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Autore: Clopette    10/03/2014    3 recensioni
-Allora? Ci hai pensato?
La notte era scesa sul Bosco e le stelle brillavano sul palazzo degli elfi. E due di loro le scrutavano con avidità, sdraiati su un prato; l'uno le vedeva, l'altra sentiva l'infinito della volta celeste su di sé.
-A cosa?
-Al colore dei tuoi occhi.
-Azzurro-e-basta.
Aranel roteò gli occhi. -Sei una noia mortale.- lo apostrofò.
Lui sorrise.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Aveva nevicato tutta la notte sul Bosco.
Perfino i più anziani abitanti del reame elfico faticavano a ricordare un inverno altrettanto freddo, eppure era arrivato, improvviso e inesorabile, e aveva coperto l'intero paesaggio con la sua neve. 
La distesa di arbusti sembrava coperta da un immenso lenzuolo bianco. Gli animali erano ormai da  molte settimane in letargo, i boscaioli raramente osavano sfidare le temperature uscendo dalle proprie capanne e quasi nessuno straniero tentava l'ingresso nella foresta, neppure navigando sui corsi d'acqua, che erano ghiacciati in molti tratti.
E tutto taceva.
All'inizio la neve era stata una gioia per tutti, specialmente per i più piccoli, ma a poco a poco il sentimento di novità e allegria aveva incominciato a venir meno, e si era fatto sempre più chiaro per la popolazione del Bosco che quella sarebbe stata una stagione particolarmente rigida e che avrebbe portato con sé non pochi problemi.
Sempre meno gente usciva dalle abitazioni, sempre minore era il chiacchiericcio e la voglia di festeggiare, persino nelle rare serate in cui le temperature erano più clementi, a tal punto che sembrava che un incantesimo fosse calato sulla foresta, addormentandola.
Sicuramente, i più preoccupati per quella scomoda situazione erano il Re e la Regina degli Elfi a nord di Bosco Atro.
Non erano certo degli sciocchi, né degli sprovveduti, e avevano iniziato a fare provviste per il popolo da molto prima che arrivasse l'inverno, ma erano comunque preoccupati che il cibo, i tessuti più pesanti e i medicamenti potessero non bastare. 
E, in una situazione del genere, i membri della servitù con più esperienza sapevano che era saggio evitare di girare troppo intorno a re Thranduil, o di importunarlo con questioni che non fossero davvero importanti.
Da parte sua, egli tentava di mascherare la propria preoccupazione ostentando la solita sicurezza con gli altri, o distraendosi con i suoi doveri di sovrano e, se il tempo glielo consentiva, immergendosi in lunghe letture.
Quel giorno si sentiva profondamente grato di avere finalmente un po' di tempo per se stesso, e aveva deciso di trascorrerlo leggendo seduto di fronte a un ampio camino sistemato negli alloggi reali, con un bicchiere di vino e la culla del principino sistemata accanto a sé.
Ma, purtroppo, la dolce illusione di essere finalmente sollevato da tutti i suoi pensieri fu bruscamente interrotta a causa di una furtiva occhiata fuori dalla grande finestra della stanza: nevicava, di nuovo, e stavolta con molta più forza rispetto alle giornate precedenti.
Provò quella leggera fitta d'ansia che era diventata una costante familiare da alcune settimane, e si alzò svogliatamente, diretto verso la finestra che dava su un ampio balcone.
Seppur semi-nascosto da alti abeti imbiancati, quel balcone era l'unico punto esterno della fortezza elfica, che dava sul versante meridionale del bosco, e il re lo apprezzava particolarmente: creava la consolante illusione di una certa sicurezza, avere un punto di vista su buona parte della distesa di vegetazione, ma allo stesso tempo non poter essere visti se non da un occhio consapevole.
Eppure, la nevicata rendeva difficile distinguere qualcosa di preciso, cosa che non contribuì a tranquillizzare il sovrano, il quale rimase a fissare un punto indefinito nel bianco paesaggio.
Uno strillo acuto proveniente dalla culla lo riportò bruscamente alla realtà: decise che sarebbe andato a cercare Aranel. 

