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Autore: queen of night    29/06/2008    2 recensioni
BURNING MOTH - “Non avresti dovuto andartene…” parlo con calma, a pochi centimetri dal suo viso, nella speranza che le mie parole la raggiungano, ovunque lei sia. “Andrea era fuori di sé e io…- chiudo gli occhi, facendo un’espressione contrita - … mi spiace. Davvero. Di tutto…” La sento tremare, come vittima di un terremoto interiore. Levo gli occhi sul suo viso esangue e noto che sta trattenendo il fiato, mentre una lacrima solitaria ha cominciato a solcarle una guancia. “No…” poi il suo lamento rompe il silenzio e lei comincia a singhiozzare, respirando affannosamente. “Ti prego, credimi.” la supplico, risalendo con le mani dalle sue spalle al viso, come in una carezza. “Io ti amavo…” è un sussurro, eppure è carico di sentimento. Ha usato un tempo passato, ma il suo amore è ancora vivo. Lo percepisco.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'amore non deve implorare e nemmeno pretendere,
l'amore deve avere la forza di diventare certezza dentro di sé.
Allora non è più trascinato, ma trascina.
~ Hermann Hesse ~



L’amore trascina gli animi,
è una pulsione incontrollabile
che ci spinge a compiere azioni
del tutto irrazionali…
Siamo davvero sicuri
che il nostro primo istinto
sia quello di sopravvivenza?
Cos’è una vita vissuta
senza amore?


Per tutti i cuori irrimediabilmente romantici,
la mia raccolta di one-shot,

Dragged Souls

 

 

 

Burning Moth

 

 

