Capitolo 4
Kaoru
continuava ad alternare lo sguardo tra l’orologio e la
strada, torturando il
manico del borsone che teneva in mano. Istintivamente i suoi occhi si
alzarono
a guardare le finestre della sua casa, illuminate dal rosso del sole
che
tramontava. Non riusciva a credere a quello che era successo poche ore
prima.
Si sentiva in colpa: perché non era riuscita a sostenere
Mai, perché non era
riuscita a convincerla a restare. Quanta fatica aveva fatto la ragazza
per
convincere i genitori a non chiamare la polizia! Le aveva fatto davvero
male
vedere il dolore di Mai prima e quello
dei suoi genitori dopo.
Fortunatamente
lei era convinta di sapere dove poteva essere andata Mai:
nell’unico posto dove
sapeva di avere qualcuno su cui contare. A quel pensiero
provò una stretta al
cuore: non era riuscita a dare alla sorellina il sostegno necessario,
costringendola a trovare altrove il supporto di cui aveva bisogno. E di
quello
si incolpava.
In quel
momento, il rumore di una moto attirò la sua attenzione.
Quando si voltò, il
ragazzo che era in sella al mezzo si fermò vicino al
marciapiede, davanti a
lei. Un attimo dopo scese e tolse il casco, lasciando liberi i capelli
biondi.
Kaoru si gettò tra le sue braccia: lei era sempre stata una
ragazza che voleva
contare solo sulle sue forze, ma tutto quello che stava succedendo era
troppo.
Per fortuna non era sola. I due ragazzi rimasero abbracciati per lunghi
istanti.
“Kaoru,
come
stai?”
Kaoru si
staccò
dal ragazzo sospirando. “Andrew… grazie per essere
venuto. Avrò rovinato
l’uscita con i tuoi amici…”
Il ragazzo
sorrise e scosse la testa. “Non serve che mi ringrazi. E i
miei amici possono
aspettare. Sarei venuto anche se tu non fossi la mia ragazza.”
Kaoru sorrise:
quando era con Andrew riusciva sempre ad essere più serena.
Forse perché
affrontare le cose insieme era più facile.
“Mai…”
Andrew
sospirò.
“Allora non serve che mi racconti. È successo
anche da noi.”
Kaoru
sgranò gli
occhi. “Anche Clarky?”
Andrew
annuì e
le passò il casco che Kaoru iniziò ad indossare.
Poi rimise in testa il suo e
si sedette sulla moto, seguito da Kaoru che strinse le braccia attorno
al suo
busto. Andrew premette il pedale dell’accelerazione.
“Possono
essere
andati solo in un posto.”
Kaoru
annuì,
mentre Andrew cominciava a guidare la moto tra le macchine delle strade
di
Tokyo.
“Lo
pensavo
anche io.”
Non ebbero
bisogno di dirsi altro. Sapevano benissimo entrambi che c’era
un unico posto
dove potevano essere andati: il luogo dove, da quasi un anno,
organizzavano le
loro “riunioni”. E dove lo stesso Andrew era andato
a prendere qualche volta
Clarky.
Arrivati a
destinazione, i due ragazzi non persero tempo. Andrew
parcheggiò la moto e a
passi rapidi i due raggiunsero l’entrata del condominio.
Mentre erano
sull’ascensore i due si guardarono rassegnati. Kaoru
parlò per prima. La sua
voce fatica a mascherare la rassegnazione.
“Non
ci daranno
mai ascolto.”
Andrew
annuì. “Già…
l’importante adesso è sapere che sono qui e stanno
bene. Anche le nostre
famiglie saranno più sicure sapendo che noi li teniamo
d’occhio.”
Kaoru
annuì
lentamente posandosi alla parete dell’ascensore e fissando la
lucetta che si
spostava sui vari pulsanti dei piani.
“Vorrei
solo
che tutto questo non stesse succedendo veramente…”
Nessuno dei
due
aggiunse altro. Non avevano mai provato, in tutta la loro vita, un
senso di
impotenza così forte. Quello che stava succedendo stava
sfuggendo dalle loro
mani e la consapevolezza di non potere aiutare veramente i fratelli li
schiacciava.
