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Autore: Nogistunefan    02/03/2014    2 recensioni
Nell'era Sengoku, ci sta un villaggio che all'apparenza sembra normale, ma non è così. tutte le fanciulle che sono scampate alla morte devono essere portate al castello del Signore del villaggio, un demone che nessuno ha mai visto. una ragazza di sedici anni, Rin, dopo essere scampata miracolosamente alla morte, è costretta a separarsi dalla famiglia per andare a vivere nel castello del Signore. ma non è da sola, altre dieci ragazze già abitano li e sono pronte ad accogliere una nuova sorella, eppure Rin, anche se si affezionerà alle altre, non riuscirà ad accettare di essere separata dalla sua amata famiglia, e cercherà di scoprire il perchè del comportamento del demone.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Rin, Sesshoumaru, Un po' tutti | Coppie: Rin/Sesshoumaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1
Il mio nome è Rin , ho 16 anni e oggi, all’inizio dell’inverno, sto per essere mandata al castello del Signore del mio villaggio.
Non è un compito che viene affidato a tutte le ragazze, anzi viene concesso a poche. Ma non per questo io ne ero  felice.
Sin da quando il villaggio è stato costruito, è sempre stata presente quest’usanza: tutte le ragazze con i capelli marrone scuro, punte ribelli e  occhi marroni dovevano essere mandate al Castello, per servire il Signore. Ma la cosa più importante di tutte è che queste ragazze devono essere state in punto di morte, e  miracolosamente sono riuscite a salvarsi.
Io adesso ero una di queste ragazze miracolate: a causa di una forte febbre ero  vicina alla mia morte, ormai non riuscivo più nemmeno ad aprire gli occhi. Eppure al mattino seguente mi alzai e mi accorsi che ero di nuovo in salute. Mia madre, che era rimasta accanto a me, aveva giurato di aver visto una luce azzurra sprigionarsi dal mio corpo e che da quel momento la febbre aveva cominciato ad abbassarsi.
Ovviamente si era sparsa la voce e dieci giorni dopo si presentò alla mia porta un uomo, che si copriva il volto con un ventaglio con sopra disegnato il simbolo del signore del villaggio, Alle sue  spalle  erano sistemati ai due lati delle guardie, inginocchiate. L’uomo chiese di me e mi scrutò da dietro il ventaglio per circa cinque minuti, senza dire niente. Vedevo mio padre che sbiancava sempre di più più il tempo passava, mia madre invece guardava la scena da lontano, sforzandosi di non piangere.
Dopo un po’ l’uomo tirò fuori una lunga pergamena e lesse delle parole che in quel momento mi sembrarono senza senso. Non lo vedevo più, perché avevo gli occhi pieni di lacrime e tremavo.

Mi girai verso mamma e corsi ad abbracciarla, gettandomi atterra. –Non voglio! Ti prego, Madre…-
Lei si chinò e cominciò ad accarezzarmi i capelli –Va bene così, ho pregato perché tu stessi bene- sussurrò, mi prese il viso e mi costrinse a guardarla negli occhi –Starai bene!-
Erano passati due giorni da allora, ed ero pronta per partire. Ogni ragazza poteva rivedere la sua famiglia una volta l’anno. Le mie due sorelle maggiori , Sango e Kagome, mi facevano forza, dicendomi che sarei stata meglio di tutti, in quel castello. Ma non le ascoltavo più di tanto.

Le abbracciai senza piangere, ormai avevamo pianto i giorni passati e non ne avevamo più la forza.
Poi è la volta di salutare i miei genitori. Dopo mi voltai  verso lo stesso uomo che due giorni prima era venuto ad informarmi che sarei stata portata via, mi fece cenno di salire sul cavallo bianco che gli stava alle spalle. Per l’occasione dovetti indossare il kimono migliore che avevo, era rosa molto chiaro, quasi bianco, con delle farfalle disegnate, e continuavo  ad inciamparci dentro ma riuscii ad arrivare al cavallo incolume. Mi issai sulla sua groppa, tenendo entrambe le gambe da un lato, l’uomo mi passò un ventaglio bellissimo, dello stesso colore del mio vestito ma al centro lo stemma del Signore del villaggio.