L’ ampia sala semi-buia è colma di gente di tutti i tipi, che balla e si diverte.
Le luci stroboscopiche fanno sembrare la massa di individui un’unica creatura nera e grigia che ondeggia, seguendo il ritmo della musica.
Ogni tanto un laser rosso o blu illumina per pochi istanti qualche viso, qualche persona, svelando ragazze disinibite e uomini che si muovono vicino a loro, ricercando la loro attenzione. Sono come falene che sbattono freneticamente le ali intorno ad un lampione, attirate dal calore della luce.
Rimarranno bruciate, se si avvicinano troppo.
Allo stesso modo finiranno scottati quei tipi laggiù, che, appena proveranno ad accostarsi alla bionda dalle gambe chilometriche e alla sua amica rossa, subiranno un’umiliazione, venendo rifiutati con disprezzo: come fanno a non accorgersi che non potrebbero mai avere delle chance con due come quelle là? Magari dopo una plastica facciale e un po’ di palestra.
Mi chiedo in che modo certi uomini riescono ad essere così viscidi. Io non sono così.
Mi chiedo quanto possano essere molesti per una ragazza, che viene in discoteca solo per divertirsi.
E mi stupisco di me stesso: da quando adotto il punto di vista femminile?
Si vede proprio che stasera mi sto annoiando da morire.
È da un po’ che sono appoggiato al banco del bar e sorseggio distrattamente il mio drink. Ormai i cubetti di ghiaccio si sono quasi tutti sciolti, annacquando il tutto più del dovuto.
Nel locale c’è una cappa di calore insopportabile, ma nessuno sembra farci caso: le ragazze sono più svestite che mai. Forse gli unici che soffrono sono gli uomini, con i loro pantaloni e jeans lunghi.
Per quanto mi riguarda, la mia immobilità mi permette di non accaldarmi eccessivamente.
Ad un tratto mi sembra di vedere Marco in mezzo alla massa e aguzzo la vista. Ora lo vedo chiaramente: sta ballando con una tipa niente male. Le si struscia addosso e le parla in un orecchio. Lei sembra gradire le sue attenzioni. Meglio per lui.
Chissà dov’è Andrea. Prima era accanto a me, ma poi si è dileguato, dicendo che andava a vedere se in giro c’era qualche suo amico.
Che noia. Siamo qui da solo un’ora e chissà quando ce ne andremo.
Stasera sono di cattivo umore, senza una ragione precisa. Non sono in vena né di ballare né di divertirmi. Sono venuto qui solo per accontentare Marco, che voleva festeggiare il superamento dell’ultimo esame prima della laurea. Voleva bere e svagarsi, quindi non poteva preoccuparsi di dover guidare la macchina, per ovvi motivi.
E, poiché Andrea non ha l’auto qua in città, indovinate chi è il tassista di turno?
In fondo non mi disturba fare un piacere ad un amico. Tra di noi funziona così: sicuramente in un’altra occasione sarà Marco a ricambiare il favore.
Forse il tempo passerebbe più velocemente se fossi in piacevole compagnia. Non sarebbe nemmeno così difficile: distante qualche metro e proprio davanti a me, giù nella pista da ballo, una ragazza riccia e scatenata mi lancia di tanto in tanto sguardi ammiccanti. Credo non le dispiacerebbe se la raggiungessi.
D’altro canto, la barista, tra un’ordinazione e l’altra, non fa altro che guardarmi. La osservo con la coda dell’occhio. Anche lei è davvero bella, con quei lunghi capelli biondo cenere e il seno fasciato dolcemente in un top.
Sono sicuro che la mia aria scocciata conferisca un tocco di fascino in più alla mia immagine. Non sono vanitoso: sono solo realista. So di essere gradito all’altro sesso e di certo non è per il mio carattere amabile. La mia ex non faceva altro che dirmi quanto fosse sexy il mio viso altero e che in quelle occasioni il sesso era più eccitante del solito.
Mh, forse era un po’ pazza, la mia ex…
Adesso intravedo anche Andrea: è in un angolo della sala, vicino ad una colonna, e mi sembra che parli con una tipa minuta. Il genere che piace a lui. Se lo vedesse la sua ragazza, non credo approverebbe. Comunque, non sono fatti miei.
Mi volto verso il banco e subito gli occhi blu della barista si posano attenti su di me.
Un sorriso sensuale si disegna sulle sue labbra carnose, mentre poso il bicchiere, ormai vuoto.
“Non sembri divertirti.” mi fa notare, sempre sorridendo.
Piego un angolo della bocca in su, cercando almeno di essere amichevole.
“Non è serata.” rispondo.
Lei annuisce e poi viene richiamata al suo dovere.
