Eravamo in molti seduti su quelle scomode sedie color bianco sporco. Appollaiati come per provare a trovare una posizione comoda in tutta la confusione della sala. Chiaccheravo con la mia amica per riempire gli ultimi attimi di sospiro. Poi sarebbe iniziata la tortura: una lunga discussione a scopo educativo-sociale. Ascoltavo pazientemente, gli occhi perlustravano la sala in cerca di una distrazione, un'appiglio a cui aggrapparmi. Chiamarono alcune persone, individui estranei, stranieri tranne uno. Uno soltanto. Una stupidissima eccezione. Lui. Avevo chiacchierato con lui abbastanza perché le mie gambe tremassero. Era inutile sentire dire il suo nome: era scolpito nella mia memoria. La sua voce grave stuzzicava il mio corpo inarcato. Sentivo la sua presenza nell'aula. Farfalle svolazzavano libere nel mio stomaco, stanche di essere ferme a dormire. Più tardi lo sentii tra i vari messaggi. Un macigno mi cadde addosso nonostante sembrasse una piuma. Una fidanzata si era infiltrata nella sua vita, distante da me. Non potei fare alcunché. Solo lasciarmi trasportare dalla corrente ed aspettare un'altra roccia salda che mi salvi dalle interperie della vita.