POV Queen Leah
I giardini.
Il suo paradiso.
Le sue rose rigorosamente gialle, non c’era paragone con nessun altro roseto , il suo, era sicuramente il più bello e curato. Accarezzato e cullato come la gelosia che cullava dolcemente nel petto sfatto e immancabilmente raggrinzito.
Accarezzava con le dita i petali allo stessa maniera di una madre con un proprio figlio.
Ma lei era una madre senza un figlio.
Accucciata come una ninfa a piedi del proprio reame, bella come sempre, intenta a potare e a domare ciuffi di erba selvaggia. Nociva e dannosa per la crescita delle proprie dilette.
I capelli placidamente adagiati sulla schiena coperta.
Tutti sanno delle fragilità delle rose e delle loro altrettante spine.
Lo sguardo permaneva severo a rimbeccare mentalmente quelle erbacce dannate che minavano il territorio delle sue care rose , gialle. Quante cose si dicevano di quel fiore, in quante poesie appariva e in ognuna di queste si immaginava una parte di se.
Una parte sempre verrà cantata perché ,lei, era tragicamente legata a quel fiore.
Simbolo di teatrali sconfitte e vittorie.
Era un fiore completo a detta sua, era un fiore che cullava tra le mani; Perfette e gelida con l'invidia che le annebbiava la vista che sfarfalla e si manifesta.
L'invidia perché loro nascevano, crescevano e morivano.
Lei no.
Non più, non più davvero.
Aveva visto nascere tante rose, morirne altrettante. Aveva visto molte cose forse anche troppe, il più delle volte cruente. Non c’era del rosso a cercarlo, non c’era perché semplicemente non ne piantò mai da quando decise di farsi il suo luogo.
Solo suo e di nessun'altra, privo delle tracce immaginarie di sangue che ne avrebbero altrimenti calcato i petali.
Aveva alzato lo sguardo - la frazione di un secondo - c’erano dei rumori ma era altrettanto vero che chiunque osasse oltrepassare la soglia si sarebbe rimesso sui propri passi di li a poco , così, aveva deciso di non farci caso.
Al momento.
Quante facce e quante parole possono calcare sulla Regina. Tantissimi. Una corolla infinita di petali, uguali, catalogati. Non c’era diversità per la monotonia delle sue giornate, fare la moglie non era emozionante è ovvio soprattutto se dall’unione di anni ancora nessun figlio bussa alla porta della coppia.
Eppure si era alzata in un moto che non poteva essere più lento mentre ,piano, scioglie il contatto con le proprie dilette, come se all'improvviso la loro assenza mancasse tanto alle proprie mani da non riuscire ad allontanarle. E' buffo, sì , com'è profondamente radicata in quella terra in quel luogo.
È buffo quanto, invece, l’espressione muti nel risentire nuovamente qualcosa muoversi.
Maldestro.
Malcelato, una testolina, una chioma scura scarmigliata.
Giovane.
{ Tu? }
Doveva essersi ritratta perché la Regina non ne distingueva più le forme, i passi, però nella sua figura eretta prendevano piede.
Consistenza.
{ Non ti verrà fatto alcun male. }
Una rassicurazione che la vedrà riapparire, improvvisamente.
[ Mhh ]
{ Sei? }
[ Yvonne mia Regina, non volevo disturbarVi. Sul Serio. ]
{ Sei una bambina curiosa, Yvonne. Cosa stavi facendo , allora, lì dietro? }
[ Avete delle rose bellissime. Tutto qui è bellissimo rispetto a… ]
{ A cosa? }
[ Anche dove lavoro è bellissimo, Signora, non fraintendetemi ma qui è proprio un’altro mondo. ]
{ Grazie, bambina. Io sono Leah, chiamami così. }
[ Leah! È un bel nome, io, devo andare altrimenti se non ritorno i falconieri mi daranno in pasto ai becchi dei loro animali. ]
La voce trema, lo sente, sotto pelle e per lei. Per la Regina c’era una sorta di calore che scivola ad aprirle quel cuore che riteneva privo di un reale battito.
Privo di una emozionalità legata alla mancanza.