Pochi istanti
dopo raggiunsero finalmente il quarto piano. Arrivati di fronte alla
porta si
fermarono incerti sul da farsi. Da dentro l’appartamento si
sentivano rumori di
voci e di oggetti spostati. Alla fine fu Andrew a prendere
l’iniziativa e bussò
un paio di volte con decisione. Poi arretrò e strinse una
mano di Kaoru che
continuava a stringere il manico del borsone. I rumori
dall’altra parte si
attenuarono. Pochi istanti dopo la porta venne aperta e Kaoru e Andrew
videro
apparire davanti a loro Yuuki.
I due ragazzi
non sapevano bene come iniziare a parlare. Yuuki, però, non
chiese loro niente
e sembrò capire benissimo il motivo per cui erano venuti.
Infatti, tornò
indietro senza dire una parola e si sporse nel salotto dove
c’erano gli altri.
“Mai,
Clarky.
Venite.”
I due Maestri
della Luce si alzarono guardandosi leggermente perplessi, cominciando
forse ad
intuire il motivo per cui Yuuki aveva chiamato loro due. Il Guerriero
Bianco,
però, non diede risposta ai loro sguardi interrogativi e,
dopo che erano usciti
dalla stanza ed andati nel corridoio, entrò nel salotto.
Mai e Clarky
raggiunsero la porta d’entrata e, durante il tragitto,
l’espressione sul loro
volto divenne sempre più dura. Mai si fermò sulla
soglia e incrociò le braccia.
“Che
cosa siete
venuti a fare? Se è per convincerci a tornare, avete fatto
strada a vuoto.”
Mai
finì appena
di parlare che si ritrovò stretta tra le braccia di Kaoru
che aveva lasciato
cadere il borsone. Gli occhi della maggiore erano lucidi.
“Sono
così
contenta che tu stia bene, Mai. Quando sei uscita di casa di corsa, ho
temuto
che ti potesse succedere qualcosa.”
Il Guerriero
Viola deglutì lentamente e, dopo un attimo di esitazione,
ricambiò l’abbracciò
della sorella chiudendo gli occhi per non piangere.
“Scusami,
Kaoru…”
La maggiore si
staccò dalla sorella sorridendo e scuotendo la testa.
“No,
siamo noi
che dobbiamo chiedere scusa a voi. Scusarci perché non siamo
in grado di starvi
vicino come dovremmo.”
Andrew
annuì
sospirando. “Kaoru ha ragione…”
Clarky
sorrise.
“Non dovete dire così. Sappiamo che voi non potete
fare più di quello che già
fate per noi. Noi non vi diamo la colpa. È la nostra
battaglia e se c’è da dare
la colpa a qualcuno, è di chi si lascia
abbindolare.”
Kaoru
sospirò e
raccolse il borsone porgendolo a Mai.
“Immaginavo
non
saresti voluta tornare… ho cercato di metterci dentro tutto
lo stretto
necessario.”
Mai prese la
borsa dalle mani della sorella sorridendo. “Grazie.”
Per lunghi
istanti, tra i quattro calò il silenzio. Poi fu Andrew a
parlare di nuovo.
“Che
cosa
pensate di fare adesso?”
Clarky e Mai
si
guardarono incerti su cosa dire. Nonostante la decisione di tutti di
andarsene
di casa per poter restare insieme a combattere, si rendevano benissimo
conto di
trovarsi su un filo appeso sopra un baratro. Mai fu la prima a voltarsi
e
guardare decisa la sorella.
“Combattere.
Per la verità. Per Gran RoRo.”
Cercò
di essere
convinta mentre parlava, anche se dentro sentiva una fiducia sulla
riuscita
della loro battaglia molto minore della metà di quella che
cercava di
dimostrare. Kaoru la guardò per qualche istante prima di
sospirare.
“Cercherò
di
parlare con mamma e papà. Tenterò di convincerli
a farti stare per un po’ qui…
forse farà bene a tutti. Ma ti prego, Mai… non
cacciarti nei guai.”
Mai sorrise e
annuì. “Ci proverò.”
Andrew
posò una
mano sulla spalla di Clarky.
“E
sappiate
che, per qualsiasi cosa, potete contare su di noi. Questo non
scordatevelo
mai.”
Clarky sorrise
e i due ragazzi si abbracciarono. “Grazie, Andy. La cosa
più importante che
potete fare per noi è crederci.”
