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Autore: Il Cavaliere Nero    24/06/2008    6 recensioni
Ai Haibara si sente macchiata di un peccato che le grava pesantemente sulla coscienza e, per quanto si sforzi, non riesce a reggere il confronto con Ran Mouri, l’angelo puro e candido. Sarà Conan, compresa la realtà degli eventi, a farle capire che al mondo non esistono soltanto il nero o il bianco…
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Detective Boys, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Red Blood – Rosso Sangue

“E’ davvero una strana coincidenza…non ti sembra, mia cara?” chiese retoricamente l’uomo, il tono che non accettava repliche. Nella mano sinistra dondolava un bicchiere tinto di rosso dal liquido che conteneva, brillanti riflessi dovuti alla luce della luna piena alta nel cielo.
“Tuttavia, la trovo anche piacevole…desiderata…oserei dire, bramata…”
A queste parole la giovane percepì un brivido attraversarle la schiena e una strana morsa impossessarsi del suo stomaco. Il timore provato alla sola vista di quell’uomo biondo e dagli occhi freddi era divenuto in quel momento terrore, misto a disperazione e…vergogna.
Umiliazione.
Era ben conscia di ciò che quelle parole significavano…era bastato sforzarsi di ricordare, di permettere a quelle orribili immagini del passato di tornarle alla mente; eppure mai nella sua vita avrebbe più voluto rivivere quelle vicende così terribili, così maledettamente sporche.
Anche la giovane dai capelli chiari aveva in mano un bicchiere, ma esso conteneva soltanto acqua. Acqua limpida e pura, trasparente.
Per troppo tempo si era illusa di poter cambiare, di poter essere cambiata: avrebbe dovuto immaginare che questo non sarebbe stato possibile, neanche se lo avesse voluto – ed, effettivamente, lo desiderava con tutto il cuore- ma, un’effimera illusione l’aveva ingannata e poi, tutt’un tratto, la sua più grande paura era tornata viva e brillante, l’aveva risvegliata da quel magnifico sogno.
-E’ davvero lui…-pensò, terrorizzata ed incapace di compiere qualsiasi movimento.
“Perciò, dobbiamo approfittare di quest’occasione! Ringraziamo il destino, come già una volta abbiamo fatto…” sorrise malignamente l’uomo vestito di nero, avvicinandosi minacciosamente a lei “Torna di nuovo ad essere mia prima della tua morte, Sherry…” sibilò, gli occhi illuminati da una strana luce.
-…Gin!!!-
Il bicchiere con l’acqua le scivolò dalle mani, andando ad infrangersi sul pavimento e riducendosi in mille pezzi.

Spalancando gli occhi, si drizzò a sedere all’istante. Batté più volte le palpebre, prima di mettere a fuoco gli oggetti che la circondavano: un comodino di legno con appoggiati un bicchiere d’acqua e un libro già letto, una finestra chiusa con le tende scure tirate e infine, un letto sgualcito, dove un uomo dormiva beatamente con un sorrisetto in faccia; probabilmente stava sognando…proprio come aveva fatto lei.
Tirò un sospiro di sollievo, poi si passò entrambe le mani tra i capelli: il sudore le aveva appiccicato la frangetta alla fronte e il pigiama al corpo.
Sospirò di nuovo.
-Credevo di essere riuscita a porre fine a questi orrendi incubi…-
Lanciando un’occhiata al professor Agasa sdraiato nel letto accanto al suo, si accertò che fosse ancora immerso nel mondo dei sogni, quindi si alzò con estrema cautela nel tentativo di non fare alcun rumore. Richiusa silenziosamente la porta dietro le sue spalle, si diresse in bagno.

