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Autore: Frances    29/06/2008    6 recensioni
Gin.
Sei un bugiardo
[ Gin x Rangiku ]
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Gin Ichimaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jigoku chou

~Infernal Butterfly~

 

 

{ hollow  ×  silver } • Act. 1 – Camellia ~ At night [×]

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[ 1. × Melancholic Understanding ]

 

~  Lost in the darkness

Hoping for a sign

Instead there's only silence

Can't you hear my screams?

 

Una leggera brezza lasciava ondeggiare i fili d’erba, trasportando dal Rukongai le fragranze delle radici essiccate, l’odore bruciacchiato dell’olio e della carne arrostita, la polvere asciutta e leggera del deserto. Era una notte silenziosa, illuminata solo dalle stelle – brillanti e minuscole, disperse nel cielo nero come schizzi disattenti su di un dipinto astratto –, da una luna che faceva pigramente capolino fra le nuvole e, in lontananza, dal bagliore caleidoscopico delle lanterne che ardevano oltre il Cancello.

Lei era distesa, l’erba alta ed umida che quasi la inghiottiva fra le sue braccia profumate di clorofilla, carezzandole il volto e le membra abbandonate fra le pieghe del kimono nero. Si cullava ascoltando il rumore del vento e lo stormire pigro delle foglie, il frusciare silenzioso dell’erba smossa contro i suoi hakama, fra i suoi capelli – sparsi nel verde come i raggi aranciati di un sole morente durante il suo cupo tramonto. Inspirò profondamente, mentre una pacata nostalgia si impossessava di lei e le tornavano in mentre frammenti d’infanzia nascosti fra gli aromi sbiaditi del Rukongai. Li ripercorreva ad occhi chiusi, ricordando le corse sfrenate fra le strade polverose,  le piaghe dolorose che non davano mai tregua ai suoi pedi scalzi, le risate dei bambini che giocavano a nascondino fra le bancarelle del mercato, all’ombra degli alberi autunnali, le scalate faticose lungo i rami rinsecchiti di alberi ormai morti da tempo.

Ebbe un fremito e si morse appena il labbro inferiore mentre sentiva quelle immagini divenire sempre più fioche ed infine frantumarsi, lasciandole l’amaro in bocca.  Fu costretta a tornare in quel mondo in cui i sogni infantili di una bambina del terzo distretto del Rukongai non potevano in alcun modo coesistere con la Shinigami, con la donna che era diventata.

 

Sei triste, Rangiku?

 

Sbatté appena le palpebre, osservando la luna che piano adagiava i propri raggi lungo il profilo longilineo dell’intera Seiretei. Un’ombra sinuosa si stava stiracchiando pigramente vicino a lei, accoccolandosi con un miagolio di apprezzamento nell’incavo del suo fianco. Affondò lentamente le zampe felpate nel suo scialle di seta rosa, premendo il muso contro di lei, cercando attenzioni. Quella gatta era sempre stata capricciosa; sapeva benissimo che Rangiku non avrebbe mai trovato il modo di ignorarla.

“ Non sono triste,” le bisbigliò silenziosamente in risposta, portandole una mano fra le orecchie; la pelliccia di Haineko era sempre fresca, sottilissima, le sfuggiva fra le dita come fosse acqua. Quando la carezzava si sentiva pervasa da una sensazione di pace illimitata.

 

Sai come stanno le cose. Puoi tentare di ingannare chiunque, ma con me le bugie non funzionano.

 

Per un attimo, la voce melodiosa della gatta parve incrinarsi di rabbia, ma poi si affievolì nuovamente in fusa pigre, lente ed affettuose. Haineko sapeva essere aggressiva, ma le bastava qualche coccola perchè tutta la sua combattività si disperdesse in qualche sbadiglio ed in un fremito dei suoi baffi traslucidi.

E questo purtroppo valeva anche in battaglia; entrambe sapevano di essere pronte per eseguire il bankai, ma Haineko era sempre restia, pigra, lenta, assonnata, addirittura accettava il richiamo dello shikai a stento, e a volte si lamentava di essere stata svegliata nel bel mezzo di un sogno piacevole. Rangiku la rimproverava spesso, ma le sue rimostranze erano pressoché inutili: la sua zampakuto, come ogni gatto che si rispetti, faceva in ogni caso tutto ciò che più le andava.

 

Se può farti stare meglio, oggi ho fatto la minacciosa con quel nobilissimo altezzoso di Hyourinmaru.

 

Quelle parole parvero divertirla “Devi avergli fatto molta paura, immagino.” Le rispose, ironica, ridacchiando fra sé e sé. Per lei era impossibile vedere la vera forma delle zampakuto altrui, ma capitava che Haineko, nei momenti in cui non era stanca per il troppo tempo passato nella guaina, infilata scomodamente nel suo obi, le raccontasse di conversazioni o scambi minacciosi di reiatsu che l’avevano coinvolta con le spade degli altri shinigami. Si lamentava spesso dell’indole poco socievole di Senbonzakura, della natura triste e malinconica della zampakuto senza nome che apparteneva al Capitano dell’Undicesima Brigata; litigava spesso con Zabimaru, che raccontava fosse una testa dura senza cervello, un tronfio babbuino pieno di sé da scoppiare. Rangiku ascoltava silenziosamente quel bisbiglio tranquillo ed assonnato che di tanto in tanto veniva a farle compagnia quando era da sola. O quando si sentiva persa.

Ma la cosa di cui Haineko andava più fiera era senza dubbio il suo rapporto con Hyourinmaru. E sembrava non spaventarla affatto la mole gigantesca e spaventosa del reiatsu che quella zampakuto racchiudeva, né le spire di ghiaccio che avvolgevano il corpo snello e sinuoso di quel drago leggendario.