~ ~
Non era ancora un esperto conoscitore dei sentieri del Bosco, aveva appena sedici anni di vita e suo padre Oropher aveva iniziato da poco a portarlo con sé a caccia o nelle radure aperte ad allenarsi con la spada o con l'arco. L'unica strada che, dopo una passeggiata, poteva assicurargli la via del ritorno costeggiava la riva del fiume Selva: fu lì che la incontrò per la prima volta.
China su un mazzolino di fiori dai colori vivaci, fasciata in una tunica marroncina e in un paio di pantaloni verdi che richiamavano il colore dei suoi stivali, vide una fanciulla che a occhio e croce doveva avere la sua età. Non aveva intenzione di fermarsi o di interromperla in alcun modo, ma mentre le passava vicino osservò i suoi movimenti: accarezzava i petali, come se cercasse di capire  quanti ce ne fossero, scorreva le dita lungo i gambi e ne cercava la base con movimenti incerti.
Questo lo incuriosì, ma pensò che forse stava cercando di cogliere i fiori strappandoli tutti alla stessa altezza del gambo, per ottenere un mazzo di lunghezza uniforme. 
"Per essere così precisa" pensò "non è molto sveglia. Si sbrigherebbe prima aiutandosi con un coltello." In quel momento si ricordò di averne uno legato alla vita, e decise di fare qualche passo avanti per offrirle il suo aiuto. Ma non appena le fu abbastanza vicino da poter sovrastare con la voce il suono dell'acqua che scorreva impetuosa, la ragazza si girò di scatto verso di lui, quasi allarmata, e Thranduil si ritrovò a fissare due occhi vitrei e bianchi come la neve. Allora la riconobbe: doveva essere la figlia di uno dei funzionari di suo padre, aveva sentito parlare di lei, ma non l'aveva mai incontrata di persona, né conosceva il suo nome.
A poca distanza dal mazzo di fiori notò un bastone raffinatamente intagliato, posato tra i ciuffi d'erba. Improvvisamente, il giovane elfo si sentì uno stupido, anche se non capiva esattamente per quale motivo.
-Non intendevo spaventarti.- si scusò.
-Niente affatto.- ribatté lei, con gentilezza. -Ti ho sentito arrivare dal sentiero non molti minuti fa.- aggiunse, stavolta con una nota di orgoglio nella voce. Thranduil storse il naso, dubbioso.
-Ho visto che stavi cercando di cogliere quei fiori... Ho pensato di aiutarti.- A quelle parole, l'elfa guardò verso il basso, si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e schioccò la lingua. 
-Non stavo cercando di raccogliere i fiori. Faccio fatica a ritrovare il mio bastone.- ammise -Mi ero seduta un attimo sulla riva, ma temo che sia rotolato lontano. Se torno di nuovo a casa senza, è la volta buona che mio padre non mi fa più uscire.- 
Thranduil si chinò prontamente e glielo avvicinò -Eccolo... C'eri quasi.- Dopo alcuni tentativi, la ragazza riuscì a riprenderselo. 
-Grazie.- sorrise, grata. Rimase un attimo a osservarla: era appena un po' più bassa di lui, con i capelli dorati leggermente arruffati e qualche lentiggine sul naso. C'era qualcosa nel suo viso e nelle sue movenze che gli ricordava vagamente una lepre o una volpe. Stretto tra il braccio destro e il fianco portava un libro piuttosto piccolo, che si risistemò non appena sentì che era sul punto di scivolarle. 
-Mi hanno chiesto di riportarlo a mia nonna, che abita a pochi passi da qui.- spiegò, intuendo la perplessità del giovane. -Mi chiamo Aranel, comunque.- disse.
-Thranduil.- si presentò a sua volta il principe.
-Thranduil?- la giovane sembrò sorpresa -Sei il figlio di re Oropher?
Lui annuì, aggiungendo subito un "sì". 
-Se vuoi ti accompagno...- Aggiunse. Sentiva improvvisamente il bisogno di rendersi utile. 
-Non ce n'è bisogno.- rifiutò lei, con garbo -Ho fatto questa strada molte volte. Ma ti ringrazio per l'aiuto.- Si avviò giù per il sentiero -Spero di incontrarti di nuovo, prima o poi!
Thranduil rimase pochi istanti ad osservarla mentre si allontanava, con passo non troppo sicuro, ma leggero, e dopo qualche attimo di esitazione si incamminò dietro di lei, a una certa distanza.
Era sicuro che a un certo punto se ne fosse accorta, ma lei non si girò né diede l'impressione di esserne infastidita.
E quello fu solo il primo di numerosi incontri.

