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Autore: Francine    07/03/2014    4 recensioni
A Saudade é arrumar o quarto
do filho que já morreu
(Chico Buarque, Pedaço de mim, 1977)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Taurus Aldebaran
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Quando piovono le stelle'
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Saudade
 




A Saudade é arrumar o quarto
do filho que já morreu 
(Chico Buarque, Pedaço de mim, 1977)
(«La Saudade è mettere in ordine la camera del figlio morto») 




Si dice che le persone comuni, quelle cui non riserviamo una seconda occhiata, siano quelle che hanno alle spalle i risvolti più interessanti. Che faranno? Dove andranno? Che penseranno? Ti chiedi mai, ad esempio, cosa faccia Aldebaran del Toro, quando non si trova tra le colonne di marmo accecante del Santuario di Athena? Se abbia una casa, una famiglia, dei legami dall’altra parte dell’Oceano Atlantico? Qualcuno che l’aspetti. Un posto da chiamare casa.

La risposta è sì, perché anche Aldebaran del Toro si allontana dalla Seconda Casa. A scadenze fisse. Puntuale come un orologio. Perché il cuore riesce a resistere fino ad un certo punto. Poi la saudade diventa una malinconia terribile, che avvelena l’animo e le belle giornate di sole sembrano grigie e spente. E le fronde degli ulivi cantano la più triste delle canzoni, di notte, quando la mente si scioglie dalle briglie del pensiero razionale, quello che ti distrae e ti spinge, ti costringe ad occuparti di altro, concentrandosi su azioni banali – respirare, camminare, bere, mangiare – piuttosto che prestare orecchio a quel richiamo struggente che ti spinge a partire col cuore gonfio del gabbiano che prende il mare.

Ha provato a spiegare la natura della sua malinconia, ma la saudade è la saudade, e cambia, di volta in volta, di momento in momento, come il sole o la pioggia, che anche se fatta di tante gocce d’acqua non è mai uguale a se stessa. La saudade è qualcosa che cresce, piano piano, stilla a stilla, fin quando diventa impossibile resisterle. È allora che lui parte. Per addolcirsi l’animo. E avvelenarsi coi ricordi. Perché non c’è più nessuno ad aspettarlo, a casa. Quella dove è nato e dove l’hanno chiamato Adriano. Quella da cui l’hanno strappato a cinque anni. Eppure torna, come una rondine che si ripresenta al proprio nido ogni primavera. Torna per ritrovare il suo passato in un’ombra, in una canzone che esce dalle finestre aperte, negli occhi gialli dei gatti che prendono il sole o camminano per le strade, di notte. La vita ha preteso i suoi anni migliori, lasciandogli nel cuore il ricordo delle braccia di Zuleika, il chiasso affamato d’allegria delle favelas e la ninnananna della pioggia sul tetto di lamiera.

Quando ritorna a casa, a salutare chi non c’è più o chi ha ottenuto quel corpo tanto bramato in cui essere felice lungo i viali la sera, Adriano risale per le stradine tortuose che si inerpicano tra case tenute insieme per scommessa, il profumo della feijolada e l’aroma dolce del cocco verde che lo avvolgono come la carezza affettuosa di una sorella minore. Risale fino in cima alla strada, dove i tetti sono di lamiera, ma le parabole spuntano rigogliose come i funghi nel bosco dopo una giornata di pioggia. C’è la luce accesa, da don João. E lui ha un sacchetto per i ragazzi che il sacerdote cerca di salvare dal degrado e dalla povertà, un sacchetto pieno di Açaì e papaya. E un ananas, grosso come la sua testa, con un bel ciuffo verde in cima. Faranno merenda assieme. Uno spuntino notturno sotto lo sguardo curioso della luna, che a Paraisópolis è così grande e gialla da sembrare un pezzo di formaggio nel cielo. Adriano si avvicina, guidato dalle voci dei ragazzi che ripetono la coniugazione dei verbi.
Cantarei, Cantaràs, Cantarà, Cantaremos, Cantareis
«Você Cantarão», conclude apparendo oltre la tendina di perlina colorate. I ragazzi  si voltano all’unisono, una piccola marea di cioccolato e caffè che lo fissa allarmata, e poi gli schizzano incontro come petardi, abbandonando i banchi e la litania delle coniugazioni con gli occhi scintillanti di gioia. Anche don João gli va incontro, con un gran sorriso e le braccia aperte, nonostante quel você a sproposito.
«Boa tarde», gli dice, con quel sapore di ruggine che sale dal fondo della gola e la tonaca impolverata. «Qualcuno ha bisogno di qualche ripetizione di grammatica, vedo… Che ne diresti di unirti a noi?»
«Ma l’Açaí si rovinerà…», protesta mostrando il sacchetto, come se avesse ancora cinque anni, come se fosse anche lui uno degli allievi del sacerdote. Sacerdote che sospira. Scuote la testa e concede: «Va bene. Facciamo una pausa per mangiare l’Açaí. Ma dopo ti interrogo. Intesi?».  
«Intesi…», sospira Adriano, iniziando a distribuire la frutta. «Però, possiamo limitarci alla prima coniugazione?»
Don João ride, scostando la tenda di perline. «Sei mesi, dall’ultima volta. Non resistevi più, eh?»
«A saudade…», ribatte. Come se si stesse giustificando per non aver imparato la lezione.
«A saudade», ripete don João, dandogli una pacca sul braccio – alla spalla non ci arriva più da un pezzo. «Andiamo. C’è una bella luna, stasera…»



Note:

A Saudade è un sentimento squisitamente portoghese e brasiliano. È una melanconia difficilissima da rendere con un termine univoco, perché, oltre a declinarsi a seconda dell'oggetto della saudade stessa, assume diversi significati, sia che si voglia rivivere un dato evento o luogo o sensazione, sia che si voglia ricordare lo stesso pur essendo consci dell'impossibilità della cosa. C'è chi propone desìo come possibile traduzione. Per farvi un'idea, e perché la spiegazione richiederebbe più pagine della storia stessa, vi invito a dare un'occhiata qui.

La feijolada è una pietanza brasiliana, un piatto unico composto da fagioli (neri o bianchi, a seconda dlele zone), carne di maiale e carne di manzo e spezie varie, il tutto cotto a lungo per renderlo più digeribile.

L'Açaí è un frutto moldo dolce, simili ai nostri mirtilli, che si consuma schiacciato in una mistura simile alla granita siciliana. Si vede nei chioschetti per le strade a pochi euro.

Paraisópolis è la seconda più grande favela che sorge a sud di São Paulo . Il suo nome, con l'ironia tipica carioca, significa La Città del Paradiso.

Boa Tarde significa buona sera.

Você è il corrispettivo del tu portoghese e brasiliano, si usa come via di mezzo tra il tu (informale, usato per la famiglia e gli amici più intimi) e  o senhor,  a senhora (più formali, come il nostro lei). In alcune zone del Brasile, nel Sudest, Você ha soppiantato il tu, relegato alla sola forma scritta. Si può usare anche con la terza persona singolare e plurale; in questo caso, ha una s finale ben udibile, cosa che Adriano/Aldebaran s'è dimenticato di pronunciare.
   
 
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