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Autore: Scarlet Jaeger    04/03/2014    3 recensioni
"Restare sospeso da terra, nonostante il fastidioso mal di schiena provocato da una precedente caduta, solo per recuperare la palla e passarla al primo compagno libero, gli aveva procurato una scarica di adrenalina pura in tutto il corpo. Aveva raggiunto il pallone prima che andasse fuori e con un abile passaggio, prima di rovinare a terra, lo aveva passato proprio al suo peggior nemico: Kaede Rukawa, che era rimasto sconvolto da ciò che Hanamichi aveva appena fatto. Fu in quel momento che apprese che, l’esito della partita, era tutto nelle sue mani e nel suo miracoloso canestro. "
Genere: Erotico, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kaede Rukawa
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti :3 Generalmente scrivo le note in fondo, ma oggi ho voluto scriverle prima della storia per dare qualche informazione e chiarimento.
Dunque, in primo luogo volevo dedicare questa One Shot a Slanif, che mi ha fatto amare in modo indescrivibile questi due, riuscendo anche a farmi accettare Rukawa ed a vederlo sotto una nuova luce. Grazie anche al manga, che lei mi ha incoraggiato a leggere per poter finalmente riuscire ad apprezzare questo personaggio. Ed aveva ragione!
Questa storia mi è venuta in mente proprio grazie al finale del manga, che mi ha totalmente emozionata e mi ha lasciata talmente incredula che ancora non ci credo. Eppure, ho voluto dare la conclusione a modo mio :3 
Per ovvie ragioni ho cambiato alcune cosette, spero non me ne vogliate per questo! Inoltre, mi scuso per gli eventuali errori. Ho scritto con foga, con la paura di perdere l’ispirazione!
Finisco dicendo che questa doveva essere una One Shot completamente rossa, ma ho voluto fare le cose con calma, arrivando ad una storia completamente Lemon quando avrò più esperienza. Ho scritto poche volte di coppie Yaoi in modalità spudoratamente erotica e mai in questo fandom, quindi ho paura di sbagliare. Ma spero che, con il vostro sostegno, potrò migliorare e sbloccarmi :3 
Ordunque, non avendo null’altro da dire, vi auguro buona lettura!
Un bacione a tutti!

***

 

Infortunio e rivalsa.


Restare sospeso da terra, nonostante il fastidioso mal di schiena provocato da una precedente caduta, solo per recuperare la palla e passarla al primo compagno libero, gli aveva procurato una scarica di adrenalina pura in tutto il corpo. Aveva raggiunto il pallone prima che andasse fuori e con un abile passaggio, prima di rovinare a terra, lo aveva passato proprio al suo peggior nemico: Kaede Rukawa, che era rimasto sconvolto da ciò che Hanamichi aveva appena fatto. Fu in quel momento che apprese che, l’esito della partita, era tutto nelle sue mani e nel suo miracoloso canestro. 
Il Sannoh era ad un punto soltanto di vantaggio dallo Shohoku ed un solo canestro, uno solo, avrebbe cambiato l’esito della partita in quei pochi secondi di tempo rimasti da giocare. Doveva giocarsi il tutto per tutto!
Il gioco riprese con la palla in possesso di Rukawa. Lui lo osservò avanzare, marcato stretto dagli avversari. Non riuscì neanche a capire perché lo guardasse in attesa, come se pensasse che da un momento all’altro l’orgoglioso Kaede potesse passargli la palla. Così, con un pensiero detto fin troppo ad alta voce, si giocò il tutto per tutto.
In elevazione, pronto al tiro, Rukawa aveva notato Sakuragi smarcato e pronto ad essere determinante per l’intera squadra.
Kaede Rukawa aveva così dato fiducia a colui che più credeva di detestare all’interno della squadra. Lui, giocatore individualista, si era affidato ad un compagno nel momento del bisogno. Aveva voluto dire molto con quel passaggio, un’implorazione silenziosa nei suoi occhi color dell’oceano rivolti al ragazzo dai capelli rossi, che prese la palla saldamente nelle mani, rivolgendo uno sguardo interrogativo e meravigliato verso colui che, anche lui, aveva sempre creduto di odiare.
