Quotidianità
«Non
so come
ripetertelo Santana,ma in questo posto siete in troppi. Mia nipote si
è appena
diplomata e presto verrà a lavorare qui. Ho
te,Mandy,Josh,Simon,e presto verrà
lei. Mi dispiace davvero,ma non ho mai avuto intenzione di assumere
tutto
questo personale e tu sei l’ultima arrivata. Capisci quello
che sto cercando di
dirti?»
Guardai
Carl
dritto negli occhi,con l’odio che aveva trasformato il mio
viso in una maschera
terrificante. Che maledetto vecchiaccio
figlio di puttana! pensai furiosa. Non poteva liberarsi di
me,non in quel
modo,non poteva farlo! I clienti mi adoravano,soprattutto i ragazzi che
venivano in quel posto per lanciarmi occhiate degne del più
rozzo e disgustoso
maniaco. Diciamo che ero una sorta di “attrazione”
per i clienti di sesso
maschile,ma diciamo pure che il mio interesse per le loro battutine o
per i loro
sguardi affamati (e non del cibo scritto sul menù) era pari
a zero. Facevo il
mio lavoro,era quel che avevo sempre fatto,più o meno.
Certo, la Lima’s House
non era altro che una bettola malconcia piena di alcolizzati privi di
patente e
minorenni sregolati che approfittavano dei bagni per fumare un
po’ di erba,ma
il posto mi era sempre stato più che bene,così
come anche la misera paga. Se
solo i miei genitori avessero avuto qualche soldo in più da
parte,o se solo
fossi stata così in gamba da ottenere una borsa di
studio,avrei potuto
frequentare una bella università nel Kentucky o
giù di lì.
«Ho
lavorato
qui per sette schifosissimi mesi!Ho servito a quei dementi la tua merda
di cibo
e tu mi cacci via così?!»
Carl
socchiuse leggermente gli occhi,furioso, e il suo viso pieni di rughe
si colorò
di rosso. Era arrabbiato,ma sapevo che non avrebbe cambiato idea in
alcun
modo,per cui…
«Sei
una maledetta
impertinente,ragazzina!Come osi rivolgerti a me con quel tono?La tua
famiglia
stava morendo di fame quando sei venuta qui disperata in cerca di un
lavoro,ed
io ti ho dato di che mangiare. Dovresti portarmi rispetto!»
esclamò il vecchio
ancora rosso in viso.
«Fottiti!»
sputai tra i denti.
Girai
i
tacchi e uscii dall’ufficio nera di rabbia. Mandy mi
lanciò un’occhiata
incuriosita e capii che presto sarebbe corsa a chiedere spiegazioni,ma
non
avevo alcuna voglia di parlare. Mi tolsi alla svelta
quell’orrido grembiule
sporco di olio e lo lanciai con disprezzo dietro il bancone.
«Ehi,ragazzina!Sparisci
da questo posto e non farti più vedere,mi hai
sentito?» urlò il
vecchio,affacciandosi dal suo sudicio ufficio «sei solo una
sporca mocciosa che
prima o poi riceverà una bella lezione dalla vita!»
Tutti
gli
sguardi erano su di me,sia quelli dei clienti che quelli del personale.
Mandy
abbandonò rapidamente il suo vassoio sul bancone e fece per
raggiungermi,ma
qualcosa glielo impedì.
«Tu,si
dico
a te!Non azzardarti ad andare da lei,hai capito?!»
sbraitò Carl,guardandola
furioso.
Lanciai
un’ultima occhiata alla ragazza dai capelli rossi,e lei mi
rispose con un’altra
sinceramente dispiaciuta,ma non si mosse di un millimetro. Stralunai
gli
occhi,borbottai un “al diavolo”, e uscì
alla velocità della luce da quel posto
la cui puzza di fritto mi aveva stordita per la bellezza di interi mesi.
*
Quel
maledetto bastardo aveva mandato tutto a puttane!Come sarei tornata dai
miei a
quell’ora,sapendo che sarei dovuta essere in
tutt’altro luogo?Cos’avrei detto a
loro,che soltanto da poco avevano ritrovato un minimo di
stabilità economica?Un
anno prima mio padre era stato licenziato da una fabbrica di carta,e da
lì la
situazione era diventata abbastanza pericolosa. Avevamo rischiato di
perdere la
casa,poi però quel vecchiaccio di Carl aveva deciso di
assumermi,ed io,che
avevo rinunciato già da un pezzo ad i miei sogni
universitari,avevo cercato di
aiutare come meglio potevo. Anche mio fratello,più piccolo
di qualche anno,aveva
trovato un lavoretto part time,ma per l’appunto era part
time, e quindi ben
poco retribuito. Sì,beh,la mia vita potrà
sembrarvi uno schifo,ma non la odiavo
pur non avendola mai amata particolarmente. In quel disastro
c’era pur sempre
qualcosa di bello.
«Così
quello
stronzo ti ha licenziata,eh?» mi chiese Josh con un assurdo
sorrisetto sulle
labbra.
«Sì!Proprio
per questo non dovresti sorridere in quel modo…»
Il
ragazzo
dai capelli neri come l’ebano e gli occhi blu mi sorrise di
nuovo e mi venne
voglia di prenderlo a schiaffi. Diamine,però,se era bello.
L’avevo conosciuto durante
l’ultimo anno a scuola. Lui era il belloccio col fisico
palestrato e le
innumerevoli vittorie di basket che aveva regalato al liceo,ed io ero
la
cheerleader popolare che girava per i corridoi con indosso uno
striminzito
gonnellino e l’aria da “non fissarmi troppo a lungo
altrimenti sono botte”. Una
storia banale potreste dire : la bella cheerleader che sta con il
campione
della scuola,ma la verità era che non importava lo sport,la
popolarità,o le uniformi
indossate dall’ “elite” ; non era mai
importato. Io lo amavo e lui amava
me,indipendentemente da tutto e da tutti,dal resto del mondo.
«Scusa,è
solo che sono contento di non dovermi più preoccupare di
tutti quei
cinquantenni che ti divoravano con gli occhi» disse quasi
entusiasta.
Eppure
non
m’infastidiva il fatto che fosse (in parte) felice del mio
licenziamento,anzi.
Era bello che qualcuno pensasse in quel modo a me,che qualcuno fosse
geloso,che
qualcuno tenesse fino all’inverosimile alla mia persona.
«Già,»
cominciai sorridendo «avresti dovuto vedere la faccia di quei
disgraziati
quando Carl ha urlato di andarmene»
Josh
rise.
«Ci
credo!»
Mi diede
un piccolo e delicato bacio sulle labbra,lì,sotto il
sole cocente che ci faceva compagnia e teneva caldi i nostri
corpi,dandoci un
inevitabile sollievo. L’erba era di un verde chiaro,quasi
misto al giallo,ma
era morbida ed accogliente. Feci un tiro di Camel ed aspirai senza
indugi,con
naturalezza e piacere. Josh mi guardava serio,con i suoi occhi intensi
e
luminosi per via dei raggi caldi,e sembrava volesse dire qualcosa come
“ti amo”
o “sei la mia vita” ; sì,aveva il
classico sguardo del babbeo stracotto di
qualcuno,ma io l’amavo,l’amavo anche per quello.