Forse crede che sia rimasto al bar per lei. Povera illusa. Per quanto bella, nemmeno se ti spogliassi qui, ora e subito, attireresti seriamente la mia attenzione. Sono troppo perso nei miei pensieri per comportarmi come al solito.
Rimango voltato verso il bar e osservo un ragazzo davanti a me che, appoggiato ad un banco di legno, mi guarda torvo. I capelli biondo miele sono scompigliati sul viso chiaro e gli occhi scuri sembrano due pozzi di petrolio.
Mi sistemo un attimo il collo della camicia e quel tizio mi imita, facendo la stessa cosa.
Attraverso lo specchio di fronte a me, riesco a vedere distintamente la folla alle mie spalle, che non smette un secondo di agitarsi.
Marco è sparito e chissà dove si è cacciato. Sicuramente non è solo.
Andrea sta ancora flirtando con la mora di prima. Mi chiedo distrattamente se andrà oltre.
Il mio sguardo pigro sorvola la massa di persone, che si dimena senza posa. Cerco qualcosa di vagamente interessante.
Vedo delle ragazze ballare su una specie di piano rialzato in fondo alla sala. Si ergono sulla folla come divinità.
E, in effetti, si muovono divinamente con gesti sensuali e calcolati.
Ondeggiano il bacino seguendo il ritmo e a volte si spostano i capelli dal viso, lasciandoli ricadere lentamente dietro le spalle, come cascate di biondo o di bruno.
Una di loro in particolare attira il mio interesse. Mi sembra familiare.
È una ragazza snella e di media altezza, che indossa un vestito nero, peccaminosamente corto. Le arriverà un centimetro sotto al sedere, a occhio e croce.
L’abito è anche scollato, da quel che vedo, e ha le maniche a pipistrello, la moda di adesso.
Le sta davvero bene, perché con la sua pelle chiara viene a crearsi un bel contrasto.
Perché mi sembra di conoscerla?
Continuo a guardarla, ora non più attraverso lo specchio della parete del bar, ma direttamente voltato verso di lei.
Balla fluida su tacchi neri.
Ha i capelli raccolti in una coda alta.
Non riesco a capire chi sia.
Ora che la guardo meglio, mi sembra che a volte ciondoli un po’ la testa. Deve essere ubriaca, o qualcosa del genere.
In ogni caso, è l’unica cosa che abbia attirato la mia attenzione questa sera. Quindi vale la pena di approfondire, anche perché non posso passare tutta la notte al bancone del bar.
Saluto la barista, che mi lancia uno sguardo frustrato.
Penso rimpianga di non avere parlato di più con me. È molto carina e credo che, se ritornerò in questo locale, le dedicherò un po’ di tempo.
Scendo i due gradini che portano alla pista da ballo e la massa mi fagocita in pochi secondi.
Camminarvi attraverso è faticoso e mi innervosisce: la gente non ti fa passare, a meno che non la prendi a spallate, e ti spinge da tutti le parti.
La mia meta è sempre più vicina.
Durante il tragitto alcune ragazze che mi vedono passare cercano di trattenermi, ammiccanti.
Ah, che tentazione.
Ma sono curioso di scoprire il volto di quella giovane che balla tanto sciolta. Se scoprirò di non conoscerla e di essermi sbagliato, farò sempre in tempo a tornare indietro dalle mie ammiratrici. Sento che l’apatia di prima sta scivolando via, come se, entrando a far parte della folla danzante, qualche morbo mi avesse contagiato.
Ora sono proprio sotto il palco su cui ballano cinque ragazze.
Quella che mi interessa mi volta le spalle. Seguo lentamente la curva sensuale dei suoi fianchi fino alle gambe nude. Poi lei si gira, facendo ondeggiare la coda di capelli dietro la nuca.
E la vedo in viso.
Dopo tutto questo tempo non capisco come mai incontrarla qui, adesso, mi procuri uno shock così forte. Probabilmente è perché non me lo aspettavo: l’idea che ho sempre avuto di lei fa a pugni con l’immagine che ho di fronte.
Non posso crederci… Mi sento come paralizzato dalla sorpresa, mentre il mio battito cardiaco subisce una energica accelerata.
Non pensavo di poter essere tanto felice di rivederla. Il pensiero di lei in questi anni mi ha accarezzato più volte, è vero, ma era semplice curiosità di sapere che fine avesse fatto.
Ed ora è davanti a me.
Non so per quanto rimango inebetito a guardarla mentre ride e si muove in bilico sui tacchi, in precario equilibrio, ma non riesco a distogliere lo sguardo, come incantato.
Ha le gambe affusolate e la vita stretta: le sue forme sono molto provocanti. È una bellezza comune, sì, ma ai miei occhi riluce, perché il solo pensiero che sia lei la rende dolorosamente speciale.