§§§

“Hai visto ieri l’episodio di Kamen Yaiba? E’ stato fortissimo!” esclamò al colmo dell’emozione un ragazzino, alzando le mani e attendendo la risposta del suo compagno con gli occhi che brillavano. “Certo! Che mossa ha usato! E’ riuscito a salvare la principessa!!
Chiacchiere, soltanto chiacchiere di bambini che, ignari ed inconsapevoli delle questioni che davvero riguardavano la vita, pensavano davvero esistessero supereroi e grandi figure che salvavano i più deboli dai mostri cattivi.
-Menzogne, bugie…- pensò Ai, posando il suo zainetto a fianco della gamba del banco, per poi prendere posto sulla sedia. Era arrivata molto presto, dopo quell’incubo non si era riaddormentata. In realtà, prima di rimettersi a letto aveva fatto una doccia: non sopportava quella sensazione di sporco sul corpo, voleva lavare via tutto il sudore seppur sapesse bene che non era di certo quello a farla sentire impura e violata.
Era stato lui, quello che era successo…no. Aveva dimenticato l’accaduto, finalmente stava iniziando ad avere una vita normale, quasi tranquilla…Ma l’incontro che pochi giorni prima aveva avuto era servito a sconvolgerla, a demolire ogni sua sicurezza.
Cercò con tutte le forze di distrarsi, pensare ad altro…ma non fu possibile. Come avrebbe potuto, d’altronde? Da sola, senza nessuno a rivolgerle parola…era sempre stato così, ad ogni modo.
Si aggiunsero poi le discussioni eccitate dei suoi compagni per farla ripiombare nel baratro.
“Yaiba lotta contro il male! Non credi sia giusto?”
La stessa frase pronunciata da quella donna…

INIZIO FLASHBACK

Non poteva crederci.
In ogni modo, con qualunque mezzo aveva tentato di sfuggirle, di non vederla mai più.
Era arrivata persino al punto di offrirle la sua stessa vita in cambio della salvezza dei suoi amici, delle persone a lei più care e più vicine, ma non era bastato.
In quel momento se la ritrovava davanti, a pochi di metri di distanza.
Era stato un incontro casuale, non programmato: Vermouth era scesa dalla moto senza neanche accorgersi di lei, ma Mitsuiko l’aveva chiamata per nome a voce alta.
Ai stava riportando una videocassetta ad un videonoleggio per conto del professor Agasa e il bambino si trovava in quella zona con i suoi genitori: vista l’amichetta, era corso verso di lei per salutarla, senza sapere che, chiamandola, aveva causato la sua rovina.
Chris Vineyard si voltò di scatto, scorgendola tra la folla e si fermò. Il corpo era sensualmente avvolto da un vestito nero, che però le lasciava quasi interamente scoperte le gambe, lucide e candide, ed anche il seno era perfettamente intravedibile. Di quante persone aveva approfittato, per arrivare al livello che occupava e teneva stretto con gli artigli…
“Good evening, Renegade…*” sussurrò, ed Ai riuscì a comprendere quelle parole soltanto leggendo le sue labbra.
Ovviamente non rispose, ma strinse i pugni tanto forte da farsi male sui palmi delle mani; la videocassetta era ancora stretta sotto il braccio, con più forza di quanto non ne utilizzasse il momento prima.
La donna si avvicinò a lei passo dopo passo, fingendo di non notare le occhiate compiaciute che tutti gli uomini le lanciavano.
Quando si trovò a pochi metri di distanza dalla scienziata, arrestò i suoi passi. La finta bimba deglutì, ormai catturata dal terrore.
“It’s strange…* incontraci qui” sorrise “…evidentemente è il destino stesso a desiderare la tua morte…”
Haibara scorse un luccichio attraverso lo spacco vertiginoso della sua gonna, e capì immediatamente che sulla coscia aveva a disposizione una pistola.
Alzò lo sguardo, per osservarla negli occhi, ma tacque.
Vermouth rise:
“What’s the matter? Why don’t you answer me?”*
Silenzio. Meglio non parlare, piuttosto che darle un pretesto per prendersi gioco di lei.
Se avesse dovuto giocarsi la pelle…beh, lo avrebbe fatto a testa alta, proprio come Akemi aveva fatto a suo tempo. La Woman In Black parve leggerle nella mente:
“Ti senti ancora in colpa per la morte di Masami Hirota?*” un sorriso spregevole si allargò sul suo volto, rendendo la sua espressione ancor più terrificante.
“Non nominare mia sorella…” riuscì a sussurrare la scienziatina, senza rendersi conto di aver esposto il fianco:
“Eh sì, è proprio così…eppure, non sono di certo queste le colpe che dovrebbero affliggerti…hai compiuto azioni ben peggiori…”
Ai permise ad un sopracciglio di alzarsi, aspettando che terminasse la frase; che volesse andare a parare…?
“…Gin mi ha raccontato, sai? Quello che una notte di tanto tempo fa è successo…”
La videocassetta che aveva continuato a stringere sotto il braccio cadde, e il nastro andò perso, proprio come quel poco che le era rimasto.
“Tu credi che sia soltanto colpa sua, che lui ti abbia costretta…ma non è così.”
Sembrava che la giovane attrice provasse gusto a parlare così lentamente, che avesse la precisa intenzione di esasperarla…e demolirla.
“E’ stato il tuo corpo ad essere oggetto dell’accaduto, è stato il tuo corpo a compiere il gesto, ad essere protagonista indiscusso della scena. Gin si è limitato a, come dire??” spietata, crudele, professionista “…soddisfare i suoi istinti, le sue tentazioni…quelle che tu stessa hai suscitato!!”
Basta, era troppo. Non voleva sentire, ne aveva abbastanza…avrebbe voluto voltarsi e correre via, oppure essere uccisa da un colpo di pistola. Entrambe le chances sarebbero state migliori di ricordare quell’esperienza, quei momenti…
“Think it over! Don’t forget that…*” aggiunse, il colpo di grazia
. “Unicuique suum*. Non credi sia giusto?”
Poi si voltò, dirigendosi verso la moto lucida e nera.
E questa, era l’unica cosa che davvero non aveva compreso, non aveva trovato una spiegazione. Perché era andata via? Perché non l’aveva rapita oppure uccisa?
Non poteva certo immaginare i pensieri che affollavano la sua mente nel momento in cui, indossando il casco, si apprestava a partire:
-Ho promesso a Cool Guy che avrei smesso di darti la caccia, Sherry…e per quanto io odi te ed i tuoi sciocchi esperimenti, una promessa è pur sempre una promessa. Infondo, glielo devo…Silver Bullet….-
Effettivamente, quando la moto prese il via verso chissà quale meta, la bambina era fisicamente sana e salva. Ma psicologicamente, mentalmente, era completamente demolita.
Ma probabilmente, di questo Vermouth ne era ben consapevole.

