,
aspetta, non devo mettermi a pensare queste cose, o finisce che mi convinco ancora di
più che sono vittima di quello e non
va bene!
“Ma perché?”
Chiedono
ancora i miei pensieri con un tono dolce.
Non
lo so, forse… credo che sia perché quel giorno, quando ho sorriso e l’ho trovato
tanto buffo…beh, credo di aver pensato alla luna.