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Autore: saku89    08/03/2014    2 recensioni
"Noioso",
si limitò a rispondere Sherlock, avvicinandosi alla fontana per scrutare nell'acqua il mondo degli uomini. La prima cosa che gli apparve fu l'interno di un tempio e la figura di una devota che, in ginocchio, lo pregava di ispirarla nella sua prossima composizione. Non era la prima volta che la vedeva [...] forse poteva aiutare la ragazza e farla contenta, e allo stesso tempo usarla per un piccolo sotterfugio che, se tutto andava come aveva previsto - e lui non sbagliava mai - lo avrebbe reso molto, molto felice e soddisfatto. Lui, e John ovviamente.
E addio noia.
Trama:
Sul monte Rutur vivono gli dèi, nel mondo degli uomini vivono questi ultimi, esseri domati dall'orgoglio e scarsi d'intelletto, tanto da portare avanti una guerra senza senso. Il destino non esiste per gli dèi, sono loro a crearlo. E se per la noia di uno di questi il periodo buio trovasse infine la sua conlusione? Certo, con Sherlock Holmes c'è sempre un secondo fine, ovvio!
god!Sherlock, god!John e Johnlock! ;)
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Molly Hooper, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Sherlock bbc Mith
Titolo: Quando la gelosia degli dèi mise fine alle guerre degli uomini
Personaggi: Sherlock Holmes (God!Sherlock), John Watson (God!John), Molly Hooper, Mycroft Holmes (God!Mycroft)
Genere: Fantasy, Romantico, Comico, Fluff, Sentimentale
Rating: Giallo 
Coppia: Slash - Johnlock
Note: One-Shot, AU, Lime
Note autrice: Ok, mitologia totalmente inventata! Della serie, mi sono inventata nuovi dèi e ora Zeus mi fulmina!
Quello che ho fatto è stato immaginarmi un Sherlock dio delle Arti e dell'Intelletto e un John dio della Medicina (una specie di Asclepio ecco *mistovergognandoinunamanieraimbarazzanteperaverscrittounafrasedelgenerecomunqueandiamoavanti*) e poi trovare ovviamente un luogo dove ambientare il tutto. Infatti anche l'ambientazione, come il tempo, è tutto frutto di pura immaginazione, e spero davvero che vi piaccia! :) Io, lo devo ammettere, mi sono divertita tantissimo. XD E poi... Johnlock! <3 Awwww non penso di poter aggiungere altro! ;3
Buona lettura! ^^
saku
Trama: Sul monte Rutur vivono gli dèi, nel mondo degli uomini vivono questi ultimi, esseri domati dall'orgoglio e scarsi d'intelletto, tanto da portare avanti una guerra senza senso. Il destino non esiste per gli dèi, sono loro a crearlo. E se per la noia di uno di questi il periodo buio trovasse infine la sua conlusione? Certo, con Sherlock Holmes c'è sempre un secondo fine, ovvio!




Quando la gelosia degli dèi mise fine alle guerre degli uomini



In tempi remoti, quando il cielo e la terra erano rappresentate da dee che si amavano e si univano al tramonto nella passione del sole rosso che calava, un periodo buio scendeva sul regno degli uomini, fatto di guerre e sangue. La stupidità del genere umano non aveva eguali, troppo orgogliosi per chiedersi scusa l'un l'altro, avevano preferito coltivare l'odio e crescerlo fino a farlo esplodere in sanguinose battaglie.
Tutto ciò che c'era stato di bello, i sorrisi tra persone di popoli diversi, le arti, la gioia di vivere e l'ingegno, erano andati persi in sanguinose guerre e nell'oscurità di un periodo che gli dèi, nella loro dimora, lungo le pendici del monte Rutur, cercavano nonostante tutto di rischiarare. Perlomeno alcuni di loro.


