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Autore: Tomi Dark angel    01/03/2014    10 recensioni
Mi chiamo John Watson e vivo a Londra. È dodici giorni a nord di disperazione e pochi gradi a sud di piogge torrenziali. Si trova esattamente sul meridiano della miseria. La mia città, in una parola è… solida. (...) L’unico problema sono le infestazioni: in alcuni posti hanno topi o zanzare. Noi invece abbiamo… i draghi.
Johnlock
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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A volte, il mondo gira in maniera diversa, anomala rispetto al corrente pensiero. Alcuni credono che il pianeta ruoti tranquillo su un’asse precisa, lineare nella sua perfezione. Eppure, non è sempre così: per alcuni, il mondo smette di ruotare all’improvviso, dinanzi all’enormità di qualcosa che neanche la vita stessa può concepire. Alcuni guardano il tempo bloccarsi, alcuni respirano aria rarefatta di pianeta cristallizzato che trattiene il respiro e osserva.
È così anche adesso, al tramonto di un crepuscolo dorato, mentre la città distrutta e fumante di ruderi in pezzi e cadaveri sanguinanti, poco a poco si rilassa. Eppure, essa  inconsapevole di ciò che cova, dell’avvenimento storico che, per la prima volta da secoli, cambierà un minuscolo, importantissimo pezzo di storia.
Nella sua piccolezza di giovane uomo, John osserva e quasi dimentica di respirare.
Ha creduto di trovarsi davanti a un drago. Ha creduto di poter guardare il più grosso e orribile ammasso di squame annerite dai fumi dell’inferno. Eppure… quello non è un drago. Ma non è neanche umano.
Quello che John ha davanti è un uomo nudo, che si copre dalla vita in giù con l’unica ala sana e non imprigionata nella rete che gli ingabbia anche una spalla e parte del collo. Ha i capelli corvini e ricci, dai quali sbucano imponenti delle corna ondulate di purissimo argento screziato d’anelli neri. A delineare la linea della mascella c’è una fila di punte affilate ma piuttosto piccole, che poco a poco, a partire dai lati del collo, si convertono in squame taglienti, nere come la più lucente delle stelle oscure, ma attraversate da cangianti riflessi arcobaleno, come uno spettro adamantino che respira e muove i suoi passi all’interno di ogni tassello squamato. Queste due linee di squame compongono una perfetta V che si unisce alla base del collo e si divide in due ali perfette che ricoprono le spalle larghe, percorrono le braccia moderatamente muscolose, che culminano in mani artigliate, squamate solo sulla parte superiore, lasciando il palmo liscio di pallida pelle umana, la stessa che si allarga sul petto scolpito e sul ventre liscio, piatto. John non ha bisogno di guardare per sapere che quelle immense ali nerastre, grandi almeno venti volte il corpo del loro minuscolo proprietario, sbucano dalla schiena, squarciandola in due perfetti tagli. Più in basso, John vede la coda squamata di nero e riflessi arcobaleno sbucare dalle macerie.
La creatura dorme, forse è morta per le ferite sanguinanti che gli percorrono il corpo. John non capisce perché, ma quel pensiero gli infonde una profonda tristezza. Non ha mai visto qualcosa di così… bello. E triste.
Bello? È un drago, dannazione! Riprenditi, Watson.
Con cautela, John si avvicina, il bastone conficcato tra le macerie. Cerca di inginocchiarsi davanti alla creatura, silenzioso in ogni suo gesto. Pare che non respiri, ma lui che ne sa dell’anatomia di un… drago? Uomo? Oddio.
Eppure, non è la sopravvivenza che gli interessa adesso. Non pensa nemmeno di dover decapitare la creatura per portarsi a casa un trofeo che l’avrebbe reintegrato. Non pensa a niente che non sia lo splendore possente di quella figura longilinea baciata dalla luce del sole morente. No, quella creatura non è baciata dalla luce. Quella creatura è la luce. Non la riflette, essa la crea.
Lentamente, John tende una mano verso quella squamata della creatura, ma in un istante, l’incantesimo si rompe.
La bestia apre un occhio dalla pupilla verticale, realizza la situazione e la pericolosa vicinanza del nemico.
Di cose inquietanti e altrettanto spaventose, John ne ha viste così tante da perderne il conto. Ma l’incubo vero è quello, quella bestia inferocita che in un battito di ciglia sfodera una forza sovrumana e con un ruggito che fa tremare il mondo intero fa a pezzi la rete di ferro e scatta in avanti, la coda scudisciante che nell’urtare la fiancata rimasta del palazzo in rovina la sbriciola con facilità. John si trova lungo disteso per terra, gli occhi sbarrati di un terrore mai provato mentre l’ombra mefitica e splendida di immense ali vendicatrici oscura totalmente il cielo e il quartiere ancora addormentato.