Una ragazzina paffutella,
con gli occhi verdissimi nascosti dalla frangia troppo lunga,
sorride e si aggrappa al mio braccio…
“Mi aiuti con matematica?”…
Le sue risate echeggiano
nella luce del tramonto…

Mi sembra impossibile che sia lei.
È troppo diversa da come era due anni fa.
All’improvviso vengo folgorato da una rivelazione: devo correre ad avvisare Andrea! 
Esito un po’, perché vorrei (dovrei) andarlo a cercare, ma ho paura che, se mi allontanassi, lei sparirebbe da qualche parte, come se tutto questo fosse solamente un sogno o un rimpianto del passato…
Qualcuno mi urta abbastanza forte da farmi riprendere dal mio stato d’indecisione. Mi guardo attorno, cercando di individuare il mio amico da qualche parte. Noto che molti uomini, come me, sono ai piedi del piano rialzato e si agitano in un ballo sgraziato. Non perdono di vista le ragazze sul cubo. Le hanno puntate e sbavano come animali famelici.
Mi ritorna in mente l’immagine delle falene intorno al lampione, che non possono fare a meno di ricercarne il calore, troppo attratte per loro natura da una fiamma che le brucerà.
Mi riscuoto e velocemente mi faccio largo tra la folla, come meglio posso, cercando di raggiungere l’altro capo della sala, dove dovrei trovare Andrea.
Lo vedo mentre parla con un nostro conoscente e lo chiamo.
“Eccoti, finalmente!” mi dice, salutandomi con un’alzata di bicchiere. “Prima ti ho cercato al bar, ma non c’eri.”
Lo raggiungo ancora un po’ scosso ed eccitato per quello che ho appena scoperto. Sono pervaso come da una scossa di adrenalina che mi ha completamente risvegliato dall'indolenza di questa sera.
“Mi sembra di aver visto una ragazza che conosciamo.” gli dico allusivo.
Poi saluto il nostro amico in comune, che però ora ci lascia, buttandosi anche lui nella mischia.
Andrea sorseggia una bevanda scura e mi guarda, interrogativo.
“Fiore…” dico solo questo, perché tanto so già che capirà.
Infatti lo vedo, mentre sgrana gli occhi e quasi sputa quello che ha appena bevuto.
“Ne sei sicuro?” mi chiede, allibito. Un lampo di dolore gli ha appena attraversato lo sguardo.
Scuoto la testa.
“Mi sembra lei, ma è troppo… diversa.”
“Dove?” mi chiede lui agitato, mentre appoggia su un tavolino basso il bicchiere.
Gli do le spalle, mentre lui mi segue, sorpreso quanto me, ma anche inquieto e speranzoso.

“Non capisco…”
“Cosa?”
“Non risponde alle mie chiamate”
“Lasciala perdere, Andrea”
“… … a te non importa nulla, vero?”

Impiego più di prima per raggiungere il palco rialzato, perché ora devo stare attento che Andrea non mi perda di vista, altrimenti non ci ritroveremo più, in mezzo a questa folla scatenata.
Quando giungiamo ai piedi del cubo, con mio grande disappunto, mi accorgo che lei è sparita.
“Era qui un attimo fa” urlo nelle orecchie del mio amico, cercando di sovrastare il volume alto della musica.
Lui alza le spalle, come per dire “fa niente”, ma io capisco dal suo sguardo deluso che avrebbe voluto davvero vederla e quindi non mi do per vinto. Anche io la voglio vedere. 
Credo sia stato il suo cambiamento a sconvolgermi. 
Se fosse davvero lei…
Insomma, noi tre ci siamo lasciati male due anni fa. Io, in particolare, sono stato uno stronzo in passato e adesso che l’ ho rivista voglio parlarle. È davvero assurdo, soprattutto se penso che per tutto questo tempo non l’ ho mai cercata, né incontrata per caso come stasera. E adesso, non so nemmeno io perché, ma mi è venuta una tremenda nostalgia della Fiore di un tempo.
Era stata una presenza costante nella mia vita, ma quasi invisibile. La sua dolcezza. La sua gentilezza. I suoi modi così amabili e cortesi. Il suo buon cuore.
La sua purezza d’animo.
Mi rendo conto che forse dalla mia mente non è mai sparita. Forse la sua presenza è rimasta, invisibile come sempre.
I ricordi affiorano, dolciastri e sbiaditi…

“Stasera scendiamo alla spiaggia?”
“Non mi va, Fiore”
“Ti prego, voglio vedere la luna piena sul mare!”
“Sei una stupida… vacci da sola”
“……come vuoi”
Faceva sempre quello che le dicevo,
piccola, dolce Fiore…
i suoi occhi tristi e muti,
dopo che la maltrattavo,
mi irritavano ancora di più…
sadicamente, tornavo a ferirla…

