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Autore: mi piacciono i treni    02/03/2014    1 recensioni
Quando era un bambino Stiles credeva nei supereroi.
Aveva sei anni e lui e Scott, il suo miglior amico, avevano appena imparato a leggere traballando e saltando le doppie. Di sfogliare i libri di fiabe che la maestra gli aveva assegnato non se ne parlava proprio, così la sua mamma aveva cominciato a comprare i fumetti.
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando era un bambino Stiles credeva nei supereroi.
 
Aveva sei anni e lui e Scott, il suo miglior amico, avevano appena imparato a leggere traballando e saltando le doppie. Di sfogliare i libri di fiabe che la maestra gli aveva assegnato non se ne parlava proprio, così la sua mamma aveva cominciato a comprare i fumetti.
 
 Quando tornavano da scuola, dopo aver fatto i loro compiti insieme, si chiudevano nella cameretta di Stiles a leggere con passione quei giornaletti. Da leggere non c'era poi tanto in fondo. Le pagine erano sommerse da colori brillanti, anche il nero sembrava splendere, e le immagini si susseguivano così naturalmente da poter costruire una storia senza l'ausilio delle parole. Ogni calcio sembrava uscire dal foglio, ogni pugno era come se lo sferrassero loro.
 
Quando un giorno, dopo essere tornati a casa e aver pranzato, erano andati a riscuotere la loro ricompensa per aver portato a termine una faticosa giornata di scuola, avevano trovato una sorpresa. Claudia gli aveva passato il fascicolo con un sorrisetto consapevole e andando al centro avevano scoperto un tesoro. Dalle spillette avevano strappato un poster alto almeno quanto Scott, allora Stiles aveva recuperato il nastro adesivo da un cassetto pieno di articoli di cancelleria, era salito sul letto con qualche difficoltà e aveva attaccato il poster, premendo forte sugli angoli per farlo aderire bene, proprio in prossimità del posto in cui giaceva io suo cuscino, dicendo che così lo avrebbe protetto dal lupo cattivo.
 
Dall'alto del muro torreggiava, nella sua tutina grigia, il fisico imponente dell'uomo pipistrello, Batman. Stiles ne aveva fatto il proprio eroe personale inccappando spesso anche nelle prese in giro dei suoi compagnetti.  Nonostante non avesse superpoteri, però, Bruce Wayne aveva rapito il suo cuore e la sua fiducia.
 
Lo sceriffo Stilinski non contava quante fossero le volte in cui il figlioletto gli avesse chiesto di far costruire un bat-segnale così da poter chiamare Batman quando i cattivi tenevano il suo papà in centrale fino a notte fonda.
 
 
 
 
A undici anni aveva smesso di credere nei supereroi, era grande ormai per quelle cose e non c'era più qualcuno che gli comprasse i fumetti.
 
Sua madre era morta da un po' di tempo e nessun Batman, Superman o Spiderman che fosse, era venuto a salvarla o a salvare lui dalla solitudine. Aveva strappato con rabbia quel poster che aveva custodito così attentamente da bambino. Ne aveva fatto mille piccoli pezzettini per poi buttarli in aria, sopra la sua testa, sedersi a gambe incrociate sul pavimento freddo e piangere tutto il pomeriggio.
 
 Neanche Scott riusciva più a tirarlo su di morale, nonostante la sua compagnia fosse un piacevole diversivo bastava vedere Melissa preparare il pranzo che Stiles non poteva evitare di ritornare in quel vortice buio fatto di ricordi e rimpianti.
 
 Sentiva ancora il tocco delicato della mano di sua madre sulla guancia, quello che usava per consolarlo e coccolarlo quando i bulli lo prendevano di mira. Lo sognava la notte quel tocco ma era troppo leggero, effimero e più che consolarlo lo rendeva ancora più disperato. Era in quei momenti, quando si svegliava urlando nel cuore della notte, che arrivava il suo eroe, che non aveva superpoteri ma che era tutto quello di cui aveva bisogno. Sulla guancia gli si posava una mano ben più grande e solida di quella di sua madre ma che aveva lo stesso effetto tranquillizzante e gli dava quella forza che non aveva. Suo padre era diventato l'unico eroe che poteva avere, che nonostante il giorno,quando era a casa, gli urlasse contro tutta la sua rabbia barcollando e rischiando di far cadere il bicchiere mezzo vuoto che teneva in mano, la notte era lì a tenere la sua mano, a tranquillizzarlo e pregarlo di ricominciare a respirare quando l'aria gli mancava e la testa girava, attacchi di panico lì avevano chiamati ma lui, ancora, non capiva nemmeno cosa fosse il panico.
 



L'arrivo dei sedici anni aveva portato con sé un nuovo drastico cambiamento e Stiles non aveva potuto che credere di nuovo nei supereroi.
 
 Scott, il suo compagno di bravate, lo sbarbatello con l'asma, i capelli lunghi e la mascella storta era stato trasformato in un licantropo ed era stato proprio Stiles a capirlo per primo, insomma in California non ci sono i lupi e non si può dare sempre la colpa ai leoni di montagna.
 
Il colpevole era ignoto e si aggirava ancora per la città. Era inutile dare la colpa a Derek Hale solo perché era oggettivamente terrificante.
 