Nella stanza di Madu due figure, una in piedi, l'altra sdraiata su un divanetto in legno con morbidi cuscini color porpora, erano prese dai loro pensieri. Il sole che filtrava dal porticato illuminava i geroglifici che riempivano le pareti, sfumando quest'ultime di un colore quasi dorato, e su un basso tavolo ligneo fogli di papiro riportavano scritti di miti antichi. Agli angoli della sala alcuni vasi rotondi e riccamente decorati contenevano piante d'ulivo, mentre in altri più piccoli, poggiati su mezze colonne in marmo, fiordalisi, malvarose, papaveri e anemoni facevano la loro figura. 
"Tutte queste guerre mi aumentano il lavoro",
borbottò il dio, poggiando le mani sui bordi marmorei della fontana che occupava il centro della stanza e guardando l'acqua che, placida, mostrava le immagini di persone morenti che imploravano l'aiuto delle divinità.
"Dovresti essere contento, la gente non fa altro che venerarti e invocare il tuo nome, John",
rispose l'altro dio alle sue spalle con tono annoiato.
"Si, ma sono sfinito, non ho un attimo di pace!"
"Beato te, io invece mi sto annoiando. Con tutte queste guerre nessuno si interessa più alle arti, e in quanto all'intelligenza, nell'uomo non c'è mai stata."
"Sherlock...",
lo riprese con tono di avvertimento l'altro.
"Diciamo che non c'è mai stata a grandi livelli",
rettificò, senza però perdere quella nota annoiata nella voce, guardando il soffitto cassettonato.
"Sherlock!"
"Oh insomma, la usano per le cose sbagliate John, quindi sarebbe meglio che non la usassero proprio!",
si innervosì, alzandosi con il busto.
I due si guardarono, gli occhi azzurri e decisi del dio delle Arti che fissavano quelli grigi del dio della Medicina, altrettanto sicuri. Un leggero venticello caldo attraversò la sala, mentre il tempo sembrò fermarsi. Le tende bianche di lino si mossero appena e l'acqua della grande fontana in marmo si increspò, facendo sparire le immagini di poco prima.
"Sai che non sopporto quando parli così di loro, sono migliori di quello che pensi",
disse John risentito, avvinandosi all'altro dio con passi veloci.
"Se fossero così bravi come dici, a quest'ora non saresti così preso dal tuo lavoro e potresti dedicare più tempo ad altre attività che ultimamente stai trascurando",
gli rispose Sherlock con espressione seria, celando abilmente un ghigno insinuante.
"Altre attività... Sherlock!",
lo riprese nuovamente John, cogliendo il significato sottinteso in quelle parole con un certo imbarazzo. Il dio si alzò e si avvicinò all'altro, senza nascondere questa volta il sorriso malizioso.
"Stai dicendo che mi sbaglio?",
lo prese in giro. John sbuffò, incrociando le braccia al petto e guardandolo storto.
"Non è certo colpa mia se al piano di sotto si fanno la guerra e a me spetta il compito di curare i feriti - borbottò contrariato - Tu piuttosto, invece di stare senza far niente, perché non pensi un po' ai tuoi fedeli, guarda che ne hai ancora di gente che ama l'arte!",
replicò il dio, risentito.
"Noioso",
si limitò a rispondere Sherlock, avvicinandosi alla fontana per scrutare nell'acqua il mondo degli uomini. Anche se aveva risposto in un modo che lasciava pensare che non gli importasse nulla dei suoi fedeli, la prima cosa che gli apparve fu l'interno di un tempio e la figura di una devota che, in ginocchio, lo pregava di ispirarla nella sua prossima composizione. Non era la prima volta che la vedeva, più volte lo aveva pregato di aiutarla, e lui non sempre le aveva risposto - anche perché i fedeli erano tanti e lui di norma rispondeva solo a quelli che trovava interessanti. Ma ora, forse, poteva aiutare la ragazza e farla contenta, e allo stesso tempo usarla per un piccolo sotterfugio che, se tutto andava come aveva previsto - e lui non sbagliava mai - lo avrebbe reso molto, molto felice e soddisfatto. Lui, e John ovviamente.
E addio noia.
Fu così che guardò con la coda dell'occhio il suddetto John, il quale, ignaro dei suoi piani, stava controllando se le ampolle che aveva con sé fossero ancora abbastanza piene di oli medicinali. Il dio non si accorse del ghigno divertito e al contempo famelico che Sherlock gli rivolse. E disattenzione non fu mai più grande. Il dio delle Arti scomparve all'improvviso, senza dire niente, lasciando visibile nell'acqua limpida l'immagine della fedele che lo pregava di aiutarla.


