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Autore: yo_ki_min    02/03/2014    0 recensioni
Felicità è agire secondo ragione. Felicità è agire bene. Ma il bene da che parte sta, in un mondo senza logica?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Gendo Ikari, Kaworu Nagisa, Shinji Ikari
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Nell’istante in cui Shinji incontrò Kaworu per la prima volta, non furono i suoi insoliti capelli argentei che notò, e nemmeno gli inquietanti occhi rossi, o il bizzarro modo di parlare (metà delle sue affermazioni sembravano definizioni provenienti da un vocabolario ottocentesco).
 
Quello che lo colpì fu il suo sorriso. Un sorriso sincero, fiducioso. Coinvolgente.
 
Da quando non vedeva qualcuno sorridere così? Negli ultimi tempi attorno a se, e dentro di se, c’era stato posto solo per dolore e sofferenza. La sua mente era confusa. Persa in mille pensieri, uno più angosciante dell’altro. Tutto ciò che Shinji desiderava era la serenità. O l’oblio.
 
Prima ancora di vederlo, udì Kaworu. Cantava una famosa melodia. Il suo cuore e la sua anima parvero calmarsi un attimo, iniziando a seguire la dolce scia della musica piuttosto che il tortuoso corso delle preoccupazioni che assillavano Shinji da ormai troppo tempo.
L’inno alla gioia. Ecco cosa stava cantando quel curioso ragazzo. Ed ecco cosa, forse, provava. Gioia. Nell’osservare quel mare devastato, al tramonto, circondato da rovine di un tempo lontano e forse perduto. Shinji era incredulo.
 
Davvero si può ancora gioire in questo pazzo mondo? Puoi dirmi come si fa? Perché io provo solo dolore? La musica? Che c’entra la musica?
 
“La musica porta gioia. Cantare dà nuova vita all’animo umano” Kaworu – sebbene ancora Shinji non sapesse che si chiamava così- sembrava avergli letto nel pensiero.
 
E fu in quel momento che si voltò, e Shinji in un solo istante conobbe il vero significato della felicità, della sincerità, dell’innocenza. Perché vide tutto ciò nel volto gentile di Kaworu.
 
Posso parlarti? Diventiamo amici. Ho bisogno di amici. Qualcuno con cui parlare. Qualcuno che mi parli. Qualcuno su cui contare. Puoi essere quel qualcuno? Perché qui intorno tutti sembrano aspettarsi qualcosa da me. Ma io non sono pronto a dargliela. Anzi, non so nemmeno cosa vogliano.
 
Ma Shinji non avrebbe mai rischiato di aprirsi così tanto. Probabilmente non sarebbe stato capito. Perciò diede inizio ad un imbarazzante ma in fondo piacevole dialogo. Per quanto avesse ormai rinunciato a trovare un qualsiasi individuo che non interagisse con lui semplicemente per sfruttarlo, sentì rifiorire una speranza dentro di se; Kaworu sembrava onestamente interessato a lui, sembrava parlargli per il puro piacere di intrattenere una conversazione. Sembrava divertito e incuriosito. A Shinji non era mai capitato che una persona si comportasse così con lui.
 
Il resto della giornata scorse via lentamente fra sciocchi test, nei quali era costretto a restare immobile nell’ EVA, solo con il cupo abisso della sua mente. Lì era ancora più solo del solito. Shinji non era mai riuscito a capire come potesse Asuka godere nel guidare quelle enormi bestie metalliche. Asuka cercava la potenza, perché si sentiva debole. A Shinji la potenza, il predominio sugli altri, la grandiosità non interessavano. A lui bastava un po’ di pace. Tranquillità. Silenzio.
 
O forse no, non silenzio. Piuttosto qualche suono piacevole che ti culla nella notte, e ti guida durante il giorno. Gli auricolari che aveva sempre nelle orecchie però non riuscivano a sovrastare le voci del suo pensiero.
 
Ma quel giorno, quel giorno c’era una melodia, un lieve sottofondo, che lo accompagnava. Non eliminava le sue sofferenze, ma le rendeva sopportabili avvolgendole e smussandone gli angoli, di solito taglienti come lame d’acciaio.
 
E la musica cresceva dentro di lui di minuto in minuto, di ora in ora, e quando rivide Kaworu trovò che il suono aveva sempre più senso dentro la sua testa, che lo confortava, e faceva anche di più: lo rendeva felice.
 
Felice? È possibile? Quand’è stata l’ultima volta che sono stato felice? Quando la prima? Forse non lo sono mai stato. Ma ora si. Ora sento qualcosa. Non l’avevo mai provato prima. Ma lo riconosco. Kaworu?
 
Il ragazzo dagli occhi color del sangue era apparso davanti a lui, e l’aveva sorpreso, perché per tutto il giorno Shinji aveva avvertito la sua presenza accanto a sé, e vedendolo accanto a sè ebbe per un attimo la strana impressione che la sua presenza lì non fosse casuale, che Kaworu si trovasse lì solamente in funzione dell’esistenza di Shinji.
 
 Che pensiero sciocco. Sono io ad esistere solo in funzione degli altri. Non è vero, padre?
 
Suo padre. In quel momento non riusciva a mettere a fuoco la figura severa, sempre tesa e determinata, di quell’uomo che creava così tanti conflitti nel suo cuore. Tutto quello che riusciva a vedere era la rilassatezza nei gesti di Kaworu, che si era avvicinato lentamente, con grazia e agilità. Sembrava che fluttuasse. 
 
“Mi stavi aspettando?” lo strano ragazzo chiese, con voce speranzosa. O almeno così sembrava a Shinji. Anche se quest’ultimo aveva da tempo imparato a non fidarsi nemmeno delle sue stesse percezioni della realtà.
 
Come Ayanami. Rei. Chi l’avrebbe detto che quell’apatica ragazza si sarebbe rivelata come un altro dei piani di mio padre. Tutta la mia vita sembra essere un suo piano. Chi sono io, se non uno strumento nelle sue mani?
 
Shinji era perso nei suoi pensieri. Kaworu stava immobile, la situazione non sembrava imbarazzarlo né turbarlo. Aspettava, con pazienza.
 
“N-no..non proprio..cioè..” La domanda l’aveva sorpreso, perché lui stesso non ne conosceva la risposta. Lo stava aspettando? Beh, di solito non si sarebbe soffermato in quel corridoio triste e spoglio senza un motivo. E forse, si, aveva sperato di incontrare Kaworu. Ma non ci aveva davvero pensato. Attardarsi senza un motivo non era da lui. Quindi poteva darsi che il suo subconscio lo avesse indotto a restare.
 
E a provare a rendermi amico Kaworu.
 
“Di solito faccio una doccia e poi vado a casa..”
 
Kaworu si avvicinò protendendosi verso il ragazzo bruno. “Il fatto che tu abbia un posto dove andare, una casa, ti porterà gioia. Ed è un fatto positivo”
 
Il pensiero colpì Shinji come uno schiaffo in pieno volto. Quella che lui chiamava casa in realtà non aveva niente di familiare. Nulla di accogliente. Nessuna atmosfera di allegria, nessun amore. Ecco perché indugiava, perché non era già uscito e non stava camminando verso il suo appartamento. Perché lì avrebbe trovato solo sofferenza. Nei primi tempi aveva trovato piacevole la vita con Misato e Asuka, sebbene fosse sempre costellata da momenti di tensione; ma adesso non sentiva più nemmeno quel poco calore che aveva provato in precedenza, quando la vita con le due ragazze e quello strambo pinguino poteva ancora definirsi serena. 
  
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