Forse quel passaggio era servito a ben altro, oltre che a vincere la partita.
Un’altra implorazione silenziosa uscì dal labiale del numero unici mentre atterrava con un balzo a terra.
<< Segna! >> Fu l’unica cosa che riuscì a pronunciare fra sé e sé, una preghiera salda nella mente di tutti i compagni di squadra, che osservarono speranzosi il tiro pulito e ben impostato di Hanamichi, che fiondò dritto nel canestro, zittendo per un momento l’intera tribuna, che scoppiò in un tripudio di urla subito dopo.
Il principiante dai capelli rossi aveva portato lo Shohoku alla vittoria…
Se glielo avessero detto solo qualche giorno prima, probabilmente Rukawa avrebbe fatto una delle sue facce allucinate ed avrebbe detto: “Seh vabbè, buonanotte!”
Invece, in quel momento, ansimante per lo sforzo fatto per stare al passo di Sawakita, rimase al centro del campo per cercare di riprendere fiato, mentre osservava con gli occhi inquisitori Hanamichi che andava, barcollante, verso di lui.
Seguitarono istanti di puro silenzio, mentre i suoi occhi blu si specchiavano in quelli nocciola del numero dieci. Entrambi privi di forze, sudati fradici e con il cuore che batteva forte in petto per quella vittoria sudata e meritata, si scambiarono comunque un gesto che fece meravigliare tutta la panchina dello Shohoku ed i giocatori ancora in campo che, dentro di loro, continuavano a ripetere: “ora si mettono a litigare!”. Invece, quel gesto uscito dal cuore, mostrato agli altri con un sorriso vittorioso, era stato meglio di qualunque parola. 
Però, dopo il primo sorriso che si erano scambiati da quando si conoscevano ed avevano avuto il primo tocco l’uno con l’altro, anche se solo con una mano, Hanamichi ebbe un mancamento e sarebbe caduto a terra se prontamente Rukawa non l’avesse preso di peso ed aiutato a rimetterlo in piedi.
<< Hey, tutto bene? >> Chiese con il suo solito tono freddo e distaccato, che fece alzare gli angoli della bocca al rossino anche in quella situazione. Rimase in silenzio però, perché adesso il braccio di Kaede lo teneva saldo per la vita, mentre si era portato il suo dietro il collo e lo aiutava a raggiungere la panchina per la foto dei giornalisti.
Hanamichi, prima di raggiungere gli altri, sibilò un divertito:
<< Certo, Kitsune! >> 
Constatò, lasciando sorridere Kaede silenziosamente. In fondo, pensò, quella testa matta di Sakuragi non era poi così stupido come aveva fino a quel momento pensato.

 

Negli spogliatoi, dopo quella miracolosa partita, una volta rimasti soli, Kaede ed Hanamichi continuavano ad ignorarsi come avevano sempre fatto, ma quel silenzio non pesava a nessuno dei due. Continuavano comunque a lanciarsi delle occhiate difficili da comprendere per entrambi. 
Sotto la doccia, ben lontani l’uno dall’altro, guardavano entrambi a terra, persi nei loro più intimi pensieri a riguardo della partita.
Il rossino era fiero di sé stesso; aveva aiutato la squadra con i suoi ricuperi e nei rimbalzi. Era stato fondamentale per l’esito finale e quel canestro proprio allo scadere del tempo lo aveva motivato e lo aveva estasiato fino all’inverosimile. Era migliorato molto, glielo avevano fatto notare tutti, pure il capitano, ma c’è qualcosa nel suo cuore che lo distraeva dal gioire e lo faceva rimanere muto quando, tutto il resto della squadra, si sarebbe aspettata vaneggi senza senso ed adulazioni fuori luogo.
Invece solo silenzio e sospiri, perché Hanamichi iniziava seriamente a pensare che, probabilmente, sarebbe dovuto rimanere fuori dai campi di gioco per un lungo periodo e questo proprio non gli andava giù.