«  ¤  »


La ragazza, in ginocchio davanti alla statua marmorea del dio, pregava assorta affinché questi la ispirasse per l'opera che le avevano chiesto di realizzare nel più breve tempo possibile.
Era un'artista non famosissima, ma comunque conosciuta nella grande città dove abitava, Bruengen, una delle più importanti dell'Impero Touthas del re Lestrade. Le era stato chiesto di qualcosa che non fosse in scultura, un dipinto preferibilmente, e non avevano specificato il supporto. Il soggetto doveva essere il trionfo. Il sovrano e i suoi generali infatti, erano certi che molto presto la guerra sarebbe stata vinta, peccato che questo presentimento fosse radicato in loro ormai da ben cinque anni.
Presa dallo sconforto, perché sapeva perfettamente che le battaglie si sarebbero prolungate ancora per lungo tempo, aveva chiesto aiuto al suo tanto amato dio delle Arti e dell'Intelletto, che già in passato alcune volte l'aveva aiutata, senza mai farsi vedere.
"Vi prego Sherlock, vi prego, ispirate la mia mano a compiere il capolavoro per eccellenza, che ponga fine alle sofferenze di questa guerra senza senso. Vi prego, mio tanto adorato dio",
mormorò in ginocchio, con la fronte a toccare il pavimento in opus sectile e le mani tese in avanti e ben aperte.
"Se mormori non posso sentire la tua richiesta",
la sorprese una voce a pochi passi da lei. Era roca e stranamente divertita.
Spaventata alzò di scatto la testa, voltandosi verso la fonte da cui proveniva quella voce così attraente alle sue orecchie.
"Chi sei?",
chiese tremante, spaventata dall'uomo che aveva davanti. Era alto, molto più di lei, con un fisico magro e asciutto e capelli ricci e neri che gli ricadevano disordinati anche sulla fronte. Ma quello che la colpì furono i suoi zigomi affilati, le labbra definite e due occhi azzurri come il cielo limpido e chiaro che le scrutarono dentro, fino a raggiungerle l'anima.
"Se te lo dicessi faresti molta fatica a credermi, Molly - la ragazza sussultò sentendosi chiamare per nome - Ma voglio comunque provare. Tutte le altre volte ti sei dimostrata estremamente intelligente, e voglio pensare che in mezzo a tanti stupidi umani tu sia una delle poche con un po' di intelletto."
Di fronte a una frase del genere la ragazza di solito si sarebbe sicuramente arrabbiata, ma in quella particolare situazione era troppo sconvolta per farci anche solo caso.
"Sono il tuo tanto adorato dio delle Arti e dell'Intelletto, Sherlock, sceso appositamente tra gli umani per aiutarti",
disse con tono solenne, avvicinandosi a lei e porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi.
La ragazza accettò, titubante, poi, allontanandosi di un paio di passi, lo scrutò. Era bello, non si sarebbe di certo stupita se fosse stato una divinità, ma tutte le altre volte non si era mai presentato, quindi perché questa volta sarebbe dovuto essere diverso?
"Non ti credo",
disse con tono fermo.
"Lo immaginavo. A questo punto credo dovrò convincerti della mia identità, magari raccontandoti di quando sei venuta la prima volta al tempio. Non sapevi cosa fare, eri impacciata, così hai deciso di imitare un artista che si trovava esattamente dove eri tu poco fa, inginocchiandoti. Mi hai pregato di aiutarti, perché eri all'inizio della tua carriera e avevi paura che le tue opere non piacessero a nessuno, quando è stato? Dieci anni fa? Poi, qualche mese dopo, sei tornata con dell'olio di nardo, che hai donato ai sacerdoti affinché lo usassero per irrorare la mia statua, allora in legno, un gesto davvero lodevole. Da quel momento hai cominciato ad avere successo e sei sempre stata una delle mie fedeli più devote, tanto che, per ampliare la tua conoscenza delle arti, hai anche iniziato a scrivere poesie e a suonare il violino, strumento che, so perfettamente che lo sai, io suono da tempo immemore. Fossero tutti come te, mia cara Molly. Un'altra volta sei tornata per chiedermi aiuto con una scultura che doveva raffigurare il mito di Nysamit e Cobeltia, i due innamorati che diedero alla luce il Sole e la Luna. Mi ricordo che eri in lacrime, ma ero così interessato a cosa avresti potuto creare che non ho potuto non aiutarti. Devo ammetterlo, la tua arte mi piace, e credimi, i complimenti di un dio sono la cosa più bella che ti possa capitare. Tanto più che io non li dispenso facilmente."
La ragazza lo guardava con gli occhi sgranati per lo stupore e la bocca dischiusa in una piccola 'o'. Non aveva mai raccontato a nessuno di cosa accadeva nel tempio, e si era sempre premurata di andarci in momenti in cui era da sola, sussurrando le sue preghiere affinché rimanessero un segreto tra lei e il suo adorato dio, e ora quell'uomo le raccontava per filo e per segno tutto ciò che lei aveva gelosamente nascosto agli altri.
"Come sai il mio nome?",
chiese, con la gola ora secca.
"Dopo quello che ti ho detto mi chiedi come conosco il tuo nome?",
chiese, sinceramente perplesso, rivalutando seriamente il suo intelletto.
"No scusami, hai ragione... Quindi voi siete... Sherlock?",
domandò timorosa, passando al 'voi' e convincendosi della sua identità.
"Ben fatto Molly Hooper, dimostri di essere più intelligente dei tuoi simili, e la cosa non può che farmi piacere",
sorrise l'uomo, avvicinandosi e porgendole una mano che lei, imbarazzata da quello che sarebbe dovuto essere un complimento, afferrò. La condusse con calma fuori dal tempio e insieme si affacciarono sul paesaggio di desolazione che regnava nell'Impero Touthas.
"Lo credo bene che non riesci a trovare l'ispirazione per una scena di trionfo, nessuno ci riuscirebbe",
disse con tono neutro, osservando il fumo in lontananza proveniente da cittadine in fiamme e i soldati che marciavano lungo le strade.
"Capite, Sherlock, perché ho bisogno di voi? Vi prego aiutatemi",
quasi lo supplicò.
"Sono qui per questo mia cara",
le sorrise. Molly arrossì, disarmata dalle labbra incurvate in un'espressione dolce e calda che da tempo non vedeva in nessuno e che le mancava. Di riflesso rispose con un sorriso timido e la mano del dio, senza farle male, si strinse più forte intorno alla sua.


