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Autore: Stephanie86    09/03/2014    5 recensioni
Pensieri e ricordi di un personaggio importante del telefilm:
Dal testo: L’acqua rifletté l’immagine della ragazzina, tremolando leggermente.
[...]
Sfiorò il riflesso con la punta dell’indice, ma ritrasse subito la mano.
L’acqua non le piaceva. Non era il suo elemento.
Il suo elemento era il fuoco.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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“And I see fire 
Blood in the breeze 
And I hope that you remember me” 
[Ed Sheeran, I See Fire]



 

L’acqua rifletté l’immagine della ragazzina, tremolando leggermente.

Capelli biondi, un biondo un po’ stopposo, aggrovigliati. Occhi grandi e azzurri. Un viso apparentemente dolce.

Sfiorò il riflesso con la punta dell’indice, ma ritrasse subito la mano.

L’acqua non le piaceva. Non era il suo elemento.

Il suo elemento era il fuoco. Il suo posto preferito, quello dove andava sempre a giocare, era un cratere di lava.

Il suo elemento era il fuoco, perché lei era fatta di fuoco. Il suo spirito era come lo spirito di suo padre. Fuoco eterno. Fuoco bruciante e inestinguibile. Il fuoco non la bruciava, quando aveva voglia di giocarci. Il fuoco non poteva farle del male, perché la riconosceva per ciò che era. Il fuoco lambiva le sue dita, la sua pelle, ma non lasciava segni. Mai e poi mai l’avrebbe fatto. Avrebbe potuto bruciare l’agnellino di legno che aveva con sé da quando era nata, ma non lei.

Si chiamava Fayla. L’avevano chiamata così, quando l’avevano trovata vicino al fiume. Erano stati i centauri di Caleipo. I loro occhi avevano visto una bambina sola, sperduta, indifesa, bagnata e tremante. Nient’altro. I loro occhi non potevano vedere le fiamme.

“Dove sono i tuoi genitori?”, aveva chiesto un centauro.

“Non so”. Si era dimostrata spaventata e intimidita dall’essere che era mezzo uomo e mezzo cavallo.

“Qual è il tuo nome?”

Non aveva risposto.

“Non te lo ricordi?”.

“Non ricordo niente. Cosa sei?”. Ingenua. Era come aveva deciso di apparire. Ingenua come ogni bambina. Con una visione ancora ridotta del mondo.

“La chiameremo Fayla”, aveva decretato il capo, Caleipo. “E vivrà qui con noi. Questa sarà la sua casa.”

“Fayla”, aveva detto lei. E aveva sorriso.

Il mio nome non è Fayla. Io conosco il mio nome.

Il suo nome, quello vero, era bello. Era un nome che non avrebbe insospettito nessuno.

Speranza.

Non aveva rivelato né da dove veniva, né tantomeno quale fosse la sua vera identità. Suo padre non avrebbe gradito che lo rivelasse ai centauri. I centauri erano amici della donna con i capelli neri e gli occhi come schegge di ghiaccio azzurro che voleva ucciderla quando era solo una bambina di pochi mesi.

Xena.

Ricordava il suo nome. Perché la sua mente non era come quella degli altri uomini. Era una mente più grande, più aperta, in grado di ricordare qualsiasi cosa.

Ricordava tutto, Speranza.

Il volto di sua madre. La sua madre umana.

Aveva occhi azzurri come i suoi e i capelli lunghi e biondi. Aveva un viso dolce e un cuore grande. Speranza l’aveva sentito, quel cuore. L’aveva sentito pulsare e aveva capito che era pieno d’amore per lei. Poco importava, ad Olimpia, che fosse figlia del Signore dell’Eterno Fuoco, Dahak. L’amava comunque. Contro il volere della donna con gli occhi di ghiaccio. Occhi di ghiaccio che l’avevano sempre guardata con sospetto, negli ultimi momenti, prima della fuga, anche con astio. Con disprezzo.

