Anime & Manga > Capitan Harlock
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Autore: Smeralda Elesar    02/03/2014    13 recensioni
"È strano. Tante volte ho pensato a come e quando, sarei morto, ma tra tante possibilità non avevo immaginato quella che sto vivendo in questo momento.
Semplicemente sono seduto nella mia cabina, accanto al tavolo di legno intagliato e con un calice di vino, l’ultimo, in mano, ad aspettare che accada"
Sembra che il viaggio dell'esistenza sia giunto al termine. Allora cosa tiene il Capitano ancora tanto tenacemente attaccato alla vita?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harlock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hateshinai

 

-Senza fine-

 

“Death must be so beautiful. To lie in the soft, brown earth, with the grasses waving above one’s head, and listen to silence.

To have no yesterday and no tomorrow. To forget time, to forgive life and be at peace”

 

(Traduzione) “La morte deve essere così bella. Giacere nella soffice terra bruna, con l’erba che ondeggia sopra la testa, ed ascoltare il silenzio.

Non avere passato né futuro. Dimenticare il tempo, perdonare la vita ed avere pace”

 

(Oscar Wilde – Il fantasma di Canterville)

 

È strano. Tante volte ho pensato a come e quando, sarei morto, ma tra tante possibilità non avevo immaginato quella che sto vivendo in questo momento.

Semplicemente sono seduto nella mia cabina, accanto al tavolo di legno intagliato e con un calice di vino, l’ultimo, in mano, ad aspettare che accada.

Guardo i riflessi d’oro delle candele sul liquido scuro. Potrei fare un brindisi ma sono da solo.

Alla morte, allora! E che la nera signora non se ne abbia a male se l’ho fatta aspettare tanto.

Quando arriverà, sarà la prima volta che abbasserò la testa di fronte a qualcuno, e lascerò che mi prenda per mano e per la prima volta sarà qualcun altro a tracciare una rotta per me.

Sì, sarà un’esperienza interessante.

Passi nel corridoio.

Meeme è quella che vive in simbiosi con l’Arcadia, ma da cento anni sono io a comandarla e ormai comprendo abbastanza bene questa nave, per questo so già che è Yama quello che sta percorrendo il corridoio a passo svelto, prima ancora che bussi alla porta.

Non volevo che venisse, in realtà non volevo nessuno in questo momento e avevo chiesto persino a Meeme di lasciarmi solo perché, no, io non ho paura della morte, solo che non mi piace l’idea che qualcuno possa essere presente quando succederà.

Di qualunque cosa si tratti spero che Yama faccia in fretta, e spero che non accada proprio mentre c’è lui.

 

-Entra-

 

È curioso come la mia stessa voce mi suoni estranea.

Yama entra e si chiude la porta alle spalle.

Si ferma al centro della stanza e curiosamente se ne sta a testa bassa.

Vorrei riprenderlo e fargli notare che il suo atteggiamento non si addice al capitano ribelle di una corazzata da guerra che sta al comando di una ciurma di pirati, ma appena apro bocca mi accorgo che lui non sta semplicemente a testa bassa: si sta slacciando la benda sopra l’occhio destro ed io so cosa significa rinunciare a quel simbolo.

Posa la benda sul tavolo davanti a me e rimane a guardarmi.

 

-Non posso farlo-

 

Dice. Lo guardo anche io e mi sembra che sia in uguale misura spaventato e sollevato da quello che sta facendo.

Probabilmente in questo momento il suo cuore sta battendo forte.

È giovane, ha coraggio, questo è vero, ma si sente anche inesperto ed insicuro, e non si sente pronto ad essere lui il capitano.

Sì, avrei dovuto immaginare che sarebbe finita così.

 

-Perché, Yama?-

 

Quando risponde la sua voce è incrinata dall’emozione.

 

-Perché io non posso essere te. Io non sono te. Io non ho visto le cose che hai visto tu, non ho combattuto le battaglie che hai combattuto tu-

 

Si porta una mano sotto l’occhio sinistro, dove un cerotto con una compressa di garza nasconde la ferita infertagli da suo fratello Ezra.

 

-E questo taglio sul viso non è la tua cicatrice perché non me la sono fatta come te la sei fatta tu-

 

Vorrei rimproverarlo ma la sua è una risposta saggia, devo ammetterlo.