«  ¤  »


John ripose l'ultima ampolla nella sua sacca e subito capì che qualcosa non andava. Lanciò uno sguardo alla fontana, dove pochi secondi prima Sherlock osservava il mondo degli uomini, e non lo vide. Osservò la stanza immensa, ma del dio nessuna traccia.
"Sherlock?",
lo chiamò. Si avvicinò con passi veloci al bordo marmoreo e osservò le immagini nell'acqua cristallina. Un ringhio gli sfuggì e una ruga si formò tra gli occhi, sopra il naso, mentre stringeva con le dita il marmo freddo della fontana fino a lasciare dei segni con le unghie.
"Sherlock...",
ruggì, con gli occhi che si chiudevano a due fessure. Sherlock e una ragazza, tenendosi per mano, stavano osservando un paesaggio desolato, distrutto dalla guerra, e come se non fosse abbastanza il dio, il suo dio, le aveva rivolto un sorriso dolce e romantico. Aveva il sentore che fosse tutto un piano escogitato da Sherlock per raggiungere qualcuno dei suoi scopi, ma ciò non toglieva che la situazione non gli piacesse neanche un po'.

Cosa stai facendo Sherlock?
gli chiese infatti, senza nascondere l'irritazione, entrando nei suoi pensieri.

Metto in pratica il tuo consiglio, aiuto i miei fedeli,
rispose l'altro con tono pacato.

Ma davvero? E ti ho detto anche di andarli a trovare?

Non me lo hai detto, ma questa fanciulla era in difficoltà e i miei fedeli sono diventati pochi, insomma, devo impegnarmi no?

John sospirò, sapendo perfettamente che ormai non poteva riportarlo indietro. Quando un dio entrava in contatto con un devoto doveva compiere la sua missione fino in fondo. Osservò nuovamente l'acqua e vide Sherlock ghignare divertito, senza apparente motivo, con la ragazza che lo guardava confusa, non capendo cosa ci fosse da ridere. Ovviamente quel ghigno era rivolto a lui, elementare.
"Ti odio quando fai così",
mormorò, senza pensarlo davvero.


«  ¤  »


Sherlock ghignò, divertito e soddisfatto. Sapeva che John li avrebbe visti e avrebbe usato il collegamento mentale per parlargli. Era un dono che avevano solo gli dèi e che il sommo padre, Oldcler, non aveva voluto dare anche agli uomini. Suo fratello, il dio Mycroft, gran leccapiedi fin dalla tenera età, ovviamente si era sempre ritrovato d'accordo con lui, e in fondo anche lui, dio delle Arti e dell'Intelletto, non se l'era sentita di contraddirlo. Gli uomini non erano pronti per un simile potere. Non che loro, grandiosi dèi del monte Rutur, lo fossero più di tanto ovviamente.
"Perché sorridete così?"
Sherlock si riprese dal suo flusso di pensieri.
"Perché ho l'ispirazione che fa per te Molly, ma non te la servirò di certo su un piatto d'argento. In realtà, l'ideale sarebbe che la guerra finisse, non necessariamente con la vittoria di una delle parti",
le rispose, scendendo la gradinata e fermandosi solo quando raggiunse l'ultimo gradino, prima della strada infangata.
"Ma deve sempre vincere una delle parti!",
constatò la ragazza, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
"No, se a vincere è un dio",
la stupì lui, voltandosi e facendole l'occhiolino.