Rivoglio per me quella dolcezza. Quella creatura gentile è esistita davvero nella mia vita? Può esserci una persona così tenera ai giorni nostri? O la mia mente mi inganna?
Forse all’epoca odiavo proprio questo lato di lei, essendo io il suo esatto contrario. Ma adesso vorrei tornare a vedere quella sua luce…
Anch’io sono una falena, dopotutto. 
Rivoglio il suo amore incondizionato…
Andrea mi dà una pacca sulla spalla, ridestandomi, e mi fa cenno di voler uscire da lì, così ci avviamo fuori dalla pista, aggirando la massa di gente, invece di attraversarla.
È proprio mentre costeggiamo la sala, che la vedo appoggiata ad un muro, mentre un tipo più alto di lei la bacia, schiacciandola contro la parete.
Improvvisamente il mio cuore batte più forte, al pensiero della timida ragazza che un tempo conoscevo. Vacillo: non sono più così sicuro di volerla rivedere e scoprirla tanto cambiata.
La indico ad Andrea e lui la osserva, crucciato. Poi all’orecchio mi dice che non capisce bene se sia lei oppure no e che, in ogni caso, adesso è troppo impegnata e non possiamo disturbarla.
Ha ragione.
Ma non posso fare a meno di rimanere fermo a guardarla.
Il tipo che la bacia con foga, quasi soffocandola, ora le accarezza una gamba, salendo lentamente fino ai fianchi. Quando vedo che la sua mano si sposta verso l’interno coscia e sale ancora, sento il sangue ribollire e vorrei solo andare lì e fracassargli la faccia, ma ci pensa Fiore a fermarlo.
A quanto pare, non è ancora così ubriaca da non capire quello che le succede.
Prende la mano del tizio e la allontana. Poi anche lei fa per andarsene: lui ha passato il limite e lei ha capito che non si fermerà solo ai baci, perciò tanti saluti.
L’uomo la afferra per un polso e la riprende tra le sue braccia, ricercando le sue labbra.
Fiore sembra non gradire.
E chissà come, quando e perché io mi ritrovo a spaccargli uno zigomo con un pugno.
Il tipo, sbronzo, barcolla e si rovescia indietro. La gente intorno a noi continua a ballare come se niente fosse, ma quei pochi che si sono accorti dell’accaduto, si sono voltati, curiosi.
Meglio andarcene prima che chiamino i buttafuori. Quelli non sono mai troppo gentili.
Fiore è stordita e non ha ancora capito cos’è successo, così la prendo per mano e la porto via. Andrea le si affianca e la regge per l’altro braccio, perché barcolla. Credo le giri la testa.
Quando siamo vicini all’uscita, il mio compagno dice che andrà a cercare Marco e ci lascia soli.
Fiore tiene gli occhi chiusi e con la mano si preme forte una tempia.
“Hai un soprabito?” le chiedo, mentre la reggo, stringendole la vita.
Lei, senza dire nulla, schiude un poco gli occhi e da una manica arrotolata del suo vestito fa comparire un cartoncino bianco con un numero.
Mi avvicino al guardaroba e lo consegno all’addetta, insieme al mio. Lei mi restituisce un giubbotto di pelle, un cappotto nero e una pochette.
Afferro tutto con l’unica mano rimasta libera ed esco, trascinando Fiore con me.
La gente fuori dal locale ci squadra sfacciatamente. Alcuni sorridono. Li guardo male e loro si voltano.
All’esterno l’aria è fresca e tiro un sospiro di sollievo.
Fiore è a capo chino e non vedo bene la sua espressione. Chissà se mi ha riconosciuto.
Chissà se è davvero lei.
Eppure sento che è la nostra Fiore.
Lungo la via ci sono delle panchine ed è proprio su una di queste che la faccio accomodare e poso quello che tenevo nell’altra mano. La avvolgo nel suo cappotto, perché sicuramente avrà freddo, con quel vestitino leggero.
Lei si stringe nel soprabito e finalmente alza gli occhi.
Qualcosa di impalpabile scorre tra di noi. Una scarica elettrica. Un muto riconoscimento.
È lei, ora non ho più dubbi.
Però è cambiata un sacco.
La Camilla Fiorentini che conoscevo io era più robusta di questa piccola e fragile ragazza che ora ho di fronte. 
Eppure riconosco quello sguardo timoroso e quelle iridi verdi come muschio.
La Fiore dei miei ricordi portava sempre i capelli sciolti e si nascondeva sotto una folta frangia. Adesso la sua chioma castano scuro è raccolta in una coda di cavallo, che lascia scoperto il viso dalla pelle d’avorio, quel viso che una volta era tondo e sorridente.
Le sopracciglia sono aggrottate e mi fissa, cauta.
Noto che le unghie della mani che stringono il cappotto sono molto curate. Altra differenza: mi ricordo che lei aveva il vizio di mangiucchiarsele.
È diversa.
Temo che non sia mutata solo esteriormente.
Non ha più l’aria innocente ed ingenua di una volta. Questo mi rattrista, perché solo ora che la vedo cambiata, capisco quanto mi piaceva quel suo modo di fare impacciato e goffo di ragazzina timida.
In questi due anni è come se fosse… sbocciata
Ora è una donna. Una bellissima donna.
“Ciao” le dico, sorridendole in maniera amichevole. “Quanto tempo.” La frase è banale, ma non so che dirle, perché questo incontro inaspettato mi ha un po’ emozionato.
Se io mi sento così strano, chissà cosa proverà Andrea.
Andrea era il migliore amico di Camilla, un tempo. Anche lui si è comportato un po’ male con lei e alla fine l’ ha persa di vista, anche se, a differenza mia, so che l’ ha cercata tanto.
So che si è pentito di aver dato per scontata la sua presenza costante e di avere approfittato, come me, della sua bontà e del suo carattere remissivo. Queste le sue uniche colpe. Le mie sono di gran lunga più gravi.