Inizialmente la situazione lo aveva un po' spiazzato, non è da tutti i giorni scoprire che Oz potrebbe comparirti di fronte da un momento all'altro, magari insieme ad una Willow, ma Stiles non aveva avuto mai paura. C'era Scott con lui che era dotato di super udito, super forza,  super stupidità,  era un super eroe a tutti gli effetti. Certo, c'era chi al contrario lo avrebbe definito super cattivo, i licantropi erano soliti impazzire un po' con l'avvento della luna piena ma a Stiles bastava guardare l'oro acceso e brillante dei suoi occhi per capire che nessuno avrebbe mai potuto togliergli il titolo d' impavido eroe. Peccato che con il tempo aveva scoperto che non fosse il suo di eroe, non lo era stato quando era bambino e non lo sarebbe stato nemmeno in futuro.
 
Per questo Stiles camminava sempre con gli occhi ben aperti, spalancati, per cercare la persona, l'animale e, a questo punto, anche la cosa che lo avrebbe salvato, non sapeva precisamente da cosa, sempre, in qualunque caso.
 
 Ad un certo punto aveva pensato potesse essere Lydia, la sua eterna cotta. In fondo era bellissima, con dei poteri magici che ancora non aveva capito in cosa consistessero oltre ad urlare fino a far risvegliare i Peter, era spavalda e sicura di sé. Sembrava perfetta come sua salvatrice, non poteva chiedere di meglio, peccato che fosse già l'eroina di qualcun'altro. Jackson sarebbe stato sempre la sua priorità, la persona da mantenere a galla in mezzo al mare, non importava quanto la distanza avesse cambiato le cose, lo poteva percepire dalla tristezza dei suoi occhi che non ci sarebbe stato posto per nessun'altro nei suoi pensieri.
 
Così aveva continuato a tenere quei suoi occhi troppo gradi aperti, per cogliere anche il più piccolo dei segni.
 
 Persino lui era stato l'eroe di qualcuno. Nonostante Stiles non ci credesse, Erica lo considerava come tale e forse anche suo padre aveva quell'idea su di lui. Per questo aveva pensato di poter essere l'eroe di sé stesso, ma era troppo utopistico come concetto, sarebbe stato troppo facile potersi salvare da solo. Stiles era troppo intelligente per non rendersene conto.
 
Ormai ogni giorno che passava era l'aggiunta di una nuova difficoltà, di un nuovo pericolo e una nuova minaccia. Più il peso sulle sue gracili spalle aumentava più si sentiva rimpicciolire e scomparire dentro se stesso. Non sapeva se avrebbe retto molto in quel buio che stava progressivamente aumentando di intensità. Sembrava come se avesse avuto la sua ancora sempre vicino, a portata di mano e adesso fosse improvvisamente scomparsa portandolo così al punto di rottura.
 
 Il suo ultimo, disperato tentativo di essere salvato era stata la ragazza coyote, Malia. Gli ispirava una strana fiducia quella ragazza, aveva qualcosa di familiare. Nonostante lo avesse steso con un pugno ben assestato non aveva avuto paura, le aveva raccontato quello che stava accadendo, si era fatto aiutare con la speranza di aver trovato la persona giusta. La situazione, però, era peggiorata e Stiles era caduto in quel baratro che lo aspettava da tempo, era ormai stato rinchiuso in angolino recondito del suo cervello senza possibilità di uscita. Aveva perso sé stesso.
 
Quando ormai tutto era perduto, una voce conosciuta aveva urlato il suo nome talmente forte da farlo risvegliare, qualcosa di grande e grosso lo aveva spinto contro la parete. Il rumore di uno sparo aveva urtato il suo sensibile udito e finalmente si era reso conto di aver tenuto gli occhi chiusi per tutto quel tempo,fin da quando Scott aveva ricevuto il morso.
 
 Si era convinto di non aver paura,di poter superare tutto senza problemi, di uscirne illeso addirittura. La realtà era che aveva messo solo una benda sopra i suoi occhi per non vedere quello che c’era sotto, mentre camminava sul filo dell’equilibrista posizionato ai vertici del più alto dei burroni. Solo due occhi blu elettrico a tenerlo in equilibrio tra la pazzia e la sanità.
 
 E ora che quel fuoco blu si stava spegnendo, ora che quella macchia rossa era fin troppo vicina al cuore,Stiles si stava concedendo di avere paura.

Lui il suo eroe lo aveva sempre avuto ma era stato troppo cieco per vederlo.
 
One hero will fall.




La ferrovia di Ale: 

Salve a tutti! 
Questa è la mia prima Sterek C: 
Non so perchè ho scritto questa cosa sinceramente ma sono sicura sia colpa della Nogitsune e di Jeff Davis, è sempre colpa loro.
Per gli insulti rivolgetevi a loro! 
Scusate per gli errori che troverete ma non sono riuscita a rileggerla D: non è normale quasi piangere per qualcosa che hai scritto tu stesso! Boh sarò emotiva oggi oppure è colpa di Jeff! Sicuramente la seconda.
Le ultime righe sono dei riferimenti al promo. Ho inventato tutto.LOL
Fatemi sapere se vi è piaciuta.
 Un bacione :*
  
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