~ ~ 

Percorse a passo svelto una moltitudine di corridoi che correvano nel suo grande palazzo sotterraneo, nei quali si era riversata buona parte del suo popolo. Sembrava che la vita della comunità elfica avesse ripreso a scorrere nelle calde viscere della fortezza, unico luogo che pareva davvero sicuro e accogliente, e Thranduil non poté evitare di notarlo e di compiacersene. 
Amava davvero il suo popolo, quasi quanto amava la sua regina, e nutriva per entrambi un forte senso di protettività. 
Tuttavia, in quel momento  trovare Aranel si stava rivelando un'impresa ardua. Come suo solito, cercò la dama di compagnia della moglie, che aveva principalmente il compito di accompagnarla ovunque, ma non riuscì a rintracciarla.
-Non affannarti tanto. Non è qui.- Thranduil era arrivato alla sala del trono, e nell'udire quelle parole si voltò di scatto. A parlare era stata un'elfa, Ringil, che aveva circa settemila anni, e moltissimo tempo prima era stata ingaggiata da re Oropher in persona per prendersi cura del figlio neonato. Thranduil si fidava ciecamente di lei e del suo consiglio.
-Temo che la regina sia andata con la sua accompagnatrice a sorvegliare di persona la situazione sul fiume Selva.- spiegò, come se il re, per lei, fosse un libro aperto.
-Immagino che alcuni dei nostri stiano tentando di rompere le lastre di ghiaccio che impediscono la circolazione fluviale delle merci.-
Il volto di Thranduil si irrigidì. Da un lato avrebbe preferito non sapere che sua moglie aveva lasciato il palazzo, senza una scorta adeguata, con il tempo avverso e i pericoli che mai mancavano nel Bosco. Ringil sorrise, accomodante: -Tornerà prima che faccia buio, se è questo a preoccuparti.- Il re non si lasciò convincere tanto facilmente.
-Dovevo essere informato.- disse, risentito. -Non è esattamente il tempo adatto per una scampagnata. Esigo di essere messo al corrente di...- 
L'altra però non lo lasciò finire -Non sei affatto cambiato.- sorrise teneramente, allo stesso modo di un adulto che colga un bambino nel bel mezzo di una marachella. Era una delle poche persone rimaste a potersi permettere tanta confidenza con lui. 
-Ancora non hai capito appieno quanto sia forte di spirito quella donna. Sa cavarsela.- Sospirò -Ci tiene a rendersi utile. E tu lo sai bene.
-Lo so benissimo. Ma ciò non toglie che è da sconsiderati uscire con questo tempo.- disse il re, con una nuova nota d'ansia nella voce. -Che lasci le lastre di ghiaccio alle mie guardie, sanno bene quello che devono fare, non hanno bisogno di essere coordinati. E tu perché non l'hai fermata?
L'elfa sospirò di nuovo: -Thranduil...
-E credo che Legolas abbia fame. Se non torna entro un'ora sarò costretto ad andare di persona...
-Thranduil. Capisco le tue preoccupazioni e non posso dire di non condividerle almeno in parte, ma non c'è motivo di spaventarsi tanto. Non è sola, naturalmente, di questo puoi essere sicuro.- disse Ringil, conciliante. Mosse qualche passo verso di lui. -Smettila di pensarci. Sarà di ritorno prima di quanto credi.
Quasi per magia, a quelle parole i portali del palazzo si aprirono. La scintilla della speranza che si accese nel cuore del re venne soffocata sul nascere: a fare il suo ingresso nella sala fu la dama di compagnia della regina, Niniel, una giovane elfa dai capelli scuri e dai tratti bambineschi. Era sola, senza fiato, con un taglio sulla guancia e con i vestiti logori e bagnati, cosa che suggeriva chiaramente che doveva aver corso una lunga distanza quanto più velocemente aveva potuto. Le lacrime sembravano essersi cristallizzate sul suo volto congestionato.
Ringil le andò incontro e la sorresse per aiutarla a riprendere fiato.
-Cosa ti è capitato, ragazza?- chiese il re, che era ben consapevole di non voler davvero conoscere la risposta.
-Orchi.- tremò l'altra, senza riuscire a guardarlo negli occhi.
-Orchi. Al fiume...- Thranduil non sentì un'altra sola parola, si mosse più velocemente che poteva, come animato da una forza estranea al suo corpo, il respiro mozzato nel petto.
In pochi minuti aveva raggiunto le stalle, preparato senza troppa cura il cavallo più veloce e si era lanciato al galoppo nel Bosco.
Avvertiva un ronzio sordo nelle orecchie, la gola era serrata.
Aveva poco tempo.
Forse.
~ ~

