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Autore: tiger2110    02/03/2014    1 recensioni
Dante X Virgilio, non troppo yaoi (quanto basta). E' una rivisitazione della prima parte della Divina Commedia, un po' riassunta e un po' inventata. Spero vi piaccia!
Genere: Avventura, Horror, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Dante Alighieri, Virgilio
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Il buio era profondo e interminabile. Talmente spesso che sembrava denso, ed era quella la sensazione che dava: camminare in una massa di catrame nero, ogni passo sempre più incerto, ogni respiro sempre più pesante, ogni rumore sempre più terrificante.
Dante camminava a passi misurati sulla coltre di foglie marce della foresta. Non poteva vederlo, ma sapeva che Virgilio era davanti a lui, e Dante seguiva il rumore dei suoi passi.
“Dove siamo?” chiese quando qualsiasi rumore cessò. Sentì una mano gelida toccargli la spalla e sobbalzò. Virgilio gli posò un dito sulla bocca e guardò dietro di Dante. C’era qualcosa che li stava inseguendo, e adesso Dante riusciva a sentirla: un ringhio sommesso, debole scricchiolare di foglie, poi silenzio.
Un lungo silenzio.
“Giù!” gridò Virgilio. Dante si abbassò di scatto, ma non abbastanza in fretta. Qualcosa lo schiacciò, poteva sentire il peso delle zampe, le unghie che gli affondavano nella carne. La puzza della bestia era così penetrante che gli annebbiava i sensi. Non reagì, non ci riuscì: le sue braccia erano bloccate, così come le sue gambe. Aprì gli occhi e lo vide, un leone gigantesco, le sue zampe possenti sul suo petto. Dante non riusciva più a respirare. Solo quando sentì la voce di Virgilio riuscì a focalizzare meglio la bestia: altre due teste, capra e drago, coda di serpente e ali da pipistrello.
Prima di svenire, Dante riuscì a vedere Virgilio calare furiosamente sulla bestia con una spada lunga da combattimento. Dove l’avesse trovata, Dante non poteva saperlo. La spada cozzò contro la pelle della bestia senza scalfirla, ma funzionò a distrarla. L’ultima cosa che dante vide fu la bestia che balzava su Virgilio.
Poi calò il buio.

Quando Dante riprese coscienza, Virgilio stava pulendo la lunga spada dal sangue nero della bestia. Dante tentò di alzarsi, ma cadde di nuovo a terra. Virgilio lo vide e accorse gettando via la spada. Gli offrì il braccio per tirarsi su, e Dante accettò di buon grado, nonostante il gelo che Virgilio emanava.
“Sei ferito?” chiese. Dante si toccò il petto, ma non c’era sangue. “Strano” pensò, e scosse la testa. Virgilio sorrise, come solo lui sapeva sorridere, quel sorriso che lo rassicurava e faceva risplendere i suoi occhi verdi.
“Hai corso un grande rischio” disse Dante “Per me” pensò, ma non osò dirlo ad alta voce.
“Mio caro Dante” disse dolcemente Virgilio: “Io sono morto. Non ho niente da temere, non qui, dove non posso scendere più in basso di così”
Dante si rattristò. Alludeva al fatto di essere destinato al limbo per l’eternità. Che triste fine! Che triste destino che loro due fossero di epoche completamente diverse! Se l’avesse incontrato da vivo…
“Ce la fai?” chiese Virgilio, distogliendolo dai suoi pensieri. Dante annuì, e si rimisero in marcia.
“Dove hai imparato a combattere?” chiese Dante. Virgilio rispose con un mezzo sorriso sulle labbra: “Ti sorprenderebbe quante cose si imparano in questo posto”
Dante lo guardò, ormai camminavano fianco a fianco, così vicini che a volte si sfioravano e Dante sentiva un brivido percorrergli il corpo, e sapeva che non era solo per il freddo. Ogni tanto Virgilio si scompigliava i capelli biondi, e Dante sentiva un tonfo al cuore. Era così bello, affascinante, giovane, più giovane di lui. Quando Virgilio lo guardava a sua volta, Dante distoglieva lo sguardo, realizzando quanto potesse essere imbarazzante per lui.
Ma Virgilio sorrideva.
Sorrideva e lo guardava con la stessa ammirazione con cui Dante guardava lui. Lo trovava bello, nonostante il naso aquilino. I suoi occhi scuri erano profondi, i capelli neri gli ricadevano sul viso dai lineamenti duri e scavati.
Ma Dante questo non poteva saperlo, e il suo sconforto aumentava sempre di più.
“E’ morto” continuava a ripetersi: “Morto, capito? Smettila di illuderti”.
Camminarono per ore e ore, Dante non riuscì più a capire quanto tempo fosse passato.
“Il tempo quaggiù scorre più lentamente” gli aveva detto Virgilio. Ma quanto più lentamente?
Le gambe iniziarono a fargli male, i piedi gli bruciavano e sanguinavano. Dante cadde stremato in ginocchio. Virgilio si mise subito accanto a lui.
“Che succede?” chiese. Dante iniziò a piangere “Non ce la faccio” disse tra i singhiozzi: “Non ce la faccio”
Virgilio lo abbracciò con tenerezza: “Si che ce la fai, mio caro Dante. Se Dio ha scelto te ci sarà un motivo, no?”
Ma le parole di conforto di Virgilio non funzionavano: “Perché io? Non sono Enea, non sono San Paolo, sono un umile poeta, in esilio dalla mia città natale, vagabondo per l’Italia, nessuno oramai mi vuole più”
“Io ti voglio” pensò Virgilio, ma non lo disse.
Prese il viso di Dante tra le mani e lo guardò. Dante smise di singhiozzare, il viso rigato dalle lacrime, gli occhi rossi dal pianto, e ricambiò lo sguardo. I suoi occhi verdi sembravano guardargli nell’anima. Le mani fredde del poeta gli gelavano il viso, ma non gli importava.
Virgilio si chinò e lo baciò. Anche le sue labbra erano fredde, più delle mani, ma Dante ormai non lo sentiva più. Sentiva solo il suo respiro dentro il suo, le loro lingue che vorticavano e i loro corpi stretti in un abbraccio disperato.
Ma Virgilio lo lasciò, troppo presto, troppo repentinamente, e Dante sentì il suo cuore fermarsi per un istante.
“Sei perfetto, mio amato Dante. E ce la farai, perché io sono qui con te” disse Virgilio, aiutando Dante ad alzarsi.

