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Autore: Shirokuro    12/03/2014    2 recensioni
{ efren centric | flashfic di 430 parole circa | introspettivo }
Non capiva perché, anzi, non capiva nemmeno che Pepa fosse sua sorella ed anche se l'avesse fatto, per lui quel titolo non aveva importanza, non avrebbe mai considerato qualcosa quella parola. Perché lui non era in grado di farlo. Come ogni accostamento di suoni di un linguaggio complesso come quello che veniva utilizzato nelle sue vicinanze, quello non era altro che un rumore. Eppure una parola lo toccava.
Era Pepa.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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note d'autrice; EEE SI INIZIA! Questo è il mio grido di battaglia. Premetto subito che mi vergogno tantissimo a postare questa flashfic, tanto che avrei potuto non farlo e basta. Basti pensare che non l'ho nemmeno fatta betare. Oh, non è tanto perché a tredici anni seguo questa telenovela (che non fraintendiamo, amo), ma per la storia in sé. Ho sempre pensato che la mia prima storia su "Il Segreto" sarebbe stata una Francisca/Raimundo, che sono il mio OTPissimo della serie, invece entro nel fandom con Efren che è un personaggio che adoro. Ora sorge il dubbio: perché? Per la pena che mi fa. Non ha mai avuto una vera famiglia e per certi versi lo capisco. Non mi sarei mai immaginata che la crudeltà di un padre come Castro di cui nome non ricorderò mai, potesse arrivare a tanto. Che mostro che fu al suo tempo. 
Il titolo significa "famiglia" in catalano, come poteva esser ben immaginato. Allora, prima di leggere qui, una nota: accade poco dopo la visita della dottoressa Casas. Più o meno, è ambientata lì. Quindi, sperando che vi piaccia la storia, vi auguro una buona lettura.
 
Família
   Efren doveva far silenzio e non perdere la calma, da vent'anni era la stessa storia. Senza gridare quando le tenebre prendevano un sopravvento che lo intimoriva come nulla, quell'abitudine diventata un vizio di ritrarsi nel cappotto di riciclo quando il minimo fruscio si faceva strada fino alle sue caute orecchie, rammendato a malapena da Rosario anni prima e che ancora miracolosamente teneva. 
   Efren non conosceva il mondo, non sapeva parlare e nemmeno intendere. Non aveva mai avuto una famiglia. Anzi, una famiglia l'ha avuta, ma non era mai stata la sua. In Rosario e Mauricio non poteva vedere altro che quelle figure familiari mai realmente avute.
   Li adorava questo non l'avrebbe mai negato, se avesse potuto. L'uomo li amava come fossero i suoi genitori, in fondo era normale. Di loro di fidava, perché come un cane col padrone obbediva loro volentieri, li riteneva delle persone. 
   Invece, non amava la compagnia di altri esseri viventi, anche di una semplice pianta; era terrorizzato. Efren non conosceva altro se non l'orrore per ciò che gli era nuovo, il mondo stesso lo intimoriva, lo spaventava e nulla poteva calmarlo se non tre persone. 
   La terza era Pepa. A differenza che con Tristan, si sentiva parte di un nucleo che comprendevano lui e la donna. Se lo avesse potuto definire in qualche modo, sarebbe certamente stato un legame fraterno, ecco cosa. Sentiva calore quando la mano delicata della castana si poggiava in un tocco lieve sulla sua pelle coperta malamente, come se quegli stracci potessero ridonargli quel tepore mai realmente provato. Adorava quella vaga sensazione di piacere.
   Non capiva perché, anzi, non capiva nemmeno che Pepa fosse sua sorella ed anche se l'avesse fatto, per lui quel titolo non aveva importanza, non avrebbe mai considerato qualcosa quella parola. Perché lui non era in grado di farlo. Come ogni accostamento di suoni di un linguaggio complesso come quello che veniva utilizzato nelle sue vicinanze, quello non era altro che un rumore. Eppure una parola lo toccava.
   Era Pepa. La testa reagiva e cercava la figura bella ed aggraziata della donna. Per poco, un frangente di illuminazione, la definì famiglia. Per un secondo poté comprendere anche solo l'affetto che poteva provare per lei, benché fosse solo una sensazione effimera, che non sapeva descrivere perché nemmeno questo gli era stato insegnato.
   Però lo sentiva, sentiva che Pepa era la sua famiglia, per come si atteggiava con lui e come si sentiva alla sua presenza. Sentiva calore, un sensore bizzarro a lui finora sconosciuto, piacevole. Sì, sentiva che era la sua famiglia. 
   Solo quando Pepa gli diede sicurezza, lui sorrise col cuore.
   
 
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