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Autore: Crystallic Rain    08/03/2014    3 recensioni
1940, Ohio.
Blaine e un'altra dozzina di ragazzi si fermano per bere allo Scandals, che non è esattamente quello che i ragazzi si aspettavano, ma magari, la figura bruna dietro il bancone è proprio quello che Blaine non sapeva di stare cercando.
WARNING: Death.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Warning! Angst pesante. Lettore avvisato, mezzo salvato. A parte questo, è una OS meravigliosa, davvero meravigliosa, ma vi avviso che non ho fatto altro che piangere, da un certo punto in poi. Spero che vi piaccia comunque quanto è piaciuta a me. Ne vale la pena. 

Enjoy.
 
Link al capitolo originale: 
https://www.fanfiction.net/s/7595994/1/Bury-Me-in-Satin

PS: questa OS è stata soggetta a revisione. 


 




There’s a boy here in town,
says he’ll love me forever.
Who would have thought that forever could be severed
By the sharp knife of a short life?
Well, I’ve had just enough time..
 
If I die young, bury me in satin,
lay me down on a bed of roses,
sink me in the river at down,
send me away with the words of a love song.
[‘If I die young’- The band perry]
 
 
 
Dopo un altro pezzo di un lungo viaggio, i ragazzi finalmente si fermarono in un posto chiamato ‘Scandals’.
 
Risero al nome, facendo qualche battuta, ma nessuno di loro era mai stato davvero in Ohio, e si stava facendo tardi. Disperati per la voglia di bere, furono d’accordo nel fermarsi, non aveva importanza come il locale si chiamasse.
 
Dopo tutto, i dodici giovani uomini erano ora ufficialmente soldati, pronti a servire il paese. Sentivano il bisogno di festeggiare.
 
Fu prestata poca attenzione ai ragazzi, mentre riempivano il bar. Uno dei due uomini dietro il bancone li servì velocemente, mentre l’altro puliva i bicchieri, guardando i rumorosi ragazzi con un’occhiata disgustata, ma anche leggermente divertita. Sembrava avere a mala pena la metà degli anni dell’altro barista, i lineamenti delicati, la pelle pallida e le guance rosse. Il soldato con i capelli scuri e ricci, sotto il cappello, si interessò velocemente al giovane, muovendosi dietro il bancone per sedersi direttamente di fronte a lui.
 
“Blaine,” disse, offrendo la mano al ragazzo. Tuttavia, l’altro alzò semplicemente un sopracciglio, continuando a pulire l’interno del bicchiere con uno strofinaccio. Blaine assottigliò le labbra, facendo ricadere scioccamente la mano.
 
“Penso che tu e i tuoi amici siate nel posto sbagliato,” commentò il ragazzo.
 
Blaine alzò un sopracciglio. “Perché dici questo?” chiese.
 
Il ragazzo ghignava apertamente, ora. “Suppongo che stiate tutti cercando una bella ragazza da portarvi a letto, stanotte,” commentò in modo mellifluo. “Lasciami dire che non è quello che troverete, qui.”
 
E improvvisamente Blaine capì. Abbassò lo sguardo sul suo bicchiere per un momento.
“Magari non è il mio genere di cose.”
 
Il ragazzo canticchiò in risposta. Posò il bicchiere e si avvicinò, ancora con lo stesso sguardo di disgusto dipinto sul viso. Blaine guardò il lineamenti aggraziati, la pelle liscia e gli occhi di un blu scintillante, il modo in cui aveva acconciato i capelli all’indietro. C’era qualcosa di intrigante e bello, in quel ragazzo, e a Blaine piaceva.
 
“E quale dovrebbe essere, il tuo genere?” chiese il bruno in tono colloquiale.
 
“Qualcuno come te,” rispose Blaine, senza pensare. Desiderò di non aver detto niente, considerando il modo in cui l’altro s’irrigidì, l’espressione improvvisamente illeggibile. Si raddrizzò e si girò, afferrando il bicchiere e lo straccio che aveva abbandonato, e camminando lungo il bancone. “Aspetta!” disse improvvisamente, alzandosi e seguendolo.
 
