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Autore: The Lady of His Heart 23    25/02/2014    1 recensioni
Questa breve storia narra il momento in cui Clary scopre di non essere una semplice mondana.
Il tutto accade tra i banchi di scuola....ho preferito ambientare la mia storia li perché si avvicina molto di più a noi ragazzi.
Genere: Avventura, Azione, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se te lo dico non mi credi.

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Corri corri corri. Cavolo sono in un ritardo pazzesco. Con il prof di letteratura alla prima ora non mi conveniva proprio entrare in ritardo. Accidenti a quel maledetto autista che non aspetta mai nessuno alla fermata. Insomma non è colpa mia se il mio letto è posseduto e non mi vuole lasciare andare. Salii per le scale anti incendio per far prima, ma erano bloccate e così dovetti entrare dall’ingresso principale.
La porta era chiusa e lui era già dentro accidenti. Bussai piano e assunsi un aria innocente da cucciolo smarrito per evitarmi una nota disciplinare.
“Buon giorno, scusate il ritardo ho perso il pullman”mi giustificai timida.
“Sarebbe tutto più facile se solo si posizionasse la sveglia un po’ prima la mattina no?” domandò retorico il prof di lettere.
“Mi scusi”dissi io con un sorriso imbarazzato.
“Prego si accomodi”disse il mio prof con un sospiro.
Mi diressi al mio posto e mi affrettai a prendere il materiale scolastico. Mentre frugavo nella cartella alla ricerca del borsellino, la mia attenzione fu subito rapita da dei fogli colorati con dei strani disegni sopra. Come una specie di rombo con le ali.
“Clary, dove ti eri cacciata ti ho chiamato dieci volte questa mattina”disse qualcuno catturando la mia attenzione. Simon, mio migliore amico storico sempre pronto a preoccuparsi per me.
“Avevo il telefono scarico”gli sussurrai sotto gli occhi rimproveratori dell’insegnante.
“Visto che abbiamo tanta voglia di chiacchierare, perché non ci rendiamo utili”mi disse il prof facendomi cenno di alzarmi e andare da lui. Mi porse un modulo “Va portato in segreteria, firmato e poi devi portarlo dal professor Luis.” mi disse.
“Certo!”dissi io prendendo in mano il modulo.
“Cerchi di non perdersi per il corridoio e di tornare subito in classe”mi disse.
“Non mi perderò”dissi sotto i risolini dei miei compagni.
Uscii e scesi in segreteria, attesi per un tempo che parve infinito e finalmente la segretaria mi firmò il modulo. Controllai nel registro delle disposizioni dove si trovasse il Professor Luis. Attualmente era in quinta. Mi ci diressi svelta. Notai che l’aula era vuota.
“Mi scusi?”chiesi al bidello nei paragi che stava pulendo nel bagno. Non si sforzò neanche di rispondermi, alzò solo la testa e attese.
“L’aula è vuota”dissi.
“Se la vista non inganna …”disse lui alzando le spalle. Stava cercando di essere spiritoso per caso? Insomma era una battuta quella? E poi mi stava dando della vecchia cecata. Collaboratori scolastici con un senso dell’umorismo pessimo.
“Lo so che è vuota, lo vedo, ma mi chiedo il professor Luis ha lezione qui giusto?”domandai perplessa.
“La classe è nel laboratorio di chimica”disse il bidello trascinando il carrello con tutto l’occorrente per pulire mentre si allontanava.
“Grazie per l’informazione”urlai piano, non mi andava di essere rimproverata di nuovo perché disturbavo gli altri che facevano lezione.
Entrai e lasciai il foglio sulla cattedra. Stavo quasi per uscire quando notai che il muro laterale era tutto scritto, a discapito della mia classe al piano di sopra, dove vige un perfetto e immacolato bianco latte. Sorrisi leggendo tutte quelle frasi assurde e quei buffi disegni. Ancora sorridendo stavo per tornarmene in classe, non vorrei mai che il prof pensasse che mi fossi persa davvero, quando per sbaglio urtai una cartella la vicino rovesciandola e lasciando cadere un quaderno a terra che si aprì. Mi chinai a raccoglierlo e notai che sopra c’era raffigurato lo stesso disegno che c’era nel foglio dentro la mia cartella. Era lo stesso identico rombo con le ali. Sfogliai quelle pagine. In ogni pagina compariva quel disegno e tanti altri disegni simili. Presi la pagina principale e lessi il nome del proprietario del libro.
“Che ci fai qui?”disse una voce sconosciuta alle mie spalle. Mi voltai di scatto e rimasi impietrita. Mi sentivo come un ladro che veniva scoperto dopo un furto, solo che io non avevo rapito niente.
“Ehm… io … ecco …” provai a dire, ma ero così dannatamente impacciata che mi venne un discorso sconnesso e senza senso. Non credo che lui abbia capito quelle poche sillabe che pronunciai.
“ Che ci fai con il mio quaderno in mano?”domandò lui.
“Sei Jace?”domandai.
“Conosci il mio nome ma io non so il tuo”mi fece presente.
“Sono Clary”dissi io.
“Si può sapere che ci fai qui Clary?”mi domandò.
“Ho lasciato un foglio per il professor Luis.” dissi.
“Okay, non preoccuparti, glielo dirò”disse lui.
“Che sono questi disegni?”domandai io interrompendolo.
“Disegni, come hai detto tu”mi disse.
“E allora perché sono gli stessi identici disegni che faccio anche io” gli domandi.
“Cosa?” sembrava stupito.
“Cosa sono? Perché continuo a sognarli”dissi io. Stavo quasi per mettermi a piangere. Finalmente dopo tanto tempo ero a un passo da ottenere la risposta a tutto quel mistero e invece non ricevevo nessuna spiegazione.
“Aspetta tu li sogni la notte?”mi chiese. Annuii. Si voltò e richiuse la porta alle sue spalle. Vi avvicinò a me con aria minacciosa. Indietreggiai spaventata, anche se in quel momento mi sentivo stranamente protetta, come se una parte di me avesse la certezza che non mi avrebbe mai fatto del male. I suoi occhi azzurri erano stupendi, con quei capelli dorati e la sua andatura da duro mozzava il fiato. Sollevò la manica della sua maglia e vidi che riportava lo stesso disegno sul braccio. Lo afferrai senza esitare e lo rigirai osservandolo.
“Te lo sei fatto addirittura tatuare?” domandai scioccata. La mia voce si era alzata parecchio ed era diventata fastidiosamente acuta. Me la schiarii.
“Non è un tatuaggio è un segno” mi spiegò. “Mi stupisce che tu non ce l’abbia.” Disse infine.
“E perché dovrei?”gli dissi, in fondo i tatuaggi non mi piacevano nemmeno.
“Tutti coloro che lo sognano ne fanno parte”mi disse lasciando la frase in sospeso.
“Parte di cosa, che cosa sono questi segni?”chiesi.
“Sono una parte di te, di ciò che sei”disse lui calmo.
“E cosa sono io me lo spieghi?”domandai esasperata.
“Posso solo dirti che non sei una mondana”disse ritirando il braccio e coprendo quel segno.
“Cos’è una mondana?”chiesi.
“Una del mondo degli umani” disse con aria tanto seria da spaventarmi.
“Che cosa sono se non sono umana allora?”chiesi.
“Se te lo dico non mi credi”.

Angolo dell'autrice
Okay, so che la foto non è proprio ambientata a scuola, ma era quella che meglio descriveva secondo me la scena della mia storia...spero vi piaccia, aspetto ansiosa i vostri commenti.

   
 
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