Piantala di fare lo stupido Sherlock! - disse la voce di John nella sua mente, molto irritata - È già innamorata persa di te, non c'è bisogno che la fai invaghire ancora di più! Sbrigati a ispirarla e torna qui!

Sei geloso, John? - rispose il dio, divertito - Comunque non posso, ricordi? Devo svolgere il mio compito alla perfezione!

La voce, dopo uno sbuffo frustrato, si zittì e Sherlock poté proseguire.
"Potremmo prendere due piccioni con una fava, come si suol dire. Far cessare la guerra e darti così l'ispirazione giusta, ma i soggetti da utilizzare ovviamente dovrai trovarli tu, come anche l'ambientazione e il supporto. Io posso solo fare in modo che tutto questo abbia fine. Ti andrebbe bene, mia cara?",
chiese, avvinandosi alla ragazza con espressione decisa.
"Bene? V-voi mi state ridando la speranza! Ho perso molti amici in questi anni per colpa di queste guerre, per me sarebbe una gioia vederne finalmente la fine, essere la prima a celebrarne la conclusione con un olio su tela dai colori sgargianti e- oh!"
La ragazza si portò una mano a coprire la bocca, sconvolta da quello che aveva appena detto. Sherlock le sorrise.
"Hai già trovato parte della soluzione al solo pensiero che io possa mettere fine a questo periodo buio. Impressionante. Ben fatto Molly, decisamente, questo sarà il tuo capolavoro",
detto questo le carezzò i capelli, scendendo sulla guancia e allontanando poi, con una lentezza esasperante, la mano.

Sherlock!

urlò John, facendolo sorridere intimamente. Questa volta però decise di ignorarlo, riprendendo per mano la fanciulla e scendendo sulla strada infangata.
"Il piano che ho in mente è molto semplice in realtà. Far cessare una guerra per un dio non è poi così difficile, gli basterebbe parlare con i due sovrani, premere sui giusti punti, spaventarli e tutto avrebbe fine in un soffio di Lendir.[1] Il problema è che per fare questo avrei bisogno dell'aiuto di mio fratello e, se veramente mi veneri come penso, immagino tu sappia quale sia il mio rapporto con lui",
le spiegò il dio, riservandole una lunga occhiata, curioso di sentire la sua risposta.
"Beh, so che non avete un buon rapporto con il dio Mycroft",
rispose Molly, impacciata.
"Esattamente. Ma vedrò di andare oltre l'odio reciproco, per una volta. Ora, mia cara Molly, se vogliamo mettere in atto il piano, ti devo lasciare. Verrò da te non appena questo orribile periodo oscuro avrà lasciato spazio all'era dorata delle arti e della gioia, inaugurata dal tuo capolavoro che, spero, avrai già iniziato",
le disse con un sorriso, avvertendo la paura farsi largo dentro di lei all'idea di non vederlo più. La ragazza comunque annuì, tranquillizzandosi appena un poco al sapere che, nonostante tutto, sarebbe tornato.
Con un ultimo sorriso e una mano ad accarezzarle i capelli, Sherlock sparì.


«  ¤  »