Una mano artigliata stringe il collo di John, due piedi in tutto e per tutto simili a zampe di drago, si piantano ai lati del suo corpo e un ginocchio squamato preme sul ventre.
John si trova il viso della creatura a pochi centimetri dal suo. Si specchia in quegli occhi felini dal colore indefinito, come di punta di diamante che ricopre coi suoi colori l’intero spettro dell’arcobaleno. A seconda della luce che li colpisce, essi mutano, si trasformano, e trovano nuovi brillanti colori che forse l’uomo stesso non ha mai scoperto. Il viso è pallido, deformato da un ringhio che snuda i denti bianchissimi, perfetti, da predatore. È…
-Bellissimo.-
John se lo lascia sfuggire inconsapevolmente, il corpo rilassato e d’improvviso, in presenza della magnifica bellezza della creatura, anche il terrore svanisce.
La bestia sbarra appena gli occhi, inclina appena il capo, come in cerca di risposte che non arrivano. Si riflette negli occhi azzurrissimi dell’ex soldato, gli scava l’anima, lo legge lentamente, con cautela. E alla fine, John vede lo sguardo della creatura mutare, farsi dubbioso, stranito.
Come in un sogno, i passi dei militari in avvicinamento rompono l’idillio, facendo voltare entrambi verso la strada principale. La bestia abbandona la presa su John, e adesso che gli da le spalle, l’ex militare può vedere la fila di squame che scende in un’unica linea a V verso il fondoschiena alto e tonico, dal quale sbuca una coda lunga circa quattro metri, massiccia e terribile. Le ali nascondono quasi del tutto la sua figura ma quando la creatura salta e le spiega, incidendo profondamente i palazzi abbandonati nei dintorni, John non può fare altro che trattenere il respiro e ammirare.
Ma qualcosa non va.
La bestia sbatte velocemente le ali, manda in frantumi le macerie e ne spazza via altre col suo vento profumato di… aghi di pino? Così pare.
Ma un’ala non sta bene. Il sangue nero venato d’argento, tipico dei draghi, schizza ovunque, sporca il viso di John, il terreno, le mura circostanti. La creatura perde quota, sbatte contro la fiancata di un palazzo abbandonato, cerca di scalarlo con gli artigli poderosi, ma è troppo debole e l’evidente squarcio che separa una delle vele dell’ala destra lascia filtrare l’aria, impedendogli di prendere quota. La bestia cade con un ruggito d’impotenza e i militari si avvicinano, John sente le loro voci. Se lo trovano, lo uccideranno.
-Entra lì.- sussurra, indicando l’entrata decadente di un magazzino in rovina. La bestia lo guarda, si chiede se sia giusto fidarsi. È una scelta complicata.
Vita o morte.
Lotta o fuga.
Fiducia o sfiducia.
Ma alla fine, qualcosa in lui si muove e la creatura sparisce, velocissima come sa esserlo soltanto una Furia Buia. Di lui non restano tracce, ma John sa che è lì.
-John?-
Lestrade lo raggiunge di corsa, fissa stralunato le chiazze di sangue di drago che sporcano gli abiti di John, il suo viso, il collo e le mani. Poi, Lestrade si guarda intorno.
-Stai bene?- chiede, tornando a fissare l’amico. John annuisce, costringendosi a non guardare la rimessa abbandonata dove ha visto sparire la Furia Buia.
-Benissimo. Devo smetterla di gironzolare così.-
-John, sei sporco di sangue di drago.-
-Ho urtato le pietre sottostanti. Se guardi in giro, ce n’è parecchio di sangue e io ci sono finito sopra. Una delle bestie deve essersi ferita mentre passava di qui.-
Lestrade lo fissa dubbioso, poi scruta nuovamente l’ambiente circostante. Ha gli occhi sbarrati, è molto pallido, e da questo John capisce che ha avuto paura, che si è spaventato quando l’ha visto solo e ricoperto di sangue. E lui? Ha avuto paura lui, che ha toccato la morte in persona, che l’ha guardata negli occhi?
Eppure… quella stessa morte l’ha risparmiato. Perché?
 
-Uccidere a vista, uccidere a vista, uccidere a vista… e accidenti!-
John scaglia il libro dall’altra parte della stanza con un gemito esasperato. Si prende la testa tra le mani, dondola sul posto pur combattendo il dolore alla gamba. Ha trascorso una notte insonne a leggere nozioni inerenti ai draghi, e ogni pagina, ogni annotazione, ogni parola, ha specificato un unico significato: uccidere a vista. Nessuna possibilità di uscita, nessuna possibilità di stabilire un contatto con almeno una delle bestie. Sono tutte feroci, tutte pazze assassine. Eppure… una di loro l’ha risparmiato.