È per questo che io non posso ancora morire? Perché lui non ha accettato il comando dell’Arcadia?

Vorrei tanto trovare la forza di biasimarlo ma non posso perché in fondo so che ha ragione lui.

Lui che mi guarda mordendosi le labbra per la vergogna e sforzandosi di non abbassare gli occhi per primo.

Alla fine cede con un sospiro esasperato e si gira di scatto per andarsene.

Non posso fare a meno di notare che quello è lo stesso gesto che faccio io quando devo togliermi di torno il mantello.

Peccato, Yama era così simile a me, credevo che sarebbe stato un buon capitano per la mia nave e la mia ciurma, ma a quanto pare…

 

-Ti ho chiesto troppo, non è vero?-

 

Lui si ferma a metà del gesto di aprire la porta.

Crede che io lo stia rimproverando, non immagina neanche che lo comprendo benissimo.

 

-Io non sono all’altezza. Mi dispiace di averti deluso-

 

Mi basta un gesto della mano per fargli abbassare di nuovo lo sguardo.

 

-No, Yama, non devi scusarti. Sono io che non avrei dovuto chiedertelo. Ho messo sulle tue spalle un carico troppo pesante-

 

Guardo lontano, nello spazio aperto, e poi prendo un altro sorso di vino.

 

-Eppure avrei dovuto capire. Io so quanto sia difficile essere me-

 

Non lo guardo ma sento lo stesso il suo sospiro di sollievo.

 

-Allora… va bene che non sono più io il capitano?-

 

Spero che i capelli che mi cadono sul viso e la penombra bastino a nascondere la mia espressione. Se mai ho provato un po’ di tenerezza è in questo momento.

 

-No, Yama. Sei libero-

 

A questo punto potrebbe andare via, l’ho appena congedato, e invece rimane a guardarmi.

Basta che non succeda proprio adesso. Ho aspettato cento anni per morire, che non succeda adesso sotto gli occhi di questo ragazzo!

 

-Yama. C’è qualcos’altro?-

 

Lui esita, non sa come dirmelo.

 

-In realtà sì, ma penso che faresti meglio a rendertene conto di persona. Andiamo sul ponte di comando-

 

No, sul ponte no! E se dovesse accadere davanti a tutta la mia ciurma?

 

-No, Yama-

 

Non posso permettere che assistano alla mia agonia!

 

-Per favore, Capitano, è importante-

 

Deve essere davvero importante, altrimenti non avrebbe il coraggio di contraddirmi.

E poi sembra esserci una strana trepidazione nella sua voce, che per un attimo risveglia in me una scintilla di curiosità.

 

-E va bene, andiamo-

 

Io non ho mai pregato, ma ora, ti prego, fai che non accada davanti a tutti loro!

 

 

E naviga, naviga là

Come prima di nascere l’anima naviga già

Naviga, naviga, ma

Quell’oceano di sogni e di sabbia

Poi si alza un sipario di nebbia

E come un cerchio illusorio si illumina la verità.

 

(Francesco Guccini – Cristoforo Colombo)

 

In plancia mi aspetta uno spettacolo incredibile.

Dopo cento anni non credevo che mi sarei mai più stupito veramente di nulla, e invece mi sbagliavo.

Lo spazio sotto il timone è strapieno di persone.

Non sono solo i soliti del mio equipaggio, sono centinaia e centinaia di persone.

Vorrei girarmi verso Yuki e chiederle chi accidenti è tutta questa gente ma mi accorgo che non appena li guardo in faccia li riconosco uno per uno.

Li conosco perché loro conoscono me. Sono le persone che hanno sempre creduto veramente in me.

Un mormorio comincia a scorrere di bocca in bocca mentre i loro sguardi sono tutti fissi su di me.

Capitano, mio capitano

Questo non l’avevo previsto, io credevo di aver chiuso il cerchio e di potermi finalmente congedare ma a quanto pare avevo fatto male i miei conti.

Non avevo considerato un loro possibile disaccordo.

Capitano, mio capitano

Mi stanno chiamando.

Mi chiedono di non lasciarli e sono tutti qui per chiedermi di riprendere il comando.

Quasi mi viene da sorridere.