Calde lacrime scendevano dai suoi occhi non del tutto soddisfatti ed il sorriso che aveva sempre animato quel viso rilassato, era scomparso del tutto dalle sue labbra. L’infortunio alla schiena gli impediva di essere pienamente sé stesso e nessuno, se non proprio Kaede, se n’era accorto.
Continuava a guardarlo quasi con tenerezza, perché sapeva come ci si può sentire dopo essersi fatti male. La consapevolezza di non poter giocare, di non poter tastare con le proprie scarpe il parquet lucido del palazzetto, non sentire il rimbalzo della pesante palla al suolo era qualcosa di estremamente agognante. Lui lo sapeva bene perché lui stesso, se non avesse potuto giocare anche un solo giorno, forse sarebbe morto…
Così, nonostante l’acqua che scendeva incessante sul viso del vittorioso numero dieci, che lavava via ogni segno di lacrima che si confondeva con le gocce calde, Kaede sospirò a sua volta. Era incredibile come la vitalità di quel ragazzo, sempre pronto a fare battute fuori luogo, a prenderlo in giro e provocarlo, a trascinare la squadra con il suo spirito ed impressionare gli avversari con la sua imprevedibilità, era fermo ed immobile all’interno della doccia e lui, probabilmente, si era anche accorto anche del perché.
<< Hey… >> Lo richiamò dalla sua presunta trance una volta chiusa l’acqua ed aver coperto il suo basso ventre con l’asciugamano. Era proprio fuori dalla doccia dove Sakuragi era ancora immerso, e se ne stava in piedi, completamente bagnato fradicio, ad aspettarsi una qualsiasi risposta. 
Hanamichi, sentendo quella voce inquisitoria e stranamente meno fredda del solito, sgranò gli occhi e chiuse a sua volta l’acqua che continuava a bagnarlo dalla testa ai piedi, nonostante avesse già lavato via ogni traccia di bagnoschiuma.
“Non è il sapone quello che deve lavare via la doccia, non è vero?”
Si voltò a bocca aperta, richiudendola con un gesto repentino alla vista del bel numero undici, grondante delle gocce d’acqua che gli cadevano dai capelli zuppi ed appiccicati al viso, che tracciavano una linea imprecisa dal suo viso al torace scolpito, dove ancora in corsa quelle stesse gocce finivano negli incavi degli addominali, terminando a contatto con l’asciugamano bianco legato in vita.
<< Che vuoi? >> Chiese subito dopo imbronciato, voltandosi di nuovo dall’altra parte. Non poté però negare a sé stesso che, la vista del compagno di squadra in quelle condizioni, avevano impeccabilmente mandato una scossa al suo di basso ventre e, per non farsi notare, si era voltato ed aveva riaperto l’acqua, questa volta in modalità del tutto gelata.
A Rukawa sfuggì un lieve sospiro e sul volto marmoreo, questa volta, inceppò un piccolo sorriso di soddisfazione prima di voltargli le spalle ed andare al suo armadietto per vestirsi. 
Hanamichi, dopo aver appurato che il suo membro era di nuovo come prima, uscì dalla doccia senza degnare di uno sguardo il resto dello spogliatoio, intento a lasciarselo addietro una volta per tutte. E poi era sicuro che Rukawa, una volta vestito, sarebbe uscito lasciandolo finalmente solo.
Invece, quando fu vestito con la sua divisa scolastica, sentì lo sbattere dell’anta di un armadietto proprio dietro di lui e, voltandosi, incontrò due iridi blu scuro che lo guardavano inquisitori. Kaede era bellamente appoggiato alla porta d’entrata, decisamente non intento a lasciarlo passare, con le braccia e gambe incrociate con noncuranza. In genere si metteva in quella posizione per sonnecchiare, o quando era terribilmente annoiato da qualcosa, ma quegli occhi maliziosi lasciavano trasparire tutt’altro oltre che la noia ed una sottile speranza che egli fosse rimasto per aspettare lui gli si fece largo nel cervello. Tuttavia scosse la testa per allontanare il pensiero.