Il maggiore lo
colpì con una pacca sulla testa. “Ma quante volte
te lo devo ripetere che non
mi piace quel nomignolo?”
I due risero.
Kaoru
sorrise e si voltò verso Mai.
“Noi
vi
crediamo…”
Mai sorrise.
“Lo sappiamo.”
Poi, dopo che
le
due ragazze si erano abbracciate ancora una volta, Kaoru e Andrew
arretrarono
di qualche passo. Il ragazzo guardò i due Maestri della Luce
con fermezza.
“Ora
dobbiamo
andare… ricordatevi di chiamarci, altrimenti ti riporto a
casa di peso Clarky.
Chiaro?”
Clarky
annuì. I
quattro si salutarono ancora per qualche istante. Poi Andrew e Kaoru si
allontanarono verso l’ascensore e, prima di entravi, li
salutarono con la mano
con espressione triste.
Quando le
porte
dell’ascensore si chiusero, Clarky e Mai rientrarono con la
stessa espressione
abbattuta. Poi lentamente raggiunsero gli altri in salotto. Vedendoli
rientrare, Dan alzò lo sguardo.
“Erano
i vostri
fratelli?”
Mai
annuì
posando il borsone accanto il divano e tornandovi a sedere a gambe
incrociate.
La ragazza, prima di riprendere a parlare, prese uno dei cuscini e lo
strinse
tra le braccia posandovi il viso.
“Kaoru
mi ha
portato la borsa con lo stretto necessario… volevano
controllare che stessimo
bene.”
Clarky
tornò a
posarsi al bracciolo della poltrona. “Ci hanno detto di non
cacciarci nei guai
e che avrebbero cercato di parlare con le nostre famiglie.”
In quel
momento, Yuuki rientrò nella stanza portando una pila di
coperte e cuscini che
posò sul divano accanto a Mai.
“Auguratevi
soltanto che non mi arrestino per sequestro di
minori…”
Gli altri
sorrisero alla finta minaccia delle parole di Yuuki. In effetti il
clima stava
diventando leggermente pesante. Dan sorrise.
“Vedrai
che non
succederà…”
Mai
annuì. “E
al massimo diciamo che ti abbiamo obbligato minacciandoti.”
Yuuki li
guardò
poco convinto. “Dubito vi crederebbero…”
Kenzo
tornò a
rialzarsi dallo schienale della poltrona in cui era sprofondato.
“Dai,
riprendiamo al discorso di prima… riepiloghiamo. Quindi noi
dormiamo qui sistemandoci
come possibile e Mai sta in camera da letto.”
A quel punto,
la ragazza tornò a voltarsi verso Yuuki.
“Yuuki,
te lo
ripeto… non è necessario. Dopotutto questa
è casa tua…”
Yuuki in tutta
risposta le porse una chiave. “Appunto. Quindi decido io. Tu
sei l’unica
ragazza e quindi vai in camera da letto. Questa è la
chiave.”
Mai a quel
puntò si rassegnò e prese la chiave sorridendo.
“Grazie.”
Prima che
qualcun altro dicesse qualcosa, Dan li guardò sorridendo.
“Che
ne dite se
ora prepariamo qualcosa da mangiare? Io comincio ad avere un
po’ di fame.”
Mai lo
fulminò
con lo sguardo. “Dan pensi solo a mangiare!”
Gli altri
risero e alla fine fu Hideto, che era rimasto per tutto quel tempo in
silenzio,
a parlare.
“Potremmo
ordinare delle pizze…”
Clarky
annuì.
“Ottima idea. Vado ad ordinare. Che gusti volete?”
Mai si
alzò e
prese il borsone. “Allora finché arrivano, io vado
a sistemarmi.”
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Era ancora
presto. Fuori dalle finestre il cielo si stava schiarendo rivelando
l’alba imminente.
Lentamente i primi raggi di sole iniziarono ad illuminare la facciata
dell’edificio, filtrando tra le tende e i vetri delle
finestre. Un raggio di
sole raggiunse il bordo del divano su cui Dan, Clarky e Hideto stavano
dormendo
seduti. Pian piano si spostò, arrivando ad illuminare i
capelli rossi e il viso
del ragazzo. Il Guerriero Rosso si mosse del sonno, infastidito dalla
luce che
lo colpiva sugli occhi, e mosse una mano nel vano tentativo di
scacciare la
fonte del fastidio.
