“And I see fire
Blood in the breeze
And I hope that you
remember me”
[Ed Sheeran, I See
Fire]
L’acqua
rifletté l’immagine
della ragazzina, tremolando leggermente.
Capelli biondi,
un
biondo un po’ stopposo, aggrovigliati. Occhi grandi e
azzurri. Un viso
apparentemente dolce.
Sfiorò
il riflesso con
la punta dell’indice, ma ritrasse subito la mano.
L’acqua
non le piaceva.
Non era il suo elemento.
Il suo elemento
era il
fuoco. Il suo posto preferito, quello dove andava sempre a giocare, era
un
cratere di lava.
Il suo elemento
era il
fuoco, perché lei era fatta di fuoco. Il suo spirito era
come lo spirito di suo
padre. Fuoco eterno. Fuoco bruciante e inestinguibile. Il fuoco non la
bruciava, quando aveva voglia di giocarci. Il fuoco non poteva farle
del male, perché
la riconosceva per ciò che era. Il fuoco lambiva le sue
dita, la sua pelle, ma
non lasciava segni. Mai e poi mai l’avrebbe fatto. Avrebbe
potuto bruciare l’agnellino
di legno che aveva con sé da quando era nata, ma non lei.
Si chiamava
Fayla. L’avevano
chiamata così, quando l’avevano trovata vicino al
fiume. Erano stati i centauri
di Caleipo. I loro occhi avevano visto una bambina sola, sperduta,
indifesa,
bagnata e tremante. Nient’altro. I loro occhi non potevano
vedere le fiamme.
“Dove
sono i tuoi genitori?”, aveva chiesto un
centauro.
“Non
so”. Si era
dimostrata spaventata e intimidita dall’essere che era
mezzo uomo e mezzo cavallo.
“Qual
è il tuo nome?”
Non aveva
risposto.
“Non
te lo ricordi?”.
“Non
ricordo niente. Cosa sei?”. Ingenua. Era
come aveva deciso di
apparire. Ingenua come ogni bambina. Con una visione ancora ridotta del
mondo.
“La
chiameremo Fayla”, aveva decretato
il capo, Caleipo. “E
vivrà qui con noi. Questa sarà la sua
casa.”
“Fayla”,
aveva detto lei.
E aveva sorriso.
Il
mio nome non è Fayla. Io conosco il mio nome.
Il suo nome,
quello
vero, era bello. Era un nome che non avrebbe insospettito nessuno.
Speranza.
Non aveva
rivelato né da
dove veniva, né tantomeno quale fosse la sua vera
identità. Suo padre non
avrebbe gradito che lo rivelasse ai centauri. I centauri erano amici
della
donna con i capelli neri e gli occhi come schegge di ghiaccio azzurro
che
voleva ucciderla quando era solo una bambina di pochi mesi.
Xena.
Ricordava il suo
nome. Perché
la sua mente non era come quella degli altri uomini. Era una mente
più grande,
più aperta, in grado di ricordare qualsiasi cosa.
Ricordava tutto,
Speranza.
Il volto di sua
madre.
La sua madre umana.
Aveva occhi
azzurri
come i suoi e i capelli lunghi e biondi. Aveva un viso dolce e un cuore
grande.
Speranza l’aveva sentito, quel cuore. L’aveva
sentito pulsare e aveva capito
che era pieno d’amore per lei. Poco importava, ad Olimpia,
che fosse figlia del
Signore dell’Eterno Fuoco, Dahak. L’amava comunque.
Contro il volere della
donna con gli occhi di ghiaccio. Occhi di ghiaccio che
l’avevano sempre
guardata con sospetto, negli ultimi momenti, prima della fuga, anche
con astio.
Con disprezzo.
Lei
non è fatta di fuoco. È fatta di sangue. Di
tenebre. Il suo
cuore è nero.
(È
il fuoco. Sapeva che io sono fatta di fuoco)
“Non
ti preoccupa il fatto che sia una creatura non terrena?”