“Ho altre persone da servire,” gli disse, girandosi verso di lui. “Non ho il tempo, o il desiderio di giocare a qualsiasi gioco tu stia giocando.”
 
“Non sto giocando a nessun gioco,” disse l’altro, indignato.
 
“Allora i tuoi amici sono..”
 
“I miei ‘amici’ non sanno nulla di me,” lo interruppe a bassa voce. “Non sto cercando di essere oscenamente congedato.”
 
L’altro ragazzo lo osservò brevemente. “Saresti così gentile da farmi un favore, e mangiarti la mia polvere?” chiese freddamente.
 
“Io..”
 
“Li conosco i tipi come te,” continuò con lo stesso tono freddo. “Pensi che non ci sia mai stato nessuno a venire qui e provare a farsi un giro con me, prima? Avete tutti l’arroganza di pensare che, siccome sono in un posto come questo, sono in dovere di fare certe cose.”
 
Blaine sentì il calore sulle sue guance crescere. “Non era mia intenzione,” disse velocemente. “Ascolta, ho solo pensato che forse potrei mostrarti..” si fermò, vedendo lo sguardo sul viso del ragazzo. “Non intendevo.. non volevo dire che..”
 
“Mi stai davvero irritando,” sbottò. “Non so se pensi di essere speciale, se stai per salvare l’America ed essere uno stupido ‘Eroe di Guerra’, ma proprio qui, in questo momento, non sei nessuno. Adesso lascia perdere, torna dai tuoi amici e lasciami in pace.”
Sbatté il bicchiere contro una mensola, e andò oltre il bancone, nel retro, sbattendosi la porta alle spalle.
 
 
 
 
Blaine era esitante a tornare allo ‘Sandals’, la sera seguente. Non era nemmeno sicuro che il ragazzo sarebbe stato lì,       quella sera, ma fu leggermente sollevato, quando entrando riconobbe la figura bruna dietro il bancone, anche se lo fulminò con lo sguardo, sbuffando e alzando gli occhi al cielo.
 
“Posso rifiutarmi di servirti, sai,” sbottò non appena Blaine si avvicinò, appoggiando i gomiti sul bancone. “La legge stabilisce che posso negare dell’alcool a un omosessuale.”
 
Blaine si fece leggermente indietro, ma mantenne la sua compostezza. “So che potresti,” disse.
 
Il ragazzo sospirò esasperato. “Che cosa vuoi da me?”  chiese.
“Niente,” gli disse Blaine, e il ragazzo alzò un sopracciglio. “Una seconda chance. So di averti dato un’impressione orribile, di me, e vorrei.. aggiustare le cose.”
 
“Perché?”, incalzò l’altro. “Non mi conosci, e noi, noi non significhiamo nulla, l’uno per l’altro. Sarei felice lo stesso, anche se non ti vedessi più.”
 
“Ma io potrei non esserlo,” insistette Blaine, e il barista scosse la testa.
 
Perché?” ripeté, e Blaine, semplicemente, tacque. L’altro ridacchiò e scosse la testa.
 
“Non ti sei mai sentito così inspiegabilmente attratto, prima?” gli chiese Blaine, gli occhi brillanti, e leggermente infantili, nella sua eccitazione. Di nuovo, il ragazzo alzò gli occhi al cielo.
 
“Tu sei matto,” disse. “Non sai niente di me.” Si girò.
 
“Allora dammi la possibilità di cambiare le cose,” lo pregò Blaine, avvicinandosi al bancone per afferrargli il polso. “Solo, dimmi almeno il tuo nome.”
 
“Tu sei malato.”
 
“Prendimi in giro,” implorò. “Tornerò ogni singolo giorno, se questo significa poterti conoscere. E non mi interessa se questo mi fa sembrare totalmente disperato.”
 
“Kurt,” sospirò il moro, alla fine. “Mi chiamo Kurt. E forse potrei permetterti di continuare con questo tuo gioco. Torna domani e vedremo se mi sentirò in vena.”
 