Sherlock apparve al fratello mentre questi era intento a scrivere su un foglio di papiro con inchiostro e piuma d'oca.
"Sherlock, strano che sia tu a venire da me, non succedeva da almeno duemila anni",
lo salutò il dio della Giustizia, voltandosi verso di lui.
"Mycroft - rispose con tono neutro - sono qui per chiedere il tuo aiuto."
Il fratello inarcò le sopracciglia, sorpreso, e gli prestò tutta la sua attenzione.
"Tu non chiedi mai il mio aiuto, dici sempre di non aver bisogno di me e di nessun altro, cosa c'è di diverso questa volta?",
chiese, sinceramente curioso, alzandosi dal trono in legno lavorato, imbottito con cuscini color porpora sul quale era seduto.
"Ho intenzione di far cessare la guerra nel mondo degli uomini, e non mi farai cambiare idea - lo anticipò Sherlock non appena vide la bocca aprirsi per protestare - Per farlo mi serve il tuo aiuto. Immagino vorrai qualcosa in cambio, come sempre."
Mycroft, con le sopracciglia nuovamente inarcate per la sorpresa, aspettò qualche secondo prima di rispondere.
"Perché lo fai, Sherlock?"
"Una mia fedele ha bisogno del mio aiuto e-"
"Questa è solo la scusa, il motivo vero, qual'è?",
domandò irritato.
"Non ti si può nascondere niente, Mycroft. Beh, non sono sicuro che approveresti."
"Come sempre."
"Esattamente. Diciamo che mi annoio e John è sempre preso dai suoi feriti e non mi dedica abbastanza attenzioni. Soddisfatto, fratello?"
Mycroft roteò gli occhi al cielo, esasperato dall'ennesima dimostrazione di quanto potesse essere infantile Sherlock in certi momenti. Valutò attentamente la proposta dell'altro dio, convenendo che, in fondo, ne sarebbero venuti dei vantaggi anche per lui.
"Questa volta, caro fratello, credo che non ti chiederò nulla in cambio. Prendila come una dimostrazione di profondo affetto",
disse con un sorriso che di sincero aveva ben poco.


"Quindi Lestrade e Moriarty, rispettivamente sovrani dell'Impero Touthas e dell'Impero Vesdan, spero manterrete le promesse di pace che abbiamo stipulato. Avete avuto prova delle nostre divinità e sapete di cosa siamo capaci, inutile dire che se non rispetterete gli accordi presi scateneremo su di voi la nostra ira. E come ben sapete in passato lo abbiamo fatto",
ricordò Mycroft ai due sovrani, che lo guardavano con devozione.
"Gli dèi quando sono arrabbiati non sanno controllarsi, quindi è meglio non disubbidire alle loro richieste né sfidarli. Inoltre credo che questa guerra di inutile odio sia durata anche troppo",
rincarò la dose Sherlock. Gli occhi dei due re si spostarono su di lui con altrettanta devozione.
"Fratello, direi che abbiamo concluso. Un'ultima cosa vorrei da parte vostra, per cominciare bene questa nuova era di pace - disse il dio della Giustizia rivolgendosi ai sovrani - Una stretta di mano, sincera e forte, che possa consolidare la vostra alleanza."
I due re guardarono le divinità con occhi sgranati, poi Lestrade arricciò le labbra in un sorriso e Moriarty, infine, fece lo stesso. Si scambiarono una poderosa stretta di mano, mentre le altre andavano a poggiarsi sulle reciproche spalle. Le due divinità, nel mentre, erano già scomparse.
 
«  ¤  »



Molly, con il carboncino in mano, scrutava con attenzione le prime bozze del suo capolavoro. Quando la notizia della fine della guerra era arrivata anche a Bruengen il sollievo l'aveva invasa e subito, all'idea della pace, l'ispirazione era tornata in lei come l'anima che rientra in un corpo. Sapeva che il soggetto era il trionfo, e che il suo popolo non aveva vinto, ma quello che lei avrebbe rappresentato sarebbe stato "il trionfo della pace", così l'avrebbe intitolato.
In tutte le bozze era rappresentato un dio con le fattezze di Sherlock - non aveva potuto farne a meno - che insieme a un altro dio al quale ancora non aveva dato un volto, si stagliava al centro della battaglia. Lui sarebbe stato splendente, nel caos della guerra, mentre con le mani alzate fermava i sovrani e i loro eserciti.
"Interessanti queste bozze, ma forse dovresti cambiare modello",
la sorprese alle spalle il dio, facendola saltare per lo spavento.
"C-cosa? Perché?"
"Ti è tornata l'ispirazione, mi fa molto piacere - le sorrise - Purtroppo non posso essere il tuo modello per questo capolavoro, i sovrani mi hanno visto e quando Lestrade mi riconoscerà non so come reagirà, potrebbe ignorarmi, come credo farebbe, come anche tempestarti di domande e chiederti di me fino ad arrivare a metodi estremi. Ma credo che questa seconda opzione sia più da Moriarty, che sicuramente vedrà il dipinto. Tutti sanno che due dèi sono apparsi ai sovrani, ma nessuno a parte loro conosce le loro fattezze, quindi sarebbe un po' strano. Mi dispiace, Molly Hooper",
disse, avvicinandosi a facendole scorrere la mano tra i capelli in una morbida carezza. A quel gesto sentì distintamente John sbuffare, irritato.

