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Autore: Letz    02/03/2014    3 recensioni
Grantaire non è esattamente quello che si definirebbe un ragazzo facile. I suoi zii, decisamente esasperati dai suoi comportamenti da ribelle, decidono di mandarlo a studiare al prestigioso collegio Valjean nella speranza che un po' di disciplina riesca a raddrizzarlo. Ce la farà Grantaire a sopravvivere all'anno scolastico? Ma soprattutto, riuscirà a sopravvivere ai suoi assurdi compagni di scuola che lo obbligheranno a unirsi al club di teatro e a recitare in "Romeo e Giulietta"?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Enjolras, Grantaire, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Jehan era decisamente pazzo, ormai Grantaire non aveva più dubbi. Voleva che realizzasse una bozza di un metro per due di tutti i pannelli di cui si sarebbe composta la scenografia a colori. “Così avremo tempo di cambiare qualcosa nel caso”, aveva cinguettato quel fascista come se gli stesse chiedendo di fare un picnic e non un lavoro enorme che avrebbe richiesto almeno una settimana di lavoro esclusivo. Erano tre giorni che nel pomeriggio si chiudeva in aula 18 a dipingere. In quel momento stava lavorando alla scena del balcone ma non era del tutto soddisfatto della luna. All’improvviso una mano si posò sulla sua spalla facendolo quasi cadere dalla sedia.
“Cristo Enjolras mi stava per venire un infarto. Non si bussa più in questa dannata scuola?”, gridò Grantaire.
“Ascoltavi la musica, non mi hai sentito. Eppure ho bussato un bel po’. Credevo fossi morto o qualcosa del genere. Posso?”, e senza aspettare la risposta Enjolras prese in mano una delle cuffiette. “Dire Straits. Non ti facevo uno da questa roba”.
“Era solo per calarmi nel mood di questo stupido Romeo e Giulietta”. La sua voce stava assumendo un tono decisamente lagnoso.
“Beh abbiamo quasi replicato la scena. Hey it’s Romeo, you nearly gimme a heart attack”, canticchiò il biondo. “Peccato io sia solo Giulietta, dovrai accontentarti”. E detto questo si accomodò sorridendo su una sedia vicino a lui. Il cervello di Grantaire doveva essere ancora in preda allo shock perché ci mise un attimo ad elaborare. Enjolras stava sorridendo. Potrei fare follie per quel sorriso, pensò. Ma poi la realtà fece di nuovo capolino nell’aula 18. Lui ed Apollo non stavano nella stessa stanza dal giorno della telefonata, due settimane prima. Sembrava incredibile come riuscisse ad evitarlo pur vivendo ad una sola camera di distanza. Aveva persino preso l’abitudine di mangiare da solo nella sua stanza. Agli altri aveva detto di essere molto preso con lo studio ma nessuna persona normale sarebbe stato così piena di compiti dopo sole due settimane di scuola. Il problema era uno solo: voleva evitarlo. All’inizio si era sentito ferito, poi furioso. Tempo una settimana e non avrebbe sentito più nulla, nemmeno quell’insana attrazione che lo attirava vertiginosamente verso Enjolras. E invece ecco qui Apollo che voleva rovinare il suo bel percorso di disintossicazione ricominciando a parlargli.
“Cosa ci fai qui?”, quasi ringhiò Grantaire. “Mi era parso di capire che la mia compagnia ti fosse piuttosto sgradita”.
Ora Enjolras sembrava imbarazzato. “Jehan mi ha mandato a dirti che tra mezz’ora ci sarà una seduta straordinaria del club”.
“Ok, grazie mille. Finisco questo pannello e vi raggiungo”, rispose il moro continuando a dipingere.
“Posso restare? Se non ti dispiace ovviamente”.
“Fai come vuoi”.
Si era seduto troppo vicino, realizzò Grantaire. Riusciva a sentire il profumo del suo shampoo – camomilla, ci avrebbe giurato – e aveva anche una panoramica perfetta delle sue labbra. Cristo, gli serviva proprio una sigaretta. Se ne accese una velocemente, ignorando la faccia scocciata di Enjolras. Peggio per lui se non sopportava il fumo, nessuno gli aveva chiesto di rimanere. Mentre teneva la sigaretta con la destra continuò a disegnare con la sinistra, fermandosi ogni tanto a considerare il dipinto nel suo insieme.