Perché mai Kaede Rukawa avrebbe dovuto aspettarlo? Ma, nonostante l’avanzare impertinente verso di lui da parte del rosso, non si mosse minimamente dalla sua postazione. Si guardarono negli occhi per un lungo istante che sembrò infinito. Varie emozioni si susseguirono nei loro cuori, nonostante il silenzio che ostentavano a tenere fra loro. Nessuna parola a riguardo della partita né della vittoria. Nessun complimento, nessuna offesa come si sarebbero aspettati tutti. Solo un lungo ed intenso sguardo di due iridi contrastanti. Due specchi che contenevano un susseguirsi di parole taciute; tuttavia, incredibilmente, il primo a dire qualcosa fu proprio Kaede.
<< Ti fa male la schiena, non è vero? >> Chiese arrivando subito al punto. Non aveva bisogno di rigiri di parole, e nemmeno Hanamichi, che nonostante immaginasse che prima o poi qualcuno glielo avesse chiesto, sobbalzò incredulo.
Da quando Rukawa si preoccupava per lui?!
Spostò lo sguardo a terra, voltandosi dall’altra parte, mordendosi il labbro inferiore per non riuscire a sostenere oltre quello sguardo inquisitore, blu come l’oceano più limpido, che sembrava volergli scrutare nell’anima.
<< Non sono affari tuoi, Kitsune! >> Si limitò a dire, ma anche se avrebbe voluto mostrarsi duro e categorico, le sue parole uscirono dalla sua bocca più roche che mai, lasciando trasparire una chiara preoccupazione per il suo infortunio. Kaede aveva centrato in pieno il problema! Non avrebbe mai voluto che gli altri si preoccupassero per lui, gli bastava sé stesso a mostrare preoccupazione per la sua sorte. Era già difficile accettare tutto quello, il dover rinunciare alle altre partite per farsi vedere da un medico e, chissà, allontanarsi per un lungo periodo se quello glielo avesse prescritto.
A quei pensieri si morse ancora di più il labbro, perché non avrebbe mai voluto mostrarsi debole a lui, colui che voleva a tutti i costi battere sul campo, risultando così il migliore. Ma aveva già perso. Rukawa sarebbe migliorato, e lui sarebbe dovuto rimanere fermo, lasciando correre. Non gli andava giù, era una cosa che gli bruciava dentro e già sentiva la mancanza di una palla da Basket da far palleggiare a terra. Erano passati solo pochi mesi, eppure sembrava che giocava in quella squadra da anni. Solo all’inizio dell’anno scolastico, al solo sentire la parola “Basket” dava di matto, ma poi, piano piano, inseguendo un amore non corrisposto, si era innamorato di quello stesso sport. Aveva legato con i compagni, si era affezionato tantissimo al Signor Anzai ed aveva sviluppato un’immensa fiducia in sé stesso e nelle sue capacità che, seppur poche rispetto ai giocatori più esperti come Akagi o Mitsui, poteva andarne fiero. Si era visto passare di fronte avversari agguerriti ed esperti come il Ryonan, lo Shoyo, il Kainan ed il Sannoh, eppure era sempre andato avanti con la stessa energia che aveva in corpo, non spaventandosi come gli altri. Forse, proprio perché era un principiante e non abituato al gioco, era troppo sicuro di sé stesso, ma alla fine era stato il suo pugno vincente. 
Ed adesso, che ne sarebbe stato di quello stesso giocatore? Quella super matricola che, forse, era arrivata quasi ai livelli della matricola che aveva di fronte? 
Ma quel vortice di pensieri e quel maledetto astio verso sé stesso scemarono nello stesso istante in cui la voce calda di Rukawa, che mai prima di quel momento gli aveva sentito pronunciare in quel modo, gli arrivò alle orecchie, costringendolo di nuovo a puntare i suoi occhi interrogativi su di lui. 