Ma guardali! Fanno le facce truci da veri pirati ma in realtà hanno una paura matta che io li abbandoni.

Eppure credevo di averli svezzati dalla mia presenza, erano ragazzini quando li conoscevo io, e ormai che sono cresciuti credevo che mi avessero dimenticato.

Invece sono ancora qui a chiamarmi.

Capitano, mio capitano

Alcuni hanno dei bambini accanto, e mi rendo conto di conoscere anche loro.

Sono i loro figli! Hanno parlato di me ai loro figli!

Mi sento stringere la gola da qualcosa di dolorosamente bello. Credo che sia commozione.

Ora capisco che la dark matter, il comando dell’Arcadia e la simbiosi con la mia nave sono solo un pretesto, ora so cosa mi rende veramente immortale: sono loro.

Troppe persone contano su di me, e non gli importa dove andremo o contro chi combatteremo, loro vogliono solo che a guidarli sia io.

Capitano, mio capitano

Guardo Yuki alle mie spalle, e Yattaran, e Meeme, e anche Yama, vedo le loro labbra muoversi e formare anche loro quelle parole.

Capitano, mio capitano

Il suono cresce di intensità e l’eco metallica dell’Arcadia lo fa risuonare su di me. Dentro di me.

È come un soffio potente che ravviva le braci di un fuoco che stava per spegnersi e mi fa sentire vivo, forte, e pronto a combattere come non lo ero da troppo tempo.

Dannazione, ma che mi era preso? Come ho potuto anche solo pensare di lasciare tutto questo? Come ho potuto pensare che mi avrebbero lasciato morire?

Alzo le braccia ed immediatamente si fa silenzio.

Stanno aspettando la mia risposta.

 

-Ai vostri posti, ciurma!-

 

Un boato di centinaia di voci fa tremare ogni singolo oggetto sul ponte di comando.

Non me lo aspettavo, devo ammetterlo, non avrei mai creduto che nell’universo ci potesse essere tanto affetto per me.

Ora sì che posso sorridere a tutti loro!

E va bene! Sarò di nuovo il capitano di questo branco di scalmanati!

Ed anche dei loro figli, e forse un giorno dei loro nipoti.

Mi basta uno sguardo a Meeme, lei annuisce ed avvia il motore a dark matter.

Per un attimo credo di aver visto un sorriso anche sul suo volto sempre impassibile.

Stringo le caviglie del timone e poco dopo sento sulla spalla il peso familiare di Tori-san ed il suo grido rauco.

Sì! Credo che se fossi morto tutto questo mi sarebbe mancato troppo!

 

-Arcadia- la mia nave, la loro casa -Andiamo-

 

Sì, sarò il loro capitano per altri cento anni ed anche di più, fino a quando ci saranno mondi da esplorare e motivi per combattere.

Fino a che avranno bisogno di Capitan Harlock.

 

 

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Cantuccio dell’Autore

 

*spunta Makoto con un secchio sotto braccio*

 

Ragazzi, è più forte di me, non riesco a smettere di infestare questo fandom, e dopo un bel paio di fesserie mi è venuta voglia di tornare a scrivere qualcosa di serio (?).

Forse a tratti è un po’ infantile, ma a me piace così ^^

Che ci volete fare? Sono una povera scema sentimentale che quando vede in cielo un satellite artificiale pensa subito all’Arcadia e al Capitano che ogni tanto passa per dare un’occhiata alla Terra e prima o poi sceglierà il momento giusto per scendere.

E le persone a bordo dell’Arcadia siamo noi, lo avevate capito, vero?

A proposito della ripetizione “Capitano, mio capitano” ne ho già parlato nella prima cosa che ho scritto in questa sezione. Trovo che ci stia troppo con Capitan Harlock ed ho deciso di riutilizzarla in un contesto diverso.

Bene, ho finito di assillarvi, potete andare…

 

Makoto

 

Ps: il secchio era per raccogliere le uova che mi lancerete per il colpo che vi ho fatto prendere con la citazione all’inizio. Prego, potete cominciare a lanciare, uno alla volta, con ordine e cercate di fare centro, così poi tolgo le bucce e consegno il tutto a Masu-san per farci una bella frittata. Grazie ^^

 

                 

   
 
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