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Autore: Ichizomi    11/03/2014    0 recensioni
Semplicemente una fanfiction in omaggio ai doppiatori del gruppo di ODS che operano su Youtube, condita con piccoli riferimenti a varie cose di tanto in tanto e scritta con quel tono classicheggiante che non guasta mai. Non sarà la miglior introduzione del mondo, ma non mi riescono molto bene. Spero che vi incuriosiate e che proverete a leggere.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ordunque, lasciammo il puero Gianandrea a pianger sul ciglio della strada a ripensar a tutti gli errori commessi, quand'ecco avvicinarsi un senex di nanica altezza issato in sulla cima di un carretto di Equina locomozione. Il senex vedendo il puer piangere gli si avvicinò accostando l'asina e il carretto. Invero il carretto era trainato da un'asina di nome Equina poiché ella avea manie di grandezza. L'anzian uomo smontò dal carro e si sedette accanto allo sventurato Gianandrea, egli gli raccontò tutte le sue disgrazie e il vecchio, mosso a compassione, decise di scortarlo fin lo borgo più prossimo. Durante l'itinere i due parlarono d'ogni sorta di puerile facezia e il senex si accorse di un gran talento di Gianandrea: la suadente voce. Inoltre egli s'accorse che lo sventurato ragazzo non era ancora conscio dello suo straordinario talento vocale e decise dunque di sfruttare la vantaggiosa situazione per poter far qualche guadagno. Giunti alla città vicina il vecchio trattenne Gianandrea per un braccio e lo mise a badar al carretto adducendo come motivazione che era per lui d'urgenza comprar un particolare oggetto per la sua povera moglie malata. Lo stolto Gianandrea gli credette e badò al carro per ore ed ore. In verità il vecchio era andato ad acquistare con i suoi ultimi dinari delle copie di alcune famose operette e sonetti e, tornato al suo misero carro, raccontò che gli avevano recapitato una lettera in cui gli spiegavano che la povera moglie era deceduta per cagion di una malattia. Dette le spiegazioni (fittizie) e finse di piangere e disperarsi; a tal vista Gianandrea, che era buono di cuore, gli chiese se poteva far qualcosa per lui, per prestagli aiuto. Gli occhi del vecchio brillarono come i diamanti sulle corone dei re e disse: “Mio caro ragazzo, sei davvero gentile e l'ultimo dei miei pensieri è approfittarmi di cotal gentilezza tanto rara al giorno d'oggi. Tuttavia se non t'è di disturbo vorrei che tu leggessi dei frammenti da te scelti da questi libri; sai, la mia povera defunta moglie li adorava tanto.” Neppure attese la risposta del giovane che cacciò da sotto la mantella due tomi lerci e vecchi (comprò infatti edizioni di quinta mano per poter tener da parte qualche moneta per sé) e li porse al ragazzo con mano tremante. Lo ignaro Gianandrea aprì pagine a caso e declamò quel poco che potea dato ch'egli non avea la capacità di leggere, scrivere e far di conto come le persone acculturate. Ma per fortuna di Dypree (questo il nome del vecchio) il ragazzo era dotato di una fervida e grande immaginazione e quel che non sapea leggere lo inventava con grande astuzia. Pian piano, come previsto dall'astuto anziano, una gran folla si radunò intorno al carretto per ascoltare fantavolose storie declamate da splendida voce. Dypree pretese ch'ogni ascoltatore versasse un contributo per il povero ragazzo orfano di padre e madre cosicché lui, da bravo zio, potesse pagargli gli studi; una delle sue tante abili bugie che abbindolavano la gente. In poco più di una mezza ora riuscì a guadagnar una cospicua cifra e, dopo aver detto al giovane che era stato rincuorato a sufficienza, salì sul carretto e parlò a Gianandrea: “Mio caro ragazzo -esordì- la tua lettura mi è stata di gran conforto. Se t'avesse sentito la buon anima della mia dolce consorte venuta a mancare questa mattina son sicuro che avrebbe versato copiose lacrime per la tua bravura. E ora che sei in fin giunto in città a cosa ti dedicherai? Cosa farai per poter viver degnamente? Non c'è nessuno disposto ad aiutare un pover ragazzo, seppur affascinante, come te senza chieder nulla in cambio.” Gianandrea restò stupito di tali parole: “La gente che nasce e vive in città è così meschina ordunque? Pensavo che essi fossero buoni di cuore e generosi di mano.” Dypree continuò: “Suvvia, non far diventare mesto il tuo viso, rallegrati! Ti ospiterò io in una locanda in cui son molto amico col proprietario, ci farà un ottimo sconto. E ovviamente mio caro ragazzo pagherò io tutte le tue spese.” E l'ingenuo Gianandrea credette al vecchio che lo scortò ad una locanda, quella stessa locanda che sarebbe stata la sua prigione per le settimane future.
  
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