Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: medea nc    04/03/2014    2 recensioni
“È il mio corpo che reagisce alla tua presenza, non farne una questione personale, sei come l’allergia, quando ti avvicini mi viene il prurito alle mani!”
“Anche a me viene il prurito alle mani … senti il mio stesso bisogno?” gli chiese parecchio stizzita adesso.
“Quello di menarti? Di mettere a tacere la tua boccaccia, ti farti collassare per un tempo indefinito? Sì, cazzo!”
Storia ispirata a "I miei giorni migliori"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La rivincita della dolcezza
 
Lo amo, amo il mio peggior nemico, e non posso farne a meno!
Glielo aveva detto così, tutto d’un fiato, senza giri di parole. Era stanca, era stanca anche di fare la diplomatica davanti alla Harsher.
Erano usciti dalla loro ennesima, ultima punizione e Footer aveva fatto bene ad alzare le spalle e a percorrere i corridoi verso i dormitori.
Lei aveva bisogno di parlare con la preside, aveva bisogno di trovare un po’ di pace dentro il suo cuore, dentro il suo cervello perfetto, dentro le sue abitudini sane, tranquille, monotone.
Ecco, anche la monotonia dei propri giorni piatti le mancava, le mancava la noia, le mancavano le ore senza far nulla, gli occhi puntati su un tramonto senza pensare, senza ricordare, senza soffrire…
Marc Footer non badò nemmeno alla strada che prese lei, verso gli uffici della presidenza. Si era fatta accogliere volente o nolente, e adesso che se ne stava seduta lì, senza alcuna voglia di vivere, come un vegetale, una pianta raggrinzita che aspetta un po’ d’acqua, dipendeva dalle labbra di quella che l’aveva sempre contrastata, e a ben guardare, direbbe adesso.
Perché me lo dici?
Ricordava ancora gli occhi puntati su di lei, occhi pieni di interrogativi inesauditi.
Perché io devo scappare da tutto questo, io ho bisogno di liberarmi da questo sentimento, ho bisogno che esca da dentro me, come se fosse un morbo, e lo è, lo è, preside Harsher. Io non posso amare Marc Footer.
E sentiva ancora il salato delle lacrime riscaldarle le gote fredde, bianchissime.
Era una sensazione di sconforto e di conforto insieme, come se il solo parlarne oltre che con se stessa potesse alleviarne la portata.
Ritornerò a casa mia per un po’ …
Ed ogni sillaba riecheggiava nella sua testa appesantita, stanca, quasi invecchiata.
Non ricordava nemmeno quello che fosse successo subito dopo, nemmeno le parole della Harsher, la sua reazione. Non ricordava di aver fatto i bagagli, forse sì quelli da qualche parte li aveva pur dovuti fare perché adesso erano lì con lei, erano con lei a Nothing dove la navetta l’aveva fermata, alla stazione dove adesso avrebbe atteso il prossimo treno per casa, finalmente!
Nessuno l’aveva vista, nessuno aveva saputo della sua partenza, nessuno l’aveva salutata e nessuno avrebbe osato fermarla. No, questa non è una storia d’amore, non lo è mai stata e tutti ne dovevano essere consci, lei per prima e poi quelli che tanto avevano spettegolato su lei e Footer.
Stava andando tutto come doveva andare, come lei aveva deciso che andasse, tutto …
Lo amo, amo il mio peggior nemico, e non posso farne a meno!
Perché me lo dici?
Perché io devo scappare da tutto questo, io ho bisogno di liberarmi da questo sentimento, ho bisogno che esca da dentro me, come se fosse un morbo, e lo è, lo è, preside Harsher. Io non posso amare Marc Footer.
Ritornerò a casa mia per un po’ … per un po’… solo … per un po’…
“Per un po’… soltanto per un po’”
Le gote le sentiva ardere sotto l’epidermide. Il viso era bagnato di lacrime, poteva percepirne la portata attraverso le palpebre quasi pesanti, gonfie.
Aveva freddo ma non era quello delle grandi nevicate di Nothing, quelle di una stazione alla prime ore del mattino, non c’era alcun fischio di treno, alcun altoparlante gracchiante, non c’era nulla, soltanto lei.
Mi piaci da morire, Patstale!
Sorrise incredula riguardo al più bel ricordo che aveva di lui, di quando le aveva messo il braccio intorno alle spalle, quando l’aveva stretta più accanto al suo buon odore, quando la bocca calda e perfetta era finita non per sbaglio su una sua tempia e le aveva sussurrato le uniche parole al mondo che l’avessero mai fatta tremare in vita sua.
Mi piaci da morire, da morire, da morire …
“Ti prego, io … ti prego!” piagnucolò tra i pensieri sconnessi, dentro un mondo dannatamente reale.
“Dimmelo ancora … ti prego …”