Nello stesso
tempo, nel corridoio risuonarono il rumore di passi leggeri. Pochi
istanti
dopo, Mai si sporse nel salotto e verificò che tutti
stessero ancora dormendo.
Poi, la ragazza si diresse verso il bagno cercando di chiudersi dietro
la porta
cercando di non fare rumore. Impresa piuttosto difficile, dato che
Yuuki gli
aveva avvisati che la serratura era leggermente scassata e bisognava
usare un
po’ di forza per fare in modo che la chiave scattasse
veramente. In caso
contrario la porta, anche se apparentemente chiusa, si poteva aprire
spingendo
con un po’ di decisione la maniglia. Mai, pregando in tutti i
modi che non
facesse rumore, tentò un paio di volte fino a quando la
porta sembrò finalmente
scattare. A quel punto, la ragazza posò spazzolino,
dentifricio e spazzola sul
bordo del lavandino e si guardò allo specchio.
Anche quella
notte aveva fatto fatica ad addormentarsi. Ogni volta che chiudeva gli
occhi
aveva l’impressione che ci fosse qualcuno che la osservava,
qualcuno che di
nascosto rideva e si prendeva gioco di lei. E non poteva far altro che
aprire
gli occhi di scatto. Mai sospirò e fissò
l’immagine che lo specchio le
rifletteva.
Vedeva una
ragazza spaventata. Quella non era più lei, non si
riconosceva più. Con gli
altri fingeva, cercava di mostrarsi forte… e invece non si
era mai sentita più
fragile di come si sentiva in quel momento. Per quanto sarebbe riuscita
ad
andare avanti? Per quanto avrebbe resistito? Ore? Giorni? Anni? Mai
abbassò lo
sguardo e faticò a reprimere le lacrime. Quelle poche
settimane l’avevano spezzata.
E presto, come un vaso incrinata, sarebbe andata in pezzi.
Aveva
così
tanta paura. Una paura che neppure a Gran RoRo aveva mai provato:
lì almeno
aveva potuto combattere. Ora, invece, le sembrava di star solo
aspettando:
aspettando di venir spazzata via. Riusciva a resistere solo
perché c’erano i
suoi amici, perché c’era Dan… ma temeva
che neanche quello, presto, non sarebbe
bastato.
Mai
allungò la
mano e aprì il rubinetto. Riempitasi le mani
d’acqua, le passò sulla faccia
mentre un solo pensiero le vorticava nella mente: il Guerriero Viola
stava
scomparendo.
Contemporaneamente,
nel salotto, Dan, dopo aver sbuffato, tentò inutilmente di
spostarsi e sfuggire
al fastidio della luce.
“Mamma…
è
presto… ancora cinque minuti…”
Il raggio di
sole non poteva, però, certo ascoltarlo. E così
Dan, qualche secondo dopo, aprì
lentamente le palpebre. Recuperate sufficienti capacità
mentali, il ragazzo
faticò qualche istante a capire dove fosse e
perché non si trovasse nel suo
letto. Poi, il suo sguardo cadde su Kenzo e Yuuki che dormivano sulle
due
poltrone e su Clarky che dormiva accanto a lui. Finalmente tutti gli
avvenimenti del giorno prima gli tornarono in mente. Sbadigliando, Dan
si tirò
su rimpiangendo un po’ la comodità del letto: Mai
era proprio fortunata.
Poi, ancora
insonnolito e con gli occhi che tentavano ancora di chiudersi, il
ragazzo si
avviò verso il bagno strascicando i piedi. Arrivato
lì, stropicciandosi gli
occhi con una mano e sbadigliando per l’ennesima volta, Dan
afferrò la maniglia
e cercò di aprire la porta. Fallendo nel primo tentativo,
Dan usò un po’ d più
forza riuscendo finalmente ad avere la meglio sulla maniglia…
Un secondo
dopo, un grido, che probabilmente riuscì a svegliare non
soltanto tutto il
condominio ma anche quelli vicini, si alzò ben sopra la
soglia di decibel sopportabili
dall’orecchio umano.