“Fabio…”
È solo un sussurro quello che esce dalle sue labbra rosse. Ricordo che adorava il gloss alla fragola e chissà se almeno questa memoria corrisponde ancora con la realtà.
Sono felice che mi abbia riconosciuto, ma mi si stringe il cuore, vedendo che gli occhi le si riempiono di lacrime.
È sempre stata troppo emotiva, la nostra Camilla.
Ne devo dedurre che il suo carattere non è cambiato? Che ritroverò la ragazza dei miei ricordi?
Vorrei abbracciarla, perché mi è mancata sinceramente e solo ora me ne rendo conto. Però siamo come due estranei adesso e forse non gradirebbe.
E pensare che una volta era innamorata del sottoscritto.
Ho approfittato di questo suo amore, quasi umiliandola. La trascinavo senza riguardo in tutti i guai possibili e, quando mi stufavo, la lasciavo in disparte per settimane. Lei non si è mai lamentata, ma so che a volte piangeva per le mie cattiverie. All’epoca ero un ragazzo prepotente e la sua devozione nei miei confronti mi faceva sentire superiore.
Posso dire di essere maturato, finalmente, e di provare orrore per la mia adolescenza senza freni.
Rivoglio quella luce, che nei miei ricordi è simile ad un abbagliante candore: vorrei che le memorie di quei tempi tornassero a coincidere con la mia realtà quotidiana.
“Camilla...” a parlare è stato Andrea, che ci ha appena raggiunti correndo.
Le si avvicina, le prende le mani e la fa alzare. Poi la abbraccia stretto e sento che le sussurra un “mi sei mancata”, prima di cominciare piangere anche lui.
Sono un po’ invidioso di come sia riuscito ad esprimere liberamente i suoi sentimenti, mentre io mi sono bloccato, non sapendo come comportarmi.
Forse dovrei lasciarli soli, ma sono troppo egoista per farlo. Nessuna mi ha più voluto bene come Fiore e ho nostalgia del suo amore. 
“Perché non ti sei fatta sentire per tutto questo tempo? Ti chiamavo e non rispondevi… poi un giorno ha risposto l’operatore telefonico, dicendo che il numero era stato disabilitato!”
Andrea ora è furioso.
Solo adesso capisco quanto gli sia mancata in realtà la sua migliore amica.
Fiore piange e scuote la testa. Singhiozza come una bambina. Non ha perso la sua purezza.
Prima, quando si è alzata in piedi, il cappotto le è scivolato via ed è finito a terra.
Lo raccolgo per riposarlo sulle sue spalle.
Lei si volta, smettendo di piangere e rivolgendomi uno sguardo lacrimoso. È incerta, lo percepisco. Forse non sa cosa aspettarsi da me, perché non ho agito in modo esplicito come Andrea. Lui le ha fatto chiaramente comprendere che le vuole ancora bene e che gli dispiace per quanto accaduto alla loro amicizia.
Ma io?
Non le ho mai dimostrato nulla e non oso nemmeno immaginare il ricordo che le ho lasciato.
Forse è il caso di farle capire che anche io sono cambiato. Che se accetta di ristabilire un rapporto anche con me, questa volta sarà diverso.
Così poso una mano dietro la sua nuca e la avvicino con determinazione. Sprofonda il viso contro la mia camicia. Le braccia abbandonate lungo i fianchi.
Con l’altra mano le accarezzo la schiena e sento un sospiro caldo contro il mio petto.
Pronuncia ancora una volta il mio nome e poi mi sviene tra le braccia.
“Camilla!” Andrea si spaventa e mi è subito vicino.
Lo tranquillizzo: Fiore ha solo perso i sensi. Probabilmente perché ha bevuto e pure lo sbalzo di temperatura deve avere inciso: dentro il locale c’era un calore insopportabile, mentre qui fuori fa fresco. Senza contare che stasera le emozioni non sono mancate.
Io stesso mi sento ancora un po’ stordito per questo incontro.
“Portiamola in ospedale!” propone Andrea. Il solito apprensivo.
“Non essere così drastico. Può riposare benissimo a casa nostra, così domattina puoi parlarle con calma.”
Mi guarda, stupito.
“Che c’è?”
“Non ti ho mai visto così disponibile e gentile nei suoi confronti…” è sospettoso, lo sento dalla voce.
“Sono stato sgarbato in passato, lo ammetto, ma vorrei rimediare.” gli spiego.
È evidente che non mi crede.
“Sei stato crudele.” precisa infatti.
In quel momento arriva Marco, che è molto irritato per l’interruzione della sua serata. Viene verso di noi caricando come un toro che ha appena visto un drappo rosso.
Credo che Andrea non gli abbia spiegato nulla, ma si sia limitato a richiamarlo all’ordine. L’auto è mia e Marco, se vuole tornare a casa, deve per forza venire via con noi.
“Allora, cosa c’è?” chiede, arrabbiato.
Andrea l’ ha sicuramente interrotto in un momento poco opportuno, deduco.
Il mio amico, nonché coinquilino, si scansa, mostrando a Marco quello che prima non scorgeva dalla sua visuale.
Una ragazza svenuta tra le mie braccia.
“Chi è?” chiede, confuso.
“È Fiore.” gli dico.
Marco l’ ha conosciuta frequentando casa nostra. Gli è sempre stata indifferente, essendo solo amico mio e venendo da noi esclusivamente per vedere le partite di calcio sul satellitare.
“La vostra coinquilina? Quella che vi ha piantati tempo fa?” chiede di nuovo, incredulo. Come me, deve essere meravigliato dal suo cambiamento esteriore.
Ma ha commesso un errore a dire così: Andrea è sensibile all’argomento e infatti lo vedo subito scattare e rispondergli a tono.
“Non parlare di cose che non sai, idiota.” sibila adirato.
Ok, qui è meglio andare se non voglio che questi due si prendano a pugni. Gli rifilo Fiore tra la braccia e mi allontano per andare a prendere l’auto.