Mi girai un’ultima volta verso la mia famiglia. Volevo imprimermi nella mente il volto di ognuno di loro, cerco di sforzarmi per sentire le loro voci cantare nella mia testa. L’uomo gridò qualcosa e il mio cavallo cominciò a muoversi. Era mattina presto, il castello si trova sulla cima del monte che sovrasta il villaggio e la sua figura immensa e bianca si vede nitidamente anche nelle giornate più nebbiose, al mio arrivo sarebbe  già stata sera, perché il tragitto da percorrere è lungo, senza contare la salita sul monte.

Della storia del Signore non sapevo niente, o meglio:  nessuno sapeva niente. L’unica cosa sicura era che l’uomo che fondò questo villaggio, che si circonda delle ragazze miracolate e che adesso si fa chiamare Signore del villaggio è un demone. Questo era sicuro: alcune notti noi del villaggio sentiamo chiaramente gli ululati di qualcosa, forse un’animale, ma quel che è peggio è che deve essere un’animale grosso, molto grosso, perché quegli ululati riescono a far tremare la terra per qualche secondo; il suo stemma è un fiore arancione su sfondo bianco . Non si è mai presentato al villaggio, non pretende che gli sia data una parte dei raccolti e non si interessa più di tanto a noi. L’unica cosa per cui gli sono realmente grata è che ci protegge. Nessuno sembra essersene accorto, ma io si. Le guerre non sono mai state un problema e non abbiamo mai subito un attacco da parte di animali  feroci. Per quanto riguarda le ragazze… non si sa che fine facciano, eppure se ci sta un limite per le visite alle famiglie significa che sono destinate a rimanere in vita, e non ad essere mangiate da un demone. La cosa strana è che tra tutte le ragazze che sono state portate al castello, solo poche decidono di ritornare a far visita ai familiari, quell’unica volta in cui gli è concesso.
Fissai  l’uomo davanti a me. era alto e magro, vestito con una tunica blu, i capelli neri erano tenuti in parte da un codino e gli altri  sparsi disordinatamente sulla fronte. Il suo cavallo era a qualche passo di distanza dal mio e mi faceva strada, mentre alle mie spalle si erano  affiancati altri due uomini a cavallo, senza che io me ne accorgessi fino a quel momento.
Mi immersi di nuovo nei miei pensieri, perché non volevo dar loro l’impressione di essere incuriosita.

Stavamo  passando in mezzo alla foresta, alcuni raggi rossi del sole al tramonto passavano  tra gli alberi, mi accorsi di avere i brividi di freddo, perché si era alzato un leggero vento. Mi passai distrattamente la mano sul braccio sinistro per riscaldarlo, improvvisamente la comitiva si fermò. Allungai il collo per vedere che cosa succede e solo allora  vidi  il grande portone che indicava l’entrata al castello del Signore del villaggio.

Senza nessun comando i portoni si aprirono e riprendemmo ad avanzare. Il giardino dove mi ritrovai era splendido: un grande lago si trovava al centro, riuscivo  a vedere i riflessi sulle scaglie di alcuni pesci che si trovavano vicino alla superfice, un bellissimo albero di ciliegio faceva ombra metà sul lago e metà sul praticello; alcuni massi spuntavano dal terreno e sembrano fatti apposta per essere usati per sedercisi sopra; dopo il prato apparve il castello.

A parte le grandi dimensioni, era simile a tutti gli altri castelli dei signori feudali di quest’epoca: tutta la struttura era leggermente rialzata da terra e poggia su delle piccole colonnine, le pareti semplici e il tetto spiovente.

Cominciò a fantasticare su come possano essere gli interni, quando l’uomo accanto a me mi poggiò una mano sulla spalla, riportandomi alla realtà. Davanti a me, in due file separate a destra e a sinistra, erano inginocchiate dieci ragazze. Alzarono contemporaneamente la testa con un gesto fluido ed elegante.