<< Se vuoi ti posso aiutare… >> Disse tranquillamente Kaede, abbassando leggermente il volto e guardandolo attraverso le ciglia folte che lo caratterizzavano, nonostante i capelli corvini che gli ricadevano sugli occhi. 
Hanamichi rimase interdetto e sorpreso per quell’affermazione detta in quel modo e, nonostante il suo orgoglio ferito gli gridasse di mandarlo a quel paese, come in genere aveva sempre fatto, l’altra parte di sé, quella più razionale, che credeva di non avere, lo costrinse a sospirare. Forse era il suo reale bisogno di aiuto a far sì che mettesse da parte l’orgoglio e appoggiarsi finalmente a qualcuno, anche se quello era il suo rivale per eccellenza. E poi aveva davvero bisogno di un medico, qualcuno che lo aiutasse a guarire nel minor tempo possibile, per tornare più in forma che mai e prepararsi per il prossimo campionato.
Così, spinto dalla curiosità, prese a parlare.
<< In che modo? >> Chiese solamente, abbassando il volto. Sottomettersi in quel modo non era da lui e quindi gli fece un effetto strano. Si sarebbe quasi aspettato di sentire la risata di quella volpe a squarciargli i timpani, prendendolo in giro per quella reazione dalla coda fra le gambe, ma Kaede non era uno stupido ed, anche se era un individualista silenzioso e strafottente, era comunque umano e, come mai aveva fatto in vita sua, si era preoccupato veramente per le condizioni di un “amico”.
Sentiva che Hanamichi non era come tutti gli altri; sentiva che c’era qualcosa in lui che lo spingeva a volerlo aiutare. Forse perché si era, finalmente, messo nei panni di qualcuno. Se fosse stato lui ad infortunarsi, avrebbe reagito sicuramente come lui. Si sarebbe chiuso in sé stesso, si sarebbe odiato per aver lasciato che una stupida caduta segnasse la sua vita e, sicuramente, nessuno lo avrebbe aiutato. O meglio, quello era quel che credeva lui, perché non sapeva ancora quanto i suoi compagni tenessero a lui. Ed anche Hanamichi gli era grato per quello, perché sapeva che, nonostante il suo tono, il suo orgoglio ne stava risentendo proprio come il suo.
<< Conosco una clinica specializzata. Sono molto bravi. >> Iniziò a spiegare Kaede, mentre il rosso ascoltò con interesse le sue parole. << I…Io, ti ci posso accompagnare. >> Disse infine, mettendo da parte il risentimento e tutto il resto. Sakuragi era un suo compagno di squadra, un compagno che era stato insieme a lui, volente e nolente, per tutto il tempo dei campionati. Avevano pianto entrambi per le sconfitte e gioito per le vittore. Gli doveva sempre qualcosa; ma era realmente sicuro che, a muoverlo, era solamente quell0? 
Sentì un lieve calore all’altezza delle gote quando lo sguardo incredulo del numero dieci si posò su di lui e lo costrinse a spostare lo sguardo oceanico da lui, che continuava a guardarlo bramoso di informazioni, a terra. 
<< Dici davvero? >> La meraviglia nel tono di voce di Hanamichi lo meravigliò. Non era più il ragazzo chiassoso che era stato fino a poco prima della partita contro il Sannoh. Adesso sembrava totalmente cambiato, come se il mal di schiena gli avesse permesso di assumere una nuova consapevolezza verso sé stesso, rendendolo più fragile. << Po…Potresti accompagnarmici subito? >> 
Anche Sakuragi arrossì alle sue stesse parole, perché stava inverosimilmente chiedendo un favore a Rukawa. Restò in attesa, con i pugni serrati in un gesto carico di aspettative, con il cuore che sembrava volesse squarciargli il petto ad ogni pompata. Quasi si aspettava una risposta seccata e contrariata da parte del numero undici, qualcosa tipo: “Non ci penso neanche!” pronunciata con il suo tono arrogante ed incredibilmente ironico. O qualcosa tipo: “Vacci da solo!”, che sarebbe stato più nell’indole del bel ragazzo dai capelli corvini. 