Pochi minuti dopo siamo tutti nell’abitacolo, al caldo. Io guido e di fianco a me Marco bazzica le stazioni radio alla ricerca di chissà quale canzone. Musica di sottofondo a parte, il silenzio regna tra noi, ma l’atmosfera è tranquilla.
Guardo i sedili posteriori attraverso lo specchietto retrovisore: Andrea tiene la sua Camilla in braccio, protettivo. Lei sembra dormire serena. L’ ha coperta con il cappotto e le ha tolto le scarpe. Le gambe bianche spiccano in contrasto con la pelle nera degli interni dell’auto.
Una volta lasciato Marco a casa sua, faccio dietrofront e mi dirigo verso il centro, dove resta casa nostra. Quella che un tempo era anche casa di Fiore, prima che lei se ne andasse. 
Ha fatto tutto da sola: un bel giorno ha chiamato il proprietario, si è messa d’accordo per trovare un sostituto e un mese prima del rinnovo della locazione ci ha informati che se ne sarebbe andata.
“Vado a Londra.- aveva detto- Mi hanno offerto una borsa di studio per l’estero.”
Ci ha presentato un ragazzo di età inferiore alla nostra, dicendo che sarebbe entrato nel contratto d’affitto al suo posto, così noi non avremmo avuto problemi con le quote da pagare.
Ad Andrea l’idea del distacco non andava giù, ma non voleva impedirle di vivere la sua vita e di realizzarsi come meglio credeva.
Io non avevo battuto ciglio. Mi sentivo stranamente tradito e allora la trovai una cosa irritante.
Quando abbiamo scoperto che non c’era nessuna borsa di studio, ormai se ne era già andata, portando con sé tutte le sue cose. Di lei rimaneva una camera spoglia e tanti piccoli segni del suo passaggio, che, me ne rendo conto solo ora, Andrea non ha mai buttato o messo da parte.
Forse il mio amico l’ ha persino cercata nella sua facoltà, inutilmente.
Di lei non c’era traccia in nessun luogo.
Eppure si era lasciata molte cose dietro: il vuoto nel cuore di Andrea, ad esempio. Per lui Fiore era sempre stata una persona importante, un’attenta ascoltatrice, nonché una dispensatrice di consigli. La custode delle sue confidenze. Una sorella amorevole. 
La sua migliore amica.
E per me… cos’è stata lei?