Smettila John, è il momento degli addii,

lo riprese, divertito da quella gelosia che non riusciva proprio a nascondere.

E tu smettila di essere così smielato! Quando torni te la faccio pagare!

Non aspetto altro.

"In realtà, ci contavo tanto... a rappresentarvi intendo. Ma avete ragione, sarebbe strano, e forse rischioso."
"Togli il forse",
disse con un sorriso, accarezzandole la guancia e alzandole il viso.
"Hai un talento straordinario Molly, non penso di dovertelo dire - aggiunse, lanciando un'occhiata alla bottega e alle bozze della sua prossima opera - Ora che non ci saranno più battaglie la tua arte rinascerà nel suo massimo splendore e tutti vorranno le tue creazioni. Non ti abbattere perché non puoi dipingermi, potrai sempre venire da me, al tempio, e poi sei un'artista, potrai rappresentarmi in un'opera che sarà solo tua e che terrai ben nascosta, ti autorizzo a farlo, se lo vuoi. Ma credo che ti basterà ricordarti di me, nel tuo cuore."
"Non posso sperare di essere ricambiata, vero?"
Sherlock negò con un sorriso e un semplice cenno della testa.
"Mi spiace Molly, appartengo già a qualcuno e lui appartiene a  me e, credimi, scatenerebbe una guerra se un altro, o un'altra, anche solo mi toccasse. Fidati, le guerre tra uomini sono nulla in confronto a quelle tra dèi."
Le sorrise, cercando di risollevarle il morale. La ragazza annuì, apprezzando la sincerità del dio.
"Vi ringrazio di tutto, Sherlock, non smetterò mai di venerarvi e adorarvi",
rispose con rinnovato spirito, sorridendo infine entusiasta, mentre la figura del dio spariva.


«  ¤  »


John stava aspettando Sherlock a braccia conserte, poggiato alla fontana e con un'espressione che non prometteva niente di buono. Gli occhi fiammeggianti di pura gelosia e odio per quell'umana che si era permessa di tenerlo per mano e prendersi le sue carezze erano rivolti verso il punto dove sapeva - lo percepiva - sarebbe apparso.
"Sherlock!",
urlò infatti appena lo vide. Sherlock si girò verso di lui, senza nascondere un sorriso malizioso. Davanti a quell'espressione l'ira di John aumentò, forse perché cominciava a capire e, anche se gli era difficile ammetterlo, l'idea che Sherlock avesse fatto tutto quello per farlo ingelosire lo lusingava e lo irritava al tempo stesso.
"Come va John?",
chiese il dio, avvicinandosi a suo rischio e pericolo. Quello che ricevette in risposta, fu di essere preso per la casacca e sbattuto contro il bordo della fontana.
"Che razza di domanda è, dio dei miei stivali! Sei stato tutto il tempo a divertirti con quella... sgualdrina!"
"Ah-ah John, sai che avevi ragione? Gli umani sono migliori di quanto pensassi",
lo interruppe con una frase che, in fondo, aveva in sé anche della verità.
"Stai giocando col fuoco Sherlock! Ho ucciso per molto meno!"
"Sei un medico"
"Ho avuto brutte giornate"
"Ma non mi uccideresti mai, vero amore mio?"
John si calmò a quelle parole, pronunciate con il massimo dell'affetto e dell'amore che Sherlock, nuovo ai sentimenti, poteva donargli. Alzò una mano e la fece scorrere lungo la guancia del compagno, guardandolo negli occhi e calmandosi all'istante.
"Purtroppo, ástin mín", [2]
disse divertito, facendo arricciare le labbra in un sorriso anche all'altro dio, che, impaziente, cancellò la breve distanza che li separava per reclamare un bacio che da troppo tempo non riceveva.
John lo strinse a sé, portando le braccia dietro la sua schiena e accarezzandolo attraverso la morbida casacca di lino bianco, aiutandolo a sedersi sul bordo in marmo della fontana mentre Sherlock intrecciava le mani nei suoi capelli biondi, massaggiandogli la cute. Un gemito sfuggi dalle labbra di entrambi, quando il dio della Medicina spinse il bacino verso quello del compagno, facendo scontrare le loro erezioni già risvegliate e pulsanti.
"Finalmente",
mormorò Sherlock, allontanandosi appena il necessario per soffiare quella semplice parola sulle sue labbra. John gli rivolse uno sguardo interrogativo, poi capì. All'improvviso ogni tassello andò al suo posto e non potè fare a meno di sorridere e alzare gli occhi al cielo: lo aveva fatto ingelosire di proposito e aveva messo fine alla guerra solo perché si sentiva trascurato e voleva che la smettesse di occuparsi di tutti quei feriti e si dedicasse a lui. Quando ci si metteva sapeva essere davvero infantile, però, questo doveva concederglielo, era riuscito nel suo intento, e ora quel periodo buio di guerre era finito e potevano finalmente pensare un po' a loro.
Lo baciò con passione, stringendolo ancora di più e coinvolgendolo in una lotta di ansimi e corpi che si strusciavano in cerca di maggior contatto.
"Hai detto che me l'avresti fatta pagare, John",
sussurrò Sherlock all'orecchio del suo amante con tono malizioso.
"Contaci",
rispose il dio con affanno, cominciando a liberarlo della casacca.