-Ben’arrivata, Onee-chan- mi salutarono, con voci gentili e dolci. Eppure questa confidenza mi lasciò per qualche secondo senza parole. Quando mi ripresi inchinai la testa, in segno di ringraziamento e scesi da cavallo. Venni subito circondata da tutte le ragazze che, sempre con i loro sorrisi, cominciarono a sommergermi di domande.
Una ragazza che aveva si e no la mia età mi prese la mano, con capelli neri corti che le arrivavano alle spalle mi chiese –Come ti chiami?- i suoi occhi di un rosso particolare mi conquistarono subito.
-Rin- dissi. Subito le altre si eccitarono ancora di più, avvicinandosi ancora a me e chiamandomi “Rin-chan”.
-Voi?- chiesi, fissando il mio sguardo su ognuna di loro.
-Kairi- disse una ragazza più bassa di me, che sembrava avere 14 anni, con i capelli rosso fuoco e gli occhioni marroni.
-Io sono Yura- disse la ragazza che lo aveva chiesto a me.
-Izumi- la ragazza un po’ più cicciottella, che portava i suoi capelli castani in una treccia che le arrivava fino ai fianchi.
Le altre continuarono a presentarsi, e io a ognuna di loro rivolgevo un sorriso. Sembravano molto felici della loro vita in quel posto.
-Vieni, RIn! Ora dobbiamo cambiarci per la cena!- già…. La cena. mi ero dimenticata che non mangiavo da questa mattina, e che l’ultima cosa che avevo mangiato erano stato gli ottimi Onigiri che preparava mamma. Fui scossa da un brivido di freddo. Di nuovo, passai la mano sul braccio.

Tutte le ragazze mi condussero attraverso il palazzo, facendomi dare una brave occhiata al complesso. Era tutto lussuosissimo all’interno. Arrivammo, in fondo a uno dei tanti corridoi,davanti a due porte: le stanze delle ragazze. Mi spinsero dentro ad una delle due. Notai che ci stavano cinque letti, più uno in fondo alla stanza, accanto alla grande apertura per la finestra che dava su tutto il paesaggio, compreso il villaggio. Mi presi qualche secondo per ammirare, poi Yura mi spinse dentro un’altra porta, che si scopri essere l’armadio.
Era pieno zeppo di kimoni, di ogni forma e colore. Potevo scegliere quello che volevo,e ne scelsi uno bianco con le sfumature arancioni. Al resto pensarono le altre. Mi truccarono, mi scelsero la cintura e le scarpe. Quando ebbero finito con me si prepararono a loro volta, aiutandosi quando ce ne era bisogno.

Le guardavo da lontano, appoggiata accanto alla finestra. Sembravano tutte sorelle tra di loro, ridevano scherzavano, si abbracciavano e la mia presenza sembrava cosi normale a loro, che quasi mi ci stavo abituando.

 La più piccola delle ragazze, che mi sembrava si chiamasse Izumi, si avvicinò timidamente a me. Mi scrutò per un minuto buoni con i suoi grandi occhi marroni da cerbiatta, poi si voltò, raccogliendosi i capelli e tenendoli con una mano. – Mi sistemi i capelli, Onee-san?- mi chiese con una voce piccola,piccola.
Non le conoscevo ancora, sapevo a stento i loro nomi, eppure loro mi avevano già accettata come loro”sorella”. Non sembravano infastidite, o meravigliate, dalla mia presenza, per loro, io ero già una nuova sorella da accogliere e amare. Seda un lato ero lusingata e felice da questa situazione, dall’altra ne ero spaventata. Questo voleva forse dire che dovevo dimenticare la mia famiglia precedente, quella a cui veramente appartenevo?

-Certo, onee-chan- tanto valeva rassegnarsi. Appena la bambina sentì le mie parole si girò di scatto, mostrandomi un sorriso grandissimo. –Posso essere anche tua sorella?- mi guardò speranzosa. La sua reazione aveva attirato Yura, che era intenta a sistemarsi un kimono che lasciava poco all’immaginazione. Subito la ragazza si avvicinò, prendendomi per la vita mi avvicinò a lei come si fa con un premio –Certo, Izumi!!! Rin-chan da oggi è la nostra nuova sorella!- lo gridò, e tutte le altre ragazze confermarono lanciando gridolini.
Guardai per un attimo Yura –G-grazie…- sussurrai, sentendo che stavo arrossendo sempre di più.
Alla fine, quando l’attenzione si era allontanata da me, mi ero messa a pettinare i capelli di Izumi. –Quanti anni hai?- chies, mentre sistemavo i capelli in una crocchia alta.
-Dieci- rispose lei, era seduta su di una sedia, davanti a uno specchio, e dondolava le gambe avanti e indietro, canticchiando un motivetto allegro.
-Da quanto sei qui?- avevo quasi finito con i suoi capelli.
- Quattro anni- rispose sempre allegra.
-Come si chiama il Signore del villaggio?- nessuno al villaggio lo sapeva, e tutti se lo chiedevano.