Invece, dalle labbra carnose della super matricola, uscirono proprio le parole che mai si sarebbe aspettato di sentire.
<< Sì… Seguimi. >> 
Dopo quelle parole, alla quale ancora non credeva, la porta dello spogliatoio si aprì di fronte a loro ed i passi di Kaede risuonarono sul pavimento del corridoio, ma lui non riusciva neanche a muoverne uno, troppo scombussolato dagli eventi appena conclusi.
<< Allora, Do’aho, ti vuoi muovere o no? >> Il tono canzonatorio di Rukawa provenne dall’esterno e lo riportò alla normalità, costringendolo a camminare dietro di lui. Ma quello che non poteva notare, era il sorriso pronunciato sulle labbra del moro.

 

Passarono i giorni ed Hanamichi aveva trovato finalmente come risolvere il suo problema. Serviva solo costanza e tempo, e dopo sarebbe potuto tornare in gran forma. I suoi amici gli avevano portato un pallone da Basket ancora prima che lui lo richiedesse, sentendone troppo la mancanza, così che, anche se non poteva saltare o fare nessun tipo di sforzo, poteva sempre tenerlo fra le mani e sentire l’adrenalina ancora in circolo che lo infiammava ogni volta che toccava la superficie di quella palla arancione. 
Tutto quello, non riusciva a crederci, era potuto accadere grazie a Rukawa. Non aveva mai trovato il coraggio e le parole esatte per ringraziarlo. Ma, d’altra parte, non aveva avuto ancora occasione di rivederlo. Non aveva acceso la tv e, quel giorno, nessuno dei suoi compagni si era fatto vivo, così, nel momento di pausa che gli avevano concesso le infermiere, si era voluto andare a godere un po’ di relax sulla spiaggia. Si era portato dietro il suo inseparabile pallone, come un bambino che non rinuncia al suo orsacchiotto, ed era sceso sulla sabbia rovente, sedendosi su di essa ed inspirando a pieni polmoni l’aria pulita che giungeva dal mare. Lo rilassava, così come il suono delle onde ed il verso dei gabbiani, che starnazzavano proprio sopra la sua testa. 
In altri ambiti avrebbe sbraitato contro di loro, con la sua solita faccia offesa, ma in quel momento si limitò solamente a sorridere. Era completamente perso nella serenità che il luogo riusciva donarli ed anche l’infortunio alla schiena gli sembrava così apparentemente lontano. Fino a che, un rumore repentino di passi ripetuti sulla sabbia lo fecero sussultare. La persona in questione gli si era fermata di fronte ed indossava una tuta celeste, che faceva risaltare il bel colore corvino, dai riflessi acquamarina, dei suoi capelli. Gli occhi blu, invece, erano puntati su di lui. Era completamente sudato, sicuramente per via della corsa che aveva fatto per giungere fino a lì, ed aveva quasi l’aria di uno che sapeva esattamente dove trovarlo. Ma gli occhi di Hanamichi si fermarono sulle gocce di sudore che, con studiata lentezza, scivolarono sui lineamenti del viso di Kaede, lasciandogli la bocca completamente asciutta e costringendolo a mandare giù la poca saliva che gli era rimasta.
Non era più in grado di negarlo a sé stesso. Non era riuscito a levarselo dalla testa e, nonostante all’inizio aveva creduto che il motivo poteva essere il mancato ringraziamento, pian piano aveva appreso la consapevolezza che c’era dietro qualcosa di più.
Quel ragazzo, dai modi apparentemente bruschi ma dall’animo gentile, lo eccitavano fino all’inverosimile. Non aveva mai provato niente del genere neanche per Haruko, che pensava di amare. Invece, in quel momento, la sua mente era occupata solamente da lui e da tutto quello che, in quel momento, gli stava facendo provare solamente con uno sguardo. 
Tanti erano i sentimenti contrastanti che manifestava il suo cuore ed era sicuro di non averli mai provati, perché mai nessuno, neanche una donna, riusciva a mandargli scariche così possenti al suo membro stipato in quel boxer oramai decisamente troppo stretti per contenerlo.
