Ho atteso come foglia, che l’autunno rosso invoca,
ma è l’inverno nero e freddo che mi lascia voce roca.
Occhi stanchi di guardare, da finestre disadorne.
Mani fredde perché stringon, mie speranze moribonde.
Con lo sguardo da bambina, l’ho veduta nella stanza.
E il suo fiato, quel sapore, dolcemente inebria il cuore.
Un sorriso di futuro, ma su me è morituro.
Le sue mani, tocco lieve, dolci e calde come miele.
Se mi spengo sul mio letto, tra le braccia la vorrei,
come venere preziosa, da protegger solo lei.
E comprendo che il destino spesso porta l’ironia,
dopo tanti anni persi, ecco ancora la mia via.
Ma poche gocce ancor di tempo, che mi restan da giocare,
e non voglio per un sogno, dentro me piantar dolore.
Il distacco dalla terra, in cui nasce questo amore,
sarà morte per radici, per le foglie e per il fiore.
La vedrò allontanarsi, inconsapevole di me.
La vedrò nel mondo perdersi, senza che vi sian “se”.
Se in un giorno a primavera io dovessi rincontrarla?
Avrà certo un cavaliere, a proteggerla ed amarla.