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Autore: Necantix_    02/03/2014    1 recensioni
Sembrava una giornata come tutte le altre fino a quando, nel pomeriggio, mi arriva una telefonata.
La persona dall’altra parte mi dice solo tre parole ed io capisco che c’è qualcosa che non va.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sembrava una giornata come tutte le altre fino a quando, nel pomeriggio, mi arriva una telefonata. La persona dall’altra parte mi dice solo tre parole ed io capisco che c’è qualcosa che non va. Prendo dal comodino e chiavi della macchina e di casa, le metto in tasca insieme al telefono e scendo giù. Provo ad aprire la macchina ma non ci riesco. Ho confuso le chiavi da bravo sbadato quale sono. Mi metto a correre per le strade della città. Dopo quindici minuti ho dolori a tutte le gambe ma mi faccio forza e arrivo davanti alla mia meta. L’ospedale.

Salgo velocemente le scale sbattendo contro qualche paziente e le infermiere che mi urlano dietro. Sono arrivato al terzo piano. Mi guardo intorno e noto la signora McCall. Quando mi nota, siamo abbastanza vicini e mi abbraccia. Piange sulla mia spalla. Dopo qualche minuto, da una stanza escono il signor McCall e un dottore. Melissa, cioè la signora McCall, va da suo marito. Lui la guarda e le fa un ‘’no’’ con la testa. Lei piange. Chiedo se posso entrare per vederla e mi fanno di sì. Quando entro e la vedo il cuore, mi sale in gola. I suoi bellissimi capelli biondo cenere ricadono disordinati sul cuscino bianco dell’ospedale. I suoi occhi dolci marroni sono chiusi. Sembra che stia dormendo tranquillamente. Prendo una sedia, la metto vicino al letto e mi appoggio sopra. Le prendo una delle piccole mani e la stringo tre le mie. Le sue esili braccia sono più pallide del solito, tranne nei punti in cui le hanno infilato gli aghi. Passo delle ore così. I suoi genitori sono entrati solo una volta per chiedermi se volevo qualcosa. Gli ho detto che se volevano potevano tornare a casa per riposare qualche ora. Sono quasi nel mondo de sogni quando la sua tenera e flebile voce mi risveglia. Alzo la testa e vedo Talia guardarmi. Le sussurro un ‘’Ciao’’ e anche lei lo fa. Mi avvicino e le do’ un bacio sulla fronte poi chiamo il dottore. Arriva seguito da tre infermiere che mi chiedono gentilmente di uscire. Guardo dolcemente Talia ed esco.

I signori McCall mi chiedono se voglio qualcosa, faccio cenno di affermazione e mi accompagnano al bar. Ci sediamo a un tavolo. Ordiniamo tre caffè e poi chiedo cosa è successo a Talia. Si guardano negli occhi, poi Melissa inizia a parlare. Mi dicono che l’hanno trovata sul letto svenuta. Hanno provato a svegliarla ma non ci sono riusciti, così l’hanno subito portata qui. Le hanno fatto degli esami e una TAC. Li si sono accorti che c’era qualcosa che non andava. Il dottore ha cercato di essere il più dolce e gentile possibile per dirglielo ma non ci ha girato tanto in torno. Talia ha un tumore. Preso troppo tardi. Non c’è più cura per lei. Sono leggermente scoccato e ci metto qualche minuto per riprendermi. Chiedo se Talia lo sa, ma mi fanno cenno di no. Mi chiedono se posso dirglielo io, una delle persone più vicine a lei. Annuisco. Pago i caffè e saliamo su appena in tempo per vedere il dottore uscire. Prima di entrare mi guardo indietro e ricevo due sorrisi d’incoraggiamento.

Entro e Talia mi saluta. Mi siedo sulla stessa sedia di prima. ‘’Talia...’’ inizio io ‘’...devo dirti una cosa molto importante che ti riguarda. Non vorrei fare un monologo lungo ma voglio arrivare subito al sodo. Non stai bene Talia, hai una malattia molto grave. Non sono riusciti a prenderlo in tempo e darti le giuste cure. Tali, hai... hai un tumore...’’ Abbasso la testa e poi la rialzo. Vedo gli occhi di Talia persi nel vuoto, poi diventano lucidi. Mi avvicino e la stringo tra le mie braccia. Lei inizia a piangere e singhiozza molto forte. Qualche lacrima scende anche a me, non gliele lascio notare. Devo essere forte per lei. Non possiamo cedere entrambi. Quando si calma, le prendo il piccolo viso tra le mani e la guardo negli occhi. Le prometto che, appena uscita da qui, la porterò a Budapest e conoscerà la sua scrittrice preferita. Lauren Kate. Questo la fa sorridere. Bussano alla porta ed entrano i suoi genitori. Lei gli sorride e loro si avvicinano per abbracciarla. Io saluto tutti e tre e torno a casa. Prima mi fermo dai Cinesi e compro qualcosa da mangiare a casa.

Appena arrivo a casa, mi siedo sul divano con il portatile sulle gambe. Cerco qualche informazione su come contattare Lauren. Trovo ben poco. Mi viene un lampo di genio. Tiro fuori il telefono e chiamo mio zio. È un regista. Dovrebbe avere il numero del suo collega, quello che lavora al film tratto dal libro della Kate. Lo zio, appena risponde, mi saluta e gli chiedo questo piccolo favore. Chiude la chiamata. Dopo cinque minuti mi richiama e mi da’ il numero. Lo ringrazio. Guardo il numero per una decina di minuti poi trovo il coraggio e chiamo. Saluto e dico che sono il nipote di Neil. Chiacchieriamo per un po’ ed io gli chiedo se mi può fare un favore. Mi dice di sì ed io inizio a spiegare.

