Quella sera, senza saperlo, guardavano la stessa luna. La stessa luna tonda, piena, luminosa. Come un faro in quelle notti in cui rischi di perderti nel mare dei tuoi ricordi. E a quella stessa luna, che sapeva di estate e baci rubati anche nel freddo marzo tedesco, i due affidavano gli stessi pensieri.
Dove sei?
Marco, sdraiato sul suo prato, incurante del freddo, nel silenzio di una casa vuota, troppo vuota. Mario su una sdraio del suo terrazzo, con il rumore della città sotto di lui che si mescolava a quello dei suoi pensieri.
Avevano entrambi letto un libro, un libro di quelli che offrivano romanticismo da quattro soldi per cuori infranti. I protagonisti, costretti a migliaia di kilometri di distanza, guardavano tutte le notti la luna. Sapevano che, anche se agli estremi opposti del mondo, la stavano guardando insieme.
Quella sera, con gli sguardi rivolti al cielo nello stesso momento, a Marco e Mario per un istante bastò la consapevolezza che quella luce illuminasse entrambe le loro città. Per un istante si sentirono felici e appagati d’amore come una volta, come quando non c’erano 604 kilometri a separarli. Poi, quel breve istante terminò e il bisogno, il bisogno completo e assoluto della voce, delle labbra, del cuore dell’altro, fu semplicemente troppo forte per essere ignorato.
I loro telefoni vibrarono nello stesso istante. I due ragazzi lessero le sei parole sorprendentemente uguali che si erano scritti. Parole, all’apparenza inutili, che erano piene di significati, parole che racchiudevano domande, richieste e amore.
Com’è bella la luna stasera.