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Autore: Narsyl    26/06/2008    3 recensioni
Camminava fra la gente e tutti si voltavano; starle accanto era come portare una freccia contornata da lucette psichedeliche con su la scritta “ Sono un Ragazzo Fortunato”, non importa chi eri, che facevi, dove andavi, tutto spariva accecato dalla luce irradiata dal suo sorriso, dalla sua pelle mulatta, dai suoi capelli, e ad un tratto la gente ti trovava assolutamente adorabile. Non come lei, certo. Ma comunque adorabile.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stava steso su un oceano rosso di tegole, scricchiolanti sotto il suo peso, reduci da un’ardente domenica di passioni con i raggi del sole. Erano calde e fragranti come pane appena sfornato e mandavano un odore penetrante di argilla. Il sole ormai stanco di sedurle, se ne stava accovacciato all’orizzonte, assonnato, e tutto era in quiete, come solitamente accade in questi bei momenti al tramonto; se così non fosse, non sarebbero poi così belli, i momenti, e nessuno si prenderebbe la briga di descriverli. Non è divertente né piacevole descrivere momenti imperfetti. Quelli in cui c’è la stonatura che rende il tutto troppo grottesco, e allora ci si chiede “ Ma vale la pena di parlare di questo?” E la risposta è sempre no. I bei momenti, quelli veri, sono perfetti a prescindere dalla loro dose di felicità o da tutte le altre componenti: la perfezione sta nell’aria. Lì c’era, nell’argilla. Profumo di perfezione.
E se ne stava lì a godersi il silenzio e il profumo, e gli capitava che qualche aura di pensiero gli solleticasse un po’ l’orecchio sinistro, come una specie di sussurro; aveva la voce leggera e suadente di Maria. Oh, la cara Maria, colei che lo aveva svezzato al mondo, che era entrata attraverso la porta della sua fanciullezza senza bussare, l’aveva guardato dritto negli occhi e aveva detto: “Davanti a te c’è una donna. Basta giocare con i soldatini” strappandolo forse prematuramente alla sua dolce vita di giochi e sciocchezze,trascinandolo nel famigerato mondo reale , seducendolo con la promessa di grande felicità, grande libertà, grandi esperienze, grande tutto.
Infondo, diventare grandi dovrà significare pur qualcosa. Dovrà avere qualcosa a che fare con la grandezza.
E lei, con la grandezza, c’aveva proprio tutto a che fare.
E dopo anni, quando ormai il fascino del toccare seni, del bere birra e del tornare tardi la sera era un po’ sbiadito, quando tutta quella che un tempo era grandezza cominciava a stargli un po’ stretta, la risentiva dentro, in tutta la sua minuta bellezza, con le sue acconciature stravaganti, gli occhi color caffé, l’espressione malandrina, le minigonne, le labbra che sapevano sempre di buono, e le dita impregnate dell’acre odore di sigarette, o qualcos’altro ancora, le sue frasi celebri scopiazzate segretamente da un vecchio film che nessuno aveva mai visto a parte lei, la sua stravaganza eppure la sua popolarità. Camminava fra la gente e tutti si voltavano; starle accanto era come portare una freccia contornata da lucette psichedeliche con su la scritta “ Sono un Ragazzo Fortunato”, non importa chi eri, che facevi, dove andavi, tutto spariva accecato dalla luce irradiata dal suo sorriso, dalla sua pelle mulatta, dai suoi capelli, e ad un tratto la gente ti trovava assolutamente adorabile. Non come lei, certo. Ma comunque adorabile.
Si chiese se lui era mai stato Maria per qualcuna delle sue giovinette: gli arrivarono nella mente una dopo l’altra come dei piccoli flash, e ad un tratto la sua risata sfondò la quiete e il bel momento; che strano il destino, si trovò a pensare, che inverte ruoli, che si diverte a far librare in aria elegantemente le vite e le esistenze, e le mischia insieme a caso, come quando si gioca a tombola, tanti numeri tutti insieme e una mano che gira gira gira e chissà quale numero uscirà adesso, come tante gocce di pioggia che si incontrano nella discesa e s’innamorano e si fondono in un lungo bacio eterno e si separano all’arrivo, una volta per sempre.
Rideva forte James, forse per non sentire la voce fantasma che lo tormentava: quel momento perfetto richiedeva una protagonista perfetta ed ella c’era, aggrappata al suo ricordo, oro sciolto e incrostato perennemente alle pareti dei suoi polmoni, e non c’era proprio verso di mandarla via, impregnava ogni suo respiro con il suo odore di buono che mai lo abbandonava, deliziosa condanna.
Si chiese quando mai avrebbe smesso il destino di giocare con lui come uno dei suoi soldatini d’amore.
  
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