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Autore: BlackSwan Whites    10/03/2014    5 recensioni
Con la venuta di Smaug ad Erebor, Thorin ha perso tutto. I suoi pensieri, la consapevolezza di aver sbagliato e la nascita del suo desiderio di vendetta
Storia partecipante al contest "Angst come se non ci fosse un domani" di Valvonauta_
Storia partecipante al contest "Angst a tutto spiano" di AoKise92
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Thorin Scudodiquercia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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When you lose everything, you can only become mad


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Erano stati ciechi.
Come avevano potuto non accorgersi di stare andando incontro alla rovina?
Semplicemente, la cupidigia aveva loro chiuso gli occhi, per poi riaprirglieli nel momento in cui oramai il danno era lì, evidente ed irreparabile.
L’oro, i  gioielli, le pietre preziose, l’Arkengemma, ogni cosa era andata perduta.
Per cosa, poi? Solamente a causa della bramosia di un vecchio malato, giunto ad amare le proprie ricchezze quanto la sua stessa vita.
E Thorin ne era consapevole sopra chiunque altro, perché la venuta di Smaug gli aveva portato via più di un misero tesoro, più di un semplice reame: l’aveva privato della sua eredità, del suo futuro.
Tutti i possedimenti di suo nonno e suo padre, che sarebbero passati a lui se il tempo avesse continuato il suo naturale scorrimento, erano perduti per sempre, ed il giovane principe, che era pronto ad assumersi la responsabilità di amministrarli conservando la pace e la prosperità, era rimasto spiazzato dalla piega inaspettata che gli eventi avevano preso.
Tutto ciò che si aspettava dalla vita aveva perso senso nel momento esatto in cui il mostro aveva varcato la soglia.
L’oro, il regno, l’eredità non erano altro che un mero ricordo di speranze infrante.
Ogni certezza che aveva era andata in pezzi, proprio come la porta di Erebor aveva ceduto sotto l’attacco del drago.
Le immagini di quegli istanti terribili gli assillavano la mente. Ogni volta che chiudeva gli occhi, eccole, pronte a tormentarlo: allora rivedeva i battenti edificati dai suoi avi in tempi remoti, quei battenti che tutti credevano indistruttibili, piegarsi e spezzarsi sotto i colpi del mostro come fuscelli in mezzo ad un uragano; rivedeva la solida roccia che li costituiva sgretolarsi, spaccarsi consumata da una pioggia di fiamme scarlatte simili a sangue.
Fiamme. Da quel giorno Thorin non aveva mai più guardato il fuoco di un camino acceso nello stesso modo; ciò che prima significava protezione, accoglienza e familiarità, ora per lui era solamente simbolo di morte e distruzione. Una scintilla era sufficiente ad evocare il passato, spalancando le chiuse che trattenevano il fiume dei ricordi e permettendogli così di traboccare e travolgere ogni pensiero coerente al suo passaggio, lasciando dietro di sé solo una sensazione di vuoto ed aprendo la via a domande per cui non esisteva una risposta.
Voci maligne si rincorrevano nella mente del nano, articolando frasi che erano semplicemente mirate a sottolineare i suoi errori per farne motivo di scherno, ma non per questo meno veritiere.
E ora dove andrai, principe di Erebor?
Cosa farai, adesso che non hai più un regno da ereditare?
Potresti sempre comprarti un palazzo e ricostruirti una vita nobiliare lontano dalla Montagna, con tutte le tue ricchezze …
Oh, ma aspetta, non puoi contare più nemmeno su quelle.
Oramai tutti i tesori di Thror, che erano destinati a te, saranno divenuti una invitante piscina di oro fuso, dove quella lucertola fuori misura che non sei stato in grado di respingere può sguazzare indisturbata.
“Che non sei stato in grado di respingere”. Questa era la frase che lo lasciava più amareggiato e più sgomento, perché per quanto provasse a negarlo a sé stesso si trattava della verità: se non aveva protetto il suo reame nel momento del bisogno, come avrebbe potuto un giorno assumerne il comando assoluto?

Non era all’altezza di un compito tanto gravoso.
Erebor era caduta anche per colpa sua, soprattutto per colpa sua, del futuro sovrano egoista che si era occupato del proprio bene e non di quello dei sudditi.
Si sentiva un incapace; un debole,che si nascondeva dietro una maschera di valore costruita dai suoi avi, e tuttavia indegno di portarla; una persona fragile, troppo abituata agli agi per preoccuparsi dei problemi che si erano andati creando sotto i suoi occhi e da insignificanti che erano si erano ingigantiti fino ad inghiottirlo.
La vita gli aveva sempre dato tutto, e ora se lo riprendeva, lasciandolo solo a soccombere al dolore per le ferite riportate.
Sì, ferite; perché anche se il giorno dell’attacco era rimasto fisicamente incolume, ciò non significava che le fiamme del drago non l’avessero colpito. Erano penetrate nella sua pelle come aghi, scavando solchi profondi ed innumerevoli nella carne, tutti confluenti al cuore; e una volta giunte ad esso, l’avevano maciullato, mutilandolo in eterno con l’odio per chi era stato la causa di quella tragedia e con il rimorso di ciò che avrebbe potuto evitare se solo avesse agito più in fretta.
Persino il tempo, con il suo lento trascorrere, non avrebbe mai rimarginato del tutto quelle ferite, perché la perdita che aveva subito era troppo grande per essere gettata nel dimenticatoio. Le alternative erano due: lasciarsi sopraffare da essa, precipitando nel baratro della pazzia, o reagire e combatterla, facendo quanto era in suo potere per affievolirla.
Ma Thorin era consapevole che, in realtà, il solo modo per sconfiggerla del tutto era riprendersi ciò che gli spettava.
Vendetta, ecco l’unica via possibile.
Avrebbe fatto rimpiangere al drago il giorno in cui aveva osato sfidare la razza creata da Aulë, gli avrebbe dimostrato che la vittoria ottenuta era dovuta solo al caso.
Avrebbe ottenuto indietro il suo regno.
Col passare degli anni, questa sete di rivalsa si accentuò, trasformandosi in una vera e propria ossessione, acuta quasi quanto era stata quella di suo nonno per l’oro. Ossessione che aveva portato alla pazzia, pazzia divenuta poi causa della rovina, rovina che aveva fatto nascere l’odio, odio che aveva generato un’ossessione.
Il circolo era completo: non restava che gettarvisi, lasciandosi risucchiare dal vortice degli eventi.

Angolo dell'autrice

Ho provato ad immaginare i sentimenti di Thorin tempo dopo l’attacco ad Erebor. Ho anche voluto paragonare il suo desiderio di riconquistare la Montagna a quello che era stata l’ossessione di suo nonno per l’oro, perché tutti (o almeno, per ora, solo chi ha letto il libro) sappiamo perfettamente che questo insano perseguire il proprio scopo di vendetta porterà il nano alla rovina. Spero di aver fatto un buon lavoro.
  
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