Scattò come un elastico sopra il letto. Aveva il viso sudato, si portò appena una mano alla faccia, no, non era sudato, aveva pianto nel sonno. Nel sonno di una notte, quale notte? Lei non lo ricordava. In quella notte, in quella stessa notte in cui era ancora con Marc Footer nei sotterranei, ancora lì, ancora con lui senza che fosse successo nulla, senza che avessero scontato l’ultima piacevole pena insieme, senza che avesse parlato con a Harsher, non c’erano state richieste, non c’era stato nessun treno che l’avesse portata via da lì, da dove stava Marc Footer.
Si girò di scatto verso la sua branda, voleva assicurarsi che quel diavolo non fosse scappato, non fosse andato via, non l’avesse lasciata.
Lo trovò a spiarla mezzo assonnato e quasi spaventato, come se avesse assistito a tutto il risveglio di lei.
Se ne stava ancora seduto sulla brandina, scompostamente, con il cuscino tra la sua schiena e la parete, forse si era addormentato così.
Stava quasi per ricomporsi, per darsi un contegno davanti a lui, ma no, questo non era più il tempo di mostrarsi perfetta, sterile, granitica. Lei era fragile, era delicata come un giunco in piena tempesta, era una ragazza piena d’amore e le ragazze piene d’amore sono tesori immensi di dolcezza.
Si alzò dal proprio giaciglio e Marc Footer ci vide tutta la sensualità e l’eleganza di una fanciulla che il tempo stava metamorfosando in una donna.
Percorse gli stessi quattro passi di lui e guardandolo come se con le sue iridi volesse spiegargli tutto quello che era così complicato farglielo capire a parole, gli finì tra le braccia.
Circondò con le sue mani delicate le spalle di lui mentre Footer si sentiva morire; rannicchiò le ginocchia per essere accolte dal ventre di lui e lasciò che Marc la stringesse a sé.
Le poggiò la bocca calda di velluto sopra la fronte e nel farlo gli scappò da sorridere per quanto gli venisse naturale quel gesto, con lei.
“Brutti sogni, Patstale?” le sussurrò a mezza voce.
“… Sì … terribili incubi!”
“Mm, per finirmi tra le braccia, ti credo sulla parola!” sdrammatizzò.
“Ti lamenti?”
“No, no!” si affrettò a sanare la questione prima che si scatenasse la terza guerra mondiale.
“Ne vuoi parlare?” le domandò.
Non avrebbe mai supposto di cosa e di chi si potesse trattare, non aveva ancora capito tutto, ma proprio tutto tutto di Patsteel.
Lo guardò negli occhi, erano quasi arrivate le luci del mattino e adesso i lineamenti del viso erano più precisi.
Poi scrollò la testa e la riabbassò imbarazzata.
“Non capiresti!” Non era un rimprovero verso lui, era la sua apologia per la vergogna che ancora sentiva.
Quello sorrise e sollevò la nuca quasi divertito. Forse, infondo, aveva capito.
Passò qualche minuto, forse più di qualche minuto, ma insomma, aveva qualche importanza?
“Patstale?”
“Sì?!”
“Dovremmo provarci, sai?”
Irene si girò per la seconda volta verso i suoi occhi.
“A fare cosa?”
“A metterci insieme.” lo disse con la calma più piatta che gli fosse mai uscita.
“Considerando che a farci la guerra lo abbiamo già sperimentato e siamo finiti sempre insieme, forse dovremmo metterci insieme…”
“…per finire separati?” concluse sbrigativa simpaticamente.
“Beh, solo se le cose dovessero prendere una brutta piega… altrimenti …”
E questa volta fu lui a cercare i suoi occhi.
“rimaniamo l’uno con l’altra!”
Quella fece finta di pensarci, beh, forse ci pensò davvero.
“Ma valgono le coppie che finiscono insieme senza che si dichiarino amore, o perlomeno, non so, che si piacciano almeno?! Tu sei l’esperto, prof.”
Questa volta il sorriso di Footer fu più evidente.
“Beh, io te l’ho già detto che mi piaci!”
Ebbe un pugno in un fianco.
“Non imbrogliare come tuo solito, stavi recitando, e comunque, fosse stato vero, dopo ti sei negato tutto.”
“Vero, un punto per la Patstale… Ma ora non lo nego...” stavano continuando a guardarsi, da quando in qua era diventato così facile?
“Insomma Patstale, tu sei una gran rompicoglioni, e hai una bella lunga sfilza di difetti, sul serio, ma sei l’unica donna che riesca a stimolarmi nel mettermi in gioco, nello studio, nel rafforzare il mio carattere e soprattutto nell’avere la convinzione di sapere che strada prendere quando … mi sento perso … Mi piaci Patstale.”
“… Anche tu mi piaci … maledetto Footer!”
… Non era la prima volta che le loro bocche s’incontravano, ma pareva come se lo fosse perché ogni bacio è diverso da un altro, è per questo che i baci sono tanto belli, perché è come scoprire sempre segreti nascosti, un pezzetto di morbida e soffice lingua, un incavo, finanche un’imperfezione delle labbra; i baci sono infiniti proprio per la semplicità con la quale se li scambiano gli amanti per scoprirne sempre un sapore migliore; sono come il cioccolato più prelibato, il caramello sempre più raffinato, sono una marea di dolcezza senza calorie, verrebbe da dire, un mondo perfetto.  Già!



 

Leggimi:

Facebookblogger

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: medea nc