In pochi
istanti, Dan, bruscamente scosso dal suo stato di dormiveglia, si vide
arrivare
addosso un barattolo di shampoo. Il ragazzo fece appena in tempo a
sgranare gli
occhi che si ritrovò colpito sulla fronte. Per la sorpresa
arretrò di qualche
passo inciampando e ritrovandosi seduto per terra.
Nella stanza
accanto, invece, l’urlo ebbe altre conseguenze. Il grido,
infatti, fece
svegliare di colpo gli altri quattro ragazzi: Clarky, che quando Dan si
era
alzato si era semi disteso posandosi al bracciolo,
capitombolò a terra con un
grido di sorpresa; Kenzo aveva sgranato gli occhi e aveva gridato
terrorizzato
“Che cosa sta succedendo?”; Hideto si era riscosso
guardandosi attorno confuso
e iniziando a fare domande a raffica “Chi? Cosa? Dove?
Quando?”; Yuuki, invece,
si era alzato di scatto cercando di capire che cosa stava succedendo.
Quando Dan
alzò
lo sguardo confuso e stupito, vide nel vano della porta Mai. La ragazza
lo
fissava come se volesse fulminarlo con lo sguardo: faceva
più paura di uno dei
suoi Spirits e ci si aspettava quasi che i suoi capelli diventassero
simili a
serpenti, come una moderna Medusa. Se l’avessero potuta
vedere, anche tutti i
suoi Signori Infernali si sarebbero nascosti per la paura.
“BASHIN,
RINGRAZIA
CHE ERO IN PIGIAMA!!!!!!”
Dopo avergli
sbraitato
contro quella che ha tutti gli effetti era una minaccia, la ragazza
richiuse la
porta con tutta la forza che aveva facendola sbattere sui cardini e
fece
scattare la serratura.
“Stramaledettissima
porta!!!!”
Dan, allo
stesso tempo, continuava a fissare la porta sbattendo le palpebre,
senza
riuscire ancora a capire bene che cosa era successo. Qualche istante
dopo,
cominciò a sentire un po’ di dolore sulla fronte
e, passandovisi sopra le dita,
si accorse che stava spuntando un bernoccolo. Appunto mentale: doveva
decisamente migliorare i riflessi.
“Ma
si può
sapere che cosa è successo?”
Il Guerriero
Rosso si voltò verso chi parlava e si ritrovò
davanti Clarky, Hideto, Kenzo e
Yuuki. I quattro lo guardavano in attesa di qualche spiegazione. Dan li
fissò
per qualche istante senza aprire bocca.
“Io
volevo
andare in bagno… la porta si è
aperta…”
Nello stesso
momento, da dietro la suddetta porta, si alzò la voce
arrabbiata di Mai.
“È
difettosa!
Uno però può bussare!”
Dan si
voltò
verso la porta balbettando. “Ma io…”
Clarky
sospirò
esasperato, voltandosi verso il divano e lasciandovisi cadere sopra. La
voce
del Guerriero Giallo era lamentosa.
“Abbiate
pietà!
È ancora presto… io ho sonno!”
Kenzo e Hideto
si guardarono mezzi assonati, mentre Dan si rialzava continuando a
massaggiarsi
la fronte. Yuuki, invece, si voltò andando verso la cucina.
“Io
vado a
farmi un caffè…”
Era
ufficialmente
iniziata la convivenza dei Maestri della Luce. E, mentre Hideto, Kenzo
e Dan
tornavano il salotto, Mai, seduta con la schiena posata alla porta
sorrideva:
per fortuna c’era Dan che l’aiutava a far uscire il
Guerriero Viola che era in
lei.
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Hideto
sospirò,
posato con le braccia allo schienale della sedia. Alla televisione
stavano
trasmettendo le solite notizie. Le stesse notizie che continuavano a
riempire i
giornali, come avevano constatato anche quel giorno. La pila di
giornali
buttata in un angolo del divano sembrava volerglielo ricordare.
Avevano appena
finito di pranzare e avevano così ripreso i discorsi
iniziati prima. Come sempre,
Dan insieme a Yuuki cercava di spronare e motivare gli altri, di
trovare un
nuovo modo per far sentire la loro verità. Mai cercava di
mostrarsi determinata
e concordava con gli altri due. Ma tanto aveva capito che anche lei
stava cominciando
a vacillare… non aveva più lo sguardo dei primi
tempi. E anche Clarky e Kenzo
faticavano ogni giorno di più a resistere a tutto quello che
stava succedendo.