Proprio la pagina inerente alla Furia Buia, priva di raffigurazioni o specificazioni su capacità e aspetto fisico, era totalmente occupata da un’unica, imponente scritta, diversa dalle altre ma altrettanto terrificante: Fuggi e prega di non essere trovato.
Insomma, come dire che John ha appena salvato la vita al principe delle bestie assassine. Fantastico.
-Tutto bene, John caro?- chiede la signora Hudson, entrando con cautela, tra le mani il vassoio sbeccato e una tazza di the fumante che non gli nega mai, specialmente dopo una brutta esperienza come quella narratale da Lestrade.
-Lei cosa farebbe se… se le fosse data la possibilità di cambiare qualcosa? L’occasione di risparmiare una vita?-
-Ma?-
-Ma se dall’altra parte, in cambio di quella vita, vi fosse offerta la possibilità di riscattare la vostra reputazione?-
Mrs Hudson inclina appena il capo, lo guarda con quei suoi occhi piccoli, ma anche tanto grandi nella loro saggia anzianità. Gli porge la tazza di the fumante e si inginocchia, le mani posate sulle sue ginocchia come quelle di una madre che carezza le effimere ferite del figlio, caduto mentre imparava a camminare. Lo guarda dal basso, umile.
-Stiamo parlando di una vita?-
-Sì.-
-Parliamo di qualcosa che respiri, che abbia una coscienza?-
John ci pensa: la Furia Buia può avercela una coscienza? Ha almeno l’anima? John chiude gli occhi, ricostruisce minuzioso i riflessi cangianti di quegli occhi pericolosi e bellissimi, che hanno saputo imprigionare i colori del mondo intero. Occhi traboccanti d’emozioni, occhi vivi… occhi intrisi d’anima quasi umana.
-Sì.- E la risposta arriva anche prima che lui possa concepirla, prima che possa rendersi conto di averla pronunciata. Ma John sa che è vera: la risposta è sì.
Mrs Hudson sorride, trasmette luce in quegli occhi anziani di sopravvissuta ai peggiori attacchi dei draghi. Lei spera ancora, lei crede in un domani per John ormai dimenticato. Non dice altro l’anziana padrona di casa: semplicemente, si alza ed esce dalla stanza, i passi felpati e l’inconfondibile scia di the che ormai impregna la sua pelle appena incartapecorita. E John adesso, ha la sua risposta. Sa cosa deve fare… sa di doverci almeno provare.
-Mrs Hudson… avrei bisogno del suo aiuto.-
 
-Ehm… ehilà?- grida John, entrando cautamente nella rimessa. C’è buio, c’è silenzio. E questo fa paura.
Si guarda intorno e avanza ancora, zoppicando ferito, ma con l’altra mano stretta a sostenere una grossa busta che appoggia al suolo ed apre lentamente, ben sapendo di essere osservato, studiato, giudicato. Non fa neanche in tempo a rialzarsi che qualcosa gli sfiora la caviglia.
-Oh, no…-
Uno strattone, e il mondo si capovolge. John si trova appeso a testa in giù, le braccia penzoloni, il bastone abbandonato al suolo, accanto alla busta. Una coda massiccia, irta di aculei sul dorso, gli avvolge caviglia e polpaccio, tenendolo sollevato senza sforzo. Dall’ombra emerge una figura nuda, con solo un’ala gigantesca ad abbracciarla. L’altra striscia nella polvere alle sue spalle, come uno splendido drappo di sogni e oscurità intrecciati.
La Furia Buia appare scompigliata, ricoperta di sangue rappreso, l’ala sana così grande da abbracciare da ripiegata almeno metà della gigantesca rimessa. Fissa John con sguardo indagatore, appena incuriosito. Gli occhi si fermano qualche istante sulla medaglietta che penzola adesso dal collo di John come un cappio, e l’ex militare si maledice per non essersela tolta.
La coda si piega, accosta il viso di John a quello bellissimo e spaventoso della Furia Buia. Ha il naso appena arricciato, come se trattenesse un ringhio, e questo John lo apprezza. Cerca di mantenere un contegno e scopre che in qualche modo non è difficile: se la Furia Buia avesse voluto ucciderlo, l’avrebbe fatto tempo prima.
-Puoi mettermi giù?- chiede pazientemente, fissando la bestia negli occhi. Quella assottiglia lo sguardo e lo scuote con energia, facendolo sballottare a destra e a sinistra. John impreca.