Camminarono ancora a lungo, in silenzio. Non osavano nemmeno più guardarsi. Dante continuava a star male per il lungo viaggio, ma non si lamentava.
Dopo un periodo di tempo che a Dante sembrò interminabilmente lungo, arrivarono nei pressi di un fiume.
“L’Acheronte” esordì Virgilio, rompendo il silenzio. Man mano che si avvicinano alla riva, si sentivano sempre più forti delle urla. Virgilio si accorse del disagio di Dante e gli confermò il suo sospetto: “Sono anime che pregano per essere trasportate al di là per fiume”
“Chi pregano i dannati dell’inferno? Dio no di certo” disse Dante. Ma la risposta arrivò fin troppo presto, su una barca di legno marcio. Un vecchio scheletrico con il viso scavato e la barba bianca, gli occhi iniettati di sangue e cerchiati da occhiaie viola: “Chi va là?” gridò. La sua voce era simile al metallo che stride contro altro metallo, faceva venire a Dante la pelle d’oca.
“Sono Virgilio e questo è Dante. In nome di Dio ti ordino di farci passare, Caronte”. Al sentir nominare Dio, Caronte sussultò, ma non si mosse e disse, guardando storto Dante: “Tu puoi passare, ma quest’altro qui? Lui ancora respira”
Dante tremò, e Virgilio gli prese la mano: “Non temere” gli sussurrò all’orecchio.
“Quest’anima è ancora nel suo corpo e ci rimarrà per molto, ma il suo viaggio è stato ordinato da Dio e lui deve passare” disse il poeta con fierezza. Caronte rispose con la sua voce demoniaca: “Oh, ma passerà, come passano tutti: da morto!”
Dante si sentì trascinare verso il fiume da delle anime semitrasparenti. Tentò di divincolarsi, sentì le urla di Virgilio ma fu tutto vano. Le anime gli spinsero la testa sotto l’acqua. Annaspò, cercando di respirare, ma era tutto inutile. Sentì la morte vicina, e l’unica cosa che pensò fu che era meglio così.
Avrebbe avuto Virgilio per sempre.
 
Si svegliò di soprassalto, madido di sudore. Era steso nel letto e delle braccia lo avvolgevano in vita. Tese il braccio e prese delle foglie dal comodino. Le masticò e le ingoiò, desiderando di tornare nel sogno, di poterci vivere per sempre.
“Che succede?” disse l’uomo al suo fianco, baciandolo.
“Niente Guido, solo un brutto sogno” mentì Dante, pensando che in verità non era affatto un brutto sogno.
Guido si girò dall’altra parte e tornò a russare rumorosamente.
Dante iniziò a non vederci più bene: la droga stava facendo effetto. Il mondo svanì, i rumori cessarono, e davanti ai suoi occhi comparve l’unica persona di cui aveva bisogno, un angelo dai capelli biondi e gli occhi come due smeraldi.
“Ciao Dante” disse sorridendo.



Note dell'autore
Ho inventato completamente l'attacco della chimera (Dante non si ritrova ferito perché è un sogno) ed ho saltato la parte degli ignavi. Nella parte finale si fa riferimento a Guido Cavalcanti. 
Blasfermia portami via, se solo lo leggesse la mia professoressa di italiano!
  
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