FINE FLASHBACK

“Ehi! Ma ci sei?”
Destata da quel ricordo, si voltò alla sua destra per scorgere il viso corrucciato della piccola Ayumi Yoshida, solitamente seduta al banco accanto al suo.
“Buongiorno” sorrise, forzatamente. “Perdonami, stavo…stavo ripassando mentalmente le formule matematiche…”
“Anche tu sei preoccupata, eh?” si intromise Genta Kojiima, sedendosi al banco dietro di lei.
“Io le ho scritte sulla mano, guarda qui!” esclamò poi mostrando il palmo, fiero della sua genialità.
“Non è leale!” esordì allora Mitsuiko, chinandosi con fare concitato verso di lui “C’è chi ha studiato tutto il pomeriggio per ricordarle…!!”
-Oh sì, più difficile della filosofia epicurea o stoica…- ridacchiò tra sé il piccolo detective, Conan Edogawa, prendendo posto al fianco di Ai.
Estraendo dallo zaino l’astuccio e poggiandolo sul banco, volse lo sguardo alla sua compagna e se ne accorse subito:gli occhi erano spenti, il sorriso forzato, l’espressione sconvolta. Quali pensieri potevano affollare la sua mente?
Improvvisamente, la ragazza si voltò, sentendosi osservata; il lungo sguardo che gli lanciò gli trasmise…non gli trasmise nulla. Sul volto di Haibara, la più totale inespressività…emblema di preoccupazione ed angoscia.
A testimonianza di ciò, non fece una battuta, un commento su quella ridicola situazione; soltanto, appena entrata la maestra Kobayashi, si alzò e le diede il buongiorno.