Lei non è fatta di fuoco. È fatta di sangue. Di tenebre. Il suo cuore è nero.

(È il fuoco. Sapeva che io sono fatta di fuoco)

“Non ti preoccupa il fatto che sia una creatura non terrena?”

“Olimpia, dimentichi che è figlia di Dahak”.

“Continuerò a tenerla d’occhio. Non sono ancora sicura della sua innocenza”.

Xena l’aveva tenuta d’occhio, ma non l’aveva presa. Se fosse accaduto l’avrebbe uccisa, perché allora era una bambina e basta. Cresceva in fretta, ma era una bambina che ancora non poteva parlare né usare i suoi poteri come avrebbe desiderato. Era riuscita a strangolare quell’idiota di Casvalan, il guerriero che aveva protetto sua madre insieme a Xena all’inizio, subito dopo il parto, solo perché lui aveva la guardia abbassata. Xena non aveva mai la guardia abbassata. Le sue orecchie sentivano tutto. I suoi occhi vedevano tutto. E l’avrebbe uccisa.

Madre, salvami. Speranza non era in grado di parlare, ma era riuscita a stabilire un contatto con la madre e a far leva sulla sua volontà, sul suo amore sconfinato per la bambina arrivata così all’improvviso nella sua vita. La sua speranza. Un dono. La luce che le avrebbe permesso di ricominciare dopo ciò che era accaduto nel Tempio di Dahak. La luce che le avrebbe permesso di dimenticare le sue mani sporche di sangue. La sua prima uccisione. Quella che aveva scatenato tutto.

Madre, salvami. Lei vuole portarmi via da te. Lei è cattiva, vuole uccidermi. Aiutami, madre. Aiutami.

Sua madre provava un amore sconfinato anche per la donna con gli occhi di ghiaccio, ma l’istinto materno aveva avuto la meglio. Olimpia era fuggita con una delle sue amiche Banshee, mentre Xena era troppo occupata con gli altri spiriti.

Sì, madre. Salvami. Portami lontano da lei.

“Non permetterò che ti faccia del male”, le aveva detto Olimpia. “Morirei, piuttosto”.

Ma sua madre era anche debole. Non era una guerriera forte e abile come Xena. Non ancora. Non sapeva se fosse migliorata da allora, ma a quel tempo non lo era. Xena l’avrebbe certamente raggiunta.

“Quella creatura che hai tanto a cuore è un mostro!”, aveva gridato Xena, mentre le inseguiva. “Se non la uccidi, ucciderà te!”

Madre, non ascoltarla. Non sono il Male. Sono come te. Non sono il Male. Non sono la Figlia del Male. Sono luce.

(sono fuoco)

“Olimpia, comprendo i tuoi sentimenti. In lei riesci a vedere solo la tua dolce bambina...”

Non è vero. Lei non comprende. Lo dice solo per convincerti.

“Proteggendo quell’essere mostruoso, gli dai la possibilità di fare ancora del male!”.

Non ascoltarla, madre.

Olimpia l’aveva salvata. Aveva dovuto abbandonarla in una cesta che aveva depositato nel fiume, ma l’aveva salvata.

Grazie, madre.

Era sicura che Xena non sapesse che lei era ancora viva. Se così fosse stato, a quel punto sarebbe già venuta a cercarla.

Verrai, un giorno, Xena. Verrai e verrà anche mia madre. Mia madre mi ama e non ti permetterà di uccidermi. Anche se ormai... Ormai non puoi più uccidermi. Sono troppo potente. Sono fuoco. Presto diventerò ancora più potente. E tu... Tu avrai quello che ti meriti, Xena. La figlia del Signore dell’Eterno Fuoco ti aspetta.

Ma prima doveva liberare la donna intrappolata nella prigione di lava. Si chiamava Callisto. Aveva udito la sua voce e la sua sete di vendetta. Anche lei odiava Xena. Anche lei voleva fargliela pagare. Presto sarebbe riuscita a farla uscire.

Presto. Molto presto.

 

   
 
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