Dal giorno in cui l'aveva conosciuta, sulla riva del fiume, Thranduil aveva incontrato Aranel diverse volte, e man mano che gli incontri diventavano più frequenti, i due imparavano a conoscersi. Col tempo, nacque una  strana amicizia, che sembrava basata più che altro sulla curiosità che i due elfi nutrivano l'uno per l'altra, e che era destinata a crescere e a diventare sempre più inscindibile. 
Era diventata loro abitudine passare molto tempo nella foresta, e assieme stavano imparando a conoscerla e a risolverne i segreti.

-Di che colore sono i tuoi occhi?
Erano seduti sotto una grande quercia, godendosi i tiepidi raggi solari del primo pomeriggio che filtravano dalla fitta boscaglia. La domanda colpì Thranduil all'improvviso, scuotendolo da una sorta d'intorpidimento.
-Come?
-Volevo sapere di che colore sono i tuoi occhi.
La domanda era semplice e richiedeva una risposta altrettanto semplice, ma l'elfo rimase a lungo in silenzio, fissandola, senza sapere davvero cosa dire.
-Ti sei addormentato?- lo stuzzicò. 
Di che colore erano i suoi occhi? Azzurri, semplice. 
-Allora?
-Azzurri.- disse, finalmente.
Aranel sbuffò. -Interessante!- commentò sarcastica -Ma azzurri come?- Thranduil non la seguiva. Non che non fosse un ragazzo sveglio, ma gli sfuggiva il senso della domanda. 
Lei continuò: -Mia madre dice che ci sono vari tipi di colori. Mi ha detto che esiste l'azzurro cielo-di-mezzogiorno, l'azzurro acqua-marina, l'azzurro-specchio...
-Lo specchio non ha un colore.
-Mia madre dice di sì.- e continuò -Azzurro lingua-di-chi-ha-mangiato-mirtilli...
-Ma che stai dicendo?
-Giocavo...- disse, sorridendo con aria innocente; strappò due fili d'erba e cominciò a intrecciarli, concentrata.
Thranduil era allo stesso tempo infastidito da quelle strane domande e affascinato.
-Allora?
-Allora è un gioco stupido. E poi per te è inutile saperlo. Non ti fa alcuna differenza.
Non appena ebbe pronunciato quelle parole, si morse la lingua. Non aveva neanche pensato prima di aprire la bocca. E se ne pentì immediatamente.
L'elfa sollevò la testa, il viso teso in un'espressione che col tempo avrebbe visto molte altre volte, un misto di severità e di orgoglio ferito, del tipo che un insegnante spazientito rivolge ad un allievo particolarmente ottuso. Gli occhi puntati sul suo volto davano l'impressione di poterlo vedere. Per un attimo ebbe la terribile impressione che si stessero inumidendo.
-Ti ho ferita, non è così?- chiese, sentendosi arrossire fino alla punta delle orecchie.
Aranel abbassò la testa e finse di riportare la sua attenzione ai fili d'erba che aveva tra le dita.
Li strappò.
-No, Thranduil.
Fu l'ultima cosa che gli disse, quel giorno, prima di chiudersi in un silenzio che lo ferì più di ogni altra cosa.
Lei finse di non aver sentito, lui finse di non aver detto nulla di sbagliato, e con notevole sforzo riuscì perfino ad ignorare la forte voglia di prendersi a schiaffi.