“Grande,” disse Blaine velocemente. “No.. grande, grazie.. Kurt.” Gli sorrise ampiamente, anche se l’altro continuava a non rivolgergli nemmeno il più tirato sorriso, mentre si allontanava per servire un altro cliente. Blaine sospirò, portandosi una mano sul viso, sentendosi un po’ sconfitto.
 
Ancora, sapeva che ne valeva completamente la pena.
 
 
 
 
 
 
 
Quello che sentiva nel suo stomaco, gli provava che era vero, almeno per sé stesso.
 
Continuava a tornare a quel bar tutte le notti, sedendosi al solito posto nell’angolo e aspettando pazientemente il momento in cui Kurt avrebbe ancheggiato verso di lui porgendogli un quartino di scotch secco, e sul tovagliolo la dolorosamente accurata scrittura a mano che gli apparteneva.
 
Due settimane dopo, Blaine aveva imparato un sacco di cose emozionanti, sul moro. Conosceva il suo colore preferito, il suo libro, film, canzone, cibo, bibita e fiore. Sapeva che sua madre era morta quando era piccolo e che suo padre era morto poco prima che si diplomasse, al liceo. Sapeva che aveva lavorato lì ogni notte, perché il suo sogno era semplicemente quello di guadagnare abbastanza soldi da prendere un autobus per New York, e sfondare a Broadway.
 
E, lentamente, stava guadagnando sempre più sorrisi e risate, e rubava il suo tempo durante le notti tranquille. Onestamente, Blaine amava tutto quello.
 
 
 
 
 
Naturalmente, non poté fare a meno di sentirsi un po’ preoccupato, quando arrivato al bar, e sedutosi al suo solito posto, Kurt non lo aveva salutato, come invece faceva di solito. Guardò ansiosamente il suo orologio. Dieci minuti, quindici, venti.. alla fine, il proprietario del locale gli si avvicinò.
 
“Che cosa ti porto?” chiese con voce roca, e Blaine si leccò le labbra nervosamente.
 
“Oh.. io.. io stavo aspettando..” balbettò.
 
“Hummel,” sospirò l’uomo. “Beh, è in ritardo. Lascia che ti porti qualcosa, mentre aspetti..”
 
Blaine aprì la bocca per rispondere, quando la porta sul retro si aprì, e Kurt entrò nel bar, ancora indossando giacca e sciarpa. Chinò la testa all’uomo, stringendo gli occhi e oscillando verso di lui. Parlarono piano, l’uomo che annuiva leggermente, prima di dare a Kurt una piccola spinta verso il bar. Si tolse velocemente la giacca e la appese. Prese immediatamente la bottiglia di scotch e un bicchiere, riempiendolo con la solita quantità per Blaine. Prese un tovagliolo e una penna, scribacchiandoci sopra, prima di tenderlo frettolosamente a Blaine, e allontanandosi verso il bancone.
 
Esitante, guardò il tovagliolo.
 
“Il gioco è finito,” recitava.
 
Lo stomaco di Blaine si contorse leggermente, e alzò lo sguardo per vedere Kurt in piedi dalla parte opposta della sala, intento a pulire un tavolo. Era certo che non fosse la fine, come Kurt aveva detto. Non poteva esserlo.
 
E poi, all’improvviso, un fascio di fioca luce gli cadde sul viso, e di nuovo il suo stomaco si contrasse dolorosamente. Apparendo intorno alla guancia, e sotto l’occhio di Kurt, c’era un appariscente livido purpureo, il labbro tagliato e gonfio.
Blaine prese un respiro profondo, poi si alzò in piedi e gli si avvicinò. Gli poggiò gentilmente una mano sul braccio, ma lui sobbalzò e lo scrollò via.
 
Piegò la testa. “Va’ via, Blaine,” mormorò.
 
“Cosa è successo?” chiese delicatamente.
 
“Niente.” Insistette l’altro. “Solo.. devi andare. È stato divertente, finché è durato, ma onestamente? Sei davvero un idiota, se hai pensato che questo avrebbe potuto portarci da qualche parte.” Gli scoccò un’occhiata. Lo stava ancora fissando, sembrando perso.
 