Haineko giocava a stuzzicarlo, pungendolo nel suo orgoglio là dove sapeva che avrebbe reagito con maggiore violenza. La cosa da una parte faceva sentire Rangiku leggermente in ansia – l’idea di una gatta esile e pigra come Haineko che fronteggiava la figura maestosa di un drago dei ghiacci non era del tutto rassicurante – dall’altra la divertiva fin troppo. D’altronde, lei stessa non faceva altro che tentare in tutti i modi di sconvolgere il serioso Capitano Hitsugaya.

 

Gli ho detto leccandomi disinteressatamente le zampe che anche con tutto quel ghiaccio attorno non mi intimoriva affatto. Haineko spalancò le piccole fauci mettendo a nudo una chiostra di denti bianchi e appuntiti, esibendosi in uno sbadiglio molto poco decoroso Lui mi ha concesso uno dei suoi sdegnati sguardi da spirito ultramillenario e ha fatto finta di ignorarmi. Ma io gli ho promesso che prima o poi io e te schiacceremo sia lui che il suo piccolo padrone con il nostro potentissimo bankai.

 

Sul volto di Rangiku apparve un’espressione perplessa “Mi sembra una promessa azzardata”, commentò, grattandole la base di un orecchio. Lei miagolò il suo apprezzamento, poggiando il muso sulle zampe sovrapposte.

 

Vedrai, prima o poi diverremo tanto forti da far chinare la testa anche ai draghi. Devi solo chiedermelo nel momento giusto.

 

Rangiku sospirò: seguendo i ritmi rallentati della zampakuto, quel momento non sarebbe mai arrivato.

Rimasero in silenzio per qualche minuto, cullandosi nell’odore dell’erba e del vento, compiacendosi l’una della compagnia dell’altra. Per un istante, con la mano affondata nella pelliccia impalpabile di Haineko, Rangiku riuscì a sgomberare la mente, e a non pensare a niente. Si rese conto di averne un bisogno disperato, in quella serata silenziosa, in quell’istante in cui la solitudine sembrava premerle l’essenza in maniera insopportabile, insostenibile.

 

Sei triste, Rangiku? Non mi hai risposto.

 

Aprì di nuovo gli occhi e si accorse che Haineko la stava fissando. I suoi occhi tondi brillavano grigi ed indagatori sotto la luce soffusa della luna, mentre la pupilla felina non abbandonava la sua neppure per un istante. Non le riuscì di rispondere e chiese silenziosamente alla zampakuto di non indagare, di non insistere. Lei parve offendersi per un attimo, rinunciare e abbandonarsi all’ozio completo, rotolandosi nella sua stola rosa, miagolando appena.

 

Ma Rangiku avrebbe dovuto saperlo, avrebbe dovuto aspettarselo. D’altronde loro due erano una sola cosa: l’universo dell’una, ogni suo pensiero, ogni suo stato d’animo influenzava inevitabilmente quello dell’altra. Dopo qualche istante di silenzio, Haineko sollevò lentamente il muso al cielo stellato e bisbigliò:

 

…Mi manca Shinso.

 

Rangiku chiuse gli occhi, sentendo tutti i muscoli distendersi ed il cuore iniziare a battere più lentamente.

Le tornò in mente la prima volta in cui aveva visto Haineko, in quella casa abbandonata del Rukongai. In quella casa c’era lo stesso odore di selvaggio e di sudore che poco prima era giunto da lei con il vento, la stessa sensazione di abbandono e disperazione che sentiva sulla propria pelle proprio in quel momento.

Aveva osservato la porta scorrevole e la strada vuota, i suoi zoccoli malconci e sbrecciati che stavano lì immobili e solitari, abbandonati all’entrata. Aveva atteso, atteso per un giorno intero, stringendo le ginocchia al petto, osservando la polvere che sfiorava la strada, danzando con il vento.

Haineko era venuta a farle compagnia quel giorno, accovacciandosi vicino a lei, una gatta bianca ancora senza nome che era sparita non appena lei aveva deciso che continuare ad aspettare non sarebbe servito a nulla.

 

Rangiku aprì gli occhi, mentre sentiva la pelliccia della sua zampakuto dissolversi in nebbia, sfuggirle fra le dita e andarsene senza emettere un suono.

Battè le palpebre, di nuovo del tutto sola.

 

Se ne è andato, Rangiku. Ha percorso la via che riteneva più giusta, e ti ha lasciata.

Lo ha fatto perchè, a differenza di te, lui riesce ad andare avanti anche senza che tu sia al suo fianco.

Lo capisci, vero?

Non puoi farci nulla.

 

Non puoi fare nulla.

 

Si alzò lentamente, spolverandosi la stoffa dell’abito e ravviando i capelli che ormai avevano assorbito l’odore dell’erba; voltò le spalle alle luci soffuse del Rukongai, mentre la brezza le smuoveva i ricci e le maniche del kimono, guidando i suoi passi.

I raggi della luna che sfioravano le pareti lisce e bianche dell’intera Corte la abbagliarono per un attimo, facendole socchiudere gli occhi azzurri, mentre avanzava in direzione dell’unico luogo dove sapeva di poter trovare un po’ di compagnia, qualcosa che le riscaldasse le mani intirizzite.

 

E per un solo istante, lasciandosi la luna alle spalle, le parve che ogni costruzione della Seiretei risplendesse di un vivido ed inquietante bagliore argentato.

 

(×××)

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Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Tite Kubo; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 

   
 
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