“Non mi disturbare…”

“Sei una seccatura…”

“Stupida frignona!”

“Sei patetica…”

“Vattene…”

Ha ragione Andrea: sono stato crudele. Infinitamente.
Calpestare il suo cuore era fin troppo semplice. Le persone gentili sono deboli: è facile approfittarsi di loro, perché te lo lasciano fare. Ero un ragazzo turbolento: lei è stata per me il mio capro espiatorio. Qualcosa in cui riversare e sfogare i miei sentimenti negativi…

Qualcosa di assolutamente necessario...

 

 

To be continued...

 

 

NOTE PERSONALI:

Cari lettori, spero abbiate gradito la prima parte della mia one-shot^^ Se voleste essere così gentili da lasciarmi un commento, giusto per vedere quanti gradirebbero la seconda parte, ne sarei lieta^^
Un piccolo appunto: tutti i miei scritti sono betati e supervisionati dalla mia amica Urdi, a cui va un bacio grande grande!
Mi sono imbarcata in una raccolta di one-shot: ho capito che questo genere di fic mi risulta più congeniale, forse perchè tutto si condensa in poche pagine o forse perchè posso raccontare solo alcuni "spezzoni" di vita, come se fossi un regista che sceglie le scene più belle del film... Mi sento più ispirata per le shot, ecco^^
Fatemi capire se la cosa vi può interessare, nonchè le vostre opinioni, quello che avete provato leggendo, se vi ritrovate in qualche personaggio, ecc.. ecc.. insomma, fatemi sapere!

Queen


  
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