“Vattene, va bene?!” sbottò.
 
“No.” Gli rispose fermamente. “Non vado da nessuna parte fino a che non mi dirai cosa.. cosa ha lasciato le impronte della sua mano su metà del tuo viso, quindi posso..”
 
“Non capisci,” replicò Kurt. “Non capirai mai. Tu sarai sempre capace di nascondere te stesso quando sarà necessario. Le persone non ti guarderanno mai, o origlieranno i tuoi discorsi, o ti faranno domande.”
 
Blaine corrugò le sopracciglia. “Vuoi dire che questo è successo perché..”
 
“Perché le persone mi guardano e sanno,” sospirò l’altro. “Non devo dire nulla, o anche negare, ma loro sanno cosa sono.” Chiuse gli occhi violentemente, appoggiandosi contro il tavolo. “Lo odio. Lo odio così tanto.”
 
Kurt si ritrasse leggermente, mentre Blaine poggiava una mano sulla sua guancia, prima di incoraggiare quel tocco, esitante. “Tu sei perfetto,” disse, e Kurt proruppe in una piccola risata. “No, dico sul serio.”
 
“Mi hai appena incontrato,” mormorò. “Mi conosci a mala pena.”
 
“E amerei poterlo fare,” gli disse. “E mi piace quello che già so. Tu sei bello, Kurt.” Si avvicinò, pressando un bacio sulle sue labbra, gentile e lento ma, allo stesso tempo, beatamente elettrico. C’era qualcosa di così meraviglioso, nel modo in cui Kurt respirava, e Blaine era sicuro di essere andato un po’ fuori di testa, perché questo era molto più bello di quanto avesse mai potuto sperare.
 
Si ritrasse, guardando gli occhi di Kurt che si aprivano un’altra volta. “Lascia che ti porti a casa,” gli disse senza fiato. “Dammi l’opportunità di ricordarti che non tutti sono così sgradevoli.”
 
Gli occhi di Kurt tremolavano sul viso di Blaine, brillando con la loro incertezza. Alla fine, lentamente annuì.
 
 
 
 
 
 
Un’ora dopo, Kurt si ritrovò seduto sul piccolo letto di Blaine, abbracciandosi stretto.
 
Blaine si morse il labbro tra i denti, guardandolo e odiando quando sembrasse improvvisamente vulnerabile. Prese un respiro profondo, entrando nella camera, e Kurt alzò lo sguardo su di lui.
 
“La tua faccia ha preso il peggio?” chiese esitante.
 
Kurt abbassò lo sguardo sul suo grembo per un momento. “Penso che ci sia qualche livido sul mio stomaco, e che le mie spalle siano leggermente dolenti, ma ho visto di peggio,” lo rassicurò. Blaine, tuttavia, rabbrividì ancora di più.
 
“Posso controllare, se ti togli i vestiti,” disse Blaine, e il sopracciglio di Kurt scattò in alto.
 
“Dobbiamo giocare al dottore?” chiese con un sorriso schivo, e la bocca di Blaine si spalancò. Kurt rise, distogliendo lo sguardo ancora una volta. “Non che mi dispiaccia poi così tanto.”
 
L’ultimo commento fece arrossire Blaine furiosamente. “Io.. io intendevo..”
 
“I miei vestiti,” disse Kurt. “Giusto.” Si schiarì la gola, e Blaine lo prese come un segnale per lasciare la stanza, prendendo il necessario dal piccolo bagno, prima di tornare. Kurt si girò timidamente verso di lui, e Blaine deglutì, mentre osservava i lineamenti del giovane.
 
Tuttavia, una chiazza sul suo braccio attirò la sua attenzione, facendogli aggrottare le sopracciglia per quella che doveva essere la centesima volta.
 
Velocemente, Kurt realizzò che cosa Blaine stesse guardando, e tirò la manica della sua maglietta, tornando a sedersi sul letto. “Non è niente,” disse immediatamente, ma Blaine fu subito al suo fianco, togliendo gentilmente la sua mano.
 
Lì, incise nella pelle di porcellana, c’erano sei lettere, che scandivano una parola terribile con una cicatrice rosea: frocio.
 