Da una parte avrebbe voluto alzarsi di scatto e baciarlo, incurante di quello che avrebbe potuto dire, o fare, Kaede, ma dall’altra un moto di stizza, invidia e gelosia, impastati con la voglia di cancellare quel sorriso furbo che gli era apparso sul viso, li montarono dentro nel momento esatto in cui Rukawa si aprì la felpa e mostrò ad Hanamichi la maglia della nazionale giovanile. 
<< Maledetta Kitsune! >> Sibilò fra i denti, restando comunque seduto per non fare movimenti azzardati, ma la risata cristallina del numero undici lo lasciò totalmente impressionato. In senso buono, ovviamente, perché era forse la prima volta che lo vedeva ridere senza ironia. Era una risata calda e cristallina, proprio dettata dal cuore. Era forse perché sul suo viso imbronciato si poteva leggere una prorompente sconfitta?
Tuttavia, prima che potesse essere interrotto, Kaede andò a sedersi proprio accanto a lui, chiudendo gli occhi ed assaporando a pieni polmoni la stessa brezza che aveva rasserenato l’animo di Sakuragi. 
Di nuovo fra loro calò il silenzio. Hanamichi non riusciva neanche più a trattarlo come un tempo, anche se non erano passati che pochi giorni. Non riusciva più a guardarlo con il volto assassino, facendo paura persino ai pedoni che gli passavano accanto. Non riusciva più ad avere quel tono canzonatorio che aveva sempre usato nei loro scambi di battute, generalmente offese. Forse perché, dentro di sé, sentiva aumentare quel sentimento rilevante che, oltre ad emozionarlo, lo spaventava alquanto. 
<< Non dici nulla? >> Iniziò il rossino, rompendo la quiete iniziale che si era creata intorno a loro. << Come mai non aduli te stesso perché indossi la gloriosa maglia della nazionale? >> Continuò pungente, ma Kaede si limitò ad aprire gli occhi ed a guardare l’orizzonte sospirando, prima di posare i suoi occhi in quelli del compagno di squadra. 
<< Sarebbe fiato sprecato… >> Lo guardò senza emozioni, ma Hanamichi capì che non era quello il suo intento. Probabilmente non era giunto da quelle parti per prenderlo in giro o fargli pesare la sua posizione. Rukawa sapeva, forse, quanto egli ci teneva ad affermarsi nel mondo del Basket. Gli era bastato fargli intravedere la maglietta chiara attraverso la felpa per scaturire nel cuore di Sakuragi la voglia di rimettersi il prima possibile e poter dimostrare a tutti di essere veramente un ottimo giocatore. Quello era l’intento di Kaede che, con i suoi modi molto “delicati”, voleva continuare a tenere alta la forza di volontà del glorioso numero dieci per poter guarire in fretta e tornare allo sport che era sicuro, amava forse quanto lo amava lui. << Come va la riabilitazione? >> Chiese poi, così interessato che quello strano interesse per la sua guarigione meravigliò non poco l’infortunato.
<< Be…bene… >> Balbettò ancora incredulo dalle parole che erano state appena pronunciate dall’altro, che aveva preso fra le mani il suo pallone e lo rigirava con fare alquanto agitato perché, ancora, non sapeva come comportarsi di fronte a colui che lo mandava totalmente in confusione. 
<< Mi fa piacere… >> Lasciò in sospeso la frase Kaede, pronto forse ad aggiungere altro, ma la voce di Hanamichi lo costrinse a fermarsi ed a voltare lo sguardo di nuovo su di lui.
<< Senti…Kaede. >> Iniziò, e quella era forse la prima volta che lo chiamava per nome. Sentirsi chiamare da lui con quella voce calma e leggermente titubante per la paura di una qualsiasi reazione da parte sua, gli fece arrivare il cuore in gola, finalmente capendo quanto quel ragazzo gli era entrato nell’animo. Ed, ora che ci pensava bene, Sakuragi non lo aveva quasi mai chiamato neanche con il suo cognome, continuando ad affibbiarli nomignoli idioti ed offese alquanto studiate, impressionando la metà della squadra.