“Sei davvero bravo. Scommetto che te lo dicono tutti. E poi sei perfino ambidestro. Anche Leonardo lo era, lo sapevi?”, gli disse Enjolras.
“Sì, l’ho letto da qualche parte. Ma mi dispiace deluderti, non sono un vero ambidestro. Ho dovuto fare di necessità virtù e imparare a usare la mano sinistra quando la destra era fuori uso”.
“Ti capisco, anche io mi sono rotto un polso cadendo dalla bici. I due mesi peggiori della mia vita”.
“Beh, le cose per me sono state un po’ più complicate. Prima ero uno scricciolo come Jehan, so che vedendomi ora sia una cosa difficile da credere ma ti assicuro che ero davvero minuto. Se a sedici anni dici di essere gay stai pur sicuro che trovi qualcuno pronto a prenderti a pugni finchè non ritratti. Erano in tre e mi hanno rotto il braccio in due punti. Purtroppo per loro sono ancora decisamente gay”, affermò Grantaire con un sorriso amaro. “In dieci settimane di gesso ho imparato a usare la sinistra altrettanto bene che la destra”.
La faccia di Enjolras era parecchio sconvolta e sembrava sull’orlo delle lacrime, nemmeno fosse stato lui quello con il braccio rotto e preso a pugni dai bulli.
“Tranquillo, ormai è passata. Ho iniziato ad andare in palestra e nessuno mi ha più dato fastidio. O meglio, quelli che ci hanno provato si sono ritrovati con un bell’occhio nero. Capisco che tu non abbia avuto di questi problemi. Insomma, neppure il peggior bullo omofobo si azzarderebbe a prendere a pugni quel bel musino”.
“Io non sono…cioè non…non ho mai avuto nessuna storia. Né con una ragazza né con un ragazzo”.
Ora l’atmosfera era decisamente tesa. Grantaire non si aspettava quell’uscita da Enjolras ma gli fece enormemente piacere: forse c’era una possibilità che Apollo finisse nel suo letto di sua spontanea volontà. Era decisamente un esperto di tipi confusi, in realtà solo bisognosi di una spintarella.
“Uhm, carini i tatuaggi. Qual è stato il primo?”. Tipica domanda per cambiare discorso. Poteva concedergliela, per quel giorno aveva già fatto imbarazzare abbastanza Enjolras.
“Questo qui sul polso sinistro”, rispose indicando una scritta in greco, “me lo sono fatto con ‘Ponine quando avevamo quindici anni. Ovviamente di nascosto e falsificando la firma dei genitori. I miei zii non ne furono molto felici. Credo che la punizione sia durata più di un mese”, ridacchiò Granatire, “comunque significa…”.
“Amore infinito”, completò Enjolras.
“Tu leggi il greco antico?”.
“Perché tu no?”. Di nuovo quel dannato sopracciglio alzato.
“Nah, l’idea è stata di ‘Ponine, è lei il genio tra noi due. So che sembra una cosa assurda, farsi un tatuaggio in una lingua che nemmeno si conosce, ma avevamo solo quindici anni e un disperato bisogno di appartenere a qualcosa, o a qualcuno”.
“E’ una cosa molto dolce invece. Non amo molto i tatuaggi ma credo che su di te siano in qualche modo…giusti” -sospiro profondo- ” Credo sia ora di andare Grantaire”.
Il suono del suo nome pareva straordinariamente bello in bocca a lui, appena strascicato, come se lo stesse assaporando. Chissà come doveva essere sentirsi chiamare da quella voce mentre ci si stava scopando il proprietario. Grantaire non vedeva l’ora di scoprirlo.
 
~
 
Jehan sembrava stranamente eccitato e questo fece subito insospettire Grantaire. Quale malsana idea aveva partorito quella mente infernale?
“Ragazzi, sono due settimane che ci penso e credo proprio che l’idea di Romeo e Giulietta sia troppo tradizionale. Dato che questo è il nostro ultimo anno insieme dovremmo cimentarci di qualcosa di veramente originale. Perciò mi chiedevo se foste d’accordo a proporre una nostra versione modernizzata del testo di Shakespeare. Niente di troppo radicale a livello di dialoghi, intendiamoci. Vorrei qualcosa che scuota le coscienze, qualcosa di poetico, di reale, di al passo con i tempi. Vorrei un Romeo e Giulietta gay”.