§§§

“L’area del quadrato?”
Ran era stata davvero gentile: all’uscita da scuola aveva incontrato i Giovani Detective e si era offerta di aiutarli a studiare per l’interrogazione generale che vi sarebbe stata di lì a poco; era il mese di Maggio, le scuole volgevano al termine e i professori erano alla disperata ricerca di metodi sempre più rapidi per elargire voti a destra e a manca e questo, seppur in scala ridotta, avveniva anche alle elementari.
“Lato alla seconda, cioè lato per lato!!”
Ovviamente, i tre ragazzini avevano accettato volentieri; Conan ed Ai, invece, avevano avuto reazioni differenti: il primo si era sentito perso ed aveva cercato –invano- di estraniarsi, mentre la seconda non aveva fatto una piega. Aveva altro a cui pensare, anche se…
“Non posso crederci, Ran!”
Sonoko Suzuki, figlia del famoso imprenditore, non era per niente d’accordo “Sprecare un pomeriggio per stare con questi mocciosi…” piagnucolò.
Tutti quanti si trovavano nell’agenzia investigativa del famoso detective dormiente Kogoro Mouri, momentaneamente assente per una corsa di cavalli; i bambini erano seduti sul divano, mentre le due giovani si appoggiavano sulle poltrone di fronte la scrivania in metallo.
“Noi non siamo mocciosi!!” replicò immediatamente Genta, alzandosi in piedi e portando le mani strette a pugno ai lati del viso.
La ragazza fece per rispondere, ma l’abile karateka fu più veloce: “Smettila, Sonoko. Non essere così antipatica con loro…”
-Lo era anche con me quando vestivo i miei veri panni, se per questo…-Non potè fare a meno di pensare Conan, ridacchiando tra sé e sé.
“Non capisco davvero, Ran…” proseguì Sonoko, scivolando con il sedere sul cuscino verde della poltrona “Non riesco a comprendere quali strane vocazioni ti spingano…Sei sempre così gentile, così premurosa! Praticamente non conosci questi bambini, eppure ti sforzi di aiutarli in tutti i modi possibili…”
Ran la interruppe, in imbarazzo: “Come non li conosco? Sono i migliori amici di Conan!!”
Ma Sonoko la ignorò: “…e butti un giorno che io e te avremmo potuto passare al centro, mangiando gelati su gelati, vestite di una minigonna e un toppino leggero, alla ricerca di studenti universitari belli e focosi…”
-E dove altro poteva andare a parare?!- Lo Shinichi in miniatura iniziava a scaldarsi –Pensa soltanto a quello…e vuole coinvolgere anche Ran!-
“Smettila di dire idiozie, Sonoko!!” La ragazza era diventata un peperone “Ci sono i ragazzi!” le ricordò, indicando i bambini con lo sguardo, poi però aggiunse: “E comunque sai bene che...”
“…che non sei tipo da queste cose, non ti piace metterti in mostra e dare la caccia ai ragazzi, inoltre non ti vestiresti mai come una barbie. Certo che lo so” la ricca ereditiera della compagnia Suzuki le rubò le parole di bocca “Mi chiedo perché una ragazza come te aspetti quel montato stacanovista eccentrico…”
“Chi sarebbe??” chiese Ayumi, estremamente interessata.
“Non si tratterà di quel ragazzo-detective…” insinuò Genta, sporgendosi verso la ragazza.
“...Shinichi Kudo!!” esclamò Mitsuiko, il tono della voce alto.
Ai, invece, fece in modo che i capelli le coprissero il volto.
“No!” , “Purtroppo…” furono le risposte contemporanee di Ran e Sonoko, l’una rossa in viso e l’altra sorridente a trentadue denti.
“Perché ‘purtroppo’?” domandò allora con voce infantile il piccolo detective: il suo cuore, improvvisamente, aveva iniziato a battere più forte del normale…
Sonoko fece per parlare e soddisfare così la curiosità dei quattro componenti della squadra dei Giovani Detective, ma Ran volle terminare lì la discussione:
“Basta, continuiamo a studiare, altrimenti rischierete di prendere un votaccio.”
Coperto il viso con il libro di matematica, ignorò i cori di disapprovazione dei tre veri bambini e le critiche dell’amica:
“Questa volta rispondimi tu, Ai…sei stata silenziosa tutto il giorno…”
La ‘piccola’ alzò gli occhi per notare il sorriso dolce e rassicurante che la diciassettenne le offriva.
“Lasciami pensare…perché non mi dici l’area del triangolo?”
Eppure in quel momento, per chissà quale motivo, il suo sorriso così sincero e pulito la infastidì, perciò rispose bruscamente:
“Se vuoi posso spiegarti il moto rettilineo uniforme o le disequazioni logaritmiche…Oppure andiamo troppo sul difficile?”
“C-cosa?” chiese Ran, molto sorpresa.
Ayumi, Genta e Mitsuiko rimasero a bocca aperta, mentre Conan assumeva in volto un’espressione stupefatta.
“Tu…tu conosci queste cose…?” balbettò con un filo di voce Sonoko, mentre Ran rimaneva muta.
“Scusatemi, non ho voglia di perdere tempo.” Disse poi con fermezza la piccola scienziata, alzandosi dal divano e correndo verso la porta dell’agenzia: sbattendola violentemente, uscì dall’edificio, seguita dalle occhiate perplesse degli amici.