«  ¤  »


Sdraiati in terra, con i loro vestiti a separarli dal pavimento in opus sectile, i due dèi si osservavano l'un l'altro. Sherlock, con la testa poggiata sul petto di John, accarezzava distratto la pelle ancora sudata del dio, guardando allo stesso tempo i suoi occhi grigi, che lo scrutavano divertiti.
"Tu hai aiutato la tua fedele mostrandoti a lei e facendomi ingelosire e hai messo fine a una guerra, chiedendo aiuto a Mycroft, solo per arrivare a questo",
sbuffò, trattenendo a malapena una risata.
"Una buona causa, non trovi?",
sorrise l'altro, baciandogli il petto e tirandosi su per depositargli un altro bacio sulle labbra.
"Si, concordo",
mormorò.
"Spero di non dover risolvere un'altra guerra per farlo di nuovo, John",
lo guardò con cipiglio severo. Il dio scosse la testa in segno di diniego, poi alzò appena il busto per raggiungere le sue labbra e baciarle con calma e gentilezza. Sherlock sospirò di piacere, sistemandosi a cavalcioni sopra di lui.



In tempi remoti, quando il cielo e la terra erano rappresentate da dee che si amavano e si univano al tramonto nella passione del sole rosso che calava, l'armonia regnava nel mondo degli uomini, orgogliosi ma ragionevoli abbastanza da capire che, dopo un periodo buio che non avrebbe mai avuto un vincitore, la pace era l'inizio di un'era migliore. Gli dèi, dalle loro dimore sulle pendici del monte Rutur, osservavano con piacere il cambiamento degli uomini e erano disposti ora ad essere, più di prima, loro alleati, se si fossero dimostrati saggi e giusti nel futuro che li aspettava. Uno di loro in particolare dovette ricredersi almeno un po' sul loro intelletto, e fu proprio lui che, con il suo amante, generò il dio dell'Ingegno, Rhour, che si unì a una mortale e diede inizio alla stirpe dei semi-dèi.
 


Fine




Note:
[1] L'ho immaginato come il nome di un dio minore, una specie di vento, quindi "un soffio di vento". :)

[2] ástin mín - islandese per "amore mio", un mio piccolo tributo all'Islanda, che mi piace tanto, terra di ghiaccio e vulcani, mia passione fin da quando sono bambina. :)

Note definitive!
Che miscuglio di arti e culture, voi direte! E in effetti è un po' così ^^' 
Soprattutto mi sono divertita a mischiare arte egizia, romana e greca, senza per questo tralasciare comunque un pizzico di cultura nordica - vediamo se la trovate, sparsa qua e là! ;)
Mi rendo conto che in mezzo c'è un po' di Sherlolly (dove ovviamente il love love c'è solo da parte di Molly, ma tant'è), però la one-shot nel complesso è assolutamente Johnlock! Si, Johnlock!!! <3
Vi ringrazio dal più profondo del cuore per aver letto questa follia, davvero, grazie grazie grazie! E un grazie a chi vorrà aggiungerla a qualche lista, sarebbe un immenso onore, o a chi vorrà spendere un po' del suo tempo per lasciare una recensione - che mi farebbe davvero piacere perché mi aiuterebbe a migliorare, e gli dèi solo sanno quanta strada ho da fare! -.-
Sherlock, dammi una mano va! xD
Ma in generale, grazie a tutti per aver letto, già il fatto che la fanfiction abbia suscitato il vostro interesse è un bel passo avanti! ;)
Alla prossima!

saku




  
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