Blaine lo guardò, ma prima che potesse porre qualsiasi domanda, il moro disse: “Ero ancora al liceo. Non molto tempo dopo che mio padre.. dopo che lui..” la sua voce si spense, e immediatamente Blaine chiuse la distanza tra di loro, baciandolo disperatamente, a labbra aperte, le sue mani che stringevano la sua nuca.
 
“Mai più,” gli mormorò sulle labbra, e sentì l’altro rabbrividire, contro di lui. “Nessun altro ti ferirà mai più di nuovo.”
 
“E’ qualcosa di terribilmente grande, da promettere,” gli disse piano.
 
“Mi assicurerò che sia così,” rispose l’altro con forza.
 
Kurt gli offrì un sorriso, avvicinandosi e baciandolo ancora. “Tu sei matto,” mormorò prima di tornare a stendersi sul materasso, trascinando Blaine con sé, e facendo scontrare i loro corpi. “Ma, ad essere onesti, non penso che mi dispiaccia.”
 
 
 
 
 
 
Blaine si svegliò trovando il letto vuoto, e un senso di perdita gli fece contorcere lo stomaco. Aveva semplicemente preso in giro sé stesso, a pensare di potersi svegliare accanto a quel bellissimo ragazzo, di scambiarsi timidi sorrisi alla luce del mattino. Per un fluttuante momento, si domandò se avesse fatto qualcosa di sbagliato, ma si costrinse ad eliminare quel pensiero dalla mente, perché Kurt aveva delle cose da fare. Una vita. Un lavoro.
 
Tornò allo Scandals, come faceva ogni sera, notando, tuttavia, lo sguardo di leggera sorpresa sul viso di Kurt. Si mise a sedere al suo solito posto e, un momento dopo, Kurt arrivò per porgli davanti un bicchiere di scotch.
 
“Non pensavo che saresti tornato, stasera,” disse esitante.
 
Blaine inclinò la testa di lato, aggrottando le sopracciglia. “Perché non avrei dovuto?” chiese. “Dopo ieri notte..”
 
 
“Abbiamo dormito insieme,” rispose con aria mortificata. “Ho pensato che.. che magari avessi ottenuto quello che volevi, e che fosse tutto.”
 
Velocemente, Blaine si sporse sul bancone, e afferrò la mano di Kurt nella sua, sentendo ancora le tracce dei leggeri tagli sulle nocche, risalenti al giorno prima, che adesso si stavano trasformando in croste. Il moro si gettò un’occhiata nervosa intorno per un momento, prima di rilassarli leggermente, stringendo la sua mano in risposta.
 
“Sai,” gli disse Blaine, a bassa voce, e senza fiato. “Hai provato a dirmi quanto io non sappia niente, su di te. Magari è anche il tuo caso.” Prese un respiro profondo, prendendo la mano di Kurt tra le sue. “Voglio la possibilità di dimostrarti che non sto sprecando il tuo tempo. E voglio che tu sia capace di vederlo.”
 
Kurt annuì lentamente. “Va bene,” disse.
 
“Va bene?!”
 
Kurt annuì di nuovo, offrendogli un sorriso. “Continui a provarmi che mi sbaglio,” ammise. “Magari lo farai di nuovo. Forse.. forse tutto questo potrebbe trasformarsi un qualcosa di buono per entrambi.”
 
 
 
 
 
 
Ci vollero settimane, prima che la maggior parte dei lividi sparissero. Mentre alcuni andarono via velocemente, altri indugiarono nel tempo.
 
Improvvisamente, Blaine si ritrovò a svegliarsi affianco a quel bellissimo moro tutte le mattine, proprio come aveva sperato, e non poteva fare a meno di sentire l’immensa fortuna della sua situazione, il fatto che avesse trovato quel ragazzo per pura fortuna.
 
Qualche volta, pensava di potersi svegliare, di stare semplicemente dormendo.
 
Qualche volta pensò che la sua fortuna avrebbe potuto svanire, che si sarebbe svegliato e Kurt non ci sarebbe stato più.
 