§§§

“Grazie mille per l’aiuto, Ran. Sei stata davvero gentilissima!!”
Ringraziò Ayumi, un sorriso radioso sulla faccia.
“Infatti, grazie, Ran.” esclamarono in coro Genta e Mitsuiko. “Non è stato nulla…” sorrise la giovane per risposta. “Sono preoccupata per Ai, piuttosto, non capisco perché Conan non abbia voluto che la cercassimo…”
“Perché sicuramente è tornata a casa, dal professore.”rispose lui, spuntando alle loro spalle.
“Conan!! Dove vai??” gli chiese, scorgendo il leggero giacchetto jeans che aveva indossato.
“Accompagno i miei amici a casa, ho voglia di camminare.” Rispose.
“Davvero??” Ayumi era felicissima, avrebbe potuto trascorrere altro tempo con il suo compagno di classe preferito.
“Certo…andiamo! Ciao, Ran-neechan, a più tardi!”
“Non fermarti da nessuna parte al ritorno!!” lo ammonì la ‘sorellona’, salutandolo con un cenno della mano.
”Ciao ciao, mocciosetti…” ghignò invece Sonoko.
“Grr…che antipatica che è!!” brontolò Genta mentre, come gli altri, si incamminava verso casa.
Uno strano silenzio era calato nel gruppetto, fin quando Mitsuiko non chiese titubante:
“Conan…secondo te…”
”Uhm?” si voltò lui.
“Haibara è davvero tornata dal dottor Agasa?”
Il fiuto di un detective è abituato a scovare ogni dubbio, qualsiasi titubanza.
“Perché non dovrebbe?” fece, perciò.
“Beh, ecco…vedi…” il ragazzino sembrò restio nel rispondere “Niente, sono solo preoccupato...”
“Dai, non devi!” Genta gli diede una pacca sulla spalla, mentre la dolce bimba tentava di rassicurarlo:
“Vedrai che Conan ha rag…”
“Cosa sai che io non so?” irruppe il detective, lo sguardo improvvisamente assottigliato e le sopracciglia inarcate.
“Io…io ho promesso di non dirlo…” balbettò, quasi spaventato dallo sguardo del suo amico….amico che non voleva sentire ragioni: in un attimo, lo afferrò per le spalle scuotendolo forte e parlando concitatamente: “Parla, Mitsuiko! Di cosa dovrei essere informato? Chi ti ha fatto promettere di non dirlo??”
“H-Haibara…” si decise a replicare “L’altro giorno ero con i miei genitori nel quartiere di Haido-Choo, e ho visto lei camminare sul marciapiede con una videocassetta in mano…”
“ E allora???” Conan non poteva credere, non voleva credere che le cose stessero davvero come lui immaginava. Che c’entrasse…?
“…l’ho chiamata, ma lei non mi ha risposto: teneva lo sguardo fisso su una donna alta e bionda che camminava verso di lei. Aveva i lineamenti stranieri, non sembrava giapponese…”
-Merda! Vermouth!!- pensò con agitazione, per poi scuotere ancor più violentemente il ragazzino:
“Hai sentito cos’ha detto?? L’ha minacciata??”
“Cosa?” Mitsuiko sembrò perplesso “No no, però hanno parlato…la donna ha fatto un discorso molto strano, che non ho per niente capito…”