~ ~

Il freddo feriva la pelle come una scheggia di ghiaccio e penetrava nelle ossa. 
Aveva un forte senso di nausea, un dolore pressante nel petto che quasi gli impediva di respirare e le dita bluastre serrate attorno alle briglie.
Sollecitava la cavalcatura ad andare più veloce, ma la neve e il fitto intrico di rami gli impedivano di avanzare. 
Si rese conto che avrebbe fatto più in fretta a piedi, quindi abbandonò il cavallo e prese a correre a perdifiato. 
C'era un silenzio inquietante, rotto solo dai suoi passi veloci nella neve profonda e dal suo respiro affannoso, ma a poco a poco crebbe un ronzio preoccupante, uno sbattere convulso di ali, cinguettii che improvvisamente diventavano simili a strilli. Thranduil correva e sentiva solo un coro impazzito di volatili tutto attorno a lui, e più forte correva, più i suoni sembravano un'eco lontana, come se fosse chiuso in una bolla.
Gli uccelli erano in allarme.
Pericolo.  Pericolo.  Pericolo.
Il nemico!  Il nemico!
Morte.  Morte.  Morte.

-Silenzio.- sussurrò, senza fiato, ma avrebbe voluto urlare quel comando con tutta la forza di cui era capace. Rallentò e si guardò intorno.
Era arrivato in un punto dove gli arbusti erano stati malamente mutilati da armi primitive e grezze, ma sicuramente potenti. Erano stati lì.
Seguì il corso del fiume ancora per un centinaio di metri, e man mano che avanzava, più i segni di un'incursione nemica si palesavano. Una voce nella sua testa sovrastava il baccano degli animali nascosti tra gli alberi, che urlavano i loro moniti: "È troppo tardi." ripeteva. 
No. Non poteva essere troppo tardi.
Niniel si era salvata.
Niniel era riuscita a fuggire.
Doveva esserci riuscita anche Aranel. 
Forse si era nascosta tra gli alberi. 
"Ancora non hai capito appieno quanto sia forte di spirito quella donna. Sa cavarsela."
Sì.
Lei stava aspettando un soccorso.
Lei lo stava aspettando.
Ne era sicuro.

E, all'improvviso, il chiasso della foresta cessò.
Si fermò di colpo.
Non sentì più un suono.
Non sentì più il suo cuore ruggirgli nel petto.
Il tempo era fermo e la neve era scarlatta.

E la Regina degli elfi riposava su di essa, su un lenzuolo bianco e una coperta rossa. 