Grantaire avvertì un sonoro cadere di mascelle. Probabilmente Jehan sarebbe stato linciato sul posto.
“Ragazzi vi preeeeeegooooo”, li implorò Jehan con la sua miglior faccia da carino&coccoloso. “E’ un’idea geniale. E poi noi siamo tutti maschi, sarebbe ridicolo far vestire Enjolras da donna”.
“Jehan sai benissimo che Valjean non acconsentirà mai ad una produzione così radicale. Insomma, siamo pur sempre in un collegio con un nome piuttosto rispettabile”, si fece sentire Combeferre in tutto il suo buon senso. “L’idea è veramente grandiosa, tu sei un regista grandioso ma non vorrei vederti deluso”.
Gli altri concordarono: sarebbe stato uno spettacolo bellissimo ma la proposta era irrealizzabile.
“Parlerò io con Valjean. Gli spiegherò le nostre motivazioni. Insomma, questo spettacolo potrebbe muovere le coscienze. Sarebbe un passo importante per il riconoscimento dei diritti delle minoranze”, intervenne con tono serio Enjolras.
“Enj, questo non è uno dei tuoi comizi politici. Non ti permetterò di strumentalizzare il nostro spettacolo solo per far vedere quanto sei politicamente impegnato”, si oppose decisamente Jehan.
Grantaire seguiva con interesse questa discussione: Combeferre gli aveva spiegato che Enjolras era uno di quei tipi politicamente schierati contro ogni tipo di ingiustizia, di quelli che vanno ad ogni manifestazione urlando slogan contro la guerra e i tagli all’istruzione. La sua ambizione più grande era cambiare il mondo. Grantaire ammirava gli uomini come lui, forse perché nella sua vita, escludendo l’arte ed Eponine, non aveva mai avuto nulla in cui credere.
“So benissimo a cosa miri Enjolras. Ora che Taire si è unito ai noi vuoi cogliere la palla al balzo per ergerti a paladino dei diritti civili. Cosa c’è di meglio di uno spettacolo gay con un gay che recita per fare pubblicità alle tue iniziative politiche?”. Jehan pareva decisamente furioso.
“Ti sbagli Jehan. Non potrei mai mettere in mezzo Grantaire e obbligarlo a rivelare a tutta la scuola la sua omosessualità. Dio, per che razza di persona mi prendi? Pensavo solo che intorno a noi centinaia di ragazzi e ragazze vengono discriminati ogni giorno per il loro orientamento sessuale. Siamo pronti a lavarcene le mani fino a che non succede a qualcuno che conosciamo personalmente”, ed Enjolras lanciò un’occhiata penetrante a Grantaire, “ma credo che sia ora di cambiare. E il primo cambiamento da fare è quello in noi stessi”.
Detto questo Enjolras si alzò e andò a piazzarsi davanti a Grantaire che trattenne il fiato di fronte all’espressione seria del ragazzo.
“Mi dispiace per il mio comportamento inqualificabile degli ultimi giorni. Amici?”.
Mentre si stringevano la mano Grantaire pensò che nessuno come Enjolras riusciva a farlo sentire così felice ed incazzato allo stesso tempo.
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Di nuovo qui con un nuovo capitolo. Qui le cose finalmente si smuovono e Jehan si dimostra il piccolo nazista che è in realtà. Insomma, usare lo sguardo carino&coccoloso è un vero colpo basso, nessuno potrebbe resistergli.
Enjolras è il solito confuso, pezzo di marmo, contradditorio che tutti noi amiamo. Perché lo spettacolo di Jehan sarà una bomba, e lui ovviamente deve metterci il becco con le sue idee politiche. Ma lo fa anche per Grantaire, e la cosa è inaspettatamente dolce anche se terribilmente confusionaria.
Grazie a chi legge/segue/recensice (ogni recensione è bene accetta, non siate timidi. Nessuno di voi sarà mangiato, sono solo tanto curiosa di sapere cosa vi piace o non vi piace di questa storia).
 
Lots of love,
~Letz
  
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