§§§

Il buio era calato sulla città e la luna illuminava case e palazzi rischiarandoli e donando loro un effetto quasi magico.
La sua luce era riuscita a penetrare ovunque, persino in un luogo tanto buio e desolato, tanto triste e malinconico. Anche il cimitero godeva della luce della luna e degli astri.
La tomba in marmo di una giovane ragazza dai capelli castani poteva approfittare di altrettanto beneficio, e il volto di una bambina di circa sette anni era rivolto alla sua foto.
Ai Haibara si trovava al cospetto di sua sorella Akemi Miyano.
Chiuse gli occhi e si rivolse a lei: -Perdonami, sorella. Tu mi avevi incoraggiato a non desistere per rimanere estranea alle loro sporche azioni, per non assumere il colore nero che li contraddistingue. Ma io, da tanto, troppo tempo, mi sono dipinta di rosso…un rosso vivo che non riesco a cancellare, il colore del sangue…Ti chiedo scusa, non ce l’ho fatta. Non sono riuscita ad oppormi, ad evitarlo…Sono qui di fronte a te, stasera, per rivelartelo…non ne ho mai avuto il coraggio, mi vergognavo davvero tanto, mi sentivo umiliata. E anche ora, non ne vado fiera, ma non resisterò ancora a lungo con questo rimorso dentro. Io sono colpevole, io ho…io ho…-
Una goccia, e dopo un’altra ancora. Dal cielo, poco prima limpido e terso, iniziarono a cadere piccole goccioline d’acqua che andarono a mischiarsi con quelle provenienti dagli occhi della ragazza obbligata a crescere troppo in fretta.
“E quindi, eri davvero qui…” proferì una voce affannata, probabilmente dovuta ad una corsa. La ragazza nei panni di una bambina si voltò, ritrovandosi di fronte Edogawa-kun.
“Siamo tutti molto preoccupati, è tardi…” le sorrise, avvicinandosi. Lei si girò nuovamente, dandogli le spalle.
“Tu, piuttosto, cosa…” ma si bloccò, percependo uno strano calore sulla schiena: Conan le aveva fatto dono della sua giacca blu per ripararsi dalla pioggia.
“Sei sicuro?” chiese, stranamente titubante. Il piccolo detective annuì.
Così, stettero entrambi in silenzio per u pò, ad osservare la tomba di Akemi; poi Conan, a bassa voce, tentò: “Non arrossire di confessare i tuoi peccati, non opporti alla corrente di un fiume…”*
Haibara strabuzzò gli occhi, sorpresa. Che lui sapesse?
“…in modo particolare, quando il tuo è un peccato che non c’è.”
“Cosa…intendi dire?” riuscì a domandare, sempre evitando accuratamente di voltarsi nella sua direzione.
Conan sorrise, ma non strafottente o sicuro di sé, soltanto dolcemente:
“Non so se ho ben compreso ciò che successe quel giorno ma comunque stiano le cose, è assurdo che tu ti senta responsabile. Credimi, non ha senso…”
Le fu difficile pronunciare quelle parole, ma controbatté: “Come puoi saperlo tu?”
“Posso, perché ti conosco. Il solo fatto che tu ti senta colpevole, lascia intendere che non hai nulla a che vedere con l’accaduto. Solitamente, è così che funziona…non si vogliono mai ammettere le proprie colpe. Tu sei stata costretta, non hai potuto ribellarti…non dovresti provare vergogna. Insomma: tu sei stata…”
“…debole e umiliata, non avrei dovuto permettergli di farlo.” Il suo tono non era, come al solito, cinico né tanto meno freddo, bensì più che mai disperato. Le lacrime non cessavano di bagnarle il volto e in quel momento che la pioggia non cadeva dal cielo, erano assai visibili; per questa ragione, la ragazza persisteva nel mostrare le spalle al detective in miniatura.
“Neanche io avrei dovuto permettergli di sfuggirci, all’Haido City Hotel.” Rispose, duro “Non avrei dovuto permettere a Vermouth di puntarti contro una pistola, la sera dell’Halloween Party, né di ferire Miss Jodie. Non avrei dovuto permettere loro di ridurmi così.” Si passò una mano sul petto, talmente piccolo e stretto da fargli quasi impressione.
“Eppure è successo e non posso farci nulla. La storia non è fatta di ‘se’, non possiamo cambiarla, ma impegnarci affinché costruisca il nostro futuro come noi lo desideriamo. Ma queste sono parole che dovresti dire tu…io non sono tipo da simili smancerie.”
“…tu mi hai detto di non fuggire al mio destino.” Sussurrò “E’ quello che voglio fare…”
“L’hai già fatto.” Fu molto rapido a replicare “…rifiutando la protezione dell’F.B.I., non sei scappata. Hai agito con grande coraggio, Shiho…”
A sentirsi chiamare in quel modo dopo così tanto tempo, Ai sentì un brivido percorrerle la schiena.
“E, fa’ attenzione: non ho detto Sherry…io ti ho chiamata Shiho…” concluse il suo discorso.
“Mi sento sporca, terribilmente sporca…” confessò. E in quel preciso istante, si sentì più leggera, libera. Pertanto proseguì: “…le mie mani non sono macchiate soltanto dal sangue delle vittime dei miei esperimenti…”
Conan si avvicinò, per poi poggiarle le mani sulle spalle: “Le tue mani sono sporche quanto le mie.”
Shiho si voltò di scatto, irritata: “Intendi dire che siamo entrambi criminali? O forse menzogneri?”
Shinichi scosse la testa: “Siamo entrambi vittime di una realtà troppo articolata. Sai quando davvero potremo ritenerci puliti?”
Stavolta toccò a lei rispondere negativamente.
“Quando lo avremo battuto, quando sarà in prigione insieme ai suoi compagni, a Vermouth…Fino ad allora, l’unica colpa dalla quale dobbiamo essere afflitti è quella di non avere avuto abbastanza forza e polso per catturarli.”
Ai si volse completamente verso di lui, fissandolo negli occhi per lungo tempo. Non si vergognava più di mostrargli le sue lacrime…
“Io so che tu sei innamorato di lei…ma, vorresti aiutarmi a sentirmi più candida?” gli domandò, gli occhi fissi nei suoi.
“Certo” la sua risposta fu convinta, sicura, sincera. “ E non sentirti inferiore a lei…siete soltanto due ragazze che hanno vissuto in modo differente…”
“CONAN! AI!!!” sentirono gridare, perciò si staccarono e Haibara tentò di nascondere il rossore sul suo volto non appena Agasa e Ran comparvero dal sentiero in ghiaia.
“Per l’amore del cielo, vi abbiamo cercato ovunque! Stava persino piovendo…” li rimproverò la ragazza, mentre Agasa ansimava con tono preoccupato:
“E’così tardi…”.
Poi scorse la lastra di marmo alle spalle delle vittime dell’apotoxina, e impallidendo, tacque. “Cosa ci fate qui?” insistette Ran.
“Ci siamo persi, a causa della pioggia non capivamo bene quale strada intraprendere.” Rispose Conan imitando la voce di un vero bimbo: suonava totalmente diversa da quella con cui aveva parlato pochi attimi prima!!
“Perdonaci, Ran-neechan.”
“E va bene, ora torniamo a casa, forza!!” ordinò la karateka e nessuno osò contraddirla. Ma prima di uscire dal cimitero, Ai la chiamò: “Ran…?”
“Cosa c’è?” fece, il tono della voce nuovamente calmo e pacato.
“Base per altezza diviso due.”