E quello era un sogno. Ne era sicuro il re, tra i tremiti di freddo che lo scuotevano, mentre individuava tutti gli altri corpi. 
Dormivano tutti.
E lei, con quegli occhi bianchi tanto avidi di colori e di vita chiusi in un sonno sereno, era bellissima.
~ ~

-Allora? Ci hai pensato?
La notte era scesa sul Bosco e le stelle brillavano sul palazzo degli elfi. E due di loro le scrutavano con avidità, sdraiati su un prato; l'uno le vedeva, l'altra sentiva l'infinito della volta celeste su di sé.
-A cosa?
-Al colore dei tuoi occhi.
-Azzurro-e-basta.
Aranel roteò gli occhi. -Sei una noia mortale.- lo apostrofò.
Lui sorrise.
-Comunque avevi ragione.- disse lei, mettendosi a sedere. Thranduil la guardò incuriosito. -I tuoi colori per me sono inutili. Ma ciò non significa che io non abbia i miei.
L'elfo prese a giocherellare con una ciocca dei capelli disordinati dell'amica.
-Che vuoi dire?- chiese, inarcando un sopracciglio, pronto ad una delle sue enigmatiche risposte insensate.
-Semplicemente che i suoni sono i miei colori.
Thranduil ci pensò su un attimo.
-Ha senso, suppongo. E quale sarebbe il tuo colore preferito?- chiese, con tono quasi canzonatorio.
Aranel volse il viso in direzione della sua voce, con espressione seria, quasi volesse pensarci un attimo su. Poi, con cautela, si abbassò di nuovo, sdraiandosi sull'elfo e adagiando l'orecchio al suo petto, in corrispondenza del cuore.
Sorrise e chiuse gli occhi, rimanendo in ascolto.




Angolo Autrice
 
Innanzitutto grazie per essere arrivati fino alla fine della storia, lo apprezzo davvero tanto :)
Avete presente quelle idee che vengono la notte, sotto le coperte, poco prima di addormentarsi, che sul momento sembrano intuizioni geniali, ma la mattina dopo non sembrano altro che idee mentecatte? Ecco.  
Per quanto mi piaccia scrivere, raramente quello che produco mi soddisfa tanto da uscire dal blocco note del mio iPod, non che io sia particolarmente entusiasta di questa one shot, ma è stato divertente e liberatorio scriverla, quindi dopo una buona dose di ripensamenti mi sono decisa a pubblicarla... e niente, spero che sia stata di vostro gradimento :)
Prima di andare avanti con qualche precisazione sulla trama, vorrei ringraziare L_aura_grey, Maria Cristina e Francesca per essersi gentilmente offerte di farmi da beta readers e per avermi dato la spinta decisiva a pubblicarla.
Per quanto riguarda la storia in sé, nasce da una mia inspiegabile voglia di collocare Thranduil in una coppia, cosa di cui nessuno sentiva davvero il bisogno ma vabbe', e di darmi una spiegazione diciamo plausibile sul perché non si sappia nulla sulla madre di Legolas, anche se magari a Tolkien e a Jackson semplicemente fotteva sega di mettercela.
Per fare ciò, ho preso spunto da alcune informazioni ricavate da un libro che raccontava del set de "Lo Hobbit - La desolazione di Smaug" e dal fascicolo sul personaggio di Tauriel comprato in edicola con l'action figure: in essi viene spiegato che i genitori di Tauriel vennero uccisi dagli orchi quando lei era piccola, che da allora Thranduil l'ha presa sotto la sua ala come maestro e mentore e che è diventata amica di Legolas fin da quando erano entrambi bambini. Quindi ho pensato di far corrispondere la morte della regina (per la quale ho scelto il nome Aranel, "Stella del re") con quella dei genitori di Tauriel. 
In ogni caso, spero di aver mantenuto l'unico personaggio reale in character e di non aver esagerato con le smancerie amorose, che non sono proprio il mio genere di cose e quindi non so maneggiare molto bene :')

Alla prossima
-Clopette
  
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