“Olimpia,
dimentichi che è figlia di Dahak”.
“Continuerò
a tenerla d’occhio. Non sono ancora sicura della
sua innocenza”.
Xena
l’aveva tenuta d’occhio,
ma non l’aveva presa. Se fosse accaduto l’avrebbe
uccisa, perché allora era una
bambina e basta. Cresceva in fretta, ma era una bambina che ancora non
poteva
parlare né usare i suoi poteri come avrebbe desiderato. Era
riuscita a
strangolare quell’idiota di Casvalan, il guerriero che aveva
protetto sua madre
insieme a Xena all’inizio, subito dopo il parto, solo
perché lui aveva la
guardia abbassata. Xena non aveva mai la guardia abbassata. Le sue
orecchie
sentivano tutto. I suoi occhi vedevano tutto. E l’avrebbe
uccisa.
Madre,
salvami. Speranza non era
in grado di parlare, ma era riuscita a
stabilire un contatto con la madre e a far leva sulla sua
volontà, sul suo
amore sconfinato per la bambina arrivata così
all’improvviso nella sua vita. La
sua speranza. Un dono. La luce che le avrebbe permesso di ricominciare
dopo ciò
che era accaduto nel Tempio di Dahak. La luce che le avrebbe permesso
di dimenticare le sue mani sporche
di
sangue. La sua prima uccisione. Quella che aveva scatenato tutto.
Madre,
salvami. Lei vuole portarmi via da te. Lei è
cattiva, vuole uccidermi. Aiutami, madre. Aiutami.
Sua madre
provava un
amore sconfinato anche per la donna con gli occhi di ghiaccio, ma
l’istinto
materno aveva avuto la meglio. Olimpia era fuggita con una delle sue
amiche
Banshee, mentre Xena era troppo occupata con gli altri spiriti.
Sì,
madre. Salvami. Portami lontano da lei.
“Non
permetterò che ti faccia del male”, le aveva detto
Olimpia. “Morirei,
piuttosto”.
Ma sua madre era
anche
debole. Non era una guerriera forte e abile come Xena. Non ancora. Non
sapeva
se fosse migliorata da allora, ma a quel tempo non lo era. Xena
l’avrebbe
certamente raggiunta.
“Quella
creatura che hai tanto a cuore è un mostro!”, aveva gridato
Xena, mentre le
inseguiva. “Se non la uccidi,
ucciderà
te!”
Madre,
non ascoltarla. Non sono il Male. Sono come te. Non
sono il Male. Non sono la Figlia del Male. Sono luce.
(sono
fuoco)
“Olimpia,
comprendo i tuoi sentimenti. In lei riesci a vedere
solo la tua dolce bambina...”
Non
è vero. Lei non comprende. Lo dice solo per convincerti.
“Proteggendo
quell’essere mostruoso, gli dai la possibilità
di fare ancora del male!”.
Non
ascoltarla, madre.
Olimpia
l’aveva
salvata. Aveva dovuto abbandonarla in una cesta che aveva depositato
nel fiume,
ma l’aveva salvata.
Grazie,
madre.
Era sicura che
Xena non
sapesse che lei era ancora viva. Se così fosse stato, a quel
punto sarebbe già
venuta a cercarla.
Verrai,
un giorno, Xena. Verrai e verrà anche mia madre. Mia
madre mi ama e non ti permetterà di uccidermi. Anche se
ormai... Ormai non puoi
più uccidermi. Sono troppo potente. Sono fuoco. Presto
diventerò ancora più
potente. E tu... Tu avrai quello che ti meriti, Xena. La figlia del
Signore
dell’Eterno Fuoco ti aspetta.
Ma prima doveva
liberare la donna intrappolata nella prigione di lava. Si chiamava
Callisto. Aveva
udito la sua voce e la sua sete di vendetta. Anche lei odiava Xena.
Anche lei
voleva fargliela pagare. Presto sarebbe riuscita a farla uscire.
Presto. Molto
presto.