Ma con il passare dei mesi, quelle poche mattine in cui si era svegliato senza Kurt al suo fianco, aveva sentito la paura svanire, mente Kurt tornava da lui minuti dopo, con due tazze di caffè, o un piatto di toast e uova, dandogli un bacio e sorridendogli, prima di tornare a letto insieme a lui.
 
Non poteva fare a meno di sorridere, quando lo vedeva, non poteva fare a meno di sorridergli scioccamente, ogni volta che erano stesi insieme, tracciando i contorni del suo corpo pallido, tracciando linee e forme con le dita. Aveva mappato ogni pollice della sua pelle, imparando a memoria ogni cicatrice e supposta imperfezione, amandole tutte.
 
 
“Lo stai facendo di nuovo,” mormorò Kurt, guardandolo da sotto le lunghe ciglia.
 
La voce era accusatoria, ma stava comunque sorridendo.
 
“Cosa?” chiese Blaine, raddrizzando la testa.
 
“Fissarmi.” Replicò Kurt.
 
Blaine canticchiò in risposta. “Forse dovrei soltanto comprarmi una macchina fotografica, e coprire tutti i muri con la tua immagine,” gli disse, e Kurt rise, chiudendo i suoi meravigliosi occhi azzurri e scuotendo la testa. Blaine si avvicinò gentilmente, scostandogli una ciocca di capelli dal viso, sentendo l’usuale pienezza nel suo cuore, e il petto che si gonfiava, come se tutta l’aria fosse sparita dal mondo in un secondo. Ma dannazione, tutto quello di cui aveva bisogno per vivere era Kurt, non l’ossigeno.
 
“Ti amo,” gli disse all’improvviso, e gli occhi di Kurt si spalancarono leggermente, spaventato. Blaine sentì come il suo respiro si fosse bloccato, ma all’improvviso si era girato, sedendosi, mantenendo la coperta vicina al suo corpo nudo.
 
“Non usare parole che non capisci,” mormorò.
 
Blaine aggrottò le sopracciglia, inginocchiandosi per avvicinarsi a lui. “Pensi che non voglia dire quello che ho detto?” gli chiese.
 
“Non penso questo,” gli rispose. “Ma non penso che tu capisca quello che stai dicendo.”
 
“Ti amo, Kurt,” ripeté. “E te lo proverò.”
 
“Come?” chiese Kurt tristemente.
 
“Andiamo via,” rispose, la voce piena di ovattata emozione. “Lasceremo il paese, andremo dove potremo stare insieme, dove saremo accettati.”
 
Kurt scosse la testa. “Non lascerò che ti uccidano perché hai preso la stupida decisione di essere un disertore,” disse seccamente.
 
“Allora New York,” disse velocemente, e Kurt lo guardò con una strana espressione.
 
“Magari non sarà perfetto, ma sarà meglio che in questa stupida città. E allora.. allora potrai permetterti di realizzare i tuoi sogni, Kurt. Potresti arrivare a Broadway.
 
“Ma costa..”
 
“Userò ogni singolo risparmio che ho,” gli disse. “Sarà difficile, ma lo faremo.” Si avvicinò, prendendo il suo viso tra le mani, e portandoselo più vicino per baciarlo. Lasciò che le loro fronti restassero congiunte. “Ne varrebbe la pena, per vivere la mia vita insieme a te. E allora.. allora, il secondo in cui sarà legale, io e te.. andremo in auto stop.”
 
Kurt esitò. “Non vuoi dirlo sul serio,” disse, la voce quasi inudibile.
 
Blaine lo allontanò leggermente, lottando con le sue mani, mentre Kurt lo guardava curiosamente, prima che riuscisse finalmente a tirare via un anello.
 
“Il mio anello del liceo,*” disse senza fiato. “Non è.. non è molto ma.. Dio, Kurt, io..”
 
Kurt lo zittì con un duro bacio, scuotendolo leggermente. “Sì,” disse velocemente, ancora tremando, ponendosi una mano sulla bocca. Qualche lacrima cadde sulle sue guance, e Blaine gli mise l’anello al dito.
 
