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Autore: spencer_    05/03/2014    3 recensioni
STORIA SCRITTA DA UNA NOSTRA AMICA DI CONSEGUENZA NON NOSTRA
Grazie alla sua grande cultura, sembra un uomo maturo e di grande esperienza, ma molti dei suoi comportamenti ricordano quelli di un adolescente cresciuto troppo in fretta. Ne aveva avuta l’assoluta certezza quando – ad un’uscita tra amici – invece di stringere la mano a chi la porgeva, salutava amichevolmente.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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E poi ci sono i pancakes.

 
“Mi mancava parlare un po’ con te” disse. Sara la guardò con un dolce sorriso sulle labbra. Le mancava sua madre, le mancava la sua casa, ma aver avuto la possibilità di studiare all’NYU era la cosa più incredibile che le fosse potuta succedere.
“Anche a me è mancato – rispose – sto studiando molto”.
“Mi fa piacere tesoro, lui come sta?”.
“Bene, ora è al lavoro – disse e guardò l’ora – ora devo finire di studiare, ti voglio bene mamma”.
“Ti voglio bene anch’io, ciao”. La videochiamata di Skype finì e lo schermo del computer si oscurò completamente. E fu così che Sara rimase sola. Solitamente quando finiva di studiare – come se avesse una sveglia – il telefono iniziava a squillare. E quel giorno lei non vedeva l’ora di sentire la sua voce.
Certo non era una cosa da tutti frequentare la NYU mentre il proprio ragazzo lavorava a chilometri di distanza, precisamente in Virginia, ma loro erano riusciti a trovare un accordo.
Non sapeva davvero spiegarsi come fosse iniziata tutta quella storia. Si era ritrovata tante volte a pensarlo e ancora non riusciva a credere di aver trovato un ragazzo incredibile come lui. Nemmeno una rivista di Focus era così informata come lui.
Era ancora al primo anno di università; la sua amica Shannon le aveva consigliato di seguire la conferenza di sociologia. All’inizio era molto indecisa; non voleva perdere  la lezione di psicologia. Eppure Shannon aveva tanto insistito che ci andasse, offrendosi di prendere gli appunti di psicologia per lei. Sara aveva alzato gli occhi al cielo e poi – sorridendo – aveva accettato.
E così si era ritrovata da sola, in mezzo a centinaia di studenti annoiati, ad ascoltare la sua prima conferenza universitaria. Il relatore non doveva avere molti più anni di lei, eppure sembrava un vero e proprio docente universitario con una grande capacità di esposizione.
Aveva ascoltato ogni singola parola che usciva dalla sua bocca, rimanendo ammaliata dalla sua voce. Era incantata dal suo gesticolare incessante mentre indicava parole scritte alla lavagna. Quando la conferenza si concluse, quasi le dispiacque doversene andare.
Appena finì di preparare lo zaino, si accorse di essere rimasta da sola all’interno dell’aula. La massa di studenti si era già volatilizzata nel nulla. Alzò gli occhi al cielo.
“Le è piaciuta?”. Sara si voltò verso la voce, ritrovandosi il relatore a pochi metri di distanza.
“Sì, è stata molto interessante – rispose – soprattutto per il mio corso”.
“Mi fa piacere – continuò l’uomo – penso sia stata l’unica a non annoiarsi”.
“Come fa a dirlo?” chiese con sincera curiosità. Era la prima volta che portava avanti così a lungo una conversazione con uno sconosciuto non sentendosi minimamente a disagio.
“Beh, è l’unica ad essersi trattenuta così a lungo”. Sara sorrise. Non poteva non notare quanto fosse un bell’uomo. I capelli sbarazzini, sembrava appena essersi alzato dal letto. Subito però era stata rapita dai grandi e caldi occhi color cioccolato. Un lieve accenno di barba sul mento e sopra le labbra rosee e sottili. Il suo volto si aprì in un sorriso e Sara non poté non pensare che avrebbe potuto sciogliere qualsiasi cosa.
Indossava una camicia bianca con le maniche arrotolate e uno smanicato nero di cotone. Abbinata la cravatta e dei pantaloni eleganti. Il tutto accompagnato da delle comodissime converse nere. Sara sorrise ancora una volta.
“C’è qualcosa che la fa ridere?”.
“Mi sorprendono le scarpe che indossa – rispose – la facevo un tipo elegante fino al midollo”.
L’uomo sorrise di nuovo e il cuore di Sara accelerò bruscamente, quasi volesse uscirle dal petto.
“Sono Spencer” disse, porgendole la mano.
E da quella frase era iniziata veramente la sua vita. Avevano cominciato ad uscire insieme, ritrovandosi per caso in qualche bar sempre in zona università. Aveva imparato molto di lui.