Izumi si allungò, come per vedere qualcosa dietro lo specchio, e si girò verso di me sorridendo, notai delle leggere sfumature rosse sulle sue guancie. – Sesshomaru-sama!-  saltò giù dalla sedie e cominciò a saltellarmi intorno. Guardai stupita quella reazione, intanto mi guardavo intorno sperando di non attirato di nuovo l’attenzione su di me. Notai che solo Yuuki, la ragazza più alta di tutte, ci guardava sorridendo. Era davvero bella. A ripensarci tutte la dentro erano bellissime, anche Izumi, e io mi sentivo un po’ il pesce fuori dall’acqua.
Yuuki si alzò dalla sedia su cui era seduta e con quattro eleganti passi fu davanti a me, sempre sorridendomi amichevole. –Sesshomaru-sama si presenterà durante la cena, non ti devi preoccupare- anche lei, nel pronunciare quel nome, arrossì leggermente.
-Non mi preoccupavo di quello- mi affrettai a rispondere – ero… solo curiosa di sapere il suo nome-
Yuuki mi guardò incuriosita –giù al villaggio non conoscono il nome del loro signore?-
-Nessuno di noi lo sa, lo trovi strano?- notai che alla mia affermazione allargò leggermente gli occhi, come se si fosse resa conto di qualcosa. Si affrettò a ricomporsi –No… non volevo dire quello, scusami- e mi abbracciò, con un abbraccio caldo e amorevole. Rimasi qualche secondo a crogiolarmi in quel tepore, poi lei si staccò e si allontanò ondeggiando con i suoi fianchi.

Alla fine eravamo tutte pronte. Mi condussero in giro per il castello fino ad arrivare ad un’immensa sala, che scoprii essere la sala per la cena. Al centro della sala ci stava lungo tavolo e a capo tavola una sedia, messa in rialzo rispetto alle altre. Prendemmo posto e io mi ritrovai seduta accanto a Yura e Kairi. Il tavolo era completamente apparecchiato per la cena, ognuna di noi aveva le bacchette per prendere  il cibo di un colore diverso. Il mio era l’arancione, neanche a farlo apposta dello stesso colore del mio vestito.
Notai che la sala era piena di servi. Tutti demoni. Notai che ci stavano alcuni esseri inguardabili con tre occhi, la pelle nera come la notte, cinque zampe e così via. Altri invece sembravano esseri umani ma si notavano alcuni segni particolari: il ragazzo che stava alle mie spalle aveva gli occhi rossi, due orecchie appunta e una coda da volpe. Un altro aveva le orecchie e la coda da gatto, quello alle spalle di Yura  aveva le orecchie da coniglio.

Una porta si aprì, seguita da un attimo di silenzio. Subito tutte le ragazze si alzarono, io le imitai. -Buona sera, Sesshomaru-sama!- dissero in coro, mancava solo la mia voce.
Un ragazzo si fece avanti e si avvicinò alla sedia in rialzò. Allora capì perche quando parlavano di lui le altre arrossivano: era un ragazzo che sembrava avere pochi anni più di me, alto e asciutto di fisico, aveva dei lunghi capelli setosi argentei che gli ricadevano fino a metà coscia, il viso era segnato da due linee magenta sulle guancie e una mezza luna viola, due occhi gialli felini incontrarono i miei. Rimase per un po’ a fissarmi, come a valutarmi, poi si sedette e la cena ebbe inizio.

-certo che poteva darmi il benvenuto- dissi sottovoce a Yura, un po’ delusa.
 
  
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