“Stanotte,” gli disse Blaine. “Lasceremo la città stanotte, quando il tuo turno sarà finito. Solo.. vieni alla stazione dei treni non appena hai finito, e andremo via, senza più guardarci indietro.”
 
Kurt annuì velocemente, baciandolo profondamente ancora una volta. “Ti amo,” soffiò. “Ti amo, Blaine.”
 
“Stanotte,” ripeté.
 
“Sì. Stanotte,” assentì Kurt, con una risata acquosa. “Sarò lì. Prometto.”
 
 
 
 
 
 
Il cuore di Blaine batteva come un forsennato nel suo petto, mentre guardava l’orologio della stazione. Mezzanotte. Kurt dovrebbe stare arrivando, adesso. Si sedette ansiosamente su una panchina, e lì rimase per quindici minuti, prima che la neve cominciasse a cadere. Tremando, si costrinse ad aspettare all’interno, incapace di sedersi.
 
Misurava a grandi passi il pavimento, camminando avanti e indietro nella stazione vuota.
 
Passarono altri quindici minuti. Poi trenta. Poi un’ora, quando all’improvviso un senso di malessere gli colpì lo stomaco. Qualcosa non andava.
 
Stringendosi il giaccone addosso, si diresse nuovamente all’esterno, guardando l’orologio.
 
Kurt avrebbe dovuto essere lì da quaranta cinque minuti, più o meno. Forse la neve lo aveva rallentato. O forse era stato trattenuto al lavoro. Prendendo un profondo respiro, l’aria fredda che gli pizzicava i polmoni, cominciò a camminare tra la neve, dirigendosi verso lo Scandals.
 
 
La porta era chiusa, e le luci erano spente. Pressò il naso contro la finestra, non vedendo nulla tranne sedie posate sui tavoli, che toccava sempre a Kurt pulire. Blaine sfrecciò lungo il vicolo dietro l’edificio, volendo controllare la porta sul retro, perché forse, solo forse, avrebbe trovato Kurt ancora all’interno, che raccoglieva le sue cose.
 
E poi, dietro ai sacchi dell’immondizia, Blaine vide la borsa di Kurt. Il cuore gli schizzò nel petto, insieme a un orribile senso di realizzazione. Ma no. No. Assolutamente no.
 
Si ritrovò improvvisamente al suolo, scavando la neve con le mani, e.. no no no, si ripeteva mentalmente. No. No. No. Non questo. Non ora..
 
Sentì un gemito familiare, anche se molto più debole, e il suo cuore sembrò fermarsi.
 
Spostò velocemente l’immondizia, prendendo il ragazzo ferito tra le sue braccia.
 
“Kurt,” sussurrò spezzato. “Kurt no..”
 
“Blaine?” sobbalzò, il suo corpo che tremava, il fiato corto. “Noi.. dobbiamo.. dobbiamo andare..”
 
“Lo so, lo so,” soffiò Blaine. “Dio, sei così freddo. Io.. qui. Prendi la mia giacca..” lo pose gentilmente al suolo, togliendogli la giacca, mentre il ragazzo tossiva, l’intero corpo scosso dai tremiti. Gli mise gentilmente la giacca, prima di prenderlo tra le braccia un’altra volta, realizzando, una volta fatto questo, che la neve dove giaceva la testa di Kurt era macchiata di cremisi. Ci pose sopra la mano, per confermare i suoi sospetti, e poté sentire quel calore appiccicoso. I suoi occhi si spalancarono, e guardò gli occhi a mezz’asta di Kurt, sentendo il suo petto contratto dal dolore.
 
“B-Blaine,” emise, e Blaine deglutì.
 
“Sono qui,” gli disse. “Sono proprio qui.”
 
“C-così f-freddo” mormorò, tossendo ancora e gemendo. “F-fa co-così tanto m-male.”
 
 
“Lo so,” gli disse. “Mi dispiace. T-ti avevo promesso che nessun altro ti avrebbe mai più ferito, e I-io..”
 