<< Sì? >> Lo incitò ad andare avanti, mentre il cuore, nell’attesa delle sue parole, gli martellava incessantemente nel petto come se, invece che un discorso, stesse aspettando le sue labbra a contatto con le proprie. 
<< Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per me. Non ce n’era mai stata l’occasione e… >> Si fermò per riprendere fiato prima di continuare, ma il tono di voce calmo e pacato di Rukawa lo fece sussultare.
<< L’ho fatto con piacere. >> 
E quell’affermazione gli risuonò nelle orecchie come un clascon in piena notte.
“Lo ha fatto con piacere” continuava a ripetere fra sé e sé, ancora incredulo.
<< Quando uscirò dalla clinica, ti giuro che ti batterò Rukawa! >> Gli disse con un sorriso che fece alzare gli angoli della bocca anche a quello che aveva creduto essere il suo più acerrimo nemico.
<< Ti aspetto per un “one on one” allora! >> Kaede continuava a sorridere e quello che Hanamichi continuava a guardare, non ascoltando minimamente le sue parole, erano quelle labbra rosee che si aprivano e chiudevano al ritmo di quella frase.
“One on one”. “Uno contro uno.” “Io e lui.” “Soli, io e lui!” 
Il vortice di quei pensieri fece risvegliare il suo membro apparentemente sopito nei boxer, facendolo arrossire violentemente per quell’intraprendente reazione. 
Cosa gli era saltato in mente? Era un uomo, accidenti! Si stava eccitando di fronte ad uno del suo stesso sesso. Il ragazzo che credeva di avere sempre odiato, che gli montava dentro il desiderio di superarlo agonisticamente. Il ragazzo incredibilmente sexy, dai capelli corvini che gli ricadevano come fili d’erba sugli occhi color dell’oceano; quello stesso oceano in cui si sarebbe intraprendentemente tuffato.
E così accadde, senza che neanche ci pensò sopra, perché gli istinti animano gli animi più focosi. 
Non pensò a quale sarebbe potuta essere la reazione di Kaede a tutto ciò, e forse neanche gli importava. Voleva solamente saziare la sua voglia di lui. Solo quello, il dopo…beh, sarebbe arrivato dopo. E se Kaede gli avesse rotto il naso con un cazzotto, forse avrebbe avuto tutte le ragioni, ma intanto lui avrebbe calmato la sua prorompente voglia di averlo.
Così, dopo aver portato la sua mano fra i capelli corvini del compagno, così incredibilmente lisci e privi di nodi, lasciando che sgranasse i limpidi occhi blu e senza dargli neanche il tempo per sottrarsi all’inevitabile, portò la sua bocca su quella della Kitsune, beandosi di quel tocco morbido ed umido che sapevano dargli le labbra di Rukawa.
Il tempo che seguì quell’istante non seppe scandirlo. Secondi? Minuti? Ore?
Nessuno dei due lo seppero, perché dopo quel bacio ne sopraggiunsero altri e sempre meno casti. Entrambi, ogni volta che uno dei due si allontanava, riportavano l’altro nel vortice dell’eccitazione, toccandosi vogliosi in ogni parte del corpo, lasciando eccitare il loro membro voglioso di nuove scoperte.
Così, su quella sabbia rovente come i loro corpi finalmente privi di indumenti, di fronte al mare limpido e calmo come gli occhi di Kaede, fecero finalmente l’amore.
Forse la voglia di Hanamichi di battere la sua Kitsune in uno “one on one” e magari farlo anche sul campo, di fronte a tanti spettatori che sarebbero diventati testimoni della sua rivalsa, continuava ad alimentarlo. Ma, oltre che il suo rivale nel Basket, adesso Kaede era diventato anche il suo amante. 
Entrambi sentivano di provare l’uno per l’altro dei sentimenti che mai, prima di allora, avevano mai provato per nessun’altro.
Entrambi, con i loro caratteri totalmente diversi, riuscivano a completarsi.
Fine

  
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