Il giorno dopo Talia viene dimessa. Io l’aspetto sotto casa sua. Quando arriva, mi corre incontro e mi abbraccia. Quando siamo in camera sua tiro fuori da una borsa un pacco e una busta. Apre prima il pacco e ci trova la saga della Kate. Mi guarda con gli occhi che le brillano e le indico la busta con un sorriso enorme. La guarda per un minuto e poi la apre. Quando vede due biglietti per Budapest e sorpresa, ma quando nota i pass per vedere le riprese di ‘’Fallen’’ mi salta al collo facendomi cadere sul letto. Mi ripete un’infinità di volte ‘’grazie’’. Parliamo per tutto il pomeriggio poi le ricordo che il volo sarebbe stato tra due giorni. Mi da’ un ultimo bacio sulla guancia e me ne torno a casa.

Due giorni dopo siamo in aereo, diretti a Budapest. Appena arrivati, andiamo in hotel e ci riposiamo. Il giorno seguente ci svegliamo alle sette e verso le 8.30 siamo sul set del film. Le metto una benda sugli occhi. Io e uno dello staff la portiamo in una stanza dove ci sono gli attori e la scrittrice. Appena le tolgo la benda e vede gli attori si paralizza. Quando vede Lauren Kate la bocca si apre e si pizzica il braccio pensando di essere in un sogno poi si appoggia a me. La salutano tutti e Lauren le chiede se vuole parlare un po’ con lei. Accetta subito e gli attori, dopo averla salutata con un bacio sulla guancia e una foto, se ne vanno. Io li segue e le lascio da sole. La settimana passa velocemente e siamo già a domenica. Partiamo. Ad accoglierci ci sono i nostri genitori. Ci salutiamo e ognuno va per la sua strada.

Quando arrivo a casa, sono così stravolto che mi butto sul letto e mi addormento.
Nella notte arriva una telefonata che mi sconvolge. Melissa mi chiede se posso urgentemente correre all’ospedale. Rispondo di sì e quando mi volto verso la porta, i miei genitori mi guardano. Papà prende la macchina e ancora in pigiama ci mettiamo le scarpe e i giubbotti e andiamo. Ci mettiamo cinque minuti su per giù. Arriviamo allo stesso piano dell’ultima volta. Noto che anche Melissa e George hanno i pigiami. Chiedo se posso entrare e mi fanno di sì. Questa volta ha anche la mascherina ed è ancora più pallida. Apre gli occhi e accenna un sorriso. Mi siedo sul letto con lei e l’abbraccio. Lei ricambia e appoggia la testa sul mio petto. Inizia a piangere e farfuglia anche qualcosa che non capisco. Non c’è la faccio a vederla così.

‘’Talia non puoi andartene ora. Io ho bisogno di te. Non puoi lasciarmi da solo. Non puoi lasciarmi. Sei tutto quello che ho. Tutto quello di cui ho bisogno. Non lasciami. Ti prego’’. La sua mano passa sulla mia guancia e asciuga quelle lacrime che sono sfuggite ai miei occhi. Appoggia la fronte sulla mia e mi lascia un leggero bacio sulle labbra. Poi si appoggia di nuovo sul mio petto e si rilassa. Piano piano il bip del macchinario al nostro fianco si affievolisce fino a diventare un lungo e assordante suono. I dottori entrano di corsa e mi fanno staccare violentemente. Mia madre mi stringe tra le sue braccia ed io piango. Piango come non ho mai fatto perchè lei se n’è andata. Talia è morta tra le mie braccia quel 17 Marzo 2014.

Ora sono nella mia stanza, vestito di nero, pronto per andare al funerale. Appena arriviamo, vado dai signori McCall e gli abbraccio. Mi siedo al loro fianco e la messa inizia. La bara viene portata al cimitero. Prima di metterla nel terreno le poso una margherita sopra. Mi avvicino ai miei genitori. Mi chiedono se voglio andare a casa o se voglio aspettare che la mettano dentro. Rispondo con la prima. Ora sono nella mia stanza. Siamo appena arrivati dal funerale. La sua lapide riporta:

Talia McCall
8 Maggio 1994 – 17 Marzo 2014
Dolce ragazza, riposa con gli angeli.

 

* * *

 
Non stare in pena per me Chris. Sarò sempre con te. Nel tuo cuore. Mi mancherai. Penso. Mi volto e vedo la sagoma di qualcuno con delle grandi ali. Mi porge la mano ed io la afferro. Mi trascina verso di se e mi prende tra le braccia. Inizia a volare verso il cielo. Rivolgo il mio sguardo per l’ultima volta verso la terra e la saluto come fosse una vecchia amica. Una vecchia amica la quale renderà felice chi ho lasciato. Chris nel sonno sorride, come se tutto fosse passato. Come se fosse solo un sogno che si vuole dimenticare. Chris che ha saputo come farsi forza dopo la sua morte.

Note: Diciamo che questo sarebbe uno dei temi che ho scritto per scuola.
Ringrazio John Green e il suo libro per l'ispirazione e anche Frozen (si, proprio il film).
Ammetto di aver fatto scendere qualche lacrima quando scrivevo ma, capiamoci, è la prima ''storia'' che ho finito.
Mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate. Me la lasciate una recensione?? Perfavore *^*
Ora mi dileguo, a presto.

Baci,
Alessia

   
 
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