“No,” disse Kurt velocemente, tremando ad ogni parola, e ad ogni respiro. “Tu mi hai t-tenuto in salvo.. lo hai f-fatto.. così bene.. m-meglio io che.. che t-tu..” ansimò leggermente, stringendo gli occhi contro il dolore. “S-stanco.. così s-stanco..”
 
“Kurt,” mormorò Blaine. “No, Kurt, non puoi.. non puoi fare questo. Non puoi lasciarmi..”
 
“M-mai.”
 
Blaine pressò la sua fronte su quella di Kurt. “Dobbiamo cercare aiuto, Kurt,” disse, incapace di trattenere ancora le lacrime, sentendole cadere contro le guance ghiacciate.
 
Guardò senza alcuna speranza oltre il vicolo, verso la via. “Aiuto!” urlò disperatamente, la voce rotta. “Aiuto!”
 
“Smettila,” gli disse debolmente.
 
Blaine scosse la testa, avvicinandosi di nuovo a Kurt. “Tu hai bisogno..”
 
“Te,” sussurrò, le dita leggerissime contro le guance. “Ho b-bisogno di t-te.. ti amo, B-Blaine..”
 
“Ti amo,” sussurrò, sentendo la leggera pressione delle mani di Kurt sul suo viso. E poi, improvvisamente le sue braccia caddero, i suoi leggeri ansimi cessarono del tutto.
 
Blaine respirò profondamente, stringendosi il corpo al petto e singhiozzando nella notte, spezzato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Questa è la tua prima volta in battaglia, non è vero, figliolo?”
 
Blaine alzò lo sguardo verso l’uomo, e annuì una volta.
 
“Sei nervoso? Io stavo tremando nei miei anfibi, la prima volta che sono uscito allo scoperto, e ho un buon numero di anni di esperienza.”
 
Blaine scosse la testa, guardandolo insensibilmente. “Non ho niente da perdere,” mormorò tra sé. L’uomo lo guardò curiosamente, ma poi annuì.
 
E poi successe. Qualcuno, da qualche parte, cominciò a sparare. Fu veloce e improvviso, e uomini intorno a Blaine cominciarono a cadere. Sparò a sua volta, non sentendo nemmeno la pistola tra le sue mani, ma non gli importava più. E poi qualcuno lo colpì alla schiena.
 
Non sentì dolore per qualche momento, sentì solo i polmoni costretti, incapace di muoversi. Con la coda dell’occhio, vide il rosso coprire la sua uniforme, zampillando.
 
Velocemente, l’uomo a cui era stato assegnato fu accanto a lui. “Merda!” mormorò, pressando la mano sulla ferita. “Merda, Io.. è brutta, figliolo, io..”
 
Blaine capì le sue parole a malapena, lo fissò semplicemente. Provò a parlare, ma un terribile, inumano rumore giunse dalla sua bocca.
 
“Ehi, ehi!” disse l’uomo velocemente. “No, non parlare, io..”
 
“Lui-lui è venuto,” disse Blaine. “Per m-me.”
 
“Chi?” chiese l’uomo, la voce improvvisamente nervosa. “Merda.. è davvero brutta.. un angelo sta venendo per te, figliolo?”
 
“S-sì,” ansimò Blaine, sorridendo debolmente, mentre il suo petto continuava a dolere, gli occhi completamente spalancati. “Il m-mio angelo..”
 
Poté vagamente sentire l’uomo gridare per un medico, per qualcuno che lo aiutasse, ma sapeva che era troppo tardi per lui. Sorrise felice, sentendo qualcuno afferrare la sua mano.
 
Quelle soffici, gentili mani.
 
“Sei tornato per me.”
 
Quella voce. Dio, gli era mancata così tanto, quella voce. Girò leggermente la testa, ghignando, mentre la figura familiare del moro gli scostava i ricci dal viso.
 
Sorrise, sentendo l’ultimo respiro abbandonare il suo corpo.
 
“Non avrei mai potuto starti lontano.”
 
 
 
 
 
*Anello che gli studenti producono con forma, pietre e design che più li rappresenta. È solitamente molto costoso.
Fonte: Urban Dictionary
 
  
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