Hideto
sospirò,
posando il volto sulle braccia. Era inutile. Anche stando tutti
insieme, in
quelle settimane non era cambiato nulla. Era quasi passato un mese, ma
non
avevano fatto nessun progresso.
Forse neanche
lo stare tutti insieme serviva. Prima almeno, potevano affrontare i
propri
genitori, scontrandosi con loro riuscivano a sentirsi determinati,
combattivi…
ora, invece, non facevano altro che riflettersi l’uno
nell’altro. Era terribile.
Sembravano dei naufraghi su una nave che sarebbe affondata, anche se
cercavano
di non pensarci. Solo Dan e Yuuki sembravano non aver perso la
determinazione
e, anzi, le difficoltà sembravano averli rafforzati. Li
invidiava:.
Lui, invece,
si
sentiva sempre più fiaccato: il riflesso del fallimento. In
quelle settimane,
ogni volta che loro avevano tentato di far sentire la loro voce, gli
attacchi
si erano fatti più forti. Qualcuno addirittura aveva
minacciato di trascinarli
in tribunale…
E gli attacchi
continuavano, contro di loro, contro Gran RoRo… a favore del
progetto del Re
del Mondo Altrove che loro avevano
bloccato. Non ne poteva proprio più. E non riusciva
più a sentire nulla mentre
lottava al fianco degli altri. Lo faceva solo perché sapeva
che doveva farlo. Ma
ormai la determinazione si era spenta, soffocata dalle bugie e dai
fallimenti.
Dopotutto a
cosa serviva? Uscivano nelle strade e venivano guardati e indicati come
criminali, nel peggiore dei casi derisi. E sentiva la bruttissima
sensazione di
essere un burattino, come se stesse facendo quello che altri
volevano… come
quella volta che avevano combattute alle Scale dell’Orizzonte
e poi scoprire
che avevano fatto il gioco del Re del Mondo Altrove.
“Hideto,
ci
sei?”
La voce di Dan
lo riportò alla realtà. Guardò gli
altri per qualche istante e poi abbozzò un
sorriso.
“Scusate,
mi
sono distratto un attimo… continuiamo pure.”
Dan riprese a
parlare. E Hideto a pensare. Gli sembrava che, ormai, un vetro
trasparente lo
dividesse dagli altri. Era come essere chiusi in una
prigione… voleva scappare.
Doveva scappare. Sì, quella era l’unica
possibilità. Doveva andarsene e trovare
qualcuno che finalmente lo volesse ascoltare, qualcuno che finalmente
lo
lasciasse parlare. Hideto, per un attimo, ebbe quasi paura di quella
decisione…
il ragazzo che si chiudeva nei bagni voleva veramente lasciare tutti e
tutto? Sì.
Perché non era più quel ragazzo. Ma non era
più neanche il Guerriero Blu… era
per quello che doveva fuggire e partire. Per ritrovare sé
stesso.
Hideto
alzò lo
sguardo e fissò i suoi amici. E, nel farlo, ebbe una
stranissima sensazione:
gli sembrava già di guardali da lontano, come se
già se ne fosse andato. E forse
era così… Tokyo non era più il suo
posto. Era nel mondo che doveva cercare un
nuovo posto per lui, un nuovo posto per il Guerriero Blu.
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Hideto
aprì gli
occhi. Gli altri stavano ancora tutti dormendo. Cercando di fare il
minor
rumore possibile, il Guerriero Blu si alzò dal divano e in
punta di piedi andò
a prendere il borsone delle sue cose. Fortunatamente, molte delle cose
erano
ancora là dentro perché
nell’appartamento non ci sarebbe stato spazio
sufficiente per tutti.
Lentamente il
ragazzo raccolse i pochi oggetti che ancora mancavano, tra cui i suoi
album, e
li mise insieme alle altre cose. Poi si vestì, sempre
tentando di essere il più
silenzioso possibile. Più di una volta, si
ritrovò a pensare che avrebbe
preferito che qualcuno si svegliasse e lo fermasse. Ma nessuno sembrava
averlo
sentito muoversi per la casa. E forse era meglio
così… ormai aveva preso la sua
decisione. Tokyo era diventata troppo soffocante, il Giappone era
diventato
troppo soffocante. Aveva bisogno di trovare un luogo dove nessuno lo
conoscesse, dove nessuno lo avrebbe usato come era successo in tutti
quei mesi.