Nonostante avesse un QI di centottantasette non si era mai vantato con lei. In più – alla sua lista – andava aggiunta la memoria eidetica e la capacità di poter leggere ventimila parole al minuto.
Secondo lei, però aveva anche una mania ossessiva compulsiva di rimettere esattamente tutto in ordine e una capacità straordinaria di parlare incessantemente come se avesse ingoiato un’intera enciclopedia. La cosa che amava di più era il suo modo di fare; era sempre cortese con lei, anche dopo un’estenuante giornata di lavoro.
Grazie alla sua grande cultura, sembra un uomo maturo e di grande esperienza, ma molti dei suoi comportamenti ricordano quelli di un adolescente cresciuto troppo in fretta. Ne aveva avuta l’assoluta certezza quando – ad un’uscita tra amici – invece di stringere la mano a chi la porgeva, salutava amichevolmente.
Quando alzò gli occhi dal libro di psicologia, iniziò a preoccuparsi. Il telefono non stava squillando. Non mancava mai di chiamarla e – se succedeva – chiedeva a Penelope di contattarla per rassicurarla.
Adorava Penelope. Era la persona più dolce ed eccentrica che avesse mai conosciuto. Era così contenta di averla incontrata che a volte non poteva fare a meno di lei. Perché lei era sempre presente, sempre pronta ad offrire il proprio aiuto e supporto agli altri. Ma quello che adorava era il rapporto che c’era tra lei e Derek. Non aveva mai visto una coppia di amici più affiatata di loro.
Poi aveva conosciuto Emily e JJ. Non capiva come persone così intense e sincere fossero rimaste nascoste in quegli uffici per così tanto tempo prima che lei le incontrasse.
Per non parlare di David. Quell’uomo era incredibile. Le era piaciuta la sera in cui aveva invitato tutti i componenti della squadra a casa sua. Essendo entrambi di origine italiana, si erano messi insieme davanti ai fornelli per cucinare un’ottima pasta alla carbonara. Durante la serata si era scambiata dolci sguardi con Spencer e non poteva sentirsi più fortunata di così.
Aaron era l’uomo più serio e capace che avesse mai conosciuto. Lo rispettava fino al più piccolo nucleo contenuto nel suo corpo. Non era facile per lui condurre una vita come quella; una costante presenza al lavoro, ma anche nella vita di suo figlio. Dalla morte della moglie per mano di uno degli SI su cui stavano lavorando, Aaron era diventato ancora più vigile e più serio. Ma se lo si guardava fuori dalla sfera lavorativa, si vedeva un ottimo padre e un grand’uomo.
Si alzò dalla scrivania per andare in bagno a sciacquarsi il viso. Si stava preoccupando per niente. Spencer sapeva esattamente quello che faceva e poi era considerato il più piccolo e veniva protetto da tutti. Stavano insieme da due anni ormai, sapeva quali conseguenze comportava il suo lavoro. Respirò profondamente.
In casi come quello, l’unica cosa che la tranquillizzava era mettersi a cucinare. Per l’esattezza, cucinava pancake, il piatto preferito di lui.
“Sono convinto – le aveva detto una volta mentre erano seduti sul divano a leggere – che ogni volta che sentirai il bisogno di cucinare pancakes, io tornerò a casa”. Sara si era voltata leggermente verso di lui, tanto da poterlo guardare negli occhi. Si sorrisero e subito dopo le lasciò un bacio sulla tempia.
“Oh Reid” disse piano. Le piaceva il suo cognome e non perdeva mai tempo a chiamarlo così ogni volta che lo vedeva. Non avendo trovato soprannomi appropriati, si era volentieri accontentata.
Preparò la pastella, infarinandosi dalla testa ai piedi. Lasciò cuocere e dorare le dolci frittelle il tempo necessario e poi le posizionò sul tavolo aspettando che si raffreddassero leggermente.
Stava per togliersi la farina di dosso quando due lunghe braccia l’avvolsero all’altezza della vita. Si piegò leggermente in avanti permettendo al suo corpo di combaciare perfettamente a quello di lui. Il suo profumo di espanse per tutta la cucina.
“Mi sei mancato” disse in un sussurro. La fece voltare lentamente tra le sue braccia. Si sorrisero.
“Anche tu” rispose, prima che Sara passasse un dito sporco di farina sul suo naso, lasciandovi un punto bianco. Le baciò lievemente le labbra.
“Hai fatto i pancakes! – esclamò – ah, ti amo!”.
Rise e arrossì. “Ti amo anch’io”. Presero posto attorno al tavolo e cominciarono a magiare pancakes appena fatti, imbevuti di sciroppo d’acero. 



Geronimo!
ehm ciao a tutti! Sono nuova da queste parti e questa è la mia prima one shot, sono davvero emozionata.
Spero che vi piaccia! (Ringrazio feenomeniall per avermi aiutata a correggerla)
Ciao a tutti!
spencer_
   
 
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