^***^ ^***^ ^***^

Precisazioni:
*Good evening, Renegade…: Buongiorno, Traditrice…
* It’s strange…:E’ strano…
*What’s the matter? Why don’t you answer me?: Qual è il problema? Perché non mi rispondi?
*Masami Hirota: Nome in codice all’interno dell’Organizzazione Nera di Miyano Akemi, sorella di Ai.
* Think it over! Don’t forget that…: Riflettici! Non dimenticarlo…
*Unicuique suum: (Frase Latina, nonchè titolo di un libro di Leonardo Sciascia) A ciascuno il suo
*Non arrossire di confessare i tuoi peccati, non opporti alla corrente di un fiume…: Frase di Siracide, richiesta dalle regole del concorso.

^***^ ^***^ ^***^

Note Dell’Autrice: Ecco qui la fanfic che ho presentato al concorso con il tema principale del peccato!
E’ inquadrato, prettamente, sulla figura di Ai e sul suo passato, che è a noi tutt’ora scuro e misterioso…
Mi è risultato abbastanza difficile descrivere e narrare riguardo la piccola scienziata, il suo carattere è uno di quelli più ‘pesanti’ da rendere propri e poi scriverci su…Visto che Un Silenzio Controproducente era l’unica fic che ho postato dal 2006 a questa parte, ho deciso di rendere pubblica anche questa ^.^
Sono davvero curiosa di sapere cosa ne pensate!!
Un bacione grande ed in anticipo un enorme GRAZIE a chi leggerà la one-shot!

XXX Cavy-Chan XXX

   
 
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