Perché solo ora capiva veramente il motivo di tutto quello
che era successo
loro: qualcuno li aveva usati. Forse per pulirsi la coscienza, forse
per
proprio interesse… ma lui non ne poteva più. Era
arrivato il momento di andare
in cerca della sua strada, per ritrovare di nuovo la sua
determinazione… e
soprattutto per fuggire da tutto quello. Anche se significava dove
lasciare gli
altri senza una parola.
Hideto si mise
il borsone in spalla e si avviò verso la porta. Quando mise
la mano sulla
maniglia, si voltò ancora una volta. Dan, Clarky, Yuuki,
Kenzo… e Mai nell’altra
stanza. Quanto gli sarebbero mancati i suoi amici.
L’ottimismo e la
determinazione di Dan, il tono saccente di Kenzo, e tutti i pregi e
difetti di
quei fantastici amici che aveva conosciuto grazie a Gran RoRo, grazie a
Battle
Spirits. Hideto sorrise: chissà se un giorno lo avrebbero
perdonato. E chissà
quando li avrebbe rivisti…
Hideto si
voltò: doveva andare o non avrebbe più trovato il
coraggio per farlo. Il ragazzo
aprì la porta quel tanto che gli bastava per uscire e, prima
di chiudersela
alle spalle, posò un foglietto piegato in quattro sul mobile
vicino alla porta.
Poi, uscì.
Quando
sentì lo
scatto della serratura, Hideto ebbe quasi l’impressione che
un capitolo della
sua vita si fosse concluso. E forse era così. Il ragazzo si
voltò e osservò la
città di fronte a lui, illuminata dai raggi del sole appena
sorto. Il mondo non
gli era mai sembrato così grande… e lui non si
era mai sentito così piccolo.
Hideto scosse
la testa e inspirò profondamente. Non doveva arrendersi
già ora. E iniziò a
scendere le scale. I suoi passi risuonavano nel silenzio del palazzo.
Solo in
strada i rumori delle macchine e della città di fecero
più forti. Mentre percorreva
il marciapiede verso la fermata del bus, Hideto si impose di non
voltarsi. Alla
fine, però, quando stava per salire sull’autobus
quasi vuoto, il ragazzo si
voltò ancora una volta a fissare l’edificio dove
si trovavano i suoi amici.
Quando
individuò
le finestre dell’appartamento, sorrise tristemente.
“Arrivederci,
amici miei.”
Poi,
salì e le
porte vetrate si chiusero dietro di lui. L'autobus si
allontanò lungo la strada, scomparendo pochi istanti dopo.
Solo un paio
d’ore
dopo, quando si svegliarono, i Maestri della Luce si resero conto di
quello che
era successo. Inizialmente, non vedendo il Guerriero Blu, avevano
pensato che
fosse uscito a prendere una boccata d’aria e a fare quattro
passi. Poi, però,
si erano accorti che i suoi album non erano posati sul tavolino del
salottino,
che mancavano il suo spazzolino e che era scomparso anche il suo
borsone.
Di fronte a
quell’evidenza, i cinque ragazzi si guardarono senza capire,
senza essere più
in grado di muovere un muscolo. Clarky si sedette scioccato sul divano.
“Non
può essere
vero…”
Dan scosse la
testa guardando gli altri con decisione.
“Clarky
ha
ragione. Non posso credere che Hideto se ne sia andato. Sono certo che
c’è una
spiegazione…”
Kenzo
annuì,
guardando gli altri speranzoso. “Forse è solo
tornato a casa…”
Yuuki scosse
la
testa. “Non se ne sarebbe andato via di nascosto, senza dirci
nulla.”
Yuuki aveva
ragione. Ma allora quale poteva essere il motivo? Dan, però,
non voleva
arrendersi.
“Beh,
allora
andiamo a cercarlo… non sarà andato lontano.
Può capitare ha tutti un momento
di difficoltà. Forza, andiamo!”
Il Guerriero
Rosso si avviò verso la porta e l’aprì.
Prima, però, che potesse uscire la voce
di Mai lo fermò.