-Sono un amico! Ti ho portato da mangiare e… un abito. Dovrebbe andarti bene.-
La Furia Buia sembra capirlo, occhieggia la busta. Senza liberare John, si inginocchia e cautamente la apre. Ne osserva il contenuto, poi fissa John, che imbarazzato abbassa lo sguardo (o meglio, lo alza, dalla posizione rovesciata in cui è costretto).
-Non puoi mica stare qui nudo, no? Non dico che tu possa avere freddo, ma quantomeno… ok, hai capito. O almeno, lo sper…-
La coda molla la presa, John si schianta al suolo con un gemito. La Furia Buia non c’è più, ma John intravede le ombre muoversi velocissime alle sue spalle e tutto intorno. È diffidente, la bestia si chiede se fidarsi. Così, John fa l’unica cosa che sente sia giusto fare: si siede.
Con un gemito di dolore, incrocia le gambe e resta immobile. Fissa il vuoto davanti a sé, poi comincia a parlare: -Io mi chiamo John Watson. Sono un ex soldato, sai? Ho combattuto la tua gente in Afghanistan, immagino che questo tu l’abbia capito. Insomma, ho la medaglietta e sono coperto di ferite di guerra. Non sei stupido, sono certo che puoi capirmi… tu mi hai capito sin da subito, vero? Mi hai guardato negli occhi, avevamo lo stesso sguardo: entrambi disperati, entrambi pronti a morire per gli obbiettivi prefissatici. Forse è per questo che non ho cercato di ammazzarti da subito… in qualche modo, io e te ci somigliamo.-
E poco a poco, le ore passano. John racconta della sua vita, di sua sorella alcolista, sparita nel nulla dopo una litigata, dei genitori morti durante un attacco dei draghi. Sono le bestie che ritornano in ogni suo argomento, in ogni suo orribile ricordo, eppure non ne fa una colpa alla Furia Buia. È assurdo pensare che sta parlando amorevolmente col più feroce degli assassini, ammettendo di aver detestato e attentato alla vita dei suoi simili. È pericoloso, è malato. Eppure… lo rilassa. E John, da bravo soldato, non si rilassa mai. Da quanti anni non assaporava quel silenzio, misto alla sensazione di essere ascoltato?
La notte cala, John a stento se ne accorge. Poi guarda fuori, nota l’oscurità ormai avanzata che ha risucchiato l’oro del giorno. Si alza lentamente, gemendo per il dolore alla gamba.
-Allora io vado… e… grazie per…-
Ma improvvisamente, John urta qualcosa di duro, si immobilizza appena avverte tra i capelli lo sbuffo profumato ma rovente di polmoni enormi, pressati in un corpo umanoide. John non si volta, resta immobile, ma occhieggia incantato i bordi slabbrati e ancora sanguinanti dell’ala ferita. Ha un aspetto orribile: forse, la Furia Buia non volerà mai più.
-Oddio, cosa ho fatto?- mormora John, un groppo in gola. –Mi dispiace. Mi dispiace, davvero.-
E d’improvviso, la presenza alle sue spalle svanisce. La Furia Buia si è nascosta di nuovo, ma senza ringhiare. In qualche modo, ha accettato al sua presenza, la sua voce, per un giorno intero. Ed è quel piccolo barlume di fiducia, quell’insignificante permesso di restare che gli lascia intravedere la scintilla di luce che cerca, qualcosa che in qualche modo risolleva il suo cuore distrutto di uomo impotente, azzoppato.
Senza saperlo, John Watson ha aperto un portale.
Senza saperlo, John Watson ha riscoperto qualcosa di grande ormai da tempo scordato dagli uomini.
Senza saperlo, John Watson vive di nuovo e ha un obbiettivo che lo tiene in piedi, che innalza le sue monotone giornate: rimediare al danno causato e ricondurre la creatura in cielo, dove è giusto che stia. Tra le stelle, accanto alla luna, dove potrà brillare in tutto il suo gelido splendore.
 
Angolo dell’autrice:
E rieccomi per il secondo capitolo. Sì, sono impazzita e sì, ho appena ammazzato Sherlock descrivendolo così. Ma suvvia, è un drago, no?
Ora, passiamo alle cose importanti: ringrazio e dedico con tutto il cuore colei che ha reso possibile la pubblicazione di un secondo capitolo anziché la cancellazione della storia: Bbpeki. Come sempre un tesoro e come sempre magnifica in ogni suo commento. A te che recensisci tutte le mie fatiche e a te un ringraziamento di cuore per le soddisfazioni che regali con le tue parole. Grazie.
A prestissimo, fatemi sapere che ne pensate!

Tomi Dark Angel

 
  
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