Non aveva una figlio l’unica ragione per ciò che era, e fuggire e disperarsi, non era servito a nulla semplicemente provava - invano - a concepire.
Yvonne.
{ Prendi questa, mostrale alle guardie ti faranno passare. Appuntala all’orecchio sinistro. } parallelo al cuore avrebbe voluto aggiungere ma non lo disse. Non quella volta. { ma nascondilo ai più, fa che sia solo qualcosa che sai tu. }
[ Il nostro piccolo segreto. ]
{ Esatto il nostro piccolo segreto }
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Dal suo incontro con la Regina, Yvonne, era riuscita a sopportare ogni cosa con facilità come se fosse la sua salvezza il luogo sicuro dove rifugiarsi.
Laddove tornare per pochi minuti, una manciata di parole di conforto all’interno di quel giardino che ormai era diventata la sua casa.
Ogni tanto si avvicinava alle gabbie dei falchi maggiormente solo per imprimersi di odori prettamente nauseanti di chi si affaccendava a pulire con più meticolosità, passando in rassegna tutto più volte.
Sapeva di fiori, aveva paura di sapere di proibito di quell’odore destinato alle principesse e non a ragazze come lei.
Non a una di quelle che lavoravano come sguattere.
Passarono anni, è vero, passarono come minimo cinque o sei anni e ogni volta alla fine del suo turno lavorativo mollava tutto e tutti recandosi ed affacciandosi a quello scorcio di libertà.
Di unione e di affetto.
{ Leah eccomi! }
Ormai erano intime di chiacchierate intense, confidenziali.
Quella volta quel ventidue agosto trovò la bellissima donna che con lei risultava sempre amabile come la prima volta.
Buia in viso, disinteressata. Non aveva nemmeno alzato gli occhi quando l’aveva chiamata, era come se improvvisamente persino Yvonne fosse diventata invisibile.
Impelpabile.
Mai esistita.
Era stato un brutto colpo per la ragazza ormai fatta donna per quella fanciullezza che non aveva perso unicamente per restituirla in perle al lei. A quella regina striata dal tempo di una maternità mai raggiunta.
Un nodo alla gola si stringe a soffocare le altre parole che avrebbe voluto dirle, che aveva da dire da tantissimo tempo e che tutto finivano con un “Posso chiamarti mamma?” ma non ce l’aveva fatta, nemmeno questa volta Yvonne era riuscita a dirle tutto anche se era venuta proprio per quel motivo per dirle che lei, poteva essere la sua bambina perduta.
La sua piccola orfana.
La sua principessa.
Sarebbe stata tutto ciò che le mancava e Yvonne lo sapeva, perché Yvonne sapeva perfettamente come essere per lei tutto ciò che desiderava, perché era cresciuta plasmata dall’affetto di lei.
Di Leah.
Eppure nonostante tutte le convinzioni del caso non riusciva a comprendere cosa potesse affliggere così tanto lei, Leah, si era avvicinata con la leggerezza di una danzatrice di una piuma.
Si era avvicinata accovacciandosi accanto alla donna dai lunghi capelli biondi e dagli occhi più chiari di un cielo, si era seduta lì e indagava il suo volto con meticolosa dolcezza.
Un bel sorriso sapeva scaldare Leah più di qualsiasi altra cosa, più di mille parole.
Allungare la destra verso la sua e stringerla aveva valso un’occhiata, uno sguardo colmo di una tristezza densa.
Pesante così pregna delle sfumature del grigio da divorarsi la lucentezza di lei.
Era stato incredibilmente asfissiante quando entrambi gli sguardi si erano trovati e incastrati nello spazio riempito dall’aria, era stato una resa lenta.
Incombente.
Sofferente, era stata una resa sempre più prossima alle sue palpebre celate come un sipario su uno spettacolo finito dove il suono degli applausi è sordo e vano.
{ Cosa c’è, cos’è successo. Dimmi qualcosa… }
[ Re Stephen mi ha parlato l’altro giorno e…e…siamo sposati da vent’anni. Io ho già trentacinque anni e non crede che io possa più darle l’erede che cerca. ]
{ Ma questo non significa niente, è solo questione di tempo. Altro tempo. }
Lo sapevano tutti, ogni individuo della corte mormorava l’incapacità di Leah di dare alla luce un bambino figlio del Re tutti quanti sapevano che prima o poi sarebbe venuto il momento di cercare altrove.
Era solo questione di…tempo.
[ No non capisci. Mi ha detto che ha trovato un’altra donna, giovane. Bella. Nel pieno delle sue possibilità e…la figlia di un borghese decaduto tutto ciò che questo piccolo regno ha da offrire ma lei è una bella donna. Accattivante. ]
{ Quanto tempo ti resta? }
[ Un anno, Yvonne, se non riesco a rimare incinta entro un anno… ]
La voce si strozza e con la sua anche lo scossone emotivo che echeggia nel cuore di Yvonne.
{ Un anno. Ti aiuterò, ce la farò. Te lo prometto. }
Le aveva stretto le mani deponendo sul capo della “madre” un piccolo bacio e poi era fuggita, correndo fuori dal giardino.
Non sapeva ancora come avrebbe aiutato Leah ma sapeva che doveva correre al porto della città laddove si vociferava la presenza di una strega.
La strega del mare.
Ma esisteva?
Esisteva davvero o era solo frutto di dicerie?
“L’avrebbe scoperto” si ripeteva… così tante volte nella mente che ormai se ne era persino convinta, non poteva non trovarla.
Non poteva, davvero, non trovarla.
Lo doveva a Leah.
Lo doveva a tutti i sorrisi, le parole, le occhiate, gli abbracci.
Lo doveva soprattutto alle braccia della Regina, che potessero stringere non solo lei ma anche un piccolo fagottino caldo , l’assicurazione per la sua
permanenza con il marito che aveva sempre amato.
Perché lo sapeva, Yvonne, nell’immaginario delle storie raccontate dalle labbra chiare di lei quanto sia spregevole spezzare il cuore di una donna.
Quanto era straziante seppure, Yvonne, non potesse davvero affermarlo perché no, no, non c’era niente nulla di davvero così traumatico nella sua vita - nella rielaborazione personale - a renderla infranta.
Era un fascio di nervi e convinzione, una stella pulsante di determinazione.
Non avrebbe fallito, quello era ovvio.
Era un porto esattamente come tutti gli altri, una cittadina affaccendata.
Case, stradine trafficate.
Carri.
Qualche gallina scorrazzante, un’odore che tutto sommato sapeva di “vivacità” qualcosa che non la infastidiva sebbene si trovasse totalmente dispersa lontana dall’ambiente al quale era abituata.
C’era tutto.
La taverna quella che s’affacciava al mare, quella su cui si rimirava da una delle piccole finestre la distesa di mare blu.
Lo sguardo lanciato la , all’orizzonte sembrava in prenda all’ansia.
Sembrava cercare un punto di ancoraggio una via di fuga, una risposta nel nulla che aveva ricostruito intorno a se focalizzandosi solo sul necessario.
Dove avrebbe trovato la strega del mare?
Non poteva certamente andare in giro a chiedere se la conoscevano o peggio affiggere un cartello “Strega cercasi”.
Uno sbuffo.
Era frustrante.
A nulla era valso il tempo passato a mangiucchiare una brodaglia a basso costo sperando di acciuffare qualche discorso qua e la, qualche indizio da locanda dove sono solite uscire le più astruse fantasie.
Storie di marinai.
Nei prossimi inizierò a inserire i persoanggi conosciuti e potete già iniziare a immaginare quali, non sò se sono prevedibile (spero di no) . Spero non sia stato fastidiosa l'intro con il punto di vista della Regina - premetto che non sarà l'ultimo - ma mi tornava utile per far comprendere bene la relazione importante tra le due. ^^
Un bacione a chi legge e non commenta e soprattutto un grazie enorme a chi invece esprime perplessità, critiche o altro ben venga.
Una special nomination va senz'altro a Euridice100, mi da sempre un sacco di soddisfazioni.
A presto Dearie.
Martina.