“Dan,
aspetta…”
Il ragazzo e
anche gli altri si voltarono verso di lei. Mai, lentamente, si
avvicinò al
mobile accanto alla porta e prese in mano un foglietto di carta.
Lentamente lo
aprì. Tutti gli altri trattennero il fiato per la tensione.
Gli occhi ametista
di Mai scorsero velocemente le poche righe vergate sul pezzetto di
carta. E, ogni
parola che leggeva, i suoi occhi si sgranavano di più.
“Mi
dispiace non
avervi detto niente, ma era l’unico modo affinché
voi non cercaste di fermarmi.
In queste settimane ho cercato di combattere con voi per la
verità di Gran RoRo…
e mi sono reso conto di non riuscirci più con la
determinazione di un tempo.
Per questo ho
preso questa decisione: partire. Perché ho bisogno di
ripartire da zero, perché
ho bisogno di ritrovare me stesso.
Spero che mi
possiate capire e per favore non venitemi a cercare. Starò
bene.
Vi auguro
buona
fortuna. Hideto.”
Mai
alzò lo
sguardo e incrociò quello degli altri. La ragazza rimase
muta per lunghi secondi,
mentre gli altri erano in trepidante attesa. Un silenzio irreale
regnava nell’appartamento,
mentre sembravano lontanissimi i rumori della città. Quando
iniziò a parlare,
la voce le tremava e gli occhi le si inumidirono leggermente.
“Hideto…
è
andato via…”
Salve a tutti!
^-^ Sono di nuovo qui… e
non sapete quanto sia contenta nel dirlo: mi mancava così
tanto scrivere su
Battle Spirits! Però finalmente, dopo quasi due mesi, questo
nuovo capitolo è
concluso.
Come annunciato, abbiamo salutato il nostro Guerriero Blu… e
perdonatemi se non
sono andata troppo nei dettagli su come faccia Hideto a lasciare il
Giappone: c’ho
provato, ma non sono riuscita a trovare niente di plausibile per
giustificare
che un ragazzo di quattrodici anni riesca a lasciare un paese da solo!
O.O
Forse come clandestino… boh, ma in ogni caso non era quella
la parte che mi
interessava: ho preferito di gran lunga dedicarmi alle motivazioni che
lo
portano a lasciare gli altri.
E a proposito di
abbandoni… questo è
solo l’inizio. Infatti, nel PROSSIMO CAPITOLO:
arriverà il momento di
salutare anche Mai, Clarky e Kenzo che non riusciranno più a
proseguire la
battaglia. E sarà proprio così che si
concluderà questa Seconda Parte del
Prequel e con la Terza Parte vedremo la battaglia solitaria di Dan e
Yuuki, che
cosa succederà e come i nostri eroi verranno chiamati nel
futuro… ci
ricollegheremo a Brave. E poi… finalmente la nostra
avventura avrà inizio! ^-^
Prometto che cercò di scrivere il più velocemente
possibile la Terza Parte (ho
già un sacco d’idee… non so
perché, ma sono molto ispirata quando descrivo il
travaglio dei nostri eroi… U.U tralasciamo…)
E
ora… ovviamente i ringraziamenti:
Per le
preferite: chicca12lovestory,
Lacus Clyne e
ShawnSpenstar
Per le seguite: martinacaboni,
Osaki Kitsune e Reb e
Ju
Per le
recensioni del capitolo 1: chicca12lovestory,
Lacus Clyne,
martinacaboni, Osaki Kitsune e
ShawnSpenstar
Vi ringrazio di
cuore! ^-^ E ovviamente
grazie anche a tutti quelli che solo leggono.
Non so se riuscirò a dare di nuovo un giorno fisso per gli
aggiornamenti, sono
in una fase di riassestamento e ho bisogno di un po’ di tempo
per riprendere
mano… quindi è probabile che
aggiornerò ogni volta che finirò un capitolo.
Concludo con un piccolo AVVISO: chi non lo avesse
ancora notato, ho
iniziato una raccolta dei momenti che nelle serie di Battle Spirits
hanno
tralasciato o solo accennato. Se vi va, dateci un’occhiata.
^-^
Ok, ora vi
saluto. Grazie ancora e a
presto. Hikari
P.S. non sono riuscita a
rileggere… se
ci